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31 MAGGIO
OLTREMARE, MORTA MARY G.
Appena pochi giorni addietro avevano bollato come "inutili allarmismi" le notizie circolate sul possibile malessere di Mary G, la femmina di grampo arrivata nel delfinario di Oltremare nel 2005 e mai rimessa in mare. I messaggi preoccupati sullo stato di salute di Mary G., che sabato scorso sono piovuti sull’account facebook del delfinario di Riccione, vennero definiti azione di "spamming" frutto di un atto con fini diffamatori. Ora Mary G. è morta. Ne da comunicazione lo stesso Parco.
Secondo quando circolato nei giorni scorsi, Mary G. era affetta da un evidente dimagrimento. Secondo indiscrezioni pervenute a GeaPress, aveva addirittura vomitato. Per il Parco, niente di tutto ciò ed a riprova, è stata pure diffusa la foto di Mary G., che però mostrava solo la parte anteriore del capo ove era forse possibile valutare lo stato di integrità, ma del disco colorato. Appena tre brevi frasi, per comunicare che ci saranno approfondimenti che "saranno resi noti non appena disponibili".
Ora l’account di Oltremare è di nuovo preso di mira. Anche da gente che si sente presa in giro. "Scusate ma come è possibile se fino a 3 giorni fa postavate che era in magnifica salute?" Chiede Irene ad Oltremare. "Vergogna", ribatte Maddalena postando le smentite del Parco, di domenica scorsa. Gli fa eco Il conchigliere che apostrofa con un sonoro "siete una vergogna". Più articolato il parere di Manuela "polemiche dei giorni scorsi, le accuse, i dubbi sollevati sembrano oggi il preludio di una morte annunciata e, se non sconosciuta agli addetti ai lavori, almeno nascosta a noi che, PAGANDO, abbiamo imparato a conoscere e ad amare queste creature…non ho parole…perché rifiutate il parere degli esperti che hanno lanciato l’allarme? Perché negare l’evidenza?". News integrale su GeaPress.
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OLII ALIMENTARI, NON BUTTIAMOLI NEGLI SCARICHI....
L’olio usato per friggere le uova al tegamino o per preparare le conserve di carciofi, o le verdure grigliate... costituisce una minaccia per l’ambiente e deve essere raccolto e smaltito adeguatamente. Purtroppo, differenziare gli oli e i grassi utilizzati in cucina e portarli nelle isole ecologiche, è una pratica poco diffusa, perchè il problema è quasi sconosciuto e viene sottovalutato. Ogni anno in Italia vengono prodotte 280.000 tonnellate di olio alimentare esausto, circa 5 Kg pro capite. Quest'olio se viene disperso nell’ambiente, come quello utilizzato nei motori delle automobili, rappresenta una fonte di inquinamento rilevante per il terreno, la flora e la fauna, l’acqua e può danneggiare i filtri dei depuratori e le linee fognarie. News integrale su IlFattoAlimentare.
30 MAGGIO
AVVISTAMENTO RECORD DI DELFINI IN SARDEGNA
La terza giornata di monitoraggio del progetto Sardegna Nord Cetacei - 2012, è stata coronata da un inaspettato e entusiasmante avvistamento di delfini comuni (Delphinus delphis) che, a dispetto del loro nome, sono ormai molto rari. Le immagini e i risultati fino ad ora raccolti durante il progetto di ricerca sono state presentate ieri, nella sala del porto turistico, alla presenza delle autorità del Comune di Castelsardo e verranno mostrate questa sera, dalle ore 19.00, nella sala consiliare del Comune di Stintino, alla presenza delle autorità e di tutti coloro che vorranno intervenire e intervistare i ricercatori.
"Dopo dieci ore di navigazione, durante le quali è stato monitorato l'ambiente pelagico compreso tra Santa Teresa di Gallura e Castelsardo - si legge in una nota del progetto Sardegna Nord Cetacei - i ricercatori del Dipartimento di Veterinaria dell'Università di Sassari, hanno ricevuto una più che degna ricompensa dalle acque del nostro mare. Una cinquantina di esemplari di delfino comune ormai praticamente scomparsi nel mar Tirreno e a rischio in tutto il Mediterraneo, ha accompagnato l'imbarcazione di ricerca Nonna Clò dalla parte più interna del Golfo dell' Asinara, nelle batimetrie dei 600 m di profondità, sulla rotta Porto Torres-Genova, fino quasi all'ingresso del porto di Castelsardo, regalando immagini spettacolari e forti emozioni a chi, da anni, studia una specie che sembra non volersi più mostrare al pubblico". News integrale su GreenReport.
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BLOOM ALGALI A PESARO, SPUNTA ANCHE Chattonella globosa
Normali fioriture algali stanno interessando in questi giorni
la provincia di Pesaro e altri tratti costieri delle Marche. I primi avvistamenti di fronte al promontorio del San Bartolo, l'area del porto di Pesaro e altri tratti a sud, da Fano sino a Marotta.
Secondo l'Arpam Pesaro, che ha effettuato osservazioni microscopiche, si tratterebbe di normali fioriture stagionali; in particolare si tratta di diatomee, ma anche di altre alghe come Noctiluca scintillans e l'esotica Chattonella globosa, che sulla base della bibliografia, non risulta comunque tossica per l'uomo. Analisi molecolari più approfondite saranno effettuate dall'Università di Urbino.
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INQUINANTI EMERGENTI: I RISCHI DI FARMACI E COSMETICI
Residui di farmaci, detersivi, cosmetici e saponi scorrono nei fiumi e nelle falde acquifere, e potrebbero rappresentare una minaccia per la salute finora sottovalutata. Si tratta dei cosiddetti inquinanti emergenti, una classe di composti chimici che attraverso gli scarichi urbani arrivano alle acque di superficie e sotterranee. Rispetto ai contaminanti già noti provenienti dall'industria e dall'agricoltura, questi di uso domestico sono ancora in fase di valutazione, non sono monitorati e i loro effetti restano poco esplorati. Se ne è discusso nel corso della conferenza Emerging Pollutants. New Challenges for Science and Society, svoltasi nel corso della Green Week, l’appuntamento annuale sulla politica ambientale europea (22-25 maggio) dedicata quest’anno al tema dell’acqua.
Secondo la definizione del Norman, network di laboratori che fa capo alla Commissione Europea, i contaminanti emergenti sono quelli attualmente non inclusi in programmi di monitoraggio all'interno dell'UE, ma che potrebbero rappresentare un rischio tale da richiedere un regolamento sulla base dei potenziali effetti tossicologici sugli ecosistemi e sulla salute umana. Si tratta sia di sostanze diffuse da tempo - come i farmaci, gli ormoni, i prodotti per la cura personale, i cosmetici, i detersivi - sia di contaminanti 'nuovi', come le nanoparticelle. Le fonti principali sono le industrie, l’agricoltura e gli scarichi urbani: da qui i residui dei prodotti raggiungono, insieme alle acque fognarie, gli impianti di depurazione dove, se non efficacemente trattati, finiscono nelle acque di fiumi e laghi e raggiungono le falde profonde, da cui viene estratta l’acqua che beviamo.
Le concentrazioni di farmaci nell’ambiente acquatico sono dell’ordine dei microgrammi o nanogrammi per litro, ha spiegato in conferenza Frank Sacher dell’Eureau – la Federazione Europea che riunisce 70 mila gestori dei servizi idrici in 20 paesi – e i livelli riscontrati nelle acque potabili sono di molto inferiori alle dosi terapeutiche. Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia. Anzi, è necessario approfondire la conoscenza sulla loro presenza e sui rischi correlati, per poter fissare, in caso, dei limiti. News interale su GalileoNet. Vedere anche direttiva Urban Waste Water.
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UCCISI GIA 70.000 CUCCIOLI DI FOCA IN CANADA
Ha toccato quota 70.000, il numero di cuccioli di foca uccisi nel corso della campagna commerciale 2012. Ad annunciarlo è il Ministro della Pesca del Labrador, il quale ha altresì sottolineato come, a concorrere all’incremento, abbiano contribuito i mercati asiatici. Di fatto, come già annunciato nei mesi scorsi, i nuovi mercati stanno sostituendo quelli europei e russi che hanno bloccato le importazioni. 70.000 cuccioli bastonati e scuoiati, contro i 38.000 dello scorso anno. La quota massima, per il 2012, era comunque di 400.000 cuccioli. In tutto, hanno preso parte all’ultima stagione commerciale, 680 cacciatori. Numeri, nonostante tutto, che da soli non reggerebbero i costi di mantenimento dell’industria di lavorazione delle pelli. Bilanci, in questi casi, appianati dalla cospicue contribuzioni statali. La Carino Processing, una delle principali industrie di lavorazione di prodotti di foca (grasso e pelli in particolare) ha già avuto garantito dal Governo locale, un prestito di 3,6 milioni di dollari. Quanto basta a mantenere un processo industriale ad alto consumo energetico, oltre che potenzialmente inquinante, quale quello della lavorazione del pellame. Già nei mesi scorsi, emissari del Governo canadese, avevano annunciato degli incontri con imprenditori cinesi, al fine di aprire gli sconfinati mercati asiatici. Fonte: GeaPress.
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GREAT PACIFIC GARBAGE PATCH, ESISTE MA È INVISIBILE AD OCCHIO NUDO
Negli ultimi tre anni si è sentito parecchio discutere su quella che è stata definita "l'isola di plastica del Pacifico", un ammasso di frammenti plastici che si è formato nella regione settentrionale dell'Oceano Pacifico a causa dei venti e delle correnti oceaniche. Una delle fotografie più celebri, quando si affronta questo argomento, è quella di un uomo che percorre in canoa uno specchio d'acqua occupato interamente da rifiuti; ma quanto è corretta questa raffigurazione dell'isola di plastica del Pacifico?
Il sito Io9 ha intervistato la biologa marina Miriam Goldstein, ricercatrice dello Scripps Institution che si è dedicata per anni allo studio della ciclo marino della plastica e del suo impatto sull'ecosistema oceanico. "L'immagine del tizio nella canoa mi ha perseguitato per tutta la mia carriera" afferma Goldstein. "Credo che qualcuno abbia voluto mostrare qualcosa di drammatico per illustrare la sua storia e grazie alla magia di Internet, la fotografia è stata mal interpretata".
L'immagine, infatti, è stata scattata nei pressi del porto di Manila, da tutt'altra parte del pianeta rispetto all'isola di plastica del Pacifico. Questo non ha fatto altro che alimentare interpretazioni sempre meno corrette della realtà della plastica nei nostri oceani, creando leggende metropolitane che Goldstein ha contribuito ha svelare. Il primo esempio di informazione non corretta è proprio il fatto che ci sia un'isola di plastica che galleggia nel bel mezzo del Pacifico settentrionale. "Non abbiamo mai visto nulla di simile a quell'immagine" spiega la ricercatrice. "Non l'ho mai vista personalmente, e non la vedremo mai dalle immagini satellitari". Quella che è stata definita "isola" non è altro che un ammasso di milioni di frammenti microscopici grandi pochi millimetri che ricoprono circa 5000 km quadrati di oceano. Ci sono anche oggetti di medie dimensioni, come bottiglie e sacchetti, ma la maggior parte della plastica è quasi invisibile ad occhio nudo prima dei campionamenti dei ricercatori.
In alcuni dei prelievi, la totalità dei campioni mostrava grandi quantitativi di frammenti microscopici di plastica. Sappiamo che la plastica tende ad accumularsi in questa regione perchè il metodo di analisi utilizzato da Goldstein è ormai ampiamente collaudato, e ci sono record storici di altri prelievi nella stessa zona di oceano. "I detriti microplastici nel nord Pacifico sono aumentati di due ordini di grandezza tra il 1972-187 e il 199-2010, sia quantitativamente che nella densità". News integrale su DitadiFulmine.
29 MAGGIO
FUSTI TOSSICI....RICERCHE INCONCLUDENTI
I 102 bidoni, dei 198 caduti a largo dell'isola di Gorgona la notte del 27 dicembre, non sono stati ritrovati. L'esito delle ricerche (iniziate una decina di giorni fa e che si sono concluse ieri) è stato comunicato questa mattina dalla Guardia Costiera. La Sentiel, la nave utilizzata per la perlustrazione dei fondali nei pressi dell'isola dell'Arcipelago Toscano, è rientrata in porto a Civitavecchia e in queste ore si sta attrezzando per l'avvio della "fase due", quella del recupero dei 96 fusti già ritrovati. L'operazione prevede l'aggancio tramite un robot sottomarino dei bidoni, la loro messa in sicurezza attraverso degli speciali cassoni stagni costruiti appositamente per questo intervento e il recupero sulla Sentinel. Secondo il programma, l'operazione dovrebbe partire nei prossimi giorni, con molta probabilità lunedì mattina, condizioni meteo permettendo. Per le ricerche dei 102 bidoni, intanto, sembra essere arrivata la parola fine. News integrale su GreenReport.
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TONNO RADIOATTIVO DA FUKUSHIMA ALLA CALIFORNIA
All'indomani del disastro di Fukushima, nel loro viaggio dal Giappone alla California, i tonni pinna blu avrebbero portato con loro tracce di radioattività. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista Pnas e condotto ricercatori della Hopkins Marine Station della Stanford University e della School of Marine and Atmospheric Sciences della Stony Brook University.
"La fuoriuscita di radionuclidi dalla centrale di Fukushima Daiichi, in seguito allo tsunami dell'11 marzo 2011, ha generato grandi preoccupazioni per la diffusione nell'Oceano Pacifico di materiale radioattivo", ha spiegato Daniel Madigan, uno degli autori dello studio. Il suo gruppo ha quindi misurato i livelli di due isotopi radioattivi del cesio in quindici tonni pescati lungo la costa di San Diego nell'agosto del 2011. In particolare gli studiosi si sono concentrati su esemplari di tonni a pinna blu (Thunnuns orientalis) con meno di due anni, perché è poco prima di quell’età che questi pesci sono soliti abbandonare le coste giapponesi per attraversare l’intero Oceano.
Dalle analisi è emerso che i pesci in questione contenevano livelli abbastanza elevati degli isotopi radioattivi cesio-134 e cesio-137. Al contrario, i tonni arrivati in California prima del terremoto di Fukushima non presentavano alcuna traccia misurabile di cesio-134 e solo livelli minimi di cesio-137. Stesso discorso per i tonni a pinna gialla, diffusi soprattutto nell'est del Pacifico: anche questi dopo l'esplosione della centrale nucleare contenevano isotopi radioattivi, sebbene a bassissimi livelli. News integrale su GalileoNet.
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SAVONA E MARSALA ,SEQUESTRI DI SPADARE
Dal primo gennaio 2002 dovrebbero essere vietate. La Comunità Europea le ha bandite in quanto, nelle loro maglie, rimangono intrappolati anche delfini e capodogli. Eppure, ancora oggi, vengono utilizzate. Le spadare, lunghe reti derivate, sono infatti mezzi ambiti, quanto economici, per la cattura indiscriminata del pesce, tra cui tonni e soprattutto pesce spada. A Savona la Capitaneria di Porto, ha individuato cinque grandi contenitori riferibili ad un motopesca del luogo, contenenti la dicitura "rete da posta". Al suo interno 2,386 chilometri di rete spadara. Per il comandante e l’armatore la sanzione prevista oscilla da duemila a dodicimila euro. La rete è stata posta sotto sequestro. L’intervento della Guardia Costiera è di stamani.
A Marsala, invece, nel corso della settimana scorsa sono stati contestate ben 40 sanzioni amministrative che hanno riguardato numerosi illeciti nella filiera della pesca, come mancanza di rintracciabilità e pescato venduto da pescatori amatoriali. Significativo, inoltre, il sequestro di due chilometri di rete spadara. Cinque, in particolare, i sequestri amministrativi relativi alla mancata rintracciabilità del pescato e quattro quelli risultanti a seguito dell’accertata attività di vendita da parte di pescatori non professionisti. Fonte: GeaPress.
