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31 Maggio 2010

L'EVOLUZIONE DELLE BALENE
Le balene contano 84 specie viventi di dimensioni tra loro assai diverse e più di 400 specie estinte, tra cui alcune che passavano parte della loro vita sulla terraferma. Ma come si spiega una simile variabilità in termini evolutivi? Per rispondere a tale questione, i biologi evoluzionisti dell'Università della California a Los Angeles, hanno utilizzato tecniche molecolari e computazionali per ricostruire 35 milioni di anni di storia evolutiva delle balene, a partire dalla loro comparsa sulla Terra. News completa su Le Scienze.

IL COLLO DI BOTTIGLIA DEL DEVONIANO
Durante l'estinzione del Devoniano, 374 milioni di anni fa, si estinsero circa il 20% degli invertebrati dell'epoca, probabilmente a causa del raffreddamento del clima che determinò un abbassamento del livello del mare. Successivamente si ebbe un'altra estinzione, datata 359 milioni di anni fa, che riguardò però i vertebrati marini dell'epoca, ovvero gli antichi pesci come Sarcopterigi e Placodermi. Accanto ad essi vivevano in nicchie ecologiche limitate gli antichi Attinopterigi (pesci ossei) e i primitivi Condroitti (squali e razze), che subito approffittarono degli spazi lasciati vuoti dai loro parenti, che fino ad allora avevano dominato inconstrastati le acque degli oceani. Come mai si estinsero solo Placodermi e Sarcopterigi e non gli Attinopterigi e i Condroitti? A questa domanda per ora nessuno sa rispondere, di fatto questi ultimi si diffusero enormemente, diversificandosi in numerosi gruppi, andando a conquistare le acque e le terre emerse. Da allora costituiscono la princiale fauna vertebrata mondiale. La storia evolutiva dei vertebrati è stata dunque influenzata da questo "collo di bottiglia" del Devoniano, che ha successivamente permesso ai sopravvissuti di diversificarsi e occupare le nicchie ecologiche di tutto il globo, originando quella che sarà l'attuale fauna moderna. Fonte PNAS.

30 Maggio 2010

REOLAMENTO MEDITERRANEO
Da martedì 1 Giugno entreranno in vigore le nuove norme della UE per la pesca a strascico sottocosta. La distanza entro la quale non si potrà pescare sale a 1.5 miglia, e non sarà più consentita la cattura di telline (Donax semistriatus e Donax trunculus), cannollicchi (Ensis minor e Solen marginatus, quest’ultimo è il cosidetto cannollicchio o cannello turco che ha invaso l’areale di E. minor). A causa dell’introduzione di reti a maglia più grande, non sarà possibile catturare calamaretti e animali di piccola taglia. La notizia desta preoccupazione per gli addetti alla piccola pesca e per i ristoratori, ma non dimentichiamo che molte delle specie che beneficeranno del divieto rischiano di scomparire per sempre dalle nostre tavole. La situazione dei cefalopodi del Mediterraneo è allarmante, mentre la pesca da parte dei privati (non pescatori) che vendono in nero ai ristoratori cannollicchi e telline mettono a rischio la salute dei consumatori. Si tratta infatti di molluschi filtratori che spesso sono catturati in prossimità delle foci e dei canali di scolo, ricche di materia organica e inorganica, e quindi di plancton, ma anche di inquinanti che poi regolarmente finiscono sulle nostre tavole. Giorni fa Federcoopesca informava che erano in via di perfezionamento le procedure per eventuali deroghe per l’Ialia, ma sembra che la UE le abbia gia respinte.
L'elenco delle specie messe al bando dal Regolamento Mediterraneo sono:

CICERELLO: fa parte delle cosiddette pesche speciali catturato in Liguria, Calabria e Sicilia con la sciabica da natante o con reti a circuizione di maglia molto fine da 3 mm, che diventeranno fuori legge. CALAMARETTO: si cattura in tutta Italia, prevalentemente a strascico; le nuove maglie quadrate da 40 mm anche in questo caso sono troppo grandi per la cattura. CANNOLICCHIO: viene pescato in Tirreno e Adriatico in modo professionale con le turbosoffianti, in pratica la draga penetra per circa 20-25 cm nel fondo del mare vicino alla costa dove vivono, ma ora non si potra' pescare entro le 0,3 miglia. ROSSETTO: si pesca in Liguria, Toscana, Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Abruzzo con la sciabica, con reti a strascico che saranno vietate e a circuizione, le cui maglie pero' saranno troppo grandi per la cattura. BIANCHETTO: fa parte del novellame del pesce azzurro, il piccolo della sardina, pescato in Liguria, Toscana, Campania, Calabria, Sicilia, Puglia, Abruzzo da strascico, reti a circuizione e sciabica. Le maglie consentite, anche in questo caso, saranno troppo grandi per la cattura. LATTERINO: problema analogo per questa specie pescata in Friuli, Veneto ed Emilia Romagna. SEPPIE: pescate in Friuli, Veneto, Emilia Romagna a strascico, sistema che potra' essere consentito solamente oltre le 3 miglia dalla costa. TELLINE: bivalve tipico del Tirreno, catturato con rasrtrello da natante che pero' non potra' essere usato entro le 0,3 miglia dalla costa. ZERRO: tipico della Toscana della famiglia del pesce azzurro, ottimo per le zuppe; viene catturato con la sciabica, la cui maglia consentita di 40 mm, e' troppo grande.

