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30 APRILE

600.000 FIRME CONTRO LA DIGA BELO MONTE
La costruzione della diga di Belo Monte, una vera e propria catastrofe ambientale, è stata posticipata in parte grazie anche alla spettacolare consegna delle oltre 600.000 firme organizzata dalle tribù indigene cui hanno partecipato gli Avaaziani in Brasile e in tutto il mondo. L'Organizzazione degli stati americani si è unita alla campagna contro la diga, perché in violazione dei diritti umani. La mo bilitazione continua e ora si concentra sullo sviluppo delle energie rinnovabili in Brasile. Fonte: Il Salvagente, aprile 2011.

EUROPA E GIAPPONE: RICOMINCIA LA CACCIA ALLE BALENE
Dall'Islanda è partita la prima nave baleniera, che caccierà le balenottere comuni insieme alle altre imbarcazioni che si accoderanno nei giorni a venire. Saranno uccisi ben 216 esemplari, da maggio a giugno, più un 20% che "avanzano" dalla stagione passata.
I cetacei finiranno per quasi la metà nelle decine di ristoranti islandesi che lavorano ormai solo con i turisti, il resto verrà esportato, anche grazie alla complicità di paesi terzi come l'Italia, anche se il nostro paese ha un ruolo marginale e minoritario rispetto al Regno Unito, come denunciano alla Whale and Dolphin Conservation Society.
Intanto è cominciata in Giappone la caccia alle balenottere. Le comunità di pescatori di Ayukawa, devastata dallo tsunami di marzo, si è trasferita presso Kushiro nell’isola di Hokkaido, dove sono disponibili due navi baleniere che hanno il permesso di uccidere 61 cetacei entro giugno 2011.
Dal Giappone, alle prese con problemi di portata ben maggiore, arriva anche la notizia del taglio dei sussidi all' Institute for Cetacean Research, la società che maschera dietro la dicitura "scientific research" la caccia alle balene in Antartide. Per cui è improbabile che nel dicembre 2011 ricominci la mattanza.
Ma i burocrati del Sol Levante non sono intenzionati ad arrendersi e hanno inviato una delegazione a Palau per contrastare il recente piano di collaborazione tra Sea Shepherd (che ha fermato di fatto i balenieri in Antartide) e il governo locale (vedere news dell'8 aprile 2011), allo scopo di controllare meglio alcune aree del Pacifico di notevole interesse commerciale.

27 APRILE

ANCORA RIDIMENSIONATO IL RUOLO OMEGA 3
Sembra ridimensionarsi ulteriormente il ruolo dei grassi omega 3. Il loro ruolo protettivo (effetto antiaritmogeno) nei confronti di coloro che hanno avuto almeno un attacco cardiaco sembra venir meno, almeno secondo uno studio pubblicatoi sul New England Journal of Medicine.
In questo studio multicentrico controllato sono stati valutati gli effetti dell’assunzione di acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA) contenuti nel pesce e dell’acido alfa linolenico (ALA), di origine vegetale, sulla frequenza degli eventi cardiovascolari in 4837 pazienti con pregresso infarto miocardico, di età compresa tra 60 e 80 anni, prevalentemente di sesso maschile (78%), sottoposti ad adeguato trattamento farmacologico antiipertensivo, antitrombotico e ipolipemizzante. I pazienti sono stati assegnati in modo randomizzato a gruppi diversi per tipologia di margarina consumata per 40 giorni: standard, con EPA + DHA (400 mg/gg, EPA/DHA=1.5/1) con ALA (2 g/gg) oppure con EPA+DHA+ALA.
Dall’analisi statistica non sono emerse differenze tra i gruppi di pazienti né per quanto riguarda la frequenza degli eventi cardiovascolari né per quanto riguarda gli effetti indesiderati. Una tendenza alla protezione dagli eventi cardiovascolari vicina alla significatività è stata riscontrata nella popolazione femminile sottoposta a trattamento con ALA (HR 0.73, P=0.07). La supplementazione della dieta con dosi moderate di acidi grassi n-3 non modifica il rischio cardiovascolare in soggetti con pregresso infarto del miocardio, sottoposti ad adeguata terapia farmacologica. Fonte: N-3 fatty acids and cardiovascular events after myocardial infarction. New England Journal of Medicine. 2010 Nov 18: 363 (21):2015-26. Traduzione italiana su Nutrition Foundation.

DA FEDERCOPESCA UN "NUOVO" (?) MODELLO PER LA GESTIONE DEL FERMO BIOLOGICO
Che sia la volta buona? Ecco che arrivano finalmente dei segnali dalle associazioni di categoria: accade spesso quando un settore in crisi, che sopravvive grazie ai contributi dell'Unione, vede venir meno la propria fonte di sostentamento. In ogni caso, come si suol dire, meglio tardi che mai.
"La situazione di emergenza che stiamo vivendo impone un cambio di indirizzo nella definizione del fermo pesca". È quanto afferma Massimo Coccia, presidente della Federcoopesca-Confcooperative dopo l’adozione da parte del consiglio di presidenza dell’associazione della proposta, da presentare al Mipaaf, per un fermo pesca flessibile, in linea con le caratteristiche delle diverse marinerie e le esigenze del mercato. Purtroppo constatiamo che ancora una volta si considerano le esigenze di mercato, a sfavore delle esigneze dell'ecosistema marino, con il risultato, scontato, che negli anni a venire la situazione sarà ancora peggiore.
"Dobbiamo pescare meglio, per poter sopravvivere. Più qualità e meno quantità" sottolinea Coccia.
La proposta dell’associazione si articola in due fasi. La prima relativa al fermo di quest’anno, la secondo da mettere in atto dal 2012 in poi. Questi i punti chiave per il fermo 2011. Introduzione di un sistema di gestione della pesca che faccia perno su un numero massimo di giornate di pesca per l’intero anno, adeguato alle caratteristiche dei vari areali; per questo primo anno, che potremmo definire sperimentale, l’arco temporale potrebbe estendersi dal 15 maggio 2011 al 14 maggio 2012.
Realizzare, all’interno di ciascun plafond, un fermo continuativo di almeno trenta giorni consecutivi stabilito da ciascuna impresa. Per questa interruzione di attività dovrebbero essere previste misure finanziarie: cassa integrazione per ciascun membro dell'equipaggio, corrisposto secondo le modalità previste dalle norme vigenti; compensazione finanziaria alle imprese, utilizzando fondi Mipaaf. Prevedere, poi, almeno altri 60 giorni di fermo, anche non continuativi, stabiliti dalle imprese per ciascuna imbarcazione. Anche in questo caso, cassa integrazione per ciascun membro d’equipaggio e compensazione finanziaria alle imprese, ma questa volta a carico di ciascuna regione.
Per venire incontro - spiega la Federcoopesca - alle esigenze di alcune aree che prediligono un fermo continuativo omogeneo per l’intera marineria, si può ipotizzare che per i primi 30 giorni, su richiesta delle organizzazioni professionali e sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale della pesca, o delle Regioni, l’Amministrazione può emanare specifico provvedimento che disponga l’interruzione della pesca in maniera uniforme ed omogenea per regioni o compartimenti marittimi, con la conseguente chiusura della pesca a tutte le imbarcazioni provenienti da altre regioni o compartimenti marittimi. In merito poi al sistema del plafond in programma dal 15 maggio 2011, per garantire la necessaria conformità con gli indirizzi di conservazione richiesti dall’Unione Europea, è opportuno definire il numero di giornate di pesca da "affidare" a ciascuna impresa o imbarcazione mediante la messa a punto di uno specifico strumento di gestione che tenga conto di alcune variabili di sistema come differenti usi e consuetudini di pesca fra i vari areali, la stagionalità, le misure accessorie.
Insomma, davvero poche idee e poche novità.