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MORIE DI KRILL IN PERÙ
Dopo i delfini, i pellicani ed altri uccelli marini, è ora la volta dei gamberetti che costituiscono il Krill. Ne stanno morendo a decine di migliaia lungo la costa sud di Lima, in Perù. Secondo le autorità della pesca peruviane, non è ancora possibile fornire una spiegazione e il fenomeno potrebbe essere collegato ad un anomalo riscaldamento delle acque. Fenomeno, questo, che periodicamente si presenta in Perù.
Certo che se si fosse trattato solo di questo, si poteva, se non stare tranquilli, almeno sperare in un fenomeno naturale. In Perù, invece, sono recentemente morti centinaia di delfini e molti di più tra pellicani ed altri uccelli. Sulla morte dei delfini (poco meno di 1000 in due mesi), gli ambientalisti peruviani hanno accusato le ricerche petrolifere offshore. Circa gli uccelli marini, si è trattato i non meno di 5000 animali. Fonte: GeaPress.
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SEA SHEPHERD: WATSON HA INCONTRATO IL MINISTERO DEGLI ESTERI DEL COSTA RICA
Il Capitano Paul Watson e il Direttore delle Indagini di Sea Shepherd, Scott West, hanno compiuto nella giornata del 24 maggio scorso, un breve viaggio in treno fino a Stoccarda, Germania, per incontrare il Ministro degli Esteri del Costa Rica, Enrique Castillo.
"L'incontro è stato positivo e il Sig. Castillo è stato molto disponibile a trovare una soluzione, sia riguardo il mio arresto, sia per quanto riguarda la possibilità di lavorare con Sea Shepherd per proteggere gli squali e l'integrità della Riserva Marina di Cocos Island" ha dichiarato il Capitano Paul Watson. News integrale su Sea Shepherd.
28 MAGGIO
PARLAMENTO APPROVA NUOVE REGOLE PER SALVARE IL TONNO ROSSO
I deputati UE appoggiano nuove misure internazionali per ridurre ulteriormente le catture illegali del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, in un voto del 23 maggio, mirato a garantire uno sviluppo più sostenibile dello stock.
I deputati hanno inoltre richiesto ulteriori pareri sull'individuazione di zone di riproduzione e sulla creazione di santuari. Le nuove regole, che si concentrano principalmente sulla riduzione delle dimensioni delle flotte di pesca, il prolungamento delle stagioni di pesca chiuse per le reti a circuizione e il rinforzo dei controlli, sono state concordate alla riunione annuale della Commissione Iinternazionale per la Conservazione dei Tonnidi dell'Atlantico (ICCAT) nel novembre del 2010.
L'UE, in quanto parte contraente dell'ICCAT, ha l'obbligo di incorporare tali raccomandazioni nel diritto comunitario. "Le nuove regole devono essere applicate in fretta, ora che si è da poco aperta la stagione di pesca del tonno rosso. Nonostante sia stato fatto un passo nella giusta direzione, mi rammarico che le norme non seguano un parere scientifico. Questa è un'opportunità mancata per tirare il tonno rosso fuori dal baratro" ha dichiarato Raül Romeva i Rueda, che ha fatto passare la nuova legislazione in Parlamento.
Il nuovo piano di ricostituzione per il tonno rosso rafforzerà i controlli, inclusi quelli relativi ai trasferimenti di tonno dalle reti alle gabbie. Ogni operazione d'ingabbiamento dovrà essere video-registrata. Se il numero o il peso massimo del tonno rosso risulterà essere superiore del 10% a quello dichiarato dall'operatore dell'allevamento responsabile dell'ingrasso del pesce, i quantitativi in eccesso dovranno essere rilasciati.
Gli Stati membri dovranno garantire il monitoraggio, da parte dei loro osservatori nazionali, di tutte le loro navi da pesca con reti a circuizione inferiori ai 20 metri nel 2012. Per quanto riguarda le reti a circuizione più grandi, verrà ingaggiato un osservatore regionale dell'ICCAT. In precedenza, solo il 20% delle reti a circuizione erano controllate. Secondo le nuove regole, gli stati membri dediti alla pesca del tonno rosso avranno tempo fino all'inizio del 2013 per portare le loro flotte di pesca in linea con i contingenti a loro assegnati. Nel 2010 gli stati membri sono stati obbligati a eliminare solo il 25% della discrepanza tra la loro capacità di pesca e i contingenti a loro assegnati. Inoltre, la stagione di pesca con reti a circuizione sarà diminuita da due mesi a uno, e avrà luogo nel periodo dal 15 maggio al 15 giugno. Il nuovo piano di ricostituzione riduce inoltre il totale ammissibile di catture (TAC) di tonno rosso a livello internazionale da 13.500 a 12.900 tonnellate. Di conseguenza, le TAC assegnate all'UE sono state ridotte da 7113.15 tonnellate nel 2010 a 5756.41. Questa limitazione è già entrata in vigore nel 2011, anno in cui il contingente assegnato all'Italia ammontava a 1787,91 tonnellate. Le nuove regole sono state approvate con 635 voti a favore, 16 contro e 11 astensioni. Il regolamento entrerà in vigore una volta ricevuta l'approvazione del Consiglio. Fonte: Aiol.
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SEQUESTRO DI TONNO ROSSO A PALERMO
Le modalità sono molto simili a quelle di altro sequestro recentemente operato dalla Squadra Nautica della Questura di Palermo. Un peschereccio nei pressi dell’imboccatura del porto di Cefalù (PA) ed a fari spenti. Segnale che non è sfuggito agli Agenti della Polizia di Stato che hanno seguito il natante fino all’imboccatura del porto vecchio. Forse un avviso da terra, dal momento in cui il motopesca sembrava pronto ad entrare nell’approdo principale della cittadina turistica del palermitano e non nel vecchio porto. Sta di fatto che, una volta attraccato, sono arrivati due furgoni che sono poi risultati essere riconducibili a due pescatori di Porticello (PA) e Cefalù. In tutto sette tonni del peso complessivo di una tonnellata. Tutto sequestrato in quanto pescato in forma illecita. Il tonno, infatti, può essere catturato in base alle quote destinate all’Italia dall’Unione Europea. Il nostro paese, poi, autorizza specifici approdi e motopesca. A ciascuno dei due pescatori è stata contestata una sanzione amministrativa di 4000 euro. Di fatto, dall’inizio della stagione di pesca, sale a 2.65 tonnellate il tonno rosso sequestrato in due distinte operazioni della Polizia di Stato e della Capitaneria di Porto. Fonte: GeaPress.
25 MAGGIO
ANALISI GENETICHE PER SALVARE GLI STOCK ITTICI
La salvaguardia degli stock ittici europei potrà contare, d'ora in poi, su uno strumento in più grazie a un nuovo metodo di identificazione delle popolazioni di pesci, che potrebbe avere valore legale, descritto sulle pagine della rivista Nature Communications a firma di un gruppo di ricercatori dell' Università di Bangor, nel Regno Unito.
Il problema non è di poco conto, se sono attendibili le stime secondo cui circa il 25 per cento del pesce catturato in tutto il mondo è pescato illegalmente. Per quanto riguarda l'Europa, in particolare, la perdita economica potrebbe arrivare a 10 miliardi di euro entro il 2020. Per correre ai ripari, è stato avviato un progetto da quattro milioni di euro denominato FishPopTrace.
Le leggi già in vigore nell'Unione Europea prevedono dal 2011 che qualunque pesce venduto sul suo territorio sia etichettato con la specie e la regione di origine e che, entro il 2013, negli stati membri vengano condotti studi pilota su nuovi metodi di tracciabilità.
"Uno dei problemi principali è che non esiste un metodo indipendente per provare l'esatta origine di un dato pesce e in alcune circostanze, per esempio quando è già cotto, non si riesce neanche a determinare la specie", ha sottolineato Gary Carvalho, che ha coordinato lo studio.
Grazie al metodo messo a punto in quest'ultimo studio, sarà possibile identificare una partita di pesce mediante il confronto di alcuni marker con altri raccolti in un database.
"Il metodo si è dimostrato efficace su quattro specie europee comuni, il merluzzo bianco, l'aringa atlantica, la sogliola comune e il nasello, tutte minacciate dalla pesca eccessiva e da quella illegale, non tracciata e non regolata", ha aggiunto Carvalho. "Oltre a ciò è anche flessibile: abbiamo già definito i marker per separare popolazioni di pesci su ampie scale geografiche ma ciò non impedisce l'identificazione delle specie su scale molto più limitate, come quelle tipiche del merluzzo del Baltico e del Mare del Nord". Fonte: LeScienze. Altre informazioni su GalileoNet.
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TONNO ROSSO, SECONDO FEDERCOOPESCA EVITATA MANNIA...
"Tiriamo un sospiro di sollievo perché a Strasburgo non è prevalsa la linea di tolleranza zero sulla pesca del tonno, che sarebbe stata una vera mannaia per imprese e operatori, prevedendo la sostanziale chiusura delle attività di cattura". Lo afferma Massimo Coccia presidente Federcoopesca-Confcooperative, al termine della votazione del Parlamento Europeo sulla relazione dell’eurodeputato Rueva, volta a modificare, nel quadro della procedura della codecisione, il regolamento (CE) n. 302/2009, concernente un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo.
Quella dell’associazione è una soddisfazione parziale, legata solo allo scampato pericolo.
Due le richieste che l’Italia vorrebbe venissero accolte in sede comunitaria: modificare il calendario di pesca, spostando più in la l’avvio della campagna in modo da poter usufruire di migliore condizioni meteomarine; il ripristino dell’utilizzo degli aerei. Due misure queste che, secondo la Federcoopesca, sarebbero strategiche per garantire maggiori standard di sicurezza per i lavoratori e ottimizzare al meglio il breve periodo di pesca, con ricadute positive sui costi di gestione.
Purtroppo sono questi i termini utilizzati da chi dovrebbe tutelare gli interessi dei pescatori e gestire una importante risorsa economica in chiave imprendotoriale ed ecosostenibile. Raschiamo il fondo del barile finché si può, e rimandiamo alle calende greche qualsiasi provvedimento a tutela del tonno rosso, ci penseranno le future generazioni a saldare i nostri debiti.
24 MAGGIO
MARE SPORCO? ALZIAMO I LIMITI DEGLI INQUINANTI PER RENDERLO PULITO
La EEA, Agenzia Europea per l’Ambiente, pubblica l’annuale Bathing Water Report, ossia il rapporto sullo stato delle acque balneabili europee. Ebbene, dal resoconto per Stato membro, l’Italia risulta aver rispettato nel 91.9% delle coste gli standard di balneabilità con una crescita del 6.6% delle aree marine risultate buone per fare bagni; 21 siti (0.4%) non rispettano gli standard a causa dell’eccessiva presenza di Escherichia coli (uno dei pochi paramentri ancora considerati), che però risulta meno presente rispetto al 2010, quando non erano balneabili 57 siti e il decremento, perciò, è stato dello 0.8%. 133 siti balneabili sono stati chiusi rispetto ai 33 del 2010 mentre 242 (4.9%) sono risultati insufficienti a non valutabili rispetto ai 632 (12.9%) del 2010. Insomma, questi dati riconoscono al mare del BelPaese una qualità pari a quella di Cipro, Malta, Croazia e Grecia che sono risultate ai primi posti per il mare cristallino. Da noi il portale che raccoglie e divulga le informazioni è www.portaleacque.salute.gov.it.
Ma in un comunicato stampa commenta così i dati Giorgio Zampetti, responsabile dell’ufficio scientifico di Legambiente: "Meno male che ci pensa la UE a diffondere i dati sulla qualità delle acque di balneazione del nostro Paese. Sul sito del Ministero della Salute, l’ultimo aggiornamento in materia risale a giugno del 2010 con dati relativi al 2009 e dichiarazioni affidate al ministro Ferruccio Fazio. Nemmeno il '‘Portale Acque', creato per fornire indicazioni chiare e tempestive sulla balneazione, presenta dati esaurienti su tutti i tratti di costa".
Spiega Zampetti che il miracolo della crescita dei siti balneabili in Italia non è frutto di una sana politica di riduzione dell’inquinamento ma della nuova normativa del 2010 che innalza i valori di inquinamento consentiti: "Non dimentichiamo che ancora oggi il 30% dei cittadini italiani non è allacciato a un depuratore. Un ritardo che ha già comportato l’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea. L’estate scorsa, il monitoraggio scientifico della Goletta Verde rilevò, infatti, 146 i punti critici disseminati lungo tutta la costa italiana, praticamente uno ogni 51 km di costa, l’80% dei quali fortemente inquinato. Risultarono off limits 112 foci a conferma del problema di mancata depurazione, che riguarda in primo luogo i comuni dell’entroterra". Fonte: EcoBlog.
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TONNO ROSSO, SEQUESTRO A PESCARA
Ancora sequestro di tonno rosso illegalmente pescato. Dopo la tonnellata e seicentocinquanta chili di tonno, sequestrati nei giorni scorsi nei porti di Cefalù e Porticello, entrambi nel palermitano, è ora la volta di Pescara. La Capitaneria di Porto ha infatti rinvenuto ad un diportista, ben dieci pesci di peso pari a 400 kg. Ai suoi danni sono state elevate le relative sanzioni amministrative, mentre l’intero pescato è stato venduto con introito da destinarsi all’erario. Sia i diportisti che i pescatori professionisti, possono prelevare il tonno rosso nell’ambito di quote stabilite in base alle disposizioni della Comunità Europea. Proprio quest’anno le associazioni di pescatori sportivi hanno definito soddisfacente la quota loro attribuitagli e pari a 35 tonnellate. Evidentemente a qualcuno non andava bene ed è molto probabile, nel caso di Pescara, che l’ingente quantitativo di tonno potesse non essere ad uso del solo pescatore non professionista. L’intervento della Capitaneria di Porto di Pescara ha fatto seguito a lunghi appostamenti e sopralluoghi. Probabilmente alcune notizie erano circolate circa il probabile utilizzo di quel porto per lo sbarco illegale di tonno rosso. Fonte: GeaPress.
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CORALLO ROSSO SEQUESTRATO A TRAPANI
Oltre due chili di corallo rosso, Corallium rubrum, sono stati sequestrati dell’Ufficio delle Dogane presso il porto di Trapani. Ad intervenire anche il Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato. Il corallo era stato nascosto all’interno di un’autovettura condotta da un cittadino tunisino, sbarcato dal traghetto proveniente da Tunisi. Il corallo ritrovato era di tipo "grezzo" ovvero ancora non lavorato. Il prezzo al chilo avrebbe potuto raggiungere cifre prossime ai duemila euro. Molto di più, invece, una volta lavorato. Non è escluso che il corallo rosso ora sequestrato a Trapani, possa essere stato raccolto nei fondali dell’Algeria. In Sardegna, ma anche nella non lontana Tunisia, (luoghi storici di raccolta) il corallo rosso è ormai molto raro da rinvenire. In Algeria, ampiamente depredato, si rinviene in fondali prossimi ai cento metri. In Tunisia, per altro, sono stati proprio i raccoglitori italiani ad estirparne grosse quantità.
Un fatto, questo, che dovrebbe imporre una ferrea protezione a livello internazionale, ovvero le massime misure previste dalla Convenzione Internazionale di Washington sul commercio di specie protette e minacciate d’estinzione. Purtroppo, il bando totale dei commerci, avanzato da numerosi paesi, tra cui gli USA, viene continuamente contrastato dalle autorità italiane, molto sensibili ai richiami delle associazioni di settore. Fonte: GeaPress.