27 Maggio 2010

LA SCOMPARSA DELLE BARRIERE CORALLINE
La rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), ha pubblicato una ricerca (dal titolo Chemically rich seaweeds poison corals when not controlled by herbivores), che aiuta a far luce sul declino delle barriere coralline. Negli ultimi 30 anni, secondo lo studio, le barriere coralline sono diminuite per estensione dell'80%. La causa è ancora una volta da ricercarsi nell'alterazione degli equilibri ecologici. L'overfishing, ovvero la pesca eccessiva, ha portato negli ultimi anni alla riduzione di moltissime specie di pesci, tra cui quelli erbivori che si nutrono di alghe, che condividono, in una "guerra senza frontiere", gli stessi spazi dei coralli. Quando le alghe eccedono perchè viene meno l'opera dei pesci che qui chiameremo pascolatori, subentrano dei meccanismi ecologici di competizione (sempre esistiti ma meno efficaci quando i pascolatori stessi sono presenti), che portano alla moria dei coralli. Infatti le alghe competono per lo spazio producendo delle sostanze dannose per i coralli, e lo studio conferma che tali sostanze hanno maggior efficacia quanto più quest'ultimi sono vicini, per cui all'espansione del territorio occupato dalle alghe, corrisponde una contrazione del territorio dei coralli. Infatti i coralli maggiormente esposti alle sostanze tossiche, dapprima vedono diminuire la loro efficienza fotosintetica, poi sbiancano e muoiono. Questo tipo di interazione in ecologia si chiama allelopatia (deriva dal greco allelon "di ogni altro" e pathos "soffrire", che letteralmente significa "effetto nocivo di uno su un altro").
Lo studio precisamente ha preso in considerazione le barriere coralline Caraibiche e del Pacifico tropicale, dove il declino delle barriere coralline oscilla tra il 40 e il 70 %. I metaboliti secondari prodotti dalle alghe sono lipidi trasmessi per contatto diretto, tuttavia la loro natura e il meccanismo di azione deve essere ancora compreso.
Fonte: Douglas B. Rasher & Mark E. Hay - Chemically rich seaweeds poison corals when not controlled by herbivores. May 25, 2010; 107 (21).

DICHIARATO ESTINTO IL TUFFETTO DEL DELACOUR
E' ufficiale, il tuffetto del Delacour o alaotra grebe (Tachybaptus rufolavatus), è estinto. Un'altra specie, una delle tante che ogni giorno ci lasciano, è scomparsa nell'indifferenza assoluta. Si tratta della prima estinzione confermata di una specie di uccello dal 2005. Vivena esclusivamente nel lago Alaotra, nel nord-est del Madagascar. Secondo Leon Bennun di Birdlife International, non ci sono più speranze per la specie, che da quanto è stata scoperta è rimasta comunque avvolta dal mistero. Non si sapeva quasi nulla, non si conoscevano i tempi di incubazione, la sua dieta, la sua biologia. Nel 1960 nelle acque del lago lago Alaotra erano presenti circa 50 esemplari, nel 1982 furono censiti solamente 12 esemplari, poi gli avvistamenti cessarono nel 1985. Tra le cause, soprattutto il bracconaggio, diffusamente praticato in un paese con problemi ambientali rilevantissimi, e l'alterazione delle acque del lago Alaotra, ove si praticano attività di acquacoltura della tilapia (Tilapia sp), un pesce esotico vegetariano che ha distrutto gli habitat di molti altri animali.

Tuffetto del Delacour

Una rara immagine del Tachybaptus rufolavatus, tratta da Endangered Wildlife and Plants of the World, di M. Cavendish.