26 APRILE

VENTI E ONDE NELL'ERA DEL GLOBAL WARMING
I cambiamenti climatici vengono studiati per lo più in termini di temperature dell'aria, o di temperature degli strati superficiali dei mari e di precipitazioni atmosferiche. Altri parametri vengono considerati solo più raramente; fra quelli meno studiati vi sono in particolare le velocità dei venti e l'altezza delle onde oceaniche. A colmare almeno in parte questa lacuna arriva oggi una ricerca pubblicata su Science.
I ricercatori hanno potuto rilevare che su scala globale la velocità dei venti è generalmente cresciuta, mentre il quadro relativo all'ondosità è apparso più complesso. Mentre infatti se si considerano le medie globali l'aumento dell'altezza delle onde è apparso ridotto, questo fenomeno sembra che sia decisamente più accentuato alle alte latitudini.
Per condurre la loro ricerca gli studiosi hanno principalmente fatto ricorso a misurazioni da satellite ottenute con altimetri, diffrattometri, radar ad apertura sintetica, delle quali esiste un data base quasi continuo fin dal 1985, anno di lancio di Geosat, che ha permesso una ricostruzione accurata dei fenomeni nel corso degli ultimi 23 anni.
L'analisi dei dati ha mostrato che per quanto riguarda la velocità dei venti l'intensità degli eventi estremi è andata crescendo a un tasso ben più veloce delle condizioni medie. In media comunque l'intensità dei venti sopra gli oceani è cresciuta fra il 5 e il 10 per cento nel corso degli ultimi 20 anni. Il fenomeno inoltre è più accentuato nell'emisfero meridionale di quanto non lo sia in quello settentrionale. Unica eccezione a questa tendenza è risultata essere la regione del Pacifico centro settentrionale, dove l'intensità è cresciuta in misura più ridotta segnando in alcune aree anche una tendenza negativa. Fonte: LeScienze.

22 APRILE

SONO 40 LE SPECIE ITTICHE A RISCHIO NEL MEDITERRANEO
Quaranta specie marine del Mediterraneo, tra cui l'ormai noto tonno rosso, ma anche cernie, spigole e naselli, sono a rischio. Degrado dell'habitat, inquinamento e pesca eccessiva, le cause dell'allarme lanciato dallo studio condotto dall'Unione Mondiale della Conservazione della Natura (IUCN) sul Mediterraneo. In particolare le specie più a rischio sono squali e razze, ma anche pesci ossei. Oltre al tonno rosso, gli altri esempi di pesci a rischio sono considerati emblematici per il tipo di minaccia. La cernia infatti è una specie proteroginica, cioé che cambia sesso con l'età. "Gli esemplari più grandi ambiti dai pescatori subacquei - spiega Leonardo Tunesi dell'ISPRA, uno degli autori dello studio - sono maschi e una pesca eccessiva può mettere in seria difficoltà una popolazione di cernie. Per il recupero della specie, sarebbe opportuna una moratoria sulla sua caccia, come ha fatto la Francia da diversi anni". Nuove tecnologie come il GPS e cartografie accuratissime hanno invece messo in pericolo il nasello. In particolare gli adulti, prima al riparo in aree rocciose in mezzo al mare ad oltre 200 metri di profondità. Per loro occorre quindi prevedere aree profonde dove è vietata la pesca. L'inquinamento "genetico" minaccia poi la spigola (o branzino), dovuto alla possibile fuga dagli allevamenti di esemplari che si possono poi incrociare con la fauna selvatica locale. Leggi anche la cecklist delle specie ittiche da evitare.
Fonte: Ansa.

DEEPWATER HORIZON: UN ANNO DI SEGRETI E MALATTIE
Il 20 aprile del 2010 esplodeva nel Golfo del Messico la Deepwater Horizon, piattaforma petrolifera della British Petroleum (BP), causando il più grave disastro ambientale nella storia americana. Ad un anno di distanza, Greenpeace mette online i documenti segreti dell'incidente da cui si evincono ''i tentativi del governo americano e della BP di ridimensionarne la portata''. È, infatti, accessibile a tutti il sito web PolluterWatch, una sorta di Wikileaks dell'ambiente, dove sono presenti ''30.000 pagine di documenti riservati sinora inediti, ottenuti grazie alle norme Usa sulla libertà d'informazione''. Tra i documenti pubblicati c'è la corrispondenza riservata tra il governo Usa e Bp, contrasti tra scienziati e amministrazione, e la registrazione delle conversazione dei piloti in volo sulla zona.
L’operazione di trasparenza portata avanti dall’associazione ambientalista ha come scopo quello di facilitare le richieste di indennizzo da parte di decine di migliaia di cittadini danneggiati. Tra questi, anche alcuni dei soccorritori che in quei drammatici giorni e nei mesi successivi cercarono di bloccare la fuoriuscita di petrolio e che oggi accusano una malattia “misteriosa”, come denuncia Discovery Channel. Secondo il National Institute for Occupational Safety and Health, sono stati 52.000 i lavoratori che hanno prestato servizio dal momento dell'esplosione all'agosto 2010. Di questi, 415 hanno riportato problemi di salute: principalmente irritazione alla gola e agli occhi, infezioni del tratto respiratorio, mal di testa e nausea. Ma in occasione del triste anniversario, Bernard Goldstein, tossicologo ambientale e professore all’Università di Pittsburgh, denuncia la scarsa affidabilità dei metodi governativi per la raccolta di questi dati: i fondi per studiare le condizioni di salute dei lavoratori sono stati stanziati solo a sei mesi dall’incidente, perdendo così tempo prezioso per poter analizzare gli effetti dell’esposizione al benzene, elemento cancerogeno presente nel petrolio grezzo, che scompare dal sangue di chi l’ha inalato già dopo quattro mesi.
Anche la salute degli animali che popolano le acque del Golfo del Messico sembra soffrire ancora le conseguenze del disastro. Nel corso dell’ultimo anno si è registrato un aumento allarmante di morti e spiaggiamenti di piccoli di delfini dal naso di bottiglia (Tursiops truncatus). Secondo Ian MacDonald, biologo marino alla Florida State University, i circa 160 esemplari deceduti che sono stati individuati rappresentano solo la punta dell’iceberg. Anche la mortalità delle tartarughe marine è cresciuta: 141 nei primi mesi del 2011, un numero considerato sopra la media. Insomma, anche se la maggior parte delle acque che bagnano le coste della Louisiana è tornata limpida, ci sono segnali concreti che l’ecosistema marino non si sia ancora ristabilito. Fonte: Galileonet. Leggi anche Un anno fa il disastro della Deepwater Horizon. Leggi il Resconto della Deepawater Horizon.

21 APRILE

OCEANI TROPPO CALDI
La rivista Nature Climate Change ha pubblicato uno studio relativo a Cheilodactylus spectabilis, pesce diffuso nel mar di Tasmania tra Australia e Nuova Zelanda, esaminando tutti i dati disponibili dal 1910 ad oggi. Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che la specie, molto longeva - può vivere sino a 100 anni - è notevolmente diminuita nell'arco di tempo preso in considerazione, in relazione all'aumento della temperatura media dell'acqua. Più precisamente i ricercatori hanno studiato le otoliti, delle piccole strutture osse dei pesci che presentano degli anelli di accrescimento un pò come quelle degli alberi. Il tasso di crescita è diminuito notevolmente poiché le acque più calde contengono meno ossigeno disciolto e aumentano lo stress per le specie meno adattabili ai cambiamenti. Meno ossigeno significa minor velocità nel nuoto, minor capacità di catturare le prede e aumento, nel complesso, degli stress ambientali. Negli ultimi 60 anni nella zona la temperatura media dell'acqua è aumentata di 2 °C.