23 MAGGIO
SEA SHEPHERD: GIORNATA SOS, SALVIAMO IL NOSTRO CAPITANO
Mentre abbiamo guadagnato una vittoria con la decisione relativa alla libertà su cauzione del Capitano Paul Watson, la battaglia per salvargli la vita deve adesso farsi più serrata. La Corte Regionale Superiore di Francoforte ha confermato, in accordo con il Procuratore Generale, che l'autorità per salvare la vita del Capitano Paul Watson è in capo all'Onorevole Ministro Federale della Giustizia. Continuate a scrivere, a telefonare, a inviare mail e fax agli Onorevoli Ministri Tedeschi della Giustizia e degli Esteri. Questi Onorevoli Ministri devono comprendere chiaramente di dover agire adesso nel modo delineato dal Procuratore Generale e dalla Corte Regionale Superiore. Il Capitano Watson si aspetta che i propri sostenitori in tutto il mondo portino la nostra richiesta per salvargli la vita fino alle soglie delle missioni diplomatiche tedesche di tutto il mondo. Chiediamo una Giornata di Azione Globale Mercoledì 23 Maggio. In questo giorno la Presidentessa del Costa Rica, Laura Chinchilla, farà visita alla Cancelliera Tedesca Merkel a Berlino. Mercoledì 23 Maggio è la Giornata S.O.S – Salviamo il nostro Capitano!
in tutto il mondo, Sea Shepherd farà sentire la propria voce presso le ambasciate e i consolati tedeschi tra le ore 11:00 e le ore 13:00 (ora locale). Organizzate o partecipate alla cacofonia di voci presso il più vicino consolato o ambasciata tedesca e chiedete la libertà per il Capitano Paul Watson.
Siamo sicuri che con la vostra partecipazione la Germania non metterà in atto un'estradizione che equivarrebbe all'esecuzione di una condanna a morte. I nemici del Capitano Paul Watson, all'interno della mafia delle pinne di squalo, sono in grado di raggiungere l'interno delle carceri del Costa Rica. Se estradato in Costa Rica, è improbabile che il Capitano Paul Watson possa arrivare a vedere l'interno di un tribunale costaricano. Non c'è luogo più importante per radunarsi, di quello in cui la presidentessa Chinchilla inizierà la sua visita di Stato a Berlino. Questo incontro si aprirà con gli onori militari alle ore 11:00 presso lo Schloss Bellevue. Unitevi a fianco del Capitano Paul Watson, quando lui stesso manifesterà personalmente allo Schloss Bellevue. Altri dettagli specifici stanno per arrivare qui e sul sito di Sea Shepherd tedesco. Chiediamo ai sostenitori del Capitano Paul Watson di continuare ad essere rispettosi nei loro messaggi. Siamo sicuri che con il vostro aiuto la Presidentessa del Costa Rica, la Cancelliera Tedesca e gli Onorevoli Ministri Tedeschi garantiranno al Capitano Paul Watson i diritti umani, senza cedere alle false accuse dei bracconieri delle pinne di squalo, che altro non sono se non comuni criminalil. Fonte: SeaShepherd.
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GIAPPONE: SALPANO LE BALENIERE
Le navi baleniere giapponesi Yushin Maru e Yushin Maru 2, hanno lasciato da qualche giorno il porto di Shimonoseki, nel Giappone meridionale. Ad attenderli una terza nave baleniera, la Nisshin Maru. Questa volta i cannoni motorizzati delle baleniere non punteranno verso i mari antartici, da dove sono state scacciate dalla flotta di Sea Shepherd, ma direttamente nel Pacifico. Il piano di caccia prevede 100 balenottere minori e dieci capodogli, animale, quest’ultimo, considerato in pericolo.
Fino ad agosto, la caccia è aperta. Le motivazioni addotte dal Giappone, sono sempre le stesse. Caccia, ma per motivi scientifici. Escamotage, questo, che ha consentito ad altre flotte baleniere di potere esportare il loro pescato verso i piatti nipponici. Corea del Sud, in particolare, ma anche l’Islanda. Se l’escamotage scelto rappresenta sicuramente un azzardo, ancor più grave è l’autorizzazione concessa dalle autorità internazionali, a potere cacciare balene. L’ultima riunione della Commissione Baleniera Internazionale, svoltasi la scorso luglio nell’isola di Jersey, nel canale della Manica, si era conclusa con le gravissime accuse di corruzione in merito alla compravendita dei voti di taluni paesi. Il sospetto è che il Giappone possa avere in qualche maniera invogliato il voto a suo favore, da parte di alcuni paesi. Non solo voto a favore del Giappone, ma anche contro la creazione del Santuario dei Cetacei che i paesi latino americani vogliono già da tempo riconosciuto nell’Atlantico meridionale. A breve, intanto, la Commissione Baleniera Internazionale, riprenderà i suoi lavori. Il paese ospitante sarà Panama ed in quella sede si riproporrà la creazione del santuario. Il Giappone, però, è già pronto ad ottenere gli stessi privilegi degli altri anni. Questo, almeno nelle sue acque costiere. Fonte: GeaPress.
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GIGANTESCHI VORTICI NEL MEDITERRANEO
Negli abissi del nostro Mediterraneo si formano vortici d'acqua di 10 chilometri di diametro. Si muovono lentamente, a 3.500 metri di profondità. Li hanno scoperti, assolutamente per caso, i fisici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) mentre raccoglievano dati per lo studio dei neutrini all'interno del progetto Nemo.
Nemo (Neutrino Mediterranean Observatory) è un osservatorio sottomarino ideato per rilevare il passaggio di neutrini di alta energia provenienti dallo spazio profondo (vedi Galileo, Primi passi per Nemo). La collocazione è funzionale allo scopo, visto che i tre chilometri di acqua servono a schermare le altre radiazioni, al fine di ottenere dei dati validi.
Il progetto ha anche previsto l'installazione, nel Mar Ionio, di una serie di strumenti per la misura delle correnti e della temperatura; sono state così raccolte delle serie annuali di dati sulle acque profonde, che sono state poi analizzate dal team di Angelo Rubino, oceanografo dell’Università Ca' Foscari di Venezia.
Ed ecco la sorpresa: la comunità scientifica non si attendeva di trovare, in un bacino chiuso, catene di grandi vortici simili a quelli che si osservano nell'Oceano Atlantico.
I dettagli della scoperta sono riportati su Nature Communications. Come e dove si formino queste strutture rotanti non è dato saperlo, al momento. L'origine potrebbe essere locale, ma non è escluso che i vortici si creino in zone lontane centinaia di chilometri e che poi arrivino nel Mar Ionio: i ricercatori, tra cui quelli INFN di Roma1, Catania e dei Laboratori Nazionali del Sud, "non escludono un’origine remota legata a processi di instabilità fluidodinamica nelle acque del Mar Adriatico e/o del Mar Egeo". Per ora, simulazioni numeriche, risultati teorici e precedenti misure su diversi siti sembrano confermare questa ipotesi. Fonte: GalileoNet.
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TARANTO: OTTO TONNELLATE DI MITILI SEQUESTRATE
Una maxi operazione quella condotta stamani dalla Capitaneria di Porto di Taranto e coordinata dalla Questura cittadina. Numerosa la presenza interforze per garantire la cintura di sicurezza necessaria a circoscrive l’area del molo Cariati. Oggetto dell’intervento, ancora una volta, le coltivazioni di mitili all’interno del mar Piccolo di Taranto. Ben 195 percolati di cozze nere sotto il pontile della banchina Cariati. Oltre sei tonnellate di mitili più altri già caricati a bordo di due natanti. Il tutto in un mare dove vige l’Ordinanza di Divieto di coltivazione e movimentazione di mitili, a causa della presenza di diossine e PCB.
Le sorprese, però, non erano finite. Nel fondo marino erano altresì state sistemate ben 87 tra ceste e cassette. Contenevano 1,7 tonnellate tra ostriche ed altri molluschi bivalvi. Tutto il pescato è stato avviato alla distruzione in quanto non conforme, stante il parere dei Servizi Veterinari, all’alimentazione umana. I conduttori dei due natanti sono stati sanzionati per la violazione dell’Ordinanza. Denuncia contro ignoti, invece, per i gestori delle coltivazioni. Se individuati, dovranno rispondere della violazione del Codice della Navigazione (pericolo per la navigazione). Il totale dei mitili sequestrati ammonta a circa otto tonnellate. Nel corso dell’operazione si è inoltre provveduto alla distruzione di un manufatto abusivo usato per l’allevamento dei mitili. Fonte: GeaPress.
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SEA SHEPHERD: PAUL WATSON LIBERO SU CAUZIONE
Il capitano Paul Watson fondatore di Sea Shepherd, è stato rilasciato su cauzione nella giornata di ieri. La detenzione è durata otto giorni e Watson era stato tratto in arresto dalla polizia tedesca al suo arrivo all’aeroporto di Francoforte, con l’accusa di violazione del traffico navale. Ragione per cui il Costa Rica ne ha richiesto l’estradizione, essendo lo Stato coinvolto, secondo l’accusa, nell’infrazione. In realtà ha contrastato duramente il finning, la cattura di squali ai quali sono tagliate le pinne e poi rigettati in mare agonizzanti, praticata anche in Costa Rica e Guatemala. La situazione è paradossale e unica nel suo genere; probabilmente è la prima volta che la Corte d’Appello di Francoforte accoglie il rilascio su cauzione, con in corso una richiesta di estradizione a un cittadino non tedesco, optando non pronunciandosi in merito. Infatti secondo i giudici tedeschi, dovrà occuparsi della questione Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, Ministro per la Giustizia.
Intanto per oggi è prevista la Giornata S.O.S Salviamo il nostro Capitano. Infatti proprio il 23 maggio, Laura Chinchilla, Presidente del Costa Rica, sarà in visita a Berlino e incontrerà la Cancelliera Angela Merkel. Lo stesso Watson domani sarà allo Schloss Bellevue per contestare la richiesta di estradizione. E sempre per domani, gli attivisti si sono dati appuntamento dalle 11 alle 13 presso le ambasciate tedesche. Fonte: EcoBlog.
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SAVONA, TERRORE A SCUOLA CAUSA UN...PULCINO DI GABBIANO
I gabbiani non colpiscono le persone, neppure quando debbono difendere il nido; è quanto hanno riferito ieri i volontari della Protezione Animali alle maestre delle scuole di Piazza delle Nazioni a Savona che, allarmate da un presunto tecnico comunale, avevano tenuto i bambini chiusi in aula per tutta la mattina. Il tecnico era salito sul tetto per controllare l’esecuzione dei lavori di installazione di pannelli solari ed aveva chiamato addirittura i Vigili del Fuoco; questi avevano chiesto l’ausilio del volontari dell’ENPA, che hanno trovato sul tetto un nido con un innocuo pulcino.
Già l’anno scorso qualcuno nella scuola era andato in tilt, pretendendo l’intervento di pompieri e Vigili Urbani ed anche allora i volontari dell’ENPA avevano trovato due piccoli indifesi e terrorizzati in fondo ad una scala; pochi mesi prima un genitore aveva preteso di allontanare una colonia di simpatici gatti dal giardino della scuola, ottenendo addirittura un’ordinanza del Sindaco.
L’ENPA sta ora preparando un esposto alla Magistratura per "procurato allarme" a carico di ignoti da identificarsi; è infatti ingiusto e dannoso disturbare per pericoli assolutamente inesistenti i Vigili del Fuoco. Per insegnare ai bambini a convivere pacificamente con i gabbiani l’associazione aveva proposto l’anno scorso di far tenere lezioni a zoologi esperti, che potessero spiegare i comportamenti dei volatili quando difendono il nido e basta alzare le braccia – come insegnano i pescatori – per allontanarli ed interrompere i voli semplicemente minacciosi che fanno attorno all’intruso.
Ma come spesso accade – riferisce l’ENPA savonese – per le proposte concrete, nessuno aveva risposto. E così si lasciano gli adulti di domani succubi della caccia alle streghe, con il rischio di far loro venire un infarto quando un innocuo gabbiano vola loro vicino. Da anni i gabbiani stanno colonizzando le città; secondo l’ENPA ciò è principalmente dovuto alla pesca professionale e sportiva che stanno spopolando il mare, sottraendo loro il cibo. I volatili, quindi, vanno a cercarlo in città e nelle discariche. L’associazione svolge un importante compito, raccogliendo i soggetti i caduti dai nidi sugli edifici, li accudisce e li fa crescere e poi li riporta nel loro ambiente originario, spiagge, scogliere e foci dei torrenti, lontano dalle case; ha anche presentato un progetto di sterilizzazione che, approvato dal Comune di Savona, non ha però potuto ottenere l’indispensabile finanziamento regionale a causa del parere sfavorevole dell’ASL. Fonte: GeaPress.
22 MAGGIO
PESCE A KM ZERO....!
Noi di biologiamarina.eu crediamo poco a certe iniziative, che di ecologico hanno
molto poco, di commerciale molto di più. Certo, in questi casi non si tratta di operazioni che riguardano i grandi gruppi della pesca, gia ipersovvenzionati, piuttosto il settore della piccola pesca, in crisi da anni e costretta a rifornirsi dai grandi pescherecci spacciando poi il pescato come poprio e venduto nei piccoli chioschi lungo le spiagge o nei piccoli mercati rionali. Ecco allora la novità, pesce a Km zero!!! (nota: la stragrande maggioranza dei piccoli pescatori vende gia a Km zero).
Come per la frutta e la verdura a km zero, il senatore Pd Roberto Della Seta, ha proposto in Senato un disegno di legge per il pesce a miglio zero. Obiettivi? Ridurre la pressione di pesca nel Mediterraneo, dove l’82% degli stock ittici sono sovrasfruttati; sostenere i piccoli pescatori che compongono circa due terzi della flotta italiana; rilanciare il settore della pesca attraverso una riduzione dell’IVA per tutti quei pescatori che vendono a meno di 70 km dal porto di residenza.
Per ora si tratta di un disegno di legge, ma l’idea del senatore Roberto Della Seta trova già molti consensi tra gli ambientalisti e i volontari delle maggiori associazioni di settore, come Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Wwf, Ocean2012 e Legapesca che sostengono principalmente la proposta di incentivazione dei piccoli pescatori italiani (nota: ancora con gli incentivi, mai nessuna nuova proprosta concreta). Se per alcuni il raggio di vendita del pesce a miglio zero, ossia 70 km dal porto di residenza, è ancora troppo elevato, c’è da dire che oggigiorno non vi sono alcune limitazioni nella vendita del pesce e che spesso quello che arriva sulle nostre tavole non è pescato in Italia (ricordiamo che il pesce pescato in Italia non è sufficiente a coprire i consumi). In modo molto positivo è vista l’introduzione di un marchio di qualità per i prodotti ittici a miglio zero, certificazione che attualmente penalizza il nostro Paese. Come spiega Della Seta: "L’Italia che pure vanta il numero più alto di prodotti a marchio europeo Dop e Igp, oggi ha due soli prodotti ittici protetti, meno del Regno Unito, della Germania e della Francia. Per un Paese come il nostro che ha tradizioni di pesca e di alimentazione basata sulla pesca importanti, questo è un dato paradossale un marchio specifico di qualità per i prodotti a miglio zero può aiutare a superare questa evidente anomalia e a migliorare le prospettive di tante piccole aziende di pescatori". Fonte: Repubblica [modificato].
21 MAGGIO
QUANTE VOLTE PAGO IL PESCE IN PESCHERIA?
Quando acquistate del pesce al supermercato o dal pescivendolo pensate che quella sia l’unica volta che pagate per quel pesce. Non è così. Un recente documento realizzato da OCEAN12 dimostra come noi europei paghiamo più volte lo stesso pesce catturato dai pescherecci dell’UE.
Come ? Attraverso i sussidi europei alla pesca che dipendono dagli introiti fiscali.