24 Maggio 2010

TONNO ROSSO
Dopo la puntata di ieri della trasmissione Report, che ha documentato la scarsa lungimiranza dei Giapponesi sulla sostenibilità della pesca al tonno rosso, in occasione della Conferenza del Cites tenutasi in Qatar, l'aprile scorso (in cui è stato adirittura offerto, il giornoi prima della votazione, un banchetto a base di sushi e di tonno rosso alle varie delegazioni), è uscito un primo report proprio da un' Università Giapponese, che documenta come il tonno rosso nel Pacifico potrebbe scomparire prima di quello Atlantico. I Giapponesi acquistano il 70% del tonno rosso catturato nel Pacifico, senza adottare nessun criterio conservazionistico o di protezione della specie. Catturano tonni di soli 15 cm, di pochi anni, non ancora sessualmente maturi e quindi non in grado di riprodursi. Il tonno rosso è sessualmente maturo quando aggiunge la lunghezza di un metro. Se non verranno adottate urgenti disposizioni, il tonno del Pacifico scomparirà prima di quello Atlantico. Così l’Agenzia giapponese per la pesca ha deciso nuove misure per monitorare e gestire le popolazioni di tonni. Per esempio, ha messo un limite al peso dei tonni che è possibile pescare da parte di ogni singolo peschereccio, e ha dato un giro di vite alle norme che a partire dal 2011 stabiliranno chi è autorizzato pescare il tonno.
Intanto, presso la Direzione Generale Ammortizzatori Sociali e Incentivi all'Occupazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Comparto della pesca a Circuizione Tonno Rosso, ha visto aumentarsi di 10 milioni di euro, la cassa integrazione in deroga per il Settore Ittico. Cinque milioni saranno destinati a compensare gli operatori del comparto tonniero, che come è noto, non potranno lavorare quest’anno a causa della moratoria italiana della pesca al tonno rosso (Fonte Uncipesca).

24 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 7
Il flusso di greggio che continua a disperdersi in mare dal fondo del Golfo del Messico sembra inarrestabile, e i danni ambientali ormai sono inestimabili. E più passano i giorni più la soluzione sembra lontana. Accanto ai tentativi falliti nei giorni scorsi, abbastanza ingenui e poco scientifici, adottati probabilmente per mitigare le ire e i malumori dell'opinione pubblica, si fanno starda le soluzioni più bizzarre e che godono del supporto dei media, quasi a esorcizzare e a nascondere il disastro ambientale in atto.
Ora è giunto l'aiuto da parte dell'Iran, attraverso Mehran Alinejad, della Compagnia di Perforazione Nazionale iraniana, che ha fatto presente al Governo Americano di essere in grado di contribuire a risolvere il problema. Il portavoce sostiene che il suo paese ha fronteggiato con successo le perdite di petrolio causate dai bombardamenti della guerra contro l’Iraq, negli anni Ottanta, e che sarebbe in grado di poter fronteggiare anche questa emergenza.
Ma sembra contraddirsi anche l'amministrazione Obama, che aveva dapprima annunciato il divieto totale di perforazione, una sorta di moratoria delle trivellazioni, mentre ora sono stati autorizzati sette nuovo pozzi petroliferi, e concesse cinque deroghe ambientali, secondo il New York Times. I funzionari del Dipartimento degli Interni si giustificano sostenendo che la moratoria riguarda solo i permessi per nuovi pozzi e che non intendeva, dunque, bloccare i permessi per nuovi lavori su progetti di perforazioni già esistenti, come nel caso della Deepwater Horizon.

20 Maggio 2010

PESCI BALESTRA IN MEDITERRANEO
BalistesLa tropicalizzazione del Mediterraneo è ormai nota anche ai non addetti ai lavori. Oltre al fenomeno della tropicalizzazione, dovuto all’immigrazione di organismi alloctoni nel Mediterraneo, si stanno verificando processi di redistribuzione di specie autoctone dovuti principalmente agli incrementi termici delle acque. In questo caso si parla di Meridionalizzazione, che indica una sorta di migrazione di diverse specie ittiche termofile dalla fascia meridionale del Mediterraneo, quella prossima al Nord Africa, verso le aree settentrionali del bacino. Nel Tirreno meridionale si sono verificate, tra le altre, notevoli espansioni areali del pesce balestra (Balistes capriscus), e in particolare nelle acque della Sicilia. È questo il caso, tra gli altri, del pesce pappagallo (Sparisoma cretense), del gia citato pesce balestra (Balistes capriscus), della ricciola bastarda (Caranx crysos) e del barracuda (Sphyraena viridensis), dell'aguglia imperiale (Tetrapturus spp.), del mangia meduse (Schedophilus medusofagus) e della leccia stella (Trachinotus ovatus). La dimensione del fenomeno è tale incidere sul mercato dove queste specie sono oggi spesso prenti (Fonte Rapporto Annuale sulla Pesca e sull’Acquacoltura in Sicilia 2009). Il problema si manifesta anche a livello commerciale, poiché a volte i pescatori, inconsapevoli, immettono sul mercato specie potenzialmente pericolose. Il pesce balestra è noto proprio per questo, seppur non è segnalato nessun caso di intossicazione da tetradotossina, la sua vendita e commercializzazione è comunque vietata. Per questo un nostro collaboratore ha messo in guardia un gruppo di pescatori che nel Trapanese, stavano per commercializzare, senza essere a conoscenza dei divieti, alcuni esemplari catturati, sempre più numerosi, nel nostro Mediterraneo.