20 APRILE

ALGHE TUTTOFARE
Eric Lannan si sta laureando in ingegneria meccanica al RIT (Rochester Institute of Technology), ma la sua tesi non mancherà di attirare l’attenzione di chimici e biologi (e imprenditori). Lo studente ha infatti messo a punto un procedimento che non solo permette a comunissime alghe di ripulire acque inquinate ma, allo stesso tempo, di produrre biocombustibile.
Le alghe del genere Scenedesmus sp. sono normali alghe d’acqua dolce: unicellulari e ad abito coloniale, prosperano (come tutte le piante) in presenza di fosfati e nitrati. Infatti, è l’eccesso di questi composti, di solito causato dagli scarichi domestici e industriali, a determinare il fenomeno dell’eutrofizzazione, cioè la crescita sproporzionata di organismi fotosintetici che può danneggiare gravemente gli ecosistemi acquatici. Lannan non ha fatto altro che rendere questo processo controllabile e utile. Facendo crescere in laboratorio Scendesmus in acque prelevate dall’impianto di trattamento degli scarichi municipali Frank E. Van Lare (Irondequoit, New York) ha ottenuto un drastico abbattimento dei composti inquinanti: 99% dei fosfati, 88% dei nitrati e 99% degli ioni ammonio. Dopo questo passaggio, l’acqua è abbastanza pulita da poter tornare nell’ambiente.
Nel frattempo le alghe si sono moltiplicate tanto da produrre biomassa in quantità e qualità tale da poter essere utilizzata in modo economicamente vantaggioso per la produzione di biocombustibile: possibile che nessuno ci avesse pensato prima? In realtà l’idea di utilizzare la biomassa algale per produrre combustibile e plastiche non è nuova, ma non tutte le alghe sono uguali, devono avere abbastanza lipidi per produrre ragionevoli quantità di prodotto finito e devono adattarsi a combinazioni di nutrienti non troppo complicate da mantenere. In questo senso la scelta di Scenedesmus, a cui si sono poi aggiunte Chlorella e Chlamydomonas, non è casuale e questo mix soddisfa tutte le condizioni. A differenza del mais e della soia, le alghe assicurerebbero una continuità nella produzione e non sottrarrebbero terreno coltivabile, sostituendosi nel frattempo a normale impianto di depurazione (o comunque alleggerendogli il lavoro).
E proprio in una specie (Chlamydomonas reinhardtii) è stata isolata per la prima volta la molecola al centro di una recentissima ricerca nell’ambito delle terapie geniche. Si tratta della rodopsina ChR2, una proteina sensibile alla luce presente in alcune alghe e già molto nota ai biotecnologi, ma all’Institute of Genetic Medicine (University of Southern California, Los Angeles) la ChR2 è riuscita a compiere un "miracolo" di proporzioni bibliche, cioè ridare la vista ai ciechi (anche se, per ora, solo nei topi).
In pratica i biotecnologi sono riusciti a inserire il gene delle alghe in topi che per via dell’età si trovavano in una condizione di cecità simile a quella che negli umani è dovuta alla retinite pigmentosa (RP) o alla degenerazione maculare (AMD), ma in modo che si esprimesse solo nelle cellule della retina. In questo modo, anche se la retina è priva dei suoi originari fotocettori, acquisisce comunque sensibilità alla luce.
Il "miracolo" è però parziale. Infatti, in primo luogo, il trattamento non trasforma i topi in falchi, ma li rende "solo" in grado di distinguere tra luce e oscurità, inoltre non bisogna dimenticare che il trattamento comporta gli stessi rischi di ogni terapia genica, cioè che l’eventualità che il gene si esprima al di fuori del tessuto bersagliato. Di norma i geni sono poi trasportati nelle cellule grazie a dei virus e questo è tuttora causa di preoccupazione per la possibilità che tali virus diventino patogeni.
Lo studio è stato pubblicato ieri sulla rivista Molecular Therapy.
Insomma la strada da fare è ancora molta, ma come si può vedere dal filmato i risultati, per quanto provvisori, di un approccio genico alle terapie per la RP e l’AMD (di cui soffrono milioni di persone) ci sono già. E tutto grazie al gene di un’alga. Fonte: OggiScienza.

NUOVE REGOLE UE PER LA PESCA
Il 12 aprile la Commissione Europea ha annunciato la piena operatività del nuovo sistema per i controlli sulla pesca. "Con l’adozione di regole dettagliate sui controlli da seguire nell’intera filiera 'dalla rete al piatto', l’UE dispone ora degli strumenti necessari per stabilire una nuova cultura della legalità della pesca, cioè fermare l’ipersfruttamento delle risorse e garantire la sostenibilità", ha dichiarato il Commissario europeo per la pesca Maria Damanaki.
Le Autorità nazionali di controllo potranno rintracciare ogni partita di pesce, dalla cattura sino alla vendita al consumatore: potranno così bloccare le attività illegali in qualsiasi fase della filiera. Le ispezioni saranno condotte con identiche modalità in tutta Europa e i dati sottoposti a verifiche incrociate grazie ai registri informatici.
In dettaglio:

Il nuovo sistema comprende un meccanismo a punti per le licenze di pesca che ricorda quello delle patenti di guida: la pesca illegale, oltre a venire punita con sanzioni pecuniarie proporzionate alla cattura (almeno cinque - otto volte - dopo il primo episodio – rispetto al valore del bottino illecito), comporta il ritiro della licenza in caso di recidiva. Questo meccanismo verrà applicato dal 1 gennaio 2012, per consentire alle autorità degli Stati membri di adeguarsi.
Le procedure di dettaglio sull’esecuzione dei controlli completano il quadro della Politica Comune sulla Pesca (Common Fisheries Policy, CFP), che si articola su tre pilastri: il regolamento sui Controlli (Reg. CE 1224/09); il regolamento Iuu, volto a combattere la pesca illegale, non registrata e non regolamentata (Illegal, Unreported and Unregulated fishing) a opera di pescherecci europei e di Paesi terzi (Reg. CE 1005/08); il regolamento sulle Autorizzazioni alla Pesca, che disciplina sia i controlli dei pescherecci UE al di fuori delle acque europee, sia quelli dei vascelli extra-europei nei nostri mari (Reg. CE 1006/08).
Controlli e sanzioni saranno dunque uguali in tutta Europa, a prescindere dalla nazionalità dell’ente di controllo e dalla bandiera del peschereccio. Per incoraggiare la collaborazione tra le autorità nazionali, l’Agenzia Comunitaria di controllo sulle attività della pesca (Community Fisheries Control Agency, Cfca) organizza a Vigo, in Spagna, sessioni di verifica a cui partecipano gli ispettori dei Paesi membri. Greenpeace ha accolto con favore l’annuncio della Commissione europea, sottolineando che la credibilità delle regole dipende dalla capacità di garantire efficaci controlli sulla loro effettiva applicazione. Fonte: IlFattoAlimentare.