Valgono infatti € 4.3 miliardi circa i fondi comunitari che hanno sovvenzionato (e sovvenzionano) l’industria della pesca tra il 2007 e il 2013. E per molti altri dettagli vi consiglio una "capatina" qui.
Tipicamente questi fondi vengono usati per l’ammodernamento delle navi, la costruzione di porti, la lavorazione del pesce, la commercializzazione e lo stoccaggio. In sostanza i sussidi riducono il costo delle attività di pesca aumentando la capacità delle flotte. In sostanza sono (in gran parte) i sussidi a mantenere in vita la pesca europea.
Ma le conseguenze di questa politica, secondo il report, possono essere paradossali: in molti casi, infatti, i sussidi permettono di tenere alta la pressione di pesca anche su quelle specie, già eccessivamente sfruttate, che altrimenti a causa della loro 'scarsezza' non consentirebbero introiti soddisfacenti. Ne sono un eclatante esempio i 33.5 milioni di euro che tra il 2000 e il 2008 sono stati versati per l’ammodernamento di navi che pescano il tonno rosso, una specie sovrasfruttata e minacciata di estinzione. E che si tratta di un cane che si morde la coda lo dimostrano chiaramente i calcoli della Banca Mondiale, secondo i quali ogni anno l’economia mondiale perde oltre 35 miliardi di euro a causa della pesca eccessiva (più di 1 trilione di euro negli ultimi 30 anni).
Secondo il report esistono anche situazioni-limite nelle quali i sussidi sono stati concessi prima per ammodernare dei pescherecci e poi nuovamente concessi per la loro demolizione nel momento in cui gli le specie oggetto di pesca sono risultate talmente sovrasfruttate da non permettere in alcun modo un profitto. Oppure casi in cui i sussidi sono andati a favore di flotte coinvolte e condannate per pesca illegale.
Come tutto ciò ci riguadi da vicino abbiamo cercato di spiegarlo qui.
Che fare quindi ? Le soluzioni non sono facili (non si pò buttare il bambino insieme all’acqua sporca, vero?).
Secondo la stessa OCEAN2012, la coalizione promossa ed è coordinata dal Pew Environment Group, la gestione di questo problema spetta alla 'politica'. Ma rimane importante che i cittadini siano informati e possano usare queste informazioni nelle proprie scelte d’acquisto.
I membri italiani di OCEAN2012 sono: CTS Ambiente, Green Life, GRIS, Fondazione Cetacea, Legambiente, Marevivo, MedSharks, Oceanus onlus, Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Tethys Research Institute. I membri fondatori di OCEAN2012 sono: Coalition for Fair Fisheries Arrangements, Ecologistas en Acción, The Fisheries Secretariat (FISH), NEF (new economics foundation), The Pew Environment Group e Seas at Risk (SAR). Fonte: OggiScienza.
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LA TARTARUGA GIGANTE Carbonemys cofrinii
Oltre 60 milioni di anni fa, il Sud America ospitava una tartaruga che raggiungeva le dimensioni di una piccola utilitaria: la Carbonemys cofrinii (Cadena et al., 2012), scoperta nel 2005 ma analizzata nel dettaglio solo di recente, possedeva un cranio grande quanto una palla da football, e probabilmente si nutriva di coccodrilli e grossi pesci. I resti fossili di Carbonemys cofrinii sono stati scoperti nel 2005 in una miniera di carbone del complesso minerario di Cerrejon, nella regione settentrionale della Colombia.
La testa di questa enorme tartaruga, lunga circa 24 centimetri, era dotata di una mascella estremamente potente, che consentiva a questo rettile di nutrirsi di qualunque animale di media taglia, compresi, come detto, piccoli coccodrilli e altre tartarughe. Le dimensioni della tartaruga spiegherebbero l'assenza di altri fossili della stessa specie all'interno del sito. "È come avere una grossa tartaruga alligatore nel bel mezzo di un lago" spiega Dan Ksepka, ricercatore della North Carolina State University.
Nelle vicinanze dei resti di Carbonemys cofrinii è stato rinvenuto anche un enorme carapace, probabilmente appartenente alla stessa specie. Il carapace,, che ha un diametro di oltre 170 centimetri, è il più grande mai scoperto appartenuto ad una tartaruga del tardo Paleogene.
All'interno del sito è stata scoperta un'altra specie di tartaruga gigante, la Cerrejonemys wayuunaiki. Sebbene le sue dimensioni fossero inferiori a quelle della C. cofrinii, il suo carapace, spesso diversi centimetri, le conferiva la capacità di resistere alla maggior parte degli attacchi da parte degli enormi predatori sudamericani del tempo. Fonte: DitaDiFulmine.
Vedere anche Researchers reveal ancient giant turtle fossil, Phys.org.
19 MAGGIO
SEA SHEPHERD: PAUL WATSON LIBERO SU CAUZIONE
Paul Watson potrebbe essere scarcerato già lunedì prossimo. La Corte tedesca che sta esaminando la documentazione allegata alla richiesta di estradizione del Costa Rica, ha concesso nel tardo pomeriggio di oggi la libertà dietro pagamento di una cauzione. Il fondatore di Sea Shepherd non potrà, comunque, lasciare il territorio tedesco finché la Corte non avrà completato l’esame della documentazione. Solo alla fine di tale iter si deciderà sulla sorte di Watson, se cioè verrà estradato in Costa Rica oppure riacquisterà la piena libertà. Il non luogo a procedere scatterebbe nel caso in cui le accuse mosse a Watson, verrebbero giudicate viziate da motivazioni politiche e non da una tecnica "violazione del traffico navale".
Secondo Sea Shepherd, la decisione, giudicata inusuale, è un successo delle pressioni che da ogni parte del mondo stanno arrivando sul Ministro della Giustizia tedesco. L’unico, dicono gli ambientalisti, in grado di prendere la decisione di non concedere l’estradizione in Costa Rica. Per questo, sostiene sempre Sea Shepherd, è importante continuare ad inviare mail riportanti l’appello promosso in favore di Watson.
Come ormai noto, un vecchio presunto incidente intercorso con le autorità del Costa Rica (Watson aveva filmato le operazioni di shark finning, ovvero le amputazioni delle pinne di squalo) era stato recentemente riesumato come motivazione della richiesta di estradizione. Il tutto in coincidenza di altra causa avviata dalle autorità giapponesi contro Watson. Il protocollo seguito dal Costa Rica, a giudicare da quanto comunicato dall’Interpol, non era però conforme. Fatto, questo, che aveva ancor di più avvalorato i sospetti di come la reale motivazione alla base del mandato fosse in realtà di natura squisitamente politica. Una volta accertata tale natura, la Germania non potrebbe più estradare Watson.
Intanto, su di lui, grava la spada di Damocle di quella che Sea Shepherd non ha esitato a definire come una "sentenza di morte" emessa per essersi battuto per la salvaguardia del mare e dei suoi abitanti. Fonte: GeaPress.
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DOVE FINISCONO I TONNI DELLA CIRCUIZIONE?
Catturati tramite il ricorso a potenti motopesca, i tonni vengono circondati da enormi reti circolari. Questa la circuizione. Di fatto un rastrellamento di tonni che può tra l’altro far rimanere bloccati anche altri abitanti del mare. Il vantaggio di questa tecnica è che il tonno rimane vivo e può essere "allevato" in gabbie posizionate in mare. Di fatto gli animali vengono uccisi quando il loro prezzo aumenta, specie nei mercati giapponesi.
Regina delle tecniche di circuizione è la Campania, regione dove operano intermediari giapponesi e concessioni in mare per i cosiddetti allevamenti. Come quello sequestrato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Salerno, Sezione Operativa Navale, nei pressi di Cetara (vedi foto). 24.000 metri quadrati di superficie marina demaniale senza più le autorizzazioni necessarie. Impianto sequestrato e deferimento all’Autorità Giudiziaria del titolare. L’uccisione e macellazione dei tonni dovrebbe comunque essere sempre possibile, previa autorizzazione.
Già nell’agosto 2010 un altro impianto era stato sequestrato in Calabria, dalla Capitaneria di Porto territorialmente competente (vedi articolo GeaPress). Le gabbie insistevano addirittura all’interno di un parco marino regionale. Una grama fine per i tonni. Rastrellati in mare ed in attesa della morte, che arriverà nel momento più opportuno dettato dal mercato. Proprio nelle settimane scorse, l’Italia si è fatta pure portavoce di una istanza non solo volta ad aumentare le quote del pescato, ma anche a poter utilizzare gli aerei per la loro individuazione e successiva cattura. Vedere news del 17 maggio.
Non è dato sapere come il Comissario Europeo alla Pesca, Maria Damanaki, vero incubo per proposte di tal genere, abbia accolto la richiesta. Fonte: GeaPress.
18 MAGGIO
BATTERI SEPOLTI NEI SEDIMENTI DEL NORD PACIFICO
Un gruppo di biologi capitanato da Hans Røy, ha annunciato sulla rivista Science, di aver scoperto delle colonie di batteri in sedimenti argillosi vecchi di 86 milioni di anni. Il loro metabolismo risulta essere talmente lento, da risultare addirittura 10.000 volte più lento di quello normalmente misurato in laboratorio. Si tratta di batteri che utilizzano le pochissime sostanze organiche presenti come fonte di carbonio, tuttavia la produzione di energia è talmente lenta che i batteri, almeno stando alle prime analisi, sembrano sospesi in una sorta di limbo.
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SEA SHEPHERD: FORSE SI ESPRIME OGGI LA CORTE D'APPELLO TEDESCA
Forse già oggi la Corte d’Appello tedesca si pronuncerà sul ricorso promosso dagli avvocati di Watson, in merito alla richiesta di estradizione del Costa Rica, accolta dalle autorità tedesche. Nel caso l’esito fosse positivo, Watson rimarrà novanta giorni in carcere per essere poi estradato. Intanto, ieri, in un’aula dell’aeroporto di Francoforte si è tenuta la conferenza stampa di Sea Shepherd. Presenti il Capitano Peter Hammerstedt, che lo scorso marzo, a bordo della nave Bob Barker ha messo in fuga le baleniere giapponesi e Scott West, leader della campagna in difesa dei delfini giapponesi e già presente, in Giappone, a fianco di Erwin Vermeulen, l’attivista di Sea Shepherd arrestato e poi assolto dalle autorità nipponiche. Alla conferenza stampa di Francoforte (aeroporto dove sabato scorso è stato arrestato Paul Watson, era altresì presente Oliver Wallasch , l'avvocato tedesco che sta seguendo il caso.
Per Sea Shepherd la concessa estradizione da parte delle autorità tedesche, equivale ad un sentenza di morte. Parole che pesano come pietre, ma che potrebbero trovare uno spiraglio di luce nella inusuale dichiarazione del Pubblico Ministero che ha dichiarato come le autorità tedesche potrebbero bloccare il tutto se fosse riconosciuta una motivazione politica dietro il mandato di arresto. News integrale su GeaPress.
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PESCA SOSTENIBILE: ANCORA DUBBI SULLE CERTIFICAZIONI....Friend of the Sea E Marine Stewardship Council
Sono davvero sempre sostenibili i prodotti ittici certificati? Ci possiamo fidare completamente delle certificazioni più diffuse, quali quelle di Marine Stewardship Council e di Friend of the Sea? Per gli studiosi tedeschi Rainer Froese e Alexander Proelss, due tra i massimi esperti di gestione della pesca, la risposta è negativa. Non sempre il pescato presentato come sostenibile lo è davvero, perché in alcuni casi (fino a uno su tre) può provenire da stock sovrasfruttati. Nonostante questo dato, però, Froese e Proelss consigliano comunque prodotti certificati.
La questione è critica. Secondo la FAO il numero di stock di pesci e prodotti ittici sfruttati fino all'esaurimento è in continua crescita. Per fortuna aumentano anche i rivenditori e i consumatori che, per essere certi di fare scelte sostenibili, si affidano ad acquisti certificati. I grandi protagonisti del settore sono due, Marine Stewardship Council (MSC) e Friend of the Sea (FOS): entrambi offrono schemi di certificazione che garantiscono (o dovrebbero garantire) il ricorso a stock non sovrasfruttati.
Anche in Italia ci sono prodotti con queste dichiarazioni di sostenibilità: per esempio i filetti di sgombro Rizzoli e il tonno As do Mar per FOS, le vongole o il salmone affumicato Coop, le sardine Alma Brand, i filetti di merluzzo surgelati Ocean 47, il sugo di nasello Dinon e i trancettini con salmone Sheba per MSC.
Per verificare la sostenibilità dichiarata, i ricercatori hanno confrontato le informazioni rese disponibili dai due enti su alcuni dei loro stock certificati (71 per MSC e 76 per FOS) con sistemi di riferimento utilizzati a livello internazionale per definire le situazioni di sovrasfruttamento. In realtà manca una definizione chiara e definitiva del concetto di "stock sovrasfruttato", ma i sistemi considerati nell'indagine sono gli stessi che le due organizzazioni riferiscono di utilizzare per classificare i loro stock. I risultati ottenuti, pubblicati di recente sulla rivista Marine Policy, sono stati molto deludenti: in diversi casi (11% per MSC e 53% per FOS) le informazioni disponibili non erano sufficienti per valutare il livello di sfruttamento. Ancora più preoccupante il fatto che il 19% degli stock FOS e ben il 31% di quelli MSC certificati come sostenibili in realtà sono già sovrasfruttati.
Poiché non era intento dello studio limitarsi ad accusare i due enti, ma piuttosto metterli sotto pressione per migliorare il processo di certificazione, Froese e Prolss hanno inviato i risultati a MSC e FOS prima della pubblicazione, con la richiesta di commenti. Ha risposto soltanto Friend of the Sea, che ha giudicato positivamente l'operazione di valutazione, pur non condividendone ogni aspetto. Inoltre si è affrettato a togliere la certificazione a tre degli stock giudicati non sostenibili. Marine of Stewardship Council non si è pronunciato, limitandosi a contestare la metodologia seguita nello studio in alcune dichiarazioni successive alla pubblicazione. In ogni caso, ha temporaneamente sospeso la certificazione di 4 stock.
Resta la domanda fondamentale per i consumatori: vale comunque la pena di acquistare, magari a prezzi più elevati, i prodotti certificati? Per Froese e Prolss senza dubbio sì: "La percentuale di stock in buona salute è comunque notevolmente superiore tra i prodotti certificati che tra quelli che non lo sono. Comprando pesci provenienti da questi stock, i consumatori scelgono una pesca sostenibile, il che significa che possono mangiare pesce senza timore di vederlo scomparire per sempre". Fonte: IlFattoAlimentare.
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GLI EFFETTI DELLE NANOPARTICELLE SUI MITILI
Un gruppo dei ricercatori italiani ha pubblicato su PLosOne un'importante studio: "Immunomodulation by Different Types of N-Oxides in the Hemocytes of the Marine Bivalve Mytilus galloprovincialis". Caterina Ciacci e Barbara Canonico, dell'Università di Urbino, Dagmar Bilaniĉovă, dell'Università Ca' Foscari di Venezia, Rita Fabbri e Katia Cortese dell'Università di Genova, hanno studiato gli effetti di contaminanti emergenti (come le nanoparticelle, Np) sulle cozze (Mytilus galloprovincialis), valutando i parametri della risposta immunitaria e gli indici biochimici utilizzati come biomarkers nei programmi di biomonotoraggio.
E' stata eseguita la caratterizzazione chimico-fisica sia delle particelle primarie che delle sospensionidi Np artificiali in acqua di mare artificiale (ASW). "Sono stati valutati i parametri lisosomiali e mitocondriali degli emociti, la produzione di ossido nitrico, la produzione di radicali dell'ossigeno e di monossido di azoto, l'attività fagocitaria, nonché captazione di Np - scrivono i ricercatori - I risultati mostrano che diversi N-ossidi, hanno rapidamente suscitato risposte differenziali negli emociti in relazione alle loro proprietà chimiche, concentrazione, comportamento in acqua di mare e delle interazioni con compartimenti subcellulari". News integrale su GreenReport.