17 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 6
Il professor Steven Wereley, intervistato dalla radio americana NPR, ha usato delle tecniche computerizzate per analizzare il flusso di gregioe metano che esce da una delle falle in fondo al mare, a circa 1.500 metri di profondità. Secondo le prime indiscrezioni, la perdita ammonterebbe a 70.000 barili equivalenti al giorno, cioè 12 volte di più delle stime ufficiali. Utilizziamo la dicitura barili equivalemti per sottolineare che si tratta di un mix di petrolio e metano, come si può vedere dal filamto diffuso dalla BP.
Le stime condotte da altri esperti variano da quella di Wereley ma confermano tutte che la BP ha sottostimato le perdite dalle due falle, e che quella della Deepwater Horizon è oramai la peggior catastrofe petrolifera della storia.
La Exxon Valdez ha riversato in mare circa 250.000 barili di petrolio, il che equivale a 4 giorni di sversamento della DeepWater Horizon.
Intanto Silvio Greco, direttore dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), sottolinea che in 20 anni gli incidenti che hanno visto coinvolte delle piattaforme petrolifere, sono stati 20, in media uno ogni anno.

17 Maggio 2010

TONNO IN SCATOLA
Domenica prossima la nota trasmissione di Rai 3, Report, manderà in onda un servizio sull’industria di inscatolamento del tonno. Ogni anno ben 4 milioni di tonnellate di materia prima vengono lavorate in tutto il mondo, ma la specie è giunta ormai quasi al collasso, e gli oceani sono desolatamente vuoti. La trasmissione diretta da Milena Gabbanelli ancora una volta si sta mostrando sensibile al problema, che è invece trascurato dal resto delle televisioni italiane.

14 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 5
La BP ha abbandonato l’idea di posare sul fondo marino la seconda cappa aspirante, più piccola della prima e teoricamente più facile da posizionare. E ancora non è nota la reale quantità di petrolio e gas che sta effettivamente uscendo dalle falle apertesi in fonda al mare. Ma a parte questo constatiamo che ancora una volta si parli solo ed esclusivamente di perdite economiche e mai di perdite di vite. Per non parlare poi delle perdite ambientali che si profilano immani di fronte ad un evento del genere, che ancora non ha nessuna soluzione concreta. Intanto, per la prima volta, uno dei vertici della British Petroleum, l’amministratore delegato Tony Hayward ha ammesso che sono stati commessi degli errori sulla piattaforma Deepwater Horizon poco prima che esplodesse il 20 aprile.
Nel frattempo è arrivata l’originale ma impraticabile soluzione proposta da un gigante della divulgazione scientifica come il National Geographic, che ha suggerito di utilizzare spugne per assorbire il petrolio. Si tratta delle AeroClay, "spugne" di materiale plastico e gessoso in grado di assorbire sostanze oleose, ma non l’acqua. Purtroppo la tecnologia delle AeroClay non è ancora pronta e quindi nulla si può fare al momento. E la biorimediazione, la micorimediazione tanto discussa, potrebbe funzionare? Anche in questo caso siamo ancora tecnologicamente poco avanzati, i batteri e i funghi marini in grado di degradare il petrolio sopravvivono in laboratorio in terreni culturali dedicati, e quindi non è possibile utilizzarli su scala maggiore.

13 Maggio 2010

CAVALLUCCI FURBACCHIONI?
Sulla rivista Nature del 18 marzo si parla di gravidanze maschili, abbastanza rare ma diffuse comunque tra alcuni pesci come appunto i cavallucci marini e i pesci ago. La femmina depone le uova nel marsupio del suo compagno a cui spetta il compito di proteggerle, e nutrire la futura prole nelle diverse fasi di sviluppo. Ebbene ora si è scoperto che il maschio può interrompere la gravidanza qualora incontri femmine più "avvenenti" in grado di garantirgli una fitness maggiore. Fonte: Nature 464, 401-404 del 18 Marzo 2010