3000 UOVA DI TARTARUGHE MARINE DI CONTRABBANDO
Erano nascoste tra le confezioni di mango, le sei cassette di uova di tartaruga marina sequestrate al confine tra Indonesia e Malesia. Circa 3000 uova da utilizzare (a caro prezzo), per la cucina tradizionale indonesiana. Questo, nonostante ormai da molti anni, il prelievo delle uova è vietato sia per usi alimentari che di collezione. Anzi, tutti i chelonidi (ovvero la famiglia di tartarughe marine) risultano inserite in Appendice I della Convenzione di Washington. Di loro, cioè, non se ne potrebbe fare alcun uso. Purtroppo il fenomeno del bracconaggio non si è mai estinto, anzi è tutt’ora molto florido. Le uova, sia di tartaruga vera che embricata, vengono raccolte soprattutto nella spiaggia Paloh. Circa 63 chilometri di costa sabbiosa cinta tra due fiumi e battuta dai raccoglitori di uova. Un gramo guadagno per il raccoglitore (dieci uova vengono vendute per circa 15 centesimi) ma già gli acquirenti all’ingrosso possono acquistare lo stesso pacchetto per 3.3 dollari. La tartaruga embricata è altresì oggetto di un feroce bracconaggio specie per gli oggetti, anche di gioielleria, che si ricavano dalla lavorazione delle squame cornee. La tartaruga verde, invece, è cacciata anche per la sua carne. Le popolazioni di entrambe le specie risultano in forte diminuizione. Fonte: GeaPress.

19 APRILE

IL MASSACRO ALLE ISOLE FÆR ØER....

Massacro alle Fær Øer
Gia uccisi 60 globicefali indifesi. In un mondo dove le nazioni civilizzate salvano le balene spiaggiate, l’unico posto al mondo che non dimostra alcuna pietà sono le isole Fær Øer, situate tra la Scozia e l’Islanda.
Sea Shepherd Conservation Society porterà le sue navi alle Fær Øer quest’estate, per intervenire ancora una volta per difendere le balene dai criminali che si abbattono, pugnalano e bastonano queste belle e sensibili creature. Comunque, non tutti gli abitanti delle Fær Øer sono senza cuore. Alcune anime coraggiose si stanno opponendo ai loro sadici concittadini e uno dei nostri sostenitori ci ha inviato le foto in questo aggiornamento stamattina. Il sostenitore che ha inviato le foto ha commentato: "Avrei voluto che Sea Shepherd fosse lì. L’uccisione non è stata veloce e alcune balene hanno impiegato uno o due minuti per morire...terribile da guardare".
Sea Shepherd è andata nelle Fær Øer nel pasato, ma questa volta ritorneremo più forti, meglio equipaggiati e più esperti che mai, ritorneremo con una tecnologia che sarà al servizio dei globicefali.
Le Fær Øer ricevono tutte le sovvenzioni dell’Unione Europea ma si considerano al di fuori delle leggi dell’Unione Europea. Il massacro dei globicefali è una violazione della Convenzione di Berna. L’Islanda non potrà unirsi all’Europa fino a quando smetterà di uccidere le balene, eppure le Fær Øer vengono esonerate dalla Danimarca. Sea Shepherd Conservation Society ha unito le forze con la Fondazione Brigitte Bardot per far conformare le Fær Øer alle leggi europee. Tratto da Sea Shepherd [modificato].
Noi di biologiamarina.eu seguiamo da tempo la vicenda, e alla pagina Petizioni è possibile avere maggiori informazioni ed inviare una mail attraverso il sito di BeppeGrillo.

....E IL MASSACRO IN CANADA

Foche Canada
All’apertura della caccia alle foche in Canada, lInternational Fund for Animal Welfare (IFAW) lancia la sua denuncia sul mancato rispetto delle regole per una morte "umana" e di uccisioni inutili di cuccioli, poi abbandonati sui ghiacci.
"Abbiamo ampie prove – afferma Sheryl Fink, direttore del programma foche dell’IFAW – che la procedura in tre fasi per assicurare una morte umana non viene seguita". L'organizzazione ha filmato diverse violazioni nell’uccisione dei cuccioli da parte dei cacciatori, compiute sulle coste di Newfoundland e del Labrador. "Abbiamo documentato le prove di cuccioli di foca di circa tre settimane uccisi e abbandonati sul ghiaccio, con la pelle intatta. E’ una chiara violazione della legge e uno spreco inaccettabile e non etico di fauna selvatica".
"Dove sono i controlli?" si chiede la responsabile dell’IFAW. "Quando i cacciatori di foche ignorano in maniera flagrante – conclude Fink – le regole quando vengono filmati, figuriamoci cosa accade quando non lo sono". Il governo canadese, riferisce l’IFAW, insiste che la caccia è sia umana sia vitale per l’economia delle comunità locali. L’associazione invece denuncia che diversi documenti dimostrano il contrario e che le regole vengono frequentemente ignorate. Quest’anno inoltre, secondo gli animalisti, i cacciatori di foche stanno rimpiazzando la loro attività abituale con quella della pesca del granchio, più remunerativa. "Non c’é ragione – aggiunge Fink – perché questa carneficina continui. Quello che abbiamo osservato quest’anno è semplicemente inaccettabile". Secondo le cifre fornite dall’IFAW, ormai l’attività di caccia alle foche è antieconomica per gli stessi canadesi, visto che nel 2010 è stata sostenuta dal governo con 2.3 milioni di dollari, mentre il valore commerciale é stato di poco più di un milione di dollari. Fonte: ANSA.

18 APRILE

OrcheLA STRATEGIA DI CACCIA DELLE ORCHE ANTARTICHE
Le orche (Orcinus orca) che vivono nelle acque dell'Antartico sono specializzate cacciatrici di foche. In particolare, questi animali si nutrono quasi esclusivamente di foche di Weddell (Leptonychotes weddellii), nonostante questa specie rappresenti solo il 15% dei pinnipedi presenti nelle fredde acque del Polo Sud. Proprio questa estrema specializzazione alimentare, unita ad aclune caratteristiche anatomiche e genetiche, è uno dei caratteri che più distingue questa popolazione di orche da quelle che vivono negli altri oceani, e che ha fatto ipotizzare che i tre ecotipi possano in realtà costituire tre diverse specie.
La specializzazione alimentare è talmente elevata che le orche hanno elaborato una raffinatissima tecnica di caccia cooperativa, documentata sull'ultimo numero della rivista Marine Mammal Science. Come si può vedere da queste immagini, i cetacei individuano le proprie prede mentre si riposano su lastroni di ghiaccio alla deriva e sono in grado di catapultarli in acqua dopo aver generato una potente onda (immagine sopra a destra) con il movimento sincronizzato delle code di diversi individui. Qualora l'operazione non riuscisse al primo tentativo, le orche insistono incrementando la potenza dell'onda, fino a che la malcapitata foca non viene scaraventata in acqua. A questo punto alle cacciatrici non resta che sbarrarle tutte le vie di fuga e catturare comodamente la grassa preda. Anche in questa operazione le orche dimostrano grande sincronia e organizzazione, in quanto gli individui che partecipano alla battuta di caccia accerchiano la foca e solo una di loro le sferra il colpo letale, per poi smembrarla e suddividere il bottino con le compagne.
Questo comportamento, conclude lo studio, non è affatto raro in quanto i ricercatori hanno osservato ben 22 episodi di attacco (quasi tutti terminati con la cattura della foca) messi in atto da individui diversi. Le orche dimostrano ancora una volta la loro elevata socialità e complessa organizzazione di gruppo nonchè spiccate abilità cognitive. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.