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BALENOTTERE SALVE PER DODICI MESI?
La motivazione non è certo ambientale o etica, ma quel che conta è il risultato e, in questo, caso sarà il medesimo: le balenottere dell’Islanda, grandi mammiferi marini a rischio estinzione, potrebbero non essere cacciate per il 2012. Il motivo reale? Il governo non ha rinnovato la deduzione fiscale prevista per i cacciatori dei grandi cetacei, che non potranno essere rimborsati per i lunghi periodi trascorsi in mare. Molti dei pescatori che non potranno essere rimborsati per i periodi passati in mare potrebbero abbandonare l’attività, almeno per il 2012. A dare la notizia sono i media locali che informano anche della decisione presa da Kristjan Loftsson, uno dei principali imprenditori del settore: lui quest’anno si dedicherà solo alla caccia alla balenottera minore e fermerà l’attività per le balene comuni, quelle che rischiano l’estinzione. Le sue baleniere, solo nel 2010 hanno catturato 148 esemplari di balenottere comuni, mentre lo scorso anno a causa dello tsunami in Giappone, la caccia alle balene è stata sospesa così come l’economia dell’unico importatore. Se da un lato, l’economia islandese risentirà molto del mancato rinnovo delle deduzioni fiscali, dall’altro gli ambientalisti islandesi esultano per i prossimi 12 mesi. Come racconta Robbie Marslands, direttore dell’International Found for Animal Welfare (IFAW): "Siamo felici di sentire che non ci saranno più balenottere inutilmente macellate in Islanda e che Loftsson ha capito che questa industria datata è antieconomica".
Industria che tuttavia continua a fruttare moltissimo, visto che Islanda e Norvegia continuano a praticarla per scopi commerciali, nonostante la moratoria mondiale e le continue lotte di attivisti ed ambientalisti di tutto il mondo, come il capitano canadese Paul Watson, che della lotta alla caccia alle balene e agli squali ha fatto la sua causa. La caccia alla balena per l’Islanda potrebbe causare persino il rifiuto dell’Unione Europea di entrare a far parte della Comunità, in quanto in Europa la caccia ai grandi cetacei è vietata, ma si promuove invece il whale watching, l’avvistamento turistico dei grandi mammiferi del mare. Fonte: Ecologiae.
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ACQUA INQUINATA DAI RUBINETTI DI VIBO E PARTE DEL CATANZARESE
Come anticipato nei giorni scorsi dal Quotidiano, l'emergenza idrica è scoppiata anche per parte delle Marinate. Già il capoluogo qualche settimana fa aveva visto la revoca dell'ultima di tante ordinanze sindacali, emesse durante i mesi di emergenza che si sono protratti dal 15 agosto in poi, mentre a Bivona la presenza di fango e vermi nell''acqua potabile di alcune abitazioni di via del Pescatore, aveva messo in guardia i cittadini della frazione. E tutta la vicenda, da noi ripetutamente delineata e segnalata, altro non era che l'avvisaglia di quanto, tramite apposita ordinanza firmata ieri mattina dal sindaco Nicola D'Agostino, ha voluto mettere in chiaro. Ricordiamo che da tempo i cittadini della frazione sono impossibilitati ad usufruire del prezioso liquido per uso alimentare e spesso hanno visto scorrere dai loro rubinetti acqua vistosamente marrone. Ma a cosa fosse da attribuire il problema non lo si è mai capito, soprattutto per il fatto che l'amministrazione sia sempre rimasta silente, per quanto la stessa avesse per tre volte prelevato alcuni campioni d'acqua, a seguito dei quali era stato dichiarato che l'acqua fosse "di aspetto limpido, dunque potabile". Questo, però, prima che fossero effettuate analisi più approfondite che badassero anche alle caratteristiche chimiche, proprio quelle effettuate in questi giorni, che confermano che l'acqua di Bivona, assieme a quella di Vibo Marina, non si può assolutamente usare, almeno fino a quando un'altra ordinanza informi del contrario. Con quella che porta la data di ieri, invece, la prima per le Marinate dopo le numerose emesse per il capoluogo, il sindaco D'Agostino ha deciso di mettere nero su bianco il problema, a quanto pare più grave di quanto si pensasse, e di estenderlo appunto, non solo a Bivona, ma anche alla frazione principale: nell'ordinanza in questione, infatti, si trova "l'assoluto divieto di utilizzare l'acqua per consumo alimentare ed umano, a causa della presenza di possibili fonti inquinanti da idrocarburi, la cui presenza è stata rilevata nel serbatoio che approvigiona la rete idrica di Vibo Marina e Bivona. Vista la necessità di procedere ad accertamenti più approfonditi - si può ancora leggere tra le righe dell'ordinanza - è vietato nella frazione l'utilizzo dell'acqua domestica e delle pubbliche fontane, per consumo alimentare ed umano, sino a quando nuovi accertamenti non confermeranno la potabilità della stessa". Anche Bivona e Vibo Marina, dunque, dovranno scordarsi, almeno per il momento, dell'acqua che scorre dai rubinetti, visto il pericolo di fonti inquinanti da idrocarburi, cioè quelle sostenze che, a seguito della lavorazione industriale, per esempio del petrolio, vanno ad inquinare il ciclo delle acque, e che possono costituire un grave problema per la salute dell'uomo. Bandito, dunque, qualunque tipo di uso dell'acqua di Bivona e Vibo Marina, in attesa di nuove disposizioni e chiarimenti.
Ricordiamo che il problema dell'acqua inquinata coinvolge complessivamente parte della provincia di Catanzaro e Vibo Valentia.
17 MAGGIO
TONNO ROSSO: LA SENATRICE CASTIGLIONE VUOLE UTILIZZARE PURE GLI AEREI
Povero tonno rosso. Insoddisfatti delle quote assegnate dalla UE all’Italia per la stagione di pesca 2012, le marinerie protestano e chiedono un aumento del pescato. 1787, 91 tonnellate su un totale di 12.900 relativo ai paesi dell’Unione. La parte da leone la farà sempre la tecnica della circuizione. 1377,60 tonnellate di rastrellata, con ingabbiamento dei tonni. Le quote, anche in termini di ripartizioni regionali, non convincono i pescatori e c’è chi le vuole potenziare. Non solo, dovrebbero essere migliorate le tecniche di avvistamento dei tonni. La già sofisticata strumentazione di bordo, evidentemente non basta. La Senatrice Maria Giuseppa Castiglione, Gruppo Coesione Nazionale (Grande Sud-Sì Sindaci-Popolari d’Italia Domani-Il Buongoverno-Fare Italia), ha chiesto così l’uso degli aerei. Il tutto, ovviamente, per "la tutela delle risorse biologiche" e l’occupazione. La Senatrice eletta a San Vito Lo Capo (nella provincia di Trapani vi è una discreta presenza di flotte autorizzate alla cattura, sebbene con palangaro) ed eletta al posto dell’ex Senatore Totò Cuffaro, ha avanzato la proposta presso la Commissione Agricoltura e Produzione Alimentare che ha infine approvato lo scorso aprile.
Dunque il Governo è ora impegnato ad inoltrare tale richiesta in sede comunitaria. Chissà cosa ne penserà la Commissaria Maria Damanaki, vero incubo per le istante più oltranziste. Per fortuna proprio l’altro ieri il Ministro Catania si è dichiarato convinto che la strada tracciata dal Commissario Damanaki sulle politiche da adottare per il comparto, sia quella giusta.
Con mezzi meno sofisticati, intanto, le flotte non autorizzate continuano a trafficare con il tonno. Proprio ieri la Squadra Nautica della Questura di Palermo ha dato notizia del sequestro di quattro tonni rossi sbarcati nel porto di Cefalù (PA). Un totale di 625 chilogrammi in un porto non autorizzato alla scopo. Nella provincia di Palermo, infatti, si sarebbe dovuto sbarcare a Termini Imerese, Porticello e Palermo. Un uso frequente, quello dei porti minori non autorizzati.
Nella serata di lunedì veniva notato un furgone a fari spenti posizionato alla testa del molo. Appena aperto il portellone del mezzo, entrava in porto un peschereccio anch’esso privo di illuminazione. Scaricato il tutto, il peschereccio si è velocemente allontanato mentre il furgone è stato bloccato in porto. Pescato sequestrato e per il proprietario del mezzo una sanzione di 4.000 euro. Fonte: GeaPress.
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BALENE GRIGIE: LA CACCIA LA VERA RESPONSABILE DELLA LORO DIMINUZIONE
La caccia commerciale alla balena grigia, che tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, ha sterminato decine di migliaia di esemplari, è stata probabilmente la causa principale della recente diminuzione della popolazione di questa specie. Lo suggerisce un nuovo studio, condotto da un gruppo di ricercatori guidato da Elizabeth Alter della Stanford University e pubblicato su PLoS ONE.
Anche se l’affermazione può sembrare ovvia, in realtà altre ricerche avevano ipotizzato che la diminuzione numerica fosse collegata a fenomeni precedenti alla caccia massiva della seconda metà del 1800. Erano stati considerati, infatti, fattori come l’influenza dei cambiamenti climatici (il "periodo caldo medioevale", la "Piccola era glaciale"), la presenza di predatori (Orcinus orca) e il fatto che le popolazioni indigene avessero cacciato questa specie per 5000 anni .
Alter e i suoi colleghi hanno estratto il DNA da ossa di balene grigie (Eschrichtius robustus) del Pacifico orientale, ritrovate in siti archeologici e datate tra i 150 e i 3.500 anni fa, e lo hanno confrontato con il DNA di balene moderne.
In questo modo, i ricercatori hanno tentato di ricostruire la storia della popolazione, evidenziando come, intorno a sei generazioni di balene fa, il numero di individui (60.000) sia diminuito in modo netto. Sei generazioni di balene corrispondono a circa 93 anni e quindi questa diminuzione risale al periodo in cui la caccia commerciale era nella sua fase di massima espansione.
Esistono due popolazioni di balene grigie nel Pacifico, delle quali quella del Pacifico orientale è la più consistente (oggi si contano circa 22.000 esemplari). La popolazione della regione occidentale, invece, è classificata dalla IUCN come a grave rischio di estinzione ed è formata da non più di 130 individui. Fonte: OggiScienza.
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SONO 900 I DELFINI MORTI IN PERÙ
Da febbraio a oggi, almeno 900 delfini si sono spiaggiati sulle coste del Perù. Sono stati trovati morti e in avanzato stato di decomposizione, insieme a oltre 5.000 uccelli, soprattutto pellicani. Il paese, uno dei più ricchi in termini di fauna marina grazie anche alla corrente di Humbold, sta affrontando una delle più grandi perdite della storia.
Tra i primi a denunciare il fatto, l’associazione Orca (Ocean Research and Conservation Association), che ora chiede spiegazioni. A oggi però, si sono avanzate ipotesi solo sulla triste sorte dei volatili: secondo quanto dichiarato dalle autorità, la causa delle morti andrebbe ricercata nelle anomale temperature dell’Oceano Pacifico, più alte quest’anno rispetto alla media stagionale. Il caldo avrebbe avuto come conseguenza primaria la "fuga" dei pesci in acque più profonde, lontano dalla portata degli uccelli marini che sarebbero quindi morti di fame.
Per quanto riguarda i delfini, invece, l'ecatombe è ancora senza spiegazione. Secondo Orca, tra le cause potrebbero esserci i sonar dalle navi. Infatti, gli esami autoptici condotti dagli scienziati dell'associazione, su 30 degli animali morti hanno mostrato fratture dell’orecchio interno, emorragie nel grasso mandibolare - dove queste onde sono percepite - e fegato collassato.
Lo spiaggiamento di cetacei causato da onde a bassa e media frequenza emesse dai sonar (Lfas) non è una novità. Queste onde, infatti, spaventerebbero gli animali, inducendoli a una emersione troppo rapida, che può essere causa di embolie (leggi questo articolo di Galileo per saperne di più). Finora, tuttavia, l’agenzia governativa responsabile delle indagini, l’Imarpe (Instituto del Mar del Perù) non ha voluto pronunciarsi.
Tra le altre cause possibili ci sarebbero anche l’intossicazione da metalli pesanti e pesticidi o infezioni batteriche causate da ceppi dei generi Brucella e Leptospira. Fonte: GalileoNet.
16 MAGGIO
SEA SHEPHERD, ACCOLTA L'ESTRADIZIONE PER PAUL WATSON
La Germania ha deciso. Accolta la richiesta di estradizione del Capitano Paul Watson in Costa Rica. Vani, finora, tutti i tentativi di fare desistere le autorità tedesche nel dar corso ad una vicenda vecchia ed ambigua, risalente addirittura a dieci anni addietro.
Un mandato, quello avanzato dalle autorità del Costa Rica, che aveva sollevato le stesse perplessità dell’Interpol, ma che evidentemente ha trovato riscontro nei giudici tedeschi. Una posizione sconvolgente ed inaspettata, dicono da Sea Shepherd, ancorché messa in atto da un paese europeo, civile e democratico.
Sea Shepherd invita ora ad aderire all’appello (ADERISCI ALL’APPELLO) affinchè le autorità tedesche non diano corso all’estradizione. Il Capitano Watson è accusato di "violazione del traffico navale". La sua colpa sarebbe di avere ostacolato le operazioni di skark finning, ovvero il taglio (a vivo) delle pinne degli squali. La pinna per le zuppe cinesi e lo squalo gettato in mare orrendamente mutilato.
Cosa rischia il Capitano Watson? "Gli effetti dell’estradizione in Costa Rica – dicono da Sea Sheperd – potrebbero risultare decisamente drammatici per la lunga serie di rischi connessi ad un processo inficiato nella sua imparzialità e nella qualità e adeguatezza della condanna". Per questo Sea Shepherd chiede a gran voce il supporto di tutti. Dai media, ai sostenitori nazionali ed internazionali. Bisogna dissuadere il governo tedesco dall’esecuzione del provvedimento di estradizione. Watson è attualmente detenuto in una caserma vicino l’aeroporto di Francoforte. E’ assistito in carcere dal Vicepresidente del Parlamento Europeo, Daniel Cohn Bendit, e dall’Eurodeputato Jose Bove. Fonte: GeaPress - vedi anche il sito di SeaShepherd con lettera per le autorità tedesche.
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DIAVOLO DI UNA MANTA
La manta gigante (Manta birostris), grande razza filtratrice, detiene almeno due primati: il primo è la sua incomparabile bellezza e l’eleganza, il secondo (a detta degli esperti) è quello di essere una delle specie di grandi dimensioni meno conosciute dall’uomo: sui suoi spostamenti e preferenze ambientali infatti se ne sa davvero poco o nulla.
Ad illuminare questo "buio di conoscenze" è apparso recentemente su PLosOne una ricerca "pioneristica" che rivela i movimenti di sei individui – quattro femmine, un maschio e una giovanile – marcati con trasmittenti satellitari in prossimità della penisola dello Yucatan (Messico).
Il team internazionale di ricercatori ha monitorato gli spostamenti degli enormi pesci cartilaginei (come gli squali per intenderci) per un massimo di due mesi: essi hanno trascorso la maggior parte del tempo all’interno delle acque territoriali del Messico – entro 200 miglia della costa - allontanandosi al massimo 100 chilometri dal punto iniziale di campionamento.
Le aree attraversate si sono rivelate ricche di zooplancton e uova di pesce, che insieme costituiscono la dieta delle mante. Si tratta infatti di animali filtratori e quindi – a fronte dell’appellativo "Diavoli di mare" con cui sono anche chiamati – sono totalmente innocui per l’uomo. Anzi semmai è vero il contrario. È ben noto infatti che la specie è fortemente a rischio estinzione, a causa di una pesca insostenibile e del commercio delle branchie, utilizzate (per presunte virtù benefiche) nella medicina tradizionale cinese.