12 Maggio 2010

DEFERITA L'ITALIA DALLA CORTE UE
La Commissione Europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia dell'UE per violazione della direttiva del 1991 (ben 19 anni fa) sul trattamento delle acque reflue (inquinate) urbane: in base alla direttiva 91/271/CEE il nostro Paese avrebbe dovuto, infatti, predisporre entro il 31 dicembre 2000 (10 anni fa!!!) sistemi adeguati per il convogliamento e il trattamento delle acque nei centri urbani con oltre 15mila abitanti. Nel 2004 l'Italia ha ricevuto una prima lettera di diffida. Una seconda e ultima lettera e' stata spedita all'Italia nel febbraio 2009. Da una successiva valutazione e' risultato che circa 178 citta' e centri urbani italiani (tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme, Caserta, Capri, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga e Vicenza) non si erano ancora conformati alla direttiva.
Ricordiamo che le acque reflue non trattate possono essere altamente inquinanti e danneggiare pesantemente sia gli ecosistemi di acqua dolce che, direttamente o indirettamente, quelli marini. Fonti: varie

10 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 4
Le autorità americane hanno confermato l’utilizzo del Corexit (una miscela di acidi grassi, glicolesteri ed ossialchilati in solvente paraffinico), ovvero un surfactante (o surfattante) notoriamente tossico per la fauna marina. Ogniqualvolta si hanno incidenti come quello della Deepwater Horizon, si utilizzano i disperdenti per mitigare l’effetto sulle coste e sulla fauna della marea nera. E’ decisamente “brutto” far vedere cormorani, pesci e mammiferi marini imbrigliati e soffocati dal petrolio. Meglio nascondere tutto in fondo al mare dove nessuno può vedere. Allora per far questo si usano i disperdenti, che intrappolano all'interno di microscopiche sferette il greggio riversato in mare. Nel Golfo del Messico sono stati utilizzati ben 400.000 litri di Corexit, un disperdente di vecchia generazione, utilizzato sin dagli anni 60, anche se ii primi test ecotossicologici, risalgono alla fine degli anni ‘80. Il Corexit 9554 è stato ben studiato da Singer et al., (1990), e all’epoca furono notati effetti modesti e moderati sulle larve di pesci e di invertebrati. Lo studio riporta effetti moderati, relativi all’alterazione dello sviluppo della larva del pesce Atherinops affinis e alle zoospora dell’alga bruna Macrocystis phrifera. Successivamente furono studiati gli effetti del Corexit 9500, del Corexit 8667 e del Corexit 7664. Molto interessanti gli studi di Thorhaug et al. (1989), che riportano (tabella 1) la mortalità di diverse specie marine esposte a diverse tipologie di surfactanti.

Disperdente Porietes porietes Montastrea annularis Acropora palmata Porietes poriete Montastrea annularis Holocentrus rufus Acanthurus sp Haemulon sp
 

125 ml 6 ore

75 ml – 10 ore

125 ppm dopo 3 ore

Conco
OFCD D609
Corexit 9527
V-25
Wonder O
Kemarine
ADP-7
Jansolv
LTX
Corexit 9550
Petrolio

100
100
90
-
-
90
90
0
-
64
52

100
100
86
-
-
57
72
0
-
14
52

100
100
100
-
-
100
100
50
-
100
29

100
91
88
-
-
85
85
0
-
0
0

100
91
76
-
-
90
90
0
-
12
0

100
40
40
100
100
-
100
100
100
0
0

100
100
100
100
100
-
100
100
100
60
0

100
100
100
100
100
-
100
100
100
80
0

Tabella 1 - Tasso di mortalità di 3 specie di corallo (concentrazione 125 ml e 75 ml rispettivamente dopo 6 e 10 ore) e 3 specie di pesci ossei. Fonte: per le prime 3 specie (Cnidaria) Torthaug, McDonald, Miller, McFarlane, Carby, Anderson, Gordon, Gayle – Procediings of the 1989 Oil Spill Conference, American Petroleum Institute, Washington DC 1989; per le ultime 4 specie (Pesci) Torthaug, Carby, Reese, Rodrigues, McFarlane, Teas, Sidrack, Anderson – Procediings of the 1991 Oil Spill Conference, American Petroleum Institute, Washington DC 1991

Come si può vedere la tossicità varia notevolmente da specie a specie, ma mediamente risulta elevata e determina una mortalità, nel caso del Corexit, piuttosto elevata. E dire che inizialmente l’utilizzo del Corexit era considerato non problematico perchè scarsamente tossico. Oggi sappiamo che non è così, lo studio ventennale della Exxon Valdez e L’EPA confermano la tossicità del Corexit, soprattutto per la fauna marina intestiziale e bentonica. Per l’uomo la tossicità risulta moderata e determina effetti sistemici per contatto o esposizioni prolungate. Precisiamo comunque che il Corexit usato attualmente è il COREXIT ® 9500 (EC9500A), (non testato nei lavori sopra citati), e descritto come biodegradabile e a basso contenuto di surfattanti tossici presenti invece nel Corexit 9527. Il problema è che la composizione del Corexit è considerata confidenziale, e inoltre le poche informazioni disponibili sono ambigue, per esempio nel Corexit 9527 è presente una molecola chiamata Butyl Cellosolve, tale nome non rispecchia nessuna regola di nomenclatura e quindi non si sa cosa sia. Per approfondimenti sulla tossicità del Corexit 9527 e 9500 consigliamo Acute Aquatic Toxicity of Three Corexit Products: an Overview.