PESCE PREGIATO CONTRAFFATTO
Falsi filetti di cernia, moscardini spacciati per polpi, persico africano che sembra dei nostri laghi perché sull'etichetta non è indicata la provenienza. Questo e altro hanno trovato gli esperti di Altroconsumo che hanno acquistato in tutta Italia, in 55 punti vendita 160 campioni di pesci e molluschi scoprendo che nel 44% dei casi le etichette sono scorrette o ingannevoli. Il rischio di frodi aumenta quando si acquistano filetti di pesce. Nei casi più gravi è stato venduto pesce di valore notevolmente inferiore: filetti di pangasio (forse addirittura decongelato) proposti come fieltti di cernia, persico o dentice, oppure smeriglio al posto del palombo o, ancora, eglefino come merluzzo. Altre volte c’è l’omissione della provenienza: per esempio, cernia atlantica (meno pregiata) venduta come cernia. Lo scambio d’identità avviene al nord come al sud, anche se nella grande distribuzione c’è maggiore onestà rispetto ai mercati rionali e pescherie (in queste ultime c’è anche l’aggravante di prezzi più cari). News completa su Il FattoAlimentare.

QUANTO VALE IL MEDITERRANEO?
Rispondiamo subito. L'ecosistema marino italiano vale 9 miliardi l’anno, lo dice uno studio realizzato dalle Nazioni Unite. Un immenso valore che certifica in moneta sonante i servizi ambientali offerti dalle nostre acque. Nessun altro Paese nel Mediterraneo vanta un tesoro del genere: il 35% del totale, più del doppio della Grecia o della Spagna. Secondo i dati riportati, le 26 aree marine protette già istituite nel nostro Paese tutelano una parte importante del valore anche economico attribuibile ai servizi ambientali: nei loro 360mila ettari di mare, una piccola parte delle migliaia di chilometri quadrati che costituiscono la nostra fascia costiera, si concentra una parte importante di questo patrimonio, capace di produrre beni per almeno 36 milioni di euro l'anno, secondo il calcolo elaborato dal Plan Bleu. Ma la tutela della natura, anche intesa come valore economico dei servizi ambientali forniti dagli ecosistemi, da sola non basta a garantire il concetto di sostenibilità. La popolazione litoranea del Mediterraneo ammontava a 148 milioni già nel 2005, su un totale di abitanti dei paesi rivieraschi di 420 milioni. A queste cifre va aggiunto il numero crescente di turisti internazionali: si è passati, nelle regioni del Mediterraneo, dai 58 milioni del 1970 agli oltre 228 milioni del 2002. E, secondo le proiezioni, si arriverà a 346 milioni nel 2020. Una presenza che è concentrata per circa l'80% nel periodo compreso tra maggio e settembre. Un'enorme quantità di persone che va a gravare sulle risorse ambientali e sulle strutture abitative rivierasche e che può essere gestita solo rivedendo il paradigma delle economie mediterranee. Per questo è stata ribadita la necessità di sviluppare le fonti rinnovabili, limitandone però al massimo l'impatto paesaggistico e di diffondere strutture turistiche e residenziali sostenibile. Il rapporto Ecosistemi marini mediterranei: il valore economico dei benefici ambientali è stato elaborato da Plan Bleu, organismo del Programma ambiente mediterraneo delle Nazioni Unite (UNEP/MAP). Scarica qui il report della presentazione dell’indagine. Fonte: SlowFood.
Nota di Biologiamarina.eu: attendiamo anche che si "quantifichi" il valore ecologico ed ambientale del nosto mare.

08 APRILE

SIMBIOSI TRA UN'ALGA E UNA SALAMANDRA
Ora è ufficiale. Con la pubblicazione su PNAS, un gruppo di ricerca canadese ha presentato alla comunità scientifica il primo caso documentato di simbiosi tra un'alga verde (Oophila amblystomatis) e un vertebrato, cioè la salamandra maculata (Ambystoma maculatus). Questo tipo di alga condivide da sempre l'habitat degli anfibi, ma finora non si era immaginato che tale convivenza si spingesse a livello cellulare e che ciò determinasse un rapporto di simbiosi paragonabile ai casi, ampiamente documentati, che riguardano vari tipi di invertebrati, ad esempio gli Cnidari (polipi e meduse).
Si tratta per la precisione di endosimbiosi perché l’alga (unicellulare) oltre a invadere l’involucro gelatinoso tipico delle uova di anfibio invade anche le singole cellule embrionali. Questo processo di colonizzazione riguarda infatti in particolar modo le prime fasi dello sviluppo della salamandra: l'alga riesce a penetrare in vari tessuti ancor prima che l’embrione possa sviluppare il suo sistema immunitario. Quest’ultimo, in ogni caso, è particolarmente "debole" nelle salamandre, un aspetto che pare legato alla loro straordinaria capacità di rigenerare interi arti.
Quando l'animale diventa adulto la maggior parte delle alghe è sparita, ma a quel punto le due specie si saranno già reciprocamente avvantaggiate. Infatti sembra che l’alleanza alga-anfibio funzioni grossomodo così: l’alga utilizza i cataboliti della salamandra come fertilizzante e in cambio produce O2, che non è particolarmente abbondante nell’ambiente delle salamandre né penetra facilmente nell’uovo. La "prova" che il meccanismo funziona è che gli embrioni colonizzati crescono più velocemente di quelli privi di alghe ed è logico dedurre che abbiano più possibilità di sopravvivere.
I ricercatori hanno usato sia un approccio molecolare che uno visivo. Per il primo hanno cercato le tracce della presenza dell’alga basandosi sul DNA ribosomiale, per il secondo hanno catturato in video l’invasione (visibile su OggiScienza).
Nello studio i ricercatori esprimono comunque prudenza: le implicazioni ecologico-evolutive di questa associazione non sono il focus della ricerca, che per ora ha solo dimostrato che l’alga è effettivamente presente dentro le cellule dell’animale così come negli ovidotti delle femmine (e questo suggerisce che l’invasione potrebbe avvenire ancor prima della deposizione), ma le implicazioni di tutto questo devono ancora essere appropriatamente indagate. Fonte: OggiScienza.

LA SVEZIA VIETA LA PESCA DELLO SPINAROLO
Dal primo aprile pescare lo spinarolo in Svezia, anche accidentalmente, sarà illegale. La Commissione Svedese per la Pesca ha inserito la specie tra quelle totalmente protette e ne ha vietato ogni modalità di cattura, anche con canna da pesca e lenza a mano. Il Consiglio Europeo aveva deciso per la Quota Zero nel 2009 e nel dicembre scorso aveva esteso il divieto alle catture accidentali. Nell'eventualità, gli esemplari catturati dovranno obbligatoriamente essere rigettati (noi optiamo per il termine rilasciati) in mare.

SEA SHEPHERD COLLABORA CON PALAU
Dopo il successo che ha portato i balenieri fuori dal Santuario delle Balene dell’Oceano del Sud, Sea Shepherd Conservation Society ha dirottato i propri sforzi dalla difesa della balene alla protezione degli squali. All’inizio di questo mese è stato firmato un Memorandum di Intesa tra l’Organizzazione di Azione Diretta per la Conservazione delle Specie Marine Selvatiche e la Repubblica di Palau. Questo storico accordo autorizza Sea Shepherd a collaborare direttamente con la Divisione per l’Applicazione della Legge Marina di Palau (DMLE) per pattugliare e salvaguardare un'area marina protetta unica, che è stata dichiarata come il primo santuario degli squali. Durante una recente visita a Palau, il Capitano Paul Watson e l’Amministratore Delegato Steve Roast, hanno incontrato Sua Eccellenza, il Presidente Johnson Toribiong di Palau e i 16 membri del tradizionale Consiglio dei Capi suoi consiglieri, per firmare l’accordo.
In base a tale accordo:

Leggi la news integrale.