Purtroppo, questo lavoro di Rachel T. Graham della Wildlife Conservation Society e collaboratori, ha identificato anche una netta sovrapposizione tra le aree di aggregazione delle mante e le tratte di navigazione dei grandi cargo in aree caraibiche, suggerendo possibili (e mortali) impatti, ad ora ancora mai monitorati. Di contro solo l’11,5% dei rilevamenti via satellite si trovava all’interno di aree marine protette. In realtà le zone di foraggiamento si trovano troppo a largo e sono troppo disperse per poter istituire opportune riserve, concludono i ricercatori, ma l’alta fedeltà alle aree costiere offre comunque una possibilità di intervenire con misure di protezione. Magari a fornte di uteriori studi simili per aumentare i dati a disposizione. Fonte: OggiScienza.
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FANGHI PORTUALI IN MARE: MOZIONE DELL'IDV NELLE MARCHE
L'Idv ha presentato una mozione per l'autorizzazione dello smaltimento a mare dei fanghi di dragaggio delle aree portuali, certificati da Arpam e Ispra come non tossici (ma sono tanti i dubbi sollevati negli anni), che certamente sarà destinata ad aprire un dibattito acceso, poiché Ancona conferisce gli stessi fanghi in uno scolmatore che ha suscitato polemiche ancor prima di nascere. Inoltre non è chiaro perchè alcuni dovrebbero essere autorizzati a scaricare i fanghi a mare ed altri a conferirli nelle vasche di colmata, con costi decisamente maggiori.
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AREE MARINE PROTETTE, NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE
Alle Isole Egadi si deve procedere alla riperimetrazione dell'area marina protetta come in tante altre situazioni non solo siciliane. E come nella novella dello stento, le riperimetrazioni a mare durano da tantissimo tempo e non finiscono mai. Ma ogni volta il Ministero torna a ribadire alla partenza - come se non l'avessimo ancora capito - che la cosa è di loro esclusiva competenza. E il Sindaco di Favignana deve prenderne atto scontando il solito ritardo che ne seguirà anche questa volta. La cosa sconcertante è che il Ministero dovendo rendere conto di questa gestione rovinosa e paralizzante che dura da anni, abbia ritenuto urgente rivedere la legge 394 che gli impedirebbe di fare bene la sua parte. Insomma la esclusiva competenza non gli basta. Ma ancora più sorprendente è che anche i parchi attraverso la loro associazione gli abbiano dato ragione, mettendo mano al Senato a quella che ipocritamente e furbescamente hanno chiamato "manutenzione". Infatti la prima cosa che hanno cancellato è il riferimento "ai brevi tratti di mare prospicenti" alle regioni, così a Roma se le toglierebbero del tutto dalle b....e. Che poi la legge 979 prima ancora della 394 abbia stabilito che la pianificazione delle coste riguarda anche le regioni, tanto è vero che l'allora Ministro alla Marina Mercantile, Calogero Mannino, si arrabbiò molto di questo ruolo affidato alle regioni. News integrale su GreenReport.
14 MAGGIO
OVERFISHING: STUDIO ASSIMPESCA, CI SI SVEGLIA DOPO UN LUNGO SONNO?
Uno studio effettuato da AssimPesca ha fornito i numeri del tracollo del pescato sambenedettese dal '96 a oggi: 75% in meno di scampi, 72% di calamari, percentuali dimezzate per totani e seppie. Sono i dati presentati stamattina da Assimpesca, raccolti prendendo in esame il pescato astato al mercato ittico di San Benedetto dal 1996 al 2011.
"L'assenza di uno studio approfondito sulla biologia marina, la gestione statica del fermo biologico, la connessa difficoltà di controllo sulla fase del dopo-fermo, la rottamazione inefficiente delle flotte pescherecce: una serie di errori di gestione - ha spiegato Nazzareno Torquati - che ha alimentato negli anni il depauperamento delle risorse ittiche".
Il coordinatore di AssimPesca ha aggiunto che sono stati effettuati dei tentativi tesi a scongiurare la rottura dello stock di molte specie e ad arginare le conseguenze dell'aumento del prezzo del gasolio; le proposte avanzate però sono state bocciate: "Abbiamo suggerito la mappatura delle diverse zone dell'Adriatico finalizzata al monitoraggio della consistenza della biomassa e l'utilizzo di reti più leggere per ridurre il consumo di carburante: entrambe le iniziative sono state respinte".
"Dati allarmanti che richiedono un intervento urgente." - ha commentato l'onorevole Luciano Agostini, intervenuto per portare il problema all'attenzione nazionale. Il parlamentare Pd ha aggiunto che per riequilibrare l'Adriatico (cosa vorrà dire, nota Biologiamarina.eu) lo strumento preferibile è la costituzione di comitati di autogestione sull'esempio del Co.Ge.Vo del Veneto, un comune referente per i pescatori che prevede accordi fra marinerie, comunicazione costante con istituti di biologia marina, monitoraggio delle risorse per decidere razionalmente le aree da ripopolare.
"Lo studio, seppure effettuato su un campione ridotto, evidenzia uno stato di sofferenza del nostro mare - ha commentato Fabio Urbinati, assessore allo Sviluppo Economico - Con l'entrata in vigore della nuova politica comune della pesca, prevista per il 2014, l'amministrazione si impegna ad applicare le misure per riportare gli stock ittici a livelli sostenibili". Fonte: IlQuotidiano Ascoli Piceno.
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SEA SHEPHERD, ARRESTATO PAUL WATSON
Il Capitano Paul Watson, Fondatore e Presidente di Sea Shepherd Conservation Society, è stato tratto in arresto ieri in Germania con richiesta di estradizione in Costa Rica. La polizia tedesca ha affermato che il mandato per l'arresto del Capitano Watson è stato spiccato in risposta a una presunta violazione del traffico navale in Costa Rica, avvenuta durante le riprese di "Sharkwater" nel 2002. Lo specifico episodio di "violazione del traffico navale" ha avuto luogo in alto mare, in acque guatemalteche, quando Sea Shepherd ha individuato un'attività illegale di shark finning (prelievo di pinne di squalo, ndt), messa in atto da un'imbarcazione del Costa Rica chiamata Varadero (qui le immagini dell'equipaggio, che gettano una testa mozzata di squalo contro Sea Shepherd). Su ordine delle autorità guatemalteche Sea Shepherd ha intimato all'equipaggio della Varadero di cessare le proprie attività illegali di shark finning e di tornare in porto per essere perseguito. Mentre Sea Shepherd scortava la Varadero verso il porto, sono state cambiate le carte in tavola e una nave armata del Guatemala è stata inviata a intercettare l'equipaggio di Sea Shepherd. L'equipaggio della Varadero ha accusato Sea Shepherd di aver tentato di uccidere i componenti dell'equipaggio stesso, mentre le prove video dimostrano che questo non risponde a verità. Per evitare la nave armata del Guatemala, Sea Shepherd ha poi fatto rotta per il Costa Rica, dove ha scoperto ulteriori attività illegali di shark finning, sotto forma di pinne di squalo essiccate, collocate a migliaia sui tetti di un edificio industriale.
I conservazionisti di tutto il mondo nutrono la speranza che il Costa Rica ritiri le accuse formulate nei confronti del Capitano Watson. Sussiste altresì la possibilità che siano già state ritirate, ma Sea Shepherd non ha potuto averne riscontro dai funzionari del Costa Rica. Considerando la ricchezza della biodiversità del Costa Rica, sarebbe una farsa da parte loro non schierarsi dalla parte degli squali, che sono all'apice della rete alimentare e che pertanto garantiscono l'equilibrio tra le comunità ecologiche dell'oceano.
Il Capitano Watson è assistito in carcere dal Vicepresidente del Parlamento Europeo, Daniel Cohn Bendit, e dall'Eurodeputato Jose Bove. Speriamo che questi due stimati signori possano garantire la liberazione del Capitano Paul Watson prima che questa sciocchezza si trascini ulteriormente. Anche i membri europei di Sea Shepherd si sono mobilizzati per sostenere il Capitano Watson.
La corte di Francoforte si pronuncerà oggi nel merito della richiesta di estradizione. Testo integrale su SeaShepherd.
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SQUALI DEL PACIFICO CENTRO OCCIDENTALE: DIMINUITI DEL 90%
La prossima volta che sentite un "allarme squalo" ricordatevelo: la presenza dell’uomo ha portato alla riduzione del 90% (90 per cento!) le popolazioni di squali negli ultimi tre decenni. Secondo questa recente ricerca, quindi, chi dovrebbe aver paura forse non siete voi…
A dir la verità non stiamo parlando del Mediterraneo; si tratta invece del primo studio a larga scala sugli squali del Pacifico centro occidentale, condotto nell’ambito del Pacific Reef Assessment and Monitoring Program della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). 46 gruppi di isole, incluse le Hawaii e le isole Samoa, sono stati "setacciati" dal 2004 al 2010 mediante immersioni subacquee. I risultati non lasciano spazio al dubbio: in prossimità delle aree antropizzate meno del 10% delle popolazioni originarie di squali di barriera sopravvive.
Secondo gli autori del lavoro, le acque calde, la complessità dei reef e l’ampia disponibilità di potenziali prede renderebbero le isole un habitat ottimale per gli squali ma, la pressione antropica, ne modifica profondamente l’effetto attrattivo: la presenza di un centinaio di abitanti è già sufficiente a ridurre del 20% le popolazioni di squali mentre ne basterebbero circa mille per raggiungere il 60%. Colpa della pesca illegale, delle uccisioni accidentali, del finning e della pesca sportiva, dicono i ricercatori. Senza dimenticare la distruzione degli habitat e la sovrappesca che sottraggono prede agli squali.
Gli impatti maggiori si rilevano soprattutto su cinque specie: squali grigi (Carcharhinus amblyrhynchos), pinna nera (C. melanopterus), pinna bianca (Triaenodon obesus), delle Galapagos (C. galapagensis) e squali nutrice fulvi (Nebrius ferrugineus).
L’assenza degli squali, spiegano gli scienziati, modifica l’equilibrio dell’ecosistema a livello della rete alimentare, rendendolo di fatto più suscettibile alle perturbazioni. Proprio per questo, gli interventi mirati a diminuire gli impatti umani devono essere condotti sia sugli squali ma anche sulle specie ittiche, regolando opportunamente la pesca. Purtroppo, i risultati ottenuti dalla ricerca sono coerenti con altri studi condotti nel campo. Nel 2003, per esempio, è stato stimato che le popolazioni di squali in Atlantico nordoccidentale si siano ridotte del 65% tra il 1986 e il 2000. Similmente, è avvenuto nell’arcipelago delle isole Chagos dove si registra una diminuzione del 90% dal 1970 ad oggi. Come ha affermato Marc Nadon, primo autore del lavoro, "in breve, le persone e gli squali non si mescolano". Fonte: OggiScienza.
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GARBAGE PATCH, IL VORTICE DI PLASTICA DEL PACIFICO SI ALLARGA
Il
Garbage Patch è l'enorme vortice di detriti (plastica, legname ecc..), dislocato nelle acque del Pacifico, che continua a crescere a causa del continuo "approvigionamento" di rifuti provenienti dalle terre emerse e dalla loro riluttanza a degradarsi in tempi relativamente brevi. Ora è uscito un nuovo studio della UC San Diego University, che segue il rapporto pubblicato poco tempo fa sulla rivista Marine Ecology Progress Series, che dimostrava come la plastica sia ormai entrata nella catena trofica e dunque anche nei prodotti ittici della zona interessata. La news (che contiene tuttavia diverse imprecisioni), è pubblicata su GreenReport.
11 MAGGIO
PESCA, SI RASCHIA IL FONDO DEL BARILE, MA SI SCARICANO LE RESPONSABILITA' SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Si è aperto ad Edimburgo il 7 maggio scorso, il 6° WORLD FISHERIES CONGRESS (vedere pagina eventi), che terminerà proprio oggi. Durante le tavole rotonde, si è discusso anche delle relazioni tra pesca e cambiamenti climatici e, in particolare, la Marine Climate Change Impacts Partnership (Mccip), ha presentato lo studio Marine climate change impacts - Fish, Fisheries & Aquaculture, che evidenzia in tutta la sua drammaticità, la rapida e costante diminuzione degli stock ittici e la migrazione di specie in acque più fredde e più profonde, causa i cambiamenti climatici. Ovvio, che gia dal titolo dello studio, non ci si aspettava nulla di diverso se non la discussione relativa ai cambiamenti climatici, ormai fonte e causa di tutti i mali del globo. Non si intende, in tal senso, sminuire o sottovalutare il problema, ma occorre anche essere aperti anche ad altre opinioni e sopratutto ad altri studi, ormai da tempo relegati in un angolino per comodità. Lo studio afferma che molte specie, per esempio le sogliole, sono scese ogni decennio in medi di 5.5 metri in profondità, causa l'aumento della temperatura dell'acqua. Ebbene, nessuno ha discusso però del fatto che la sovrapesca sta spazzando via le sogliole da tempo, e quindi appare logico doversi spingere sempre più in profondità per ottenere le stesse quote di cattura degli anni precedenti. In altre parole, è molto più probabile che la pesca a strascico di media profondità abbia spazzato via l'intera popolazione di sogliole, esattamente come è avvenuto per le ostriche del mare del Nord, un tempo abbondantissime e ora praticamente scomparse. Risultano ovvie anche altre considerazioni; se una specie è catturata oltre misura, è normale che la nicchia ecologica rimasta vuota, sia sostituita lentamente da altre specie un tempo rare e assenti, per cui la rarefazione di un gran numero di specie e la comparsa di nuove, è spesso associata alla pesca intensiva, degli ultimi 20 - 30 anni.
Il ministro britannico per gli Affari Rurali e l'Ambiente, Richard Lochhead, ha detto: "Il cambiamento climatico colpisce tutti noi e comprenderne l'impatto sull'ambiente marino è estremamente importante. Pesca e acquacoltura sono di vitale importanza per la nostra economia, valgono oltre un miliardo di sterline, ed una scienza chiara è essenziale per garantire il futuro delle nostre industrie alimentari di valore. Per questo motivo accolgo con favore il lavoro collaborativo del Mccip, la report card fornisce dati scientifici significativi e robusti che contribuiranno a informare le future politiche per affrontare il cambiamento climatico". Ecco, tra qualche giorno pubblicheremo degli articoli a tema, che riguardano tra l'altro anche l'Irlanda e la Gran Bretagna, in tema pesca e overfishing, per capire come hanno gestito le risorse ittiche in questi ultmi anni, alla faccia dei cambiamenti climatici.
10 MAGGIO
OPERATIVA LA PRIMA PIATTAFORMA CINESE DI ACQUE PROFONDE
La Cina ha avviato oggi la sua prima trivellazione in acque profonde nel conteso Mar Cinese Meridionale, su una piattaforma offshore progettata e fabbricata completamente in Cina; l'agenzia ufficiale Xinhua afferma "Questo segna un passo rimarchevole dell'industria petrolifera offshore del Paese".
Infatti China National Offshore Oil Corpopration (Cnooc), il più grande produttore di petrolio offshore cinese, ha annunciato che "La sesta generazione di piattaforma semi-sommergibile Cnooc 981, ha iniziato la trivellazione in un'area marittima situata a 320 km a sud-est di Hong Kong ed a 1.500 metri sotto la superficie".
La notizia è abbastanza preoccupante, visto che la Cnooc si è resa protagonista di diversi incidenti su piattaforme offshore tradizionali e in acque poco profonde, come il recente disastro ecologico della piattaforma di Penglai, per il quale, insieme alla ConocoPhillips Cina Inc. (Copc), dovrà versare 1.683 miliardi di yuan per compensare i danni ambientali causati dalle ripetute fuoriuscite di petrolio.
