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31 MARZO
GRAN LAVORO DELLA GUARDIA COSTIERA, TRA SEQUESTRI, FURTI E FILETTI DI Carcharodon megalodon
Gran lavoro degli uomini della Guardia Costiera. In questi giorni infatti, le notizie di sequestri importanti arrivano da tutte le parti d'Italia. A Portopalo, il personale della Capitaneria di Porto di Siracusa e del locale ufficio marittimo, hanno sequestrato 5 quintali di pesce, dopo i consueti controlli sia in mare che a terra. L’attività ispettiva ha portato all’accertamento di diverse violazioni della vigente normativa, con particolare riferimento al mancato rispetto del periodo in cui è consentita la cattura dell’aragosta. Sequestrato anche un esemplare di squalo. Sequestrato, infine, un ingente quantitativo (settantacinque casse di diverse specie, sarde, acciughe, sgombri, gamberi, totani e alecci) dalla ignota provenienza, sprovviste della prescritta documentazione sulla tracciabilità del prodotto che ne attesta l’origine (informazioni su SiracusaNews).
Si è invece conclusa il 29 marzo scorso l'operazione Ombre Cinesi. L’indagine ha preso il via due settimane fa, da un accertamento compiuto da personale militare della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Bari nei confronti di un ristorante gestito da un cittadino di nazionalità cinese in provincia di Bari. Subito sono emerse alcune frodi perpetrate, nei confronti degli ignari consumatori, da parte del ristoratore, tra le quali l’offerta al pubblico di piatti a base di mazzancolle tropicali allevate (specie di poco pregio e scarso valore commerciale) presentate come gamberi freschi, nonché del cosiddetto "pesce giallo" (specie neppure compresa tra quelle autorizzate) spacciato per orata o spigola. Accertata l’identità della ditta produttrice, con una tipica attività d’indagine di filiera a ritroso, i militari operanti si sono recati nella zona industriale di Camerano, in provincia di Ancona, dove, unitamente a personale militare della Capitaneria di Porto di Ancona, hanno ispezionato un centro di importazione e distribuzione di prodotti alimentari di origine cinese. Qui sono state rivenute altre 7.000 confezioni di "crackers di gambero", direttamente importate dalla Cina e che sono state immediatamente sottoposte a sequestro. Inoltre, con il supporto di veterinari e tecnici della locale Azienda sanitaria, sono state condotte approfondite verifiche dei locali, all’interno dei quali si è constatata l’assoluta precarietà igienica della conservazione degli alimenti. In particolare, è stata constatata la presenza, in alcuni ambienti, di ratti vivi e di carcasse degli stessi roditori in avanzato stato di decomposizione. Nel complesso l’operazione ha portato al sequestro di oltre 20.000 chilogrammi di prodotti alimentari (specie ittiche, carni ed alimenti di origine vegetale) e all’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per un ammontare di oltre 60.000 euro. Tratto da AnconaNotizie.
Nella stessa operazione è emersa l'applicazione di false targhette prodotte artigianalmente, su quelle originali di alimenti scaduti, talora anche dal 2007, giungendo a etichettare confezioni di filetti di squalo congelati con la denominazione scientifica di una specie di squalo gigante, il Carcharodon megalodon, estintosi oltre 27 milioni di anni fa. Tratto da Bari Repubblica.
Infine, a Begamo,
è stato rubato esce per un valore di 40.000 euro, ad una ditta specializzata in surgelati. I ladri sono entrati nella "Bergel" di Zanica, in provincia di Bergamo, e hanno caricato su un camion sei bancali di prodotti ittici surgelati per 40mila euro, poi sono scappati. Solo un mese fa, nella sede di una ditta di Treviolo, in un colpo analogo erano state rubate ben 24 tonnellate di pesce surgelato. Tratto da Il Giorno.
BALENA SPIAGGIATA A SANDBRRIDGE
Una balena si è spiaggiata domenica scorsa a SandBridge (