07 APRILE

I SALMONI CHE RESISTONO AL CALDO
Il riscaldamento a livello globale sta mettendo a rischio la sopravvivenza di numerose specie animali in tutto il mondo. In particolare, la straordinaria velocità dei cambiamenti climatici in atto non consente alla maggior parte delle popolazioni naturali di adattarsi alle nuove condizioni, con conseguenze terribili a livello demografico. Come sempre accade in natura, questo discorso non vale per tutte le popolazioni della stessa specie, come documentato in organismi legati a climi tipicamente boreali, i salmoni rossi (Oncorhynchus nerka) del fiume Fraser. Questi animali sono universalmente noti per le loro straordinarie migrazioni verso le sorgenti dei fiumi in cui avvengono gli eventi riproduttivi. I viaggi di risalita di questi pesci, però, costituiscono la principale causa di morte per questa specie. Nel fiume Fraser, in particolare, sono note decine di popolazioni differenti di salmoni, ognuna delle quali intraprende una diversa rotta migratoria che varia per lunghezza, pendenza e velocità della corrente. Alcune popolazioni, dunque, devono affrontare vie più impegnative di altre e la selezione naturale sembra aver pensato a loro: questi salmoni sono infatti superiori nelle abilità nel nuoto e presentano importanti modificazioni al sistema circolatorio, come un cuore di dimensioni più grandi e un flusso sanguigno superiore.
Da quanto emerge dalle pagine di Science, questi adattamenti alle caratteristiche ambientali locali sembrano essere di primaria importanza anche per la tolleranza verso l'aumento delle temperature delle acque. L'incremento della temeperatura delle acque del fiume Fraser è stata di circa 2°C negli ultimi decenni ed è stata associata al consistente declino demografico delle popolazioni di salmoni, in quanto il calore riduce le prestazioni aerobiche, limitando le capacità di nuoto dei pesci e incrementandone la mortalità a causa, spesso, di collasso cardiaco. Contrariamente alla maggior parte dei salmoni, le popolazioni adattate alle migrazioni più impeganitive sembrano invece risentire solo minimamente del riscaldamento del fiume.
Grazie all'adattamento fisiologico alle difficili condizioni ambientali locali, quindi, questi supersalmoni riescono a resistere al riscaldamento inarrestabile delle acque e continuare i loro infiniti viaggi migratori, costituendo un'indispensabile fonte di sostentamento per le catene alimentari delle foreste canadesi. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.

06 APRILE

PERDITA RECORD PER L'OZONO ARTICO
Una perdita record di ozono sull'Artico è stata registrata durante il mese di marzo dal satellite Envisat dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il fenomeno è probabilmente da imputare ai forti venti che hanno isolato delle masse d'aria molto fredde sul Polo Nord. Queste masse d'aria, contenenti CFC (clorofluorocarburi) che sono stati degradati per effetto della radiazione solare, hanno concentrato sopra i cieli artici le molecole distruttrici dell'ozono atmosferico.
Le osservazioni diffuse dall' Organizzazione Metereologica Mondiale (OMM) rivelano che la colonna di ozono ha registrato una perdita di circa il 40% tra l'inizio dell'inverno e la fine di marzo.
Per l'OMM, il grado di distruzione dello strato di ozono nel 2011 sopra l'Artico è senza precedenti, ma era prevedibile. Gli esperti avevano infatti annunciato che una grande perdita di ozono sopra l'Artico era possibile nel caso di un inverno stabile con temperature molto basse nella stratosfera.

GRAVITÀ NEI MINIMI DETTAGLI

Geoide Geoide Altre informazioni e video sul sito ESA.

Il satellite GOCE, dopo soli due anni di attività, ha prodotto una mappa della gravità terrestre con una precisione mai raggiunta.
Nelle immagine riprodotte i colori rappresentano la deviazione dei valori della gravità rispetto a un geoide perfetto, una figura tridimensionale prodotta da una massa d'acqua senza correnti né maree, la cui forma è definita esclusivamente dalla forza di gravità. Le deviazioni vanno da 100 metri in più o in meno: le zone blu hanno i valori più bassi e le zone rosse-arancioni i valori più elevati.
I dati forniti da GOCE, la missione dell’European Sapec Ageny lanciata nel marzo 2009 per osservare il nostro pianeta, permettono di riscostruire con una precisione mai vista il campo gravitazionale terrestre e il geoide associato. In questo modo sarà anche possibile conoscere meglio il sistema Terra nel suo complesso, dato che il modello del geoide serve anche per calcolare il livello dei mari e degli oceani e la circolazione globale. Fonte: OggiScienza.

05 APRILE

L'ALGA CHE ASSORBE LO STRONZIO RADIOATTIVO
In questi giorni sul caso di Fukushima si è detto di tutto e di più e la confusione regna sovrana. Anche il primo di aprile non ha giovato, infatti alcuni burloni hanno postato immagini di fantasiosi pesci mutanti che hanno ingannato non pochi naviganti.
Ma la notizia dell'alga in grado di assorbire elementi radioattivi è vera e si spera possa tornare utile per le future bonifiche. L'alga in questione si chiama Closterium moniliferum ed è stata "presentata" da Minna Krejci, della Northwestern University di Evanston (Illinois) la scorsa settimana al meeting dell' American Chemical Society ad Anaheim (California). Quest'alga ha una proprietà molto interessante: è in grado di rimuovere lo stronzio - compreso il suo isotopo radioattivo, lo stronzio 90, che è uno dei residui dei reattori nucleari - dall’acqua, depositandolo in cristalli all’interno dei vacuoli.
Lo stronzio ha un’emivita di circa 30 anni ed è capace di infiltrarsi nel latte, nelle ossa, nel midollo osseo, nel sangue e in altri tessuti dove la radiazione emessa può avere azione cancerogena. Questo elemento è molto simile in proprietà e dimensioni al calcio (normalmente presente nei rifiuti dei reattori in quantità fino a dieci miliardi più alte rispetto allo stronzio) rendendo difficile durante i processi biologici separare i due elementi e sequestrare uno o l’altro selettivamente. E qui entra in gioco C.moniliferum.
Secondo quando raccontato nella ricerca statunitense, l’alga raccoglie al suo interno preferibilmente atomi di un altro elemento chimico, il bario. Tuttavia lo stronzio, in quanto a dimensioni e proprietà, è una perfetta via di mezzo tra calcio e bario e viene quindi cristallizzato dall’alga tanto bene quanto quest’ultimo. Cosa che invece non avviene con il calcio che, sebbene più presente, è abbastanza differente rispetto al bario, tanto da non suscitare l’interesse del C. moniliferum.
Gli scienziati non hanno ancora sperimentato la capacità delle alghe di sopravvivere in ambienti radioattivi, ma anche se non dovessero dimostrare una particolare sopravvivenza questo non sarebbe un grande problema. Infatti, vivrebbero comunque abbastanza per rimuovere parzialmente lo stronzio in quanto i cristalli precipitano nella cellula in circa trenta minuti- un’ora. Inoltre, sono alghe molto semplici da coltivare e quindi si potrebbero facilmente sostituire, anche molto spesso. Tratto da GalileoNet [modificato].