Inoltre, Cnooc e Copc dovranno rispettivamente istituire un fondo da 0.48 miliardi e 0.113 miliardi di yuan per risarcire i danni sociali, economici ed ambientali a Bohai. Secondo l'amministrazione oceanica di Stato (Soa) della Repubblica popolare cinese, questi fondi "Saranno utilizzati per la tutela ecologica e ambientale a Bohai, la riduzione degli scarichi di idrocarburi inquinanti all'entrata di Bohai, il ripristino degli habitat danneggiati dell'ambiente ecologico marino, nonché per ili monitoraggio e la ricerca sull'impatto della fuoriuscita di petrolio sull'ambiente ecologico". Fonte: GreenReport.
09 MAGGIO
MEGATTERE TENTANO DI SALVARE CUCCIOLO DALLE ORCHE
Una troupe della Bbc e di National Geographic ha filmato delle megattere (Megaptera novaeangliae) che intervengono per salvare un cucciolo di balena grigia (Eschrichtius robustus) dall'attacco di un branco di orche (Orcinus orca). Le balene grigie che migrano lungo la costa della California, sono spesso prese di mira dalle orche, e la troupe cinematografica stava riprendendo l'attacco ad una femmina con il suo cucciolo da una imbarcazione per il whale-watching a Monterey Bay, sulla costa della California - una zona conosciuta per gli avvistamenti di balene grigie - quando sono entrate in scena le megattere che hanno interrotto la caccia.
"Ad essere onesti non ci aspettavamo di vedere nulla: era il nostro primo giorno sulla barca - ha detto a Bbc Nature, Victoria Bromley, una dei ricercatori che hanno assistito a riguardante l'attacco".
La troupe è arrivata sulla scena della caccia e si è accorta che stava succedendo qualcosa di sorprendente: "Abbiamo visto un sacco di forme grigie in acqua e ci siamo resi conto rapidamente che erano megattere che non si limitavano ad osservare la caccia, ma sono intervenute attivamente per fermarla". News integrale su GreenReport.
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SEQUESTRO TONNO ROSSO AL MERCATO ITTICO DI MILANO
L’operazione della Guardia Costiera ha coinvolto le città di Chioggia, Parma e Milano. In tre giorni, infatti, si è giunti al sequestro di 10 tonnellate di tonno rosso illegalmente commercializzato, tra l’altro, anche al mercato ittico di Milano. Proprio nella capitale lombarda circa quaranta uomini delle Capitanerie di Porto di Genova e Chioggia hanno sequestrato, nelle varie piazze, circa sette tonnellate di tonno rosso. Nelle altre città i sequestri sono ammontati a una tonnellata a Chioggia e oltre 3 tonnellate a Parma. A seguito di tali operazioni, le indagini hanno portato gli Inquirenti fino al mercato milanese, dove sono stati anche denunciati numerosi operatori ittici. Fonte: CronacaMilano.
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ALTA TENSIONE TRA CINA E FILIPPINE PER L'ISOLA RICCA DI PESCE....GAS...PETROLIO
Ieri il vice Ministro Cinese degli Esteri, Fu Yin, ha convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata delle Filippine a Pechino, Alex Chua, per consegnargli una protesta ufficiale riguardante la situazione dell'isola di Huangyan, conosciuta come Scarborough Shoal o Scarborough Reef e che i filippini chiamano Panatag Shoale, che fa parte dell'arcipelago di isole e atolli corallini del Mar Cinese Meridionale contesi da diversi Stati.
L'atollo di Huangyan, 150 km di barriere coralline che circondano una laguna di 130 km quadrati, è rivendicato anche da Taiwan. Scontri tra pescatori cinesi, accusati di usare anche metodi di pesca illegale, e la marina delle Filippine sono avvenuti anche in passato, ma questa volta la situazione sembra essere più rischiosa, La tensione tra Cina e Filippine sta montando pericolosamente, visto che è la terza protesta ufficiale in meno di un mese che Pechino consegna all'ambasciata filippina. Fu Ying ha detto che "La Cina non è ottimista quanto allo sviluppo della situazione riguardante l'isola Huangyan. Il Paese è pronto a rispondere ad ogni provocazione da parte delle Filippine miranti ad aggravare la situazione". News integrale su GreenReport.
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SEQUESTRATE 180 TONNELLATE DI CARNI, TRA CUI PESCE IN PESSIME CONDIZIONI DI CONSERVAZIONE
E' coinvolta anche Parma nell'operazione della Guardia di Finanza che ha portato al sequestro di oltre 130 tonnellate di prodotti alimentari (carni bianche e pesci), in pessime condizione igienico-sanitarie in Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.
Gli alimenti sarebbero potuti finire sulle tavole dei consumatori o nelle mense di scuole, ospizi ed altre collettività. L'operazione, conclusasi nei giorni scorsi e denominata Dirty Food, è stata coordinata e diretta dal Comando Regionale Veneto delle Fiamme Gialle e condotta dal Reparto Operativo Aeronavale di Venezia e dai Comandi Provinciali di Vicenza e Padova, ha interessato la lavorazione e commercializzazione di alimenti freschi, surgelati e congelati. Fonte: ParmaToday.
08 MAGGIO
LA DIFFICILE REINTRODUZIONE DELLE TARTARUGHE FERITE
Per le tartarughe marine, ferite da ami e dagli urti con le imbarcazioni, la vita in libertà dopo il recupero è molto difficile, e i problemi per questi animali sembrano molto maggiori di quanto si augura chi si occupa della loro riabilitazione.
Uno studio è stato condotto dal centro di recupero Aspro-Natura Foundation, nelle isole Baleari, in collaborazione con l’Università di Barcellona, e i risultati sono stati pubblicati su Aquatic Conservation-Marine and Freshwater Ecosystems (qui un video con l’intervista ai biologi).
I ricercatori hanno monitorato in tutto 18 esemplari di Caretta caretta: 12 sani, utilizzati come controllo e sei provenienti dal centro di recupero, dove avevano ricevuto le cure per le loro ferite (allo stomaco per ami da pesca in due casi, o provocate da scontri con imbarcazioni o lotte con animali nei rimanenti casi). Tutti gli individui sono stati equipaggiati con un ricevitore satellitare e poi rilasciati nel loro habitat. In questo modo, gli studiosi sono riusciti a quantificare e confrontare il tempo che le tartarughe reintrodotte trascorrevano in superficie e i percorsi seguiti. "Sapere quanto tempo trascorrono in superficie è uno dei parametri più importanti, perché riflette la capacità delle tartarughe di galleggiare", ha spiegato Lluis Cardona, primo autore dell’articolo.
Nel corso dell’esperimento, uno dei sei esemplari recuperati è deceduto e altri due hanno mostrato seri problemi di adattabilità e di orientamento se paragonati alle dodici tartarughe utilizzate come controllo. Come già ricordato, i dati sono solo preliminari, ma si inseriscono comunque in un dibattito sulla conservazione delle specie e sull’economia. Il recupero di un animale spiaggiato, infatti, comporta il dispendio non solo di risorse umane ma anche economiche. Inoltre, quando questo non è sufficiente ad avere un perfetto reintegro, si va contro la salute dell’animale stesso. Conclude quindi Cardona: "La domanda principale che dobbiamo porci è quando valga la pena recuperare e trattare una tartaruga, in un momento di risorse limitate e per la salute dell'animale stesso; i biologi devono lavorare con i veterinari nei centri di riabilitazione per stabilire dei protocolli e per determinare quando una tartaruga debba essere trattata e quando no". Fonte: Galileonet.
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ACQUACOLTURA SOSTENIBILE: NUOVO RAPPORTO DEL WORLDWATCH INSTITUTE
Quasi la metà dei prodotti ittici disponibili sul mercato globale, proviene da allevamenti. Questo metodo di produzione è soggetto a varie critiche e associato all'inquinamento e alla degradazione dell'habitat acquatico. Eppure, secondo un recente rapporto del Worldwatch Institute, lo sviluppo dell'acquacoltura sostenibile rappresenta una delle migliori risposte alla crescente esigenza di produrre il cibo di cui il pianeta ha sempre più bisogno. Ilfattoalimentare.it ha segnalato più volte i problemi legati all'ipersfruttamento delle risorse ittiche e le sfide che l'Europa si trova oggi ad affrontare, nel dibattito sulll'ambiziosa proposta della commissaria Maria Damanaki, per una sostanziale riforma della Politica Comune della Pesca. Riconoscendo anche il merito del presidente alla Commissione Pesca del Parlamento Europeo, onorevole Guido Milana, per avere indirizzato gli sforzi dell'UE verso un modello di produzione ittica orientato all'allevamento sostenibile.
Il nuovo rapporto Farming Fish for the Future del Worldwatch Institute, illustra come un'acquacoltura responsabile possa salvaguardare gli ecosistemi - marini e di acque dolci - e, insieme, offrire un maggiore contributo alla nutrizione dell'umanità in crescita (7 miliardi nel 2011, 9 nel 2050 secondo le stime e previsioni della FAO). "In un mondo che vive sempre più la scarsità di acqua e cereali, l'allevamento di specie ittiche di vario tipo garantisce un'efficienza assai superiore rispetto a quello di animali da reddito come bovini e pollame", spiega Brian Halweil, uno degli autori della ricerca. News integrale su IlFattoAlimentare.
07 MAGGIO
SOCOTRA, LE ALTRE GALÀPAGOS
I bistrattati e malpagati ricercatori italiani si stanno rendendo protagonisti di numerose scoperte che fanno il giro delle pubblicazioni scientifiche di tutto il mondo, ma che stentano a trovare spazio sulla stampa del nostro Paese.
E' il caso di quello che sta succedendo nel remoto arcipelago yemenita di Socotra, tra l'Africa e la penisola araba, dove un team di ricercatori italiani sta rivelando tutta la ricchezza di uno scrigno pieno di insolita e rara biodiversità. Il ritrovamento dell'ultimo gioiello di Socotra lo ha rivelato direttamente sul forum online Natura e Foto. Fabio Pupin, un fotografo e erpetologo del Museo di storia naturale dell' Università di Pavia e del Museo Tridentino di scienze naturali, che ha scattato a Socotra foto davvero fantastiche: "Ho dovuto aspettare parecchio a mostrarla in giro, ma pochi giorni fa è stata pubblicata la descrizione, così ho il piacere di presentarvi la Trachylepis cristinae (qui un'immagine), l'olotipo in tutta la sua tigrata fierezza -, uno scinco endemico dell'isola di Abd Al Kuri, nell'arcipelago di Socotra, Yemen. In effetti sono passati solo due anni...solo... Fantastica scoperta che ci ha perdipiù permesso di stabilire che tutte le specie dell'isola - lunga all'incirca una 30ina di km e larga nel punto massimo non più di 5 km - sono presenti solo lì, mentre in tutte le altre isole c'è una fauna a parte. Non male per delle isole che quanto a ricchezza potrebbero tranquillamente rivaleggiare con le Galàpagos, a dire il vero sotto certi punti di vista sono decisamente più interessanti, ma non hanno avuto la fortuna di essere visitate da zio Charles...". News integrale su GreenReport.
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DUNE DI VASTO: ENNESIMO ATTO DISTRUTTIVO
Le Guardie Giurate Volontarie del WWF di Chieti, hanno inviato una denuncia circostanziata alla Procura della Repubblica di Vasto sulle attività di distruzione e taglio della vegetazione protetta dell’ambiente retrodunale situata all’interno del perimetro della Riserva Naturale Marina di Vasto, in località Buonanotte. La distruzione della vegetazione protetta è avvenuta tramite mezzi gommati e ruspe, ed hanno comportato la pressoché totale distruzione dell’ambiente retrodunale, dal limite della pista ciclabile fino, in alcuni punti, alla base delle dune. "La vegetazione dunale – ha dichiarato Claudio Allegrino, Coordinatore del Nucleo Provinciale delle Guardie WWF - rappresenta un elemento vitale per la difesa della costa in quanto contribuisce al ripascimento naturale della sabbia. Ancora oggi purtroppo, ottusamente, il turismo balneare e l’edilizia selvaggia considerano la fascia costiera dunale un impedimento alle attività turistiche e per questo oggi tali aree vanno scomparendo".
In altre località turistiche, sottolinea il WWF, le dune rappresentano invece un valore aggiunto per il turismo.
L’ecosistema dunale vastese è stato riconosciuto dall’Unione Europea quale Sito di Interesse Comunitario (S.I.C.) ed è protetto dalla Riserva Naturale Regionale. Ciò nonostante, denuncia il WWF, ogni anno si ripetono gli stessi scempi.
Le Guardie del WWF chiedono un intervento immediato da parte delle enti competenti, ossia l’Amministrazione comunale di Vasto, il Corpo Forestale dello Stato e altri organi di Polizia affinché vengano impediti ulteriori danni e identificati i responsabili. Aldilà dei fatti esposti, il WWF ritiene che tutta l’area della Riserva è comunque interessata da interventi che, anche se autorizzati, necessitano di essere armonizzati all’interno del quadro legislativo, tenuto conto della presenza del Sito di interesse Comunitario e della Riserva Regionale. Fonte: GeaPress.
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RIFORMA POLITICA COMUNE DELLA PESCA: RISCHIO PROVATIZZAZIONE DEGLI STOCK?
La riforma della Politica Comune della Pesca (UE), mira a ridurre la flotta, fermare la pesca eccessiva, vietare lo scarto delle catture e comprende l'introduzione obbligatoria di TFC (Concessioni di Pesca Trasferibili) dette anche ITQ (Quote Individuali Trasferibili). Il rischio è che la nostra ricchezza comune, gli stock ittici nelle nostre acque vengano privatizzati e resi oggetto di speculazioni finanziarie con conseguenze disastrose per tutto il settore. Il video, sottotitolato in francese, è disponibile qui. Fonte: Alleanza Pescatori Ricreativi.
04 MAGGIO
IL CELACANTO RIBELLE
I celacanti sono antichissimi pesci ossei dalle pinne carnose, di cui solo due specie sono giunte fino a noi. Famossima è Latimeria chalumnae, che fece scalpore già dal momento della sua scoperta, nel 1938, ad opera di Marjorie Courtenay-Latimer, curatrice di un museo di East London in Sudafrica, dato che fino a quel momento si aveva conoscenza di questi organismi solo tramite i ritrovamenti fossili. Dal confronto tra le attuali specie e quelle rinvenute nei giacimenti fossiliferi, un aspetto emergeva chiaro sull'evoluzione di questo gruppo animale, orginatosi ben 410 milioni di anni fa: i celacantidi hanno mantenuto un'organizzazione anatomica molto costante nel tempo. In particolare, le loro estremità caudali sono costituite da tre lobi carnosi su cui si inseriscono sottili e flessibili pinne, che consentono loro un nuoto lento e ondeggiato. Pinne di questo tipo si ritrovano in specie antichissime ma anche nelle due ancora esistenti, suggerendo uno stile di vita che non si è modificato molto nel corso del tempo.
Un recente ritrovamento fossile, risalente a 240 milioni di anni fa, porta invece la prima evidenza di una forma di celacanto molto diversa, meglio adattata al nuoto rapido e tipico dei predatori della colonna d'acqua. L'olotipo è stato descritto sull'ultimo numero della rivista Journal of Vertebrate Paleontology. La coda di questa specie, che superava comodamente il metro di lunghezza, pur mantenendo la classica struttura trilobata, risulta infatti notevolmente biforcuta (sopra una ricostruzione della specie). Proprio per questa sua caratteristica, unica nel suo ordine (Coelacanthiformes), gli scopritori l'hanno battezzata Rebellatrix divaricerca, il celacanto ribelle dalla coda biforcuta, e per includere la specie nell'albero filogenetico dei celacanti hanno coniato una nuova famiglia (Rebellatricidae). Oltre a questo, anche la forma del corpo era piuttosto affusolata, confermando la sua indole da rapido predatore marino.