07 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 3
La macchia di petrolio nel Golfo del Messico è giunta presso le Isole Chandeleur, un paradiso ambientale al largo della Louisiana. La notizia è pervenuta nel giorno dell'arrivo della 'cupola', la gigantesca struttura in cemento e acciaio anti-greggio della British Petroleum, portata fino all'altezza del pozzo petrolifero danneggiato dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon. Abbiamo il greggio su tutte le Isole Chandeleur", ha detto un funzionario della Nooa, National Oceanic Atmospheric Administration, riferendosi al primo tratto di territorio colpito dalla marea. "E' l'unico inquinamento da petrolio riscontrato", ha puntualizzato il funzionario dell'ente governativo in una conferenza stampa telefonica. Le Chandeluer Islands sono la barriera naturale a forma di arco che viste dall'alto sembrerebbero quasi proteggere la Louisiana. Cent'anni fa la zona, un paradiso disabitato dall'uomo, fu dichiarata riserva naturale dal primo presidente ambientalista del mondo.
Gia nel 2005 l’uragano Katrina mise a dura prova le isole, ma un evento naturale come un uragano è poca cosa contro un evento le cui conseguenze continueranno a manifestarsi per anni.

06 Maggio 2010

PESCE PALLA CANNIBALE...
I ricercatori della Kyushu University di Fukuoka (Giappone), coordinati dal dott. Shin Oikawa hanno studiato per tre mesi il comportamento del pesce palla Takifugu rubripes. La specie attraversa tre stadi larvali distiniti non solo dal punto di vista metabolico, ma anche dal punto di vista etologico, T. rubripes infatti si nutre dei suoi fratelli, aumentando la mortalità della specie del 12%. Questo comportamento alquanto strano, deterrmina secondo i ricercatori, una maggior possibilità di sopravvivenza degli esemplari più grandi e forti, e quindi un notevole vantaggio dal punto di vista evolutivo. Infatti il cannibalismo determina un tasso di incremento della massa corporea maggiore, quindi il pesce, crescendo più rapidamente, minimizza il rischio di essere mangiato da altre specie.
Lo studio verrà pubblicato su Proceedings of the Royal Society B. Fonte: New Scientist.

04 Maggio 2010

MORTE DI SQUALI IN FLORIDA
I membri di Ocean Defense, che si occupano della salvaguardia e della conservazione degli squali, sono in questo periodo nelle acque della Florida, a rischio mare nera, che sono anche aree di nursey per diverse specie di squali. Grazie al contributo di numerosi volontari ed in particolare di Brendal Davis (Oceanic Defense) si cerca di salvare le femmine gravide, che sono state oggetto di cattura o di altre problematiche, cercando di far venire alla luce i piccoli dal ventre materno prima che sia troppo tardi (squalo martello, nella foto). Purtroppo non sempre questa operazione riesce, come si vede nelle immagini. Una grave perdita per le popolazioni locali. Attualmente gli squali come le tartarughe marine, sono ad altissimo rischio per gli effetti a breve termine dell'inquinamento da idrocarburi, che interessa quasi tutti gli stati dell'area del Golfo del Messico.

Squalo martello Vedi le altre immagini

Fotografie di Mary O’Malley, Shark Safe Network, coordinatore responsabile. Un ringraziamento anche a Neil Hammershlag, UM, RJ Dulap Program.

04 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 2
Il disastro della DeepWater Horizon si prospetta come il più grave della storia, e non solo per l’ingente quantità di greggio riversato in mare, ma anche perchè interessa sia l’ecosistema marino, quello del Golfo del Messico per inciso, ma anche il grande delta del Mississipi, uno dei grandi ecosistemi di transizione del pianeta.

Oggi in una nota, la BP ha spiegato cosa è e come funziona il Subsea Oil Recovery System, che utilizzerà nel tentativo di tamponare la gigantesca falla che la piattaforma offshore ha aperto nei fondali del Golfo del Messico: «E' una grande struttura che può essere collocato sopra la principale fonte delle perdite nel Deepwater Transocean Horizon Rig. Il sistema è progettato per raccogliere gli idrocarburi dal pozzo e pomparli in una petroliera in superficie, dove verranno stoccati in modo sicuro e spediti a terra. Tempo permettendo, la messa in opera del sistema è prevista entro i prossimi sei - otto giorni».

Ci si chiede...«Sarà sufficiente una sola petroliera?». La maggior parte degli esperti ritiene che in realtà dovranno intervenire decine di petroliere.

Il Subsea Oil Recovery System è composto da una struttura di 125 tonnellate, che verrà fissata sopra la principale fonte dello sversamento che si trova a circa 200 metri dalla testata del pozzo. Le apparecchiature della parte superiore del sistema saranno collegate ad una tubazione di 1.800 metri che convoglierà gli idrocarburi dalla cupola subacquea fino in superficie, sulla petroliera-raffineria Deepwater Enterprise, qui il petrolio verrà separato dall'acqua e dal gas e stoccato provvisoriamente prima di essere scaricato e inviato a un terminal petrolifero a terra. La Deepwater Enterprise è in grado di produrre 15.000 barili di petrolio al giorno e di stoccare 139.000 barili. Accanto avrà una chiatta con una capacità di immagazzinamento di 137.000 barili di petrolio. Secondo la Bp «Questo sistema potrebbe raccogliere fino all'85% del petrolio dal fondo marino. Questa è la prima volta che tale sistema sarà utilizzato in acque così profonde». Quindi continuerà a fuoriuscire in mare almeno il 15% del greggio e ci si affiderà ad una sperimentazione in acque profonde.
La costruzione di un pozzo parallelo, allo scopo di intercettare il flusso di quello danneggiato, richiederà invece almeno tre mesi, se non quattro, secondo il ministro dell’Interno Mike Salazar.

Ma la sensazione che è emersa nelle ultime ore, è che nessuno sappia realmente che fare, di fronte ad una tragedia ambientale senza precedenti. Lo dimostra la gestione confusa degli interventi. Sono stati utilizzati aggreganti, che servono per far precipitare il greggio sui fondali, ove rimarrà per almeno 50 anni, ed entrerà inevitabilmente nella catena alimentare (biomagnificazione). E sono stati utilizzati disperdenti, che non fanno altro che allargare le chiazze in superficie, per diminuzione dello spessore dello strato di greggio, che si espanderà su un’area molto più vasta, producendo maggiori quantità di aerosol tossico.

02 Maggio 2010

DEEPWATER HORIZON 1
La compagnia anglo-olandese British Petroleum ha fatto sapere, attraverso un suo portavoce, che si sobbarcherà il costo per il disastro causato dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon. Il gruppo ha annunciato sul proprio sito di aver lanciato la fase volta al contenimento ed alla pulizia dell'area del Golfo del Messico in cui si è verificato l'incidente. Il conto per BP sarà salato. Si parla di 6 milioni di dollari al giorno (tanto sono le spese per la pulizia) a cui dovranno aggiungersi le spese legali e di risarcimento, le multe per aver occultato con false comunicazioni la reale portata della catastrofe e i costi di messa in sicurezza delle piattaforme del gruppo. Il disastro provocato in questi giorni al largo del Parco Nazionale Breton (Isole Chandeleurs) rischia di superare addirittura quello del 1989 della Exxon Valdez al largo delle coste dell'Alaska. La British Petroleum ha ammesso nelle scorse ore che dalle falle fuoriescono 5 mila barili al giorno e non mille come precedentemente annunciato. La marea nera che ormai si trova a 25 km dal delta del Mississippi rischia di provocare molti danni alla già fragile economia della Louisiana e degli altri stati del Sud tanto che, nella giornata di ieri, gli allevatori di gamberi della Louisiana hanno comunicato l'avvio di una class action. Da Il Corriere della Sera del 01 Maggio 2010

Se la British Petroleum ha incendiato il petrolio riversato in mare non lo ha fatto sicuramente per l’ambiente, ma solamente con l’intento di diminuire l’impatto ambientale, e quindi i costi che dovrà sostenere, provocato dal greggio sulle coste delle regioni del Golfo del Messico, dove si sta riversando in quantità cinque volte superiore a quelle stimate. Melanie D. una delle blogger più note di Greenpeace Alaska dice "ripulire la marea nera è un ossimoro. Nella maggior parte dei casi, la maggior parte del petrolio fuoriuscito non viene rimosso dall'ambiente, è disperso, diluito, bruciato, o affonda in gocce, o viene lasciato, in un modo o nell'altro, sulle spalle dell'ambiente a devastarlo per gli anni a venire". Di fronte a quantità così ingenti di petrolio riversato in mare non c’è molto da fare...non c’è barriera che tenga o tecnologia adatta al recupero. Inevitabilmente, come sta avvenendo, si riverserà sulle coste e sul fondale, dove arrecherà danni incalcolabili e per almeno venti anni, come dimostra il recente studio della EXXON VALDEZ.

Danni a breve termine
I primi ad essere colpiti dall’enorme chiazza oleosa saranno gli animali pelagigi, come delfini, tartarughe e balene, che necessitano di risalire in superficie per respirare, e poi tutti i pesci filtratori. Verso la costa sono ad altissimo rischio tutti gli uccelli acquatici come la gru delle dune (Grus canadensis pulla) del Mississipi Sandhill Crane National Wildlife Refuge, gia messa a dura prova da anni e anni di caccia indiscriminata, il pellicano bruno (Pelecanus occidentalis), il fraticello americano (Sternula antillarum), il corriere canoro (Charadrius melodus) e il porciglione americano (Rallus longirostris) del Pass-A-Loutre, e tutta l’avifauna delle Chandeleur Island. Ad altissimo rischio gli ecosistemi paludosi del Gulf Islands National Seashore e le lontre di fiume del Bon Secour. Infine l’intero ecosistema bentonico, i famosi gamberetti della Louisiana di cui si è tanto discusso in questi giorni, come se fossero importanti solo le fonti di redditto, ma anche ostriche, tutti i molluschi e i crostacei in genere.

Sversamento
Il petrolio svesato in mare a causa di incidenti o per altri motivi, forma nella prima fase una sorta di sottile pellicola (slick), il cui spessore è influenzato dalla temperatura dell'acqua, dalla composizione del greggio e dalla quantità (una tonnellata di petrolio del Kuwait si espande su 1800 metri quadri in 90 minuti). La seconda fase è caratterizzata dall'evaporazione della frazione più leggera e a evaporare sono quindi i composti aromatici e maggiormente tossici. Nelle 24 ore successive allo sversamento si calcola che il 50% dei composti a 13-14 atomi di carbonio sia evaporato. Tale percentuale è ovviamente dipendente dalla temperatura dell'ambiente. Quindi nel tempo la massa perde la sua consistenza originaria e diviene viscida, e come tale viene poi riversata sulle spiagge. La componente immiscibile in mare calmo forma emulsioni che si disperdono come piccole goccioline nella colonna d'acqua. Mentre con mare mosso si formano le cosidette "masse di cioccolato" che risultano intrattabili una volta giunte sulla costa. La solubilizzazione in acqua di mare è modesta, così le emulsioni possono aggregarsi a formare le Tar Balls, di diametro compreso tra un millimetro e 20 cm. Tratto da ECOTOSSICOLOGIA: IDROCARDURI IN MARE, IPA e BIODEGRADAZIONE 3° Parte

Recupero
Trattare il greggio in mare prima che esso giunga alle spiagge è la miglior cosa. L'utilizzo di solventi che favoriscono la precipitazione sul fondo del mare è sconsigliato in quando i fondali necessitano poi di molti anni per recuperare, e inoltre le possibilità di rimuoverlo sono pressoché nulle. L'utilizzo dei disperdenti a base di idrocarburi, favorisce la frammentazione del greggio in goccioline finissime (processo di emulsificazione), e questo favorisce enormemente il processo di degradazione ad opera dei batteri. Ricordiamo che il petrolio è una miscela di componenti naturali, quindi è biodegradabile. Il processo di degradazione accellera quando il rapporto superficie/volume delle goccioline è alto, quindi i disperdenti andrebbero utilizzati su perdite recenti e quindi sulla frazione leggera, mentre sulla frazione pesante (tar balls) l'utilizzo dei disperdenti è infruttuoso. L'utilizzo di barriere gallegianti (skimmer) ha lo scopo di allontanare la chiazza di greggio dalle coste, il successivo recupero avviene poi attraverso altre modalità. Esistono anche raccoglitori a film di petrolio, ma sono utili nei soli casi di piccoli sversamenti. L'incendio a volte viene utilizzato per allontanare il greggio sversato, ma così viene eliminata la sola componente leggera. Gli incendi, provocano la formazione di idrocarburi tossici denominati comunemente IPAh (Idrocarburi Policiclici Aromatici), a volte indicati anche con l'acronimo PAHs. Queste molecole appartengono alla classe degli Endocrine Disrupter, e la loro presenza nell'ambiente è da attribuire quasi esclusivamente all'attività antropica (il 95% del totale degli IPA è appunto di origine antropica). Sono suddivisi in due categorie: IPA stazionari, provenienti da attività residenziali e commerciali (per esempio l'industria metallurgica ecc..), e IPA mobili, provenienti dal traffico veicolare. La maggior parte di queste molecole tossiche giungono in mare attraverso fonti diverse. Tratto da ECOTOSSICOLOGIA: IDROCARDURI IN MARE, IPA e BIODEGRADAZIONE 3° Parte

Greenpeace ricorda che solo l'anno scorso una nota congiunta di BP e Transocean si opponeva aggressivamente alle nuove norme di sicurezza proposte dal Minerals Management Service (Mms), l'agenzia federale che sovrintende le perforazione offshore.