CETACEI E PETROLIO
A leggere il recente studio pubblicato negli Stati Uniti sulle stime dei cetacei morti in mare, sembra di trovarsi innanzi alla scoperta dell’acqua calda. In effetti, le cose stanno in maniera molto diversa se si pensa che fino ad ora, in occasione dei disastri marini (come le grosse perdite di petrolio) i dati relativi al totale degli animali morti si sono basati solo sulle carcasse effettivamente ritrovate. Delfini e balene, però, muoiono in numeri ben maggiori rispetto a quelli stimati in occasione dei disastri petroliferi. Secondo una recente ricerca, pubblicata da Conservation Letter, facente seguito al disastro occorso nel 2010 nel Golfo del Messico, solo il 2% degli animali viene in effetti recuperato, ovviamente già morto. Il numero dei decessi così registrati viene considerato, però, come il numero totale dei decessi occorsi. Lo studio, invece, ha stimato un numero di morti che potrebbe essere di 50 volte maggiore. Per capire di cosa stiamo parlando, basti considerare che in occasione del disastro del Golfo del Messico, vennero recuperati appena 101 cetacei. Lo studio si è basato sull’elaborazione delle stime numeriche delle singole specie, il tasso di mortalità e gli spiaggiamenti registrati. In tutto sono state monitorate 14 specie tra delfini e balene. Essendo il principale fattore limitante quello dovuto alla oggettiva difficoltà di potere censire in mare aperto, Rob Williams, dell’Università della Columbia Britannica, considera che dovrebbero essere rivisti anche i dati relativi alle morti provocate da altre cause. Tra queste, innanzi tutto, quelle degli impatti con le imbarcazioni e gli attrezzi da pesca. Fonte: GeaPress.

TROVATO UN RARO ESEMPLARE DI VOLTOLINO
Si tratta di una specie poco conosciuta e piuttosto rara da osservare, anche per i più attenti fotografi professionisti, poiché difficilmente esce allo scoperto. Di solito nidifica in zone umide di grande estensione e presenti solo in pochissime regioni italiane, prediligendo le aree lungo il medio e basso corso del fiume Po e, generalmente, la Lombardia. Da tenere in considerazione, ai fini dell'analisi dello stato di salute della specie, sono le complesse esigenze ecologiche di questo Gruiforme, che necessita di aree pianeggianti ove sia disponibile acqua dolce in grande quantità, Insomma, ampie e basse paludi, purché ricche di vegetazione e di invertebrati, di cui il Voltolino si ciba. News integrale su Aqva.

04 APRILE

RIAPRONO I POZZI DELLA DEEPWATER HORIZON
A quasi un anno di distanza dall'incidente della DeepWater Horizon del 20 aprile 2010, dove morirono 11 persone, le autorità americane hanno dato il via libera alla compagnia BP per rimettere in funzione i 10 pozzi gia esistenti. Le nuove condizioni garantiranno l’accesso alle piattaforme a rappresentanti governativi durante tutto l’anno e in qualsiasi momento. Saranno inoltre adottate misure di sicurezza più severe. Bob Dudley, nuovo amministratore della BP ed erede del dimissionario Tony Hayward, è l'ideatore del nuovo piano operativo della compagnia, che sino ad oggi ha speso quasi 30 miliardi di euro per le operazioni di bonifica e per risarcire i danni ambientali arrecati. Inoltre si apprende dall'Indipendent che la stessa BP è intenzionata a effettuare nuove trivellazioni in profondità. Fonte: The Indipendent: BP back in business in Gulf of Mexico – a year after 'Deepwater Horizon'.

DELFINO UCCISO A FUCILATE
Un delfino di 2.7 metri è stato rinvenuto nei giorni scorsi nella spiaggia del Lido di Venezia. Si trattava di un tursiope che era stato centrato da un colpo di fucile. L’animale era morto a seguito della perforazione del polmone destro. Uno stupido gioco o un atto di bracconaggio. Forse, però, non solo questo. I delfini spesso interagiscono con alcune tecniche di pesca e i racconti di animali finiti a fucilate non sono rari. Soprattutto nei periodi di crisi, tali infelici soluzioni posso subire degli incrementi preoccupanti.
I delfini, a volte, si trovano nei ciancioli. Si tratta di reti a circuizione molto usate per la cattura del pesce azzurro. Un barchino, di notte, attira il pesce con una luce artificiale, mentre un’altra barca circuita la rete attorno al punto di luce. In queste situazioni può rimanere bloccato anche un delfino, la cui presenza, a volte, può essere sbrigativamente eliminata.
Un altro esempio è dato dalla pesca del calamaro. Nel periodo riproduttivo viene anch’esso attirato di notte con un punto di luce. Una rete provvederà al loro prelievo, salvo, però, la presenza del delfino il quale può spaventare i gruppi di calamari, sparpagliandoli fuori dalla portata della rete.
Ovviamente si tratta di casi che si consumano in alto mare, impedendo, pertanto, di stilare una casistica. Chi si rende responsabile di questi gesti se ne guarda bene, ovviamente, dal diffondere la notizia. Si tratta di una azione vietata dalla legge e che potrebbe ritorcersi sull’attività di pesca. Una motivazione che impone il silenzio assoluto, diversamente da quanto avviene nei casi di bracconaggio, almeno quelli di terra, comunque caratterizzati, negli ambienti opportuni, dal vanto di avere infranto le regole. Fonte: GeaPress.

03 APRILE

TARTARUGHE E PESCI SIGILLATI VIVI NEI PORTACHIAVI CINESI
Al peggio non c’è mai fine. Il portachiavi è probabilmente l’oggetto più inutile, ma al contempo più diffuso, di tutto il mondo, tutti ne possiedono uno ed anche più di uno. Ma ora rischia di diventare persino crudele. Alcuni venditori ambulanti cinesi vendono animali vivi, definitivamente sigillati in un sacchetto di plastica di piccole dimensioni dove possono sopravvivere per qualche giorno. A quanto pare, questi portachiavi incredibilmente disumani sono in realtà molto popolari e la cosa peggiore è che sono completamente legali.
Secondo il Global Times, questi accessori contenenti animali vivi sono ampiamente disponibili e venduti al pubblico nelle stazioni della metropolitana e sui marciapiedi. I potenziali acquirenti, che evidentemente sono più crudeli dei produttori, possono scegliere tra una tartaruga che vive in Brasile o due piccoli pesciolini sigillati in una confezione ermetica insieme con un pò d’acqua colorata. Un venditore ha sostenuto che le creature intrappolate "possono vivere per mesi lì dentro" perché l’acqua contiene nutrienti, sebbene i veterinari abbiano già contestato questa affermazione. "Lo appendo in ufficio, ha un bell’aspetto e porta fortuna" asserisce un cliente che ha acquistato la tartaruga di fronte agli inviati del quotidiano. Per fortuna, ora che questi pseudo-portachiavi hanno guadagnato in popolarità, le voci della loro esistenza sono arrivate ai sostenitori dei diritti degli animali che pare si siano subito mobilitati.
"Mettere un essere vivente all’interno di uno spazio chiuso e confinato a scopo di lucro è immorale ed è un puro maltrattamento di animali" ha affermato Qin Xiaona, direttore della ONG Capital Animal Welfare Association al Global Times. Anche alcuni passanti, mossi dalla compassione, sono a volte intervenuti per salvare la vita degli animali, acquistando uno di questi portachiavi e liberando quelle povere bestioline. Ma chi decide di rivolgersi alla legge, rimane ulteriormente deluso. La legge cinese infatti vieta la vendita di animali selvatici, ma questa denominazione non vale per le tartarughe del Brasile e i pesci sigillati nelle loro tombe colorate. Fonte: Bioecogeo.

02 APRILE

PUBBLICATO IL RAPPORTO UE SUI CONTROLLI NEL SETTORE ITTICO
Pubblicato il report finale dell'audit condotto dalla DG Sanco nel settembre 2010, sul sistema dei controlli italiano nel settore ittico. Il documento integrale è disponibile sul sito della UE alla pagina Food and Veterinary Office. Per visualizzarlo cliccare qui.

01 APRILE

IL MARE PIÙ SPORCO? IN CALABRIA
Sul podio, assieme a Campania e Sicilia: un bel primato da condividere, quelle delle acque più sporche d'Italia. È quanto emerge dal dossier "Acque Nere" presentato ieri a Catanzaro: mari calabresi tra i più inquinati - se non i più inquinati - d'Italia. Strutture di depurazione inservibili, nessuna manutenzione, allacci alla rete fognaria abusivi, scarichi che finiscono direttamente nei fiumi. Persino l'ultima edizione di Goletta verde lo certifica: un bel quadro.
Gran parte dei 700 impianti sparsi in tutta la Calabria risulta infatti non funzionante, con il risultato che oltre il 62% dei cittadini non è servito da un sistema efficiente di smaltimento dei reflui. E ciò nonostante segnalazioni, sequestri, anni di gestione straordinaria, fondi investiti. Soldi, che hanno alimentato e probabilmente alimentano sistemi.
Non è un caso che il "mercato" della depurazione sia finito più volte in oscure vicende giudiziarie. A cominciare dalla nota "Poseidone", inchiesta avviata nel 2005 dalla Procura della Repubblica di Catanzaro e giunta a inizio 2010 al rinvio a giudizio di 39 persone: nomi eccellenti della politica per associazione a delinquere, concussione, falso ideologico, truffa e turbativa d'asta. Tutti nomi eccellenti della politica.
Potremmo - in chiusura - riportare ammonimenti, promese e preghiere di vicepresidenti, assessori, delegati e altri personaggi in platea alla presentazione del dossier. Ma ne faremo a meno. Solo, ricordatevi di questi dati quando sentirete parlare di Calabria da valorizzare dal punto di vista turistico, di Calabria meta di vacanze balneari genuine, o di campagne pubblicitarie di fotografi e calciatori. Fonte: Blogosfere Calabria.

 

DAL SITO DI LEGAMBIENTE
All’incontro, che si è tenuto il 29 marzo presso il palazzo della provincia di Catanzaro, c’erano il vice presidente di Legambiente Sebastiano Venneri, l’assessore all’ambiente della provincia di Catanzaro Maurizio Vento, il direttore di Legambiente Calabria Francesco Falcone, Andrea Dominijanni della segreteria regionale Legambiente Calabria. I dati degli ultimi 5 anni di attività ufficiali delle forze dell’ordine e dalla magistratura, raccolti da Legambiente, rivelano una condizione preoccupante e le storie delle indagini descrivono una realtà addirittura peggiore: manutenzione degli impianti inesistente, scarichi non allacciati perché all’interno di lottizzazioni abusive senza rete fognaria, versamenti illegali di fanghi di lavorazione industriale nei corsi d’acqua. Tra il 2006 e il 2010, i Carabinieri del Nucleo tutela ambiente, la Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato e le Capitanerie di porto hanno accertato ben 1.689 reati legati alla depurazione e agli scarichi illegali in mare e la provincia di Reggio Calabria con 694 infrazioni accertate (41% del totale) detiene il record regionale di reati. "I numeri dei sequestri e degli arresti – ha dichiarato Sebastiano Venneri, vicepresidente di Legambiente – rappresentano, purtroppo, solo la punta dell’iceberg o, se si preferisce, una goccia nel mare. In tutta la Regione, infatti, i casi di disprezzo per l’ambiente e per la salute collettiva sono molto più diffusi e ancora troppo tollerati. Una situazione che richiede un intervento immediato perchè a pochi mesi dalla stagione balneare la prospettiva dell’ennesima emergenza inquinamento è più che un presagio. Gli amministratori locali, gli organi competenti e la Regione – ha concluso Venneri – affrontino i problema in modo concreto e corale perché in gioco c’è la salute dei calabresi e insieme il futuro del turismo in tutta la Calabria". Testo completo qui.

 

TSUNAMI E INDUSTRIA BALENIERA
La Nisshin Maru, una delle navi baleniere braccata nei mesi scorsi da Sea Shepherd, è ora impegnata nel trasporto degli aiuti umanitari alle popolazioni colpite dal maremoto giapponese e sembra che la stessa Sea Shepherd si sia augurata una riconversione definitiva dell’uso della nave. La Nisshin Maru fu una delle navi intercettata dall’avveniristico Gojira. Battente bandiera australiana, il veloce mezzo di Sea Shepherd fu poi affondato a seguito di una collisione con la flotta baleniera giapponese.
Mangiare carne di balena non è in Giappone così diffuso come si pensa. Sicuramente ora ancor meno dopo che il maremoto ha devastato alcuni stabilitmenti adibiti alla lavorazione della carne. Questo almeno per la piccola flotta, ovvero le imbarcazioni che pescano balene nei mari antistanti il Giappone. A Ayukawahama, ad esempio, il mare è entrato in profondità nella costa distruggendo tutto quello che ha incontrato.
Ridotta ad un cumulo di macerie è anche la Ayukawa Whaling, ovvero una delle più grosse ditte di lavorazione di carne di balena del paese. Le quattro navi adibite alla caccia delle balene sono state, inoltre, risucchiate in mare e poi ributtate dall’onda del maremoto ad oltre un miglio dalla linea di costa. I 28 dipendenti sono ora senza lavoro, mentre, per fortuna, grazie all’allarme maremoto lanciato poco prima dell’onda, solo il 4% della popolazione risulta deceduta. Fonte: GeaPress.

AD ORLANDO RITORNA L'ORCA TILIKUM
Poco più di un anno addietro aveva ucciso Dawn Braucheau, una delle addestratrici. Da ieri Tilikum, orca detenuta in cattività del delfinario di SeaWorld ad Orlando, in Florida, riprenderà ad "esibirsi". Secondo il delfinario è importante che così sia; non per gli incassi, ma per la salute dell’orca. Lo annuncia un articolo apparso sul quotidiano Orlando Sentinel. In un certo senso il delfinario ha ragione. Le orche, come tutti i delfini detenuti, vengono addestrati dietro somministrazione continuata di cibo. Rispondono così a comando, eseguendo gli esercizi impostati dall’uomo. Un robot, o quasi. Di fatto, anche durante i mesi di chiusura invernali, così come durante le fasi di intervallo giornaliero del pubblico, gli animali vengono lo stesso guidati a compiere ossessivamente i movimenti impressi. È il cosìddetto "addestramento dolce" tanto sbandierato (ammesso che così sia) anche dai circensi. Se fai quello che ti dice l’uomo mangi, viceversa niente. Il bastone, la carota e i soldi del botteghino.
Eppure Tilikum, costretta ad imparare dall’uomo, aveva già ucciso altre due volte. Un addestratore quando era in un struttura della Columbia Britannica e un uomo che era riuscito ad intrufolarsi nei pressi della vasca, proprio ad Orlando. Tilikum, però, è anche un utile riproduttore, ne ha già forniti una dozzina. Evidentemente il gioco vale la candela; la pericolosità dell’orca si cercherà di prevenirla con interventi strutturali tra cui, il più costoso, quello relativo ad un doppio fondale che, in caso di necessità, potrà velocemente alzarsi lasciando all’asciutto Tilikum. Ovviamente tutto per il suo bene. Fonte: GeaPress.

EUCARIOTI, PROCARIOTI E.....
In una serie di campioni di organismi marini provenienti dalle campagne di prelievo della Global Ocean Sampling Expedition, sono stati individuati organismi che potrebbero non appartenere ad alcuno di questi domini. News completa su LeScienze.