Probabilmente, concludono i ricercatori, le caratteristiche di questa specie si sono originate in seguito alla grande estinzione del Permiano, avvenuta intorno a 252 milioni di anni fa, che eliminò oltre il 95% delle specie marine esistenti. Dopo quell'evento catastrofico molte nicchie prima occupate dai predatori marini rimasero vuote, consentendo l'evoluzione di nuove specie dai pochi gruppi di organismi sopravvissuti. Un ampio spettro di possibilità ecologiche consente anche gruppi di organismi considerati 'morfologicamente statici', quali i celacanti, di sfruttare nuove possibili strade evolutive e diversificarsi. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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TROVATE MORTE 32 FOCENE DELLO YANGTZE
Sei anni dopo che il delfino del fiume Yangtze (Lipotes vexillifer), o baiji come lo chiamano i cinesi, è stato dichiarato "functionally extinct", un altro mammifero del grande fiume cinese è ormai sull'orlo dell'estinzione: secondo il WWF, in meno di due mesi 32 esemplari di focene dello Yangtze (Neophocaena asiaeorientalis asiaeorientalis), sono stati trovati morti nei laghi di Dongting e Poyang. Le focene di fiume corrono gli stessi pericoli che hanno portato il baiji all'estinzione: pesca illegale con l'elettricità (electrofishing) scontri con le eliche delle imbarcazioni, avvelenamento, inquinamento e diminuzione delle prede legato sia al crescente inquinamento dello Yangtze, che alla diminuzione del suo livello ed al cambiamento climatico. Nell'Asia orientale vive un'altra sottospecie di focena di fiume: la Neophocaena asiaeorientalis sunameri.
Le autopsie sulle focene morte, hanno rivelato che almeno due degli animali sono stati uccisi dalle eliche e da electrofishing. Secondo Gang Lei, a capo del China's Central Yangtze Program "Questa tragedia dimostra che la focena dello Yangtze si trova ad affrontare enormi sfide. Le morti delle focene dimostrano che, in assenza di misure efficaci per invertire radicalmente la tendenza del degrado ecologico, il futuro di questa a creatura incredibile è tutt'altro che certo. Dobbiamo agire immediatamente".
I dati sono allarmanti: in tutto il grande fiume cinese sopravvivono forse 1.000 focene e la loro popolazione è in drammatico declino. Anche la Lista Rossa IUCN sta valutando lo status della sottospecie per vedere se la situazione è tale da classificare queste focene come in pericolo di estinzione. Il colpo mortale sembra essere arrivato dalla costruzione di una serie di infrastrutture lungo il corso del fiume, comprese alcune grandi dighe, che hanno stravolto l'ecologia del corso d'acqua.
Dopo l'estinzione del baiji, molte delle specie autoctone e più importanti del fiume stanno scomparendo. Il pesce spatola cinese (Psephurus gladius), probabilmente il pesce d'acqua dolce più grande del mondo, è in una situazione critica, con soli due esemplari avvistati dal 2002; i ricercatori temono che possa già essersi estinto, dopo che una ricerca del 2009 non è riuscita a trovarne nemmeno uno.
Ma il fiume è diventato un posto invivibile anche per l'alligatore cinese (Alligator sinensis), lo storione dello Yangtze (Acipenser dabryanus), e la tartaruga dal guscio molle gigante dello Yangtze (Rafetus swinhoei), tutte specie in pericolo critico nella Lista Rossa . Ma nonostante questo impressionante calo di biodiversità, è stata avviata la realizzazione di un nuovo gigantesco progetto idroelettrico, la diga Xiaonanhai, che sconvolgerà ulteriormente gli ultimi habitat di diversi pesci in via di estinzione o autoctoni del fiume.
L'estinzione di massa delle grandi specie simbolo dello Yangtze, ha pesanti ripercussioni anche sui mezzi di sostentamento, un tempo abbondanti, delle comunità di pescatori, che devono fare i conti anche con l'inquinamento industriale. La pesca è diminuita del 77% tra gli anni '50 e gli anni '90 e lo stesso governo cinese ammette che il danno fatto allo Yangtze è "In gran parte irreversibile". In un rapporto del 2007, l'Amministrazione Statale Cinese per la Protezione dell'Ambiente, affermava che il 30% del corso degli affluenti dello Yangtze erano "Gravemente inquinati" e che 600 km del fiume erano in "Condizioni critiche".
Nonostante questo il WWF China e le autorità cinesi, sperano che non sia troppo tardi per salvare la focena dello Yangtze. Il governo locale sta lavorando ad un piano per regolamentare ulteriormente la pesca e il traffico navale in quel che rimane dell suo habitat; intanto gli ambientalisti stanno anche valutando un piano per trasferire alcune focene in un ecosistema più sicuro. Fonte: GeenReport.
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MASSACRO DELLE FÆR ØER, 17 EURODEPUTATI SCRIVONO ALLA DANIMARCA
Diciassette eurodeputati hanno scritto una lettera al primo ministro della Danimarca, Helle Thorning-Schmidt, che è anche presidente di turno dell'Unione Europea, perche fermi la strage annuale di globicefali (Globicephala melas) nelle isole Fær Øer, un territorio semi-indipendente che fa parte del Regno Unito di Danimarca. "Questa estate non vogliamo assistere all'ennesimo massacro. L'UE dica "no" alle tradizioni sanguinarie", scrivono gli eurodeputati riferendosi al massacro rituale di cetacei che ogni anno arrossa il mare della piccola capitale Tórshavn e le baie degli altri villaggi, per segnare l'entrata nella maturità dei giovani maschi isolani.
Questo arcipelago di soli 1.396 km quadrati e con meno di 50.000 abitanti, ha sempre respinto con sdegno le richieste di rinunciare a quella che ritiene una tradizione ancestrale chiamata Grindadráp, anche se negli anni scorsi il governo aveva detto che le immagini della sanguinaria mattanza di globicefali, che periodicamente fanno il giro del web, si riferiscono a episodi di diversi anni fa e che attualmente la cosa riguarda molti meno cetacei e spesso e non sempre viene attuata. Ma ogni anno le Fær Øer, ignorando i moniti dall'International Whaling Commission, che non approva la caccia ai globicefali, autorizza la cattura e l'uccisione di 950 di questi cetacei, molti dei quali durante l'estate e in coincidenza con il rito di iniziazione maschile. La caccia ai cetacei è anche una risorsa economica per gli abitanti dell'arcipelago semi-indipendente, che così viola anche diverse direttive europee che il governo centrale danese dovrebbe far rispettare.
Comunque, Andrea Zanoni, vice presidente dell'intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento Europeo, che fa parte della pattuglia di eurodeputati che ha scritto alla laburista Thorning-Schmidt, dice che "Il massacro dei globicefali nelle isole Fær Øer deve finire una volta per tutte. Chiediamo di assumere una presa di posizione forte contro il massacro crudele di questi cetacei nei confronti del premier delle isole Fær Øer per mettere immediatamente fine a questa brutale mattanza". Zanoni sottolinea che "Portare all'attenzione dell'UE il problema della sanguinaria tradizione delle isole Fær Øer, costituisce uno dei punti del mio programma animalista europeo".
I 17 eurodeputati scrivono che "Questa barbara tradizione prevede che all'inizio di ogni estate centinaia di globicefali, specie di cetacei chiamati anche balena pilota e balena dalle pinne lunghe, vengano spinti in prossimità delle spiagge e massacrati con ami, lame, bastoni e funi. Con tutto il rispetto delle tradizioni, queste non possono legittimare il massacro di animali in questo orribile modo". Zanoni conclude: "La Danimarca ha improntato il suo semestre di Presidenza dell'Unione all'insegna di ecologia e sviluppo sostenibile. Coerentemente con questo, mi auguro che il governo di Copenhagen faccia il possibile per spingere le isole Fær Øer ad abbandonare questa orribile tradizione fatta di violenza e impregnata nel sangue. Azioni così brutali non si sposano con i valori di pace e rispetto alla base dei trattati europei". Fonte: GreenReport.
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L'ANGUILLA HA UNA SOLA POSSIBILITÀ PER SOPRAVVIVERE, L'ALLEVAMENTO
L’Italia è il principale produttore europeo di anguille, grazie alla pesca ma soprattutto all'allevamento, realizzato con metodi intensivi ed estensivi in vasche di acqua dolce. L'allevamento ha radici antiche - dall'antica Grecia alla civiltà romana, di cui v'è traccia in Plinio - ed è tuttora praticato non solo nelle lagune venete e di Comacchio, ma anche in Lombardia, Toscana e Sardegna. Pochi però sanno che il 90% della produzione mondiale di anguilla è destinato al consumo come Kabayaki, piatto tipico della cucina giapponese realizzato mediante marinatura in salsa di soia e successiva cottura al vapore o alla griglia.
L’anguilla, molto comune nel Mediterraneo e nell’Atlantico occidentale, è una specie migratrice catadroma, vale a dire che dopo la riproduzione in mare le sue larve subiscono una mutazione fino a diventare esemplari giovanili che ritornano nelle acque dolci. Vive nascosta nel fango del fondo, in mare, in acque salmastre e dolci e nelle falde sotterranee, tollera molto bene gli sbalzi di temperatura. Le anguille europee, raggiunta dopo una decina d'anni la maturità sessuale, compiono una straordinaria migrazione per riprodursi: dal fiume Po scendono l’Adriatico, attraversano il Mediterraneo e valicano l’Oceano per arrivare alla loro meta, il Mar dei Sargassi (Atlantico occidentale, a est delle Grandi Antille), a circa 1000 metri di profondità. Le larve a loro volta impiegano oltre due anni per tornare sulle coste europee, lasciandosi trasportare dalla corrente del Golfo, e risalire le acque dei fiumi ove completano la metamorfosi. News integrale su IlFattoAlimentare.
02 MAGGIO
LA RICCHEZZA DEI MARI DELLA CALABRIA
Non è un documentario naturalistico su un qualche lontano paradiso esotico. Quello che sarà presentato il prossimo 4 maggio a Roma, presso la sede della Società Geografica Italiana, è il mare della Calabria, con le sue spugne, distese immense di coralli rari, pesci coloratissimi mai osservati nel loro habitat naturale e nuove specie di molluschi e di altri invertebrati. Un mare inedito, perché queste sono le prime immagini di ciò che si trova dai 50 ai 300 metri di profondità sotto le nostre coste. Il film, realizzato da Marco Pisapia, è uno dei risultati della missione scientifica Monitoraggio della Biodiversità Marina in Calabria – Mo.Bio.Mar.Cal – coordinata da Simonepietro Canese dell'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Il progetto di ricerca si è concluso lo scorso anno dopo cinque anni di indagini ed esplorazioni. In tutto sono stati perlustrati 200 siti per un totale di 800 chilometri di coste calabre; un robottino è infatti sceso nella cosiddetta zona mesofotica (tra i 50 e i 250 metri di profondità) che, come i ricordano i ricercatori, è la parte meno esplorata delle coste italiane. "Per la prima volta abbiamo utilizzato un Sottomarino a Controllo Remoto (Rov) dotato di telecamere ad alta definizione in modo estensivo - ha raccontato Canese - lo scopo era quello di conoscere meglio i nostri ambienti sottomarini, per poi individuare le aree su cui concentrare le azioni di tutela. Abbiamo scoperto una biodiversità altissima, inaspettata, pari se non superiore a quella delle zone più superficiali".
La scoperta più sorprendente riguarda il corallo nero (che in ambiente naturale appare bianco per via di una 'pelle' che ricopre lo scheletro): "Pensavamo fosse raro nei nostri mari, invece abbiamo trovato foreste di migliaia e migliaia di colonie appartenenti a tre specie, alte fino a un metro e mezzo. Una delle specie, Antipathes dicotoma, finora era quasi sconosciuta: ne avevamo una manciata di frammenti sparsi nei musei" ha aggiunto Canese. Queste foreste hanno anche migliaia di anni e alcuni coralli arrivano a diametri di dieci centimetri. Un'altra sorpresa per i biologi è stata osservare isole di biodiversità distanti appena un centinaio di metri, ma completamente differenti l'una dall'altra, nonostante siano alla stessa profondità. Come si spiega? I ricercatori stanno ancora cercando di rispondere a questa e ad altre domande: per molte specie, infatti, la biologia è conosciuta solo nei tratti fondamentali. Un esempio è la gorgonia, che ha queste profondità sembra una specie colonizzatrice i grado persino di ricoprire copertoni.
Il progetto ha fatto da apripista e dopo la Calabria si stanno ora studiando le coste profonde di Campania, Sardegna, Toscana, Sicilia, e Liguria, con la collaborazione di molte università italiane. Si tratta di ambienti ancora poco studiati, ma che rappresentano un serbatoio di biodiversità, perché meno soggetti ai cambiamenti climatici. I ricercatori stanno costruendo un database fotografico immenso. Fonte: Galileonet.
Evento: Roma, 04 Maggio 2012. Società Geografica Italiana, Palazzetto Mattei in Villa Celimontana, via della Navicella 12 - ore 10:30. marco.pisapia@isprambiente.it.
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TONNO ROSSO DI DUE METRI
Si aspettava una cattura piuttosto comune dalle reti lasciate di notte per far incetta di seppie. E invece la sorpresa: ad attenderlo un tonno rosso (Thunnus thynnus) lungo oltre due metri e di oltre 2 quintali di peso. È successo giovedì scorso in laguna di Venezia a un pescatore che, partito con più banali intenzioni, si è trovato a dover issare a bordo un simile colosso facendo ricorso ad un’altra barca d’appoggio. È un evento a dir poco eccezionale. "Tonni di queste dimensioni oggi sono piuttosto rari anche in mare aperto" afferma Luca Mizzan, biologo marino del Museo di Storia Naturale di Venezia. "Eppure alla fine dell’Ottocento l’industria del 'tonno gigante' in Alto Adriatico, soprattutto nella sua costa orientale, era molto fiorente grazie all’abbondanza delle sue prede, il pesce azzurro, che caratterizza quest’area. Solo che ora ne abbiamo perso memoria".
Se non più tardi del secolo scorso il Nord Adriatico così come il mare di fronte alla laguna di Venezia erano solcati da questi grandi predatori marini, attualmente il tonno rosso rappresenta una specie a grave rischio di estinzione perchè oggetto di una forte pressione di pesca, sia legale che illegale.
"Non si tratta comunque del primo avvistamento di questa specie in laguna di Venezia" afferma Riccardo Fiorin di Laguna Project, società che svolge attività di monitoraggio, indagine e studio di carattere ambientale in ambito lagunare e marino costiero. Nel 2010, infatti, Fiorin e colleghi hanno riportato sul Bollettino del Museo di Storia Naturale di Venezia la prima segnalazione ufficiale del ritrovamento di tonno nelle acque basse della laguna. In quel caso l’animale rinvenuto era molto più piccolo: pesava circa 50 kg per un metro e mezzo circa di lunghezza. Avvistato dai pescatori il tonno era stato confinato in uno specchio d’acqua e quindi catturato dalle reti. Secondo gli esperti, l’individuo rinvenuto più di recente, di un’età stimabile attorno ai dieci anni, potrebbe aver risalito l’Adriatico seguendo la corrente e raggiunto la laguna grazie allo scavo di imponenti bocche di porto e canali navigabili che invitano a incursioni a caccia di facili ed abbondanti prede o – cosa non impossibile – sulla scia degli avanzi gettati in mare da qualche grande nave diretta alla Serenissima. Finendo poi – ahimè – per sostituirsi alle meno pregiate seppie sul mercato locale. Fonte: OggiScienza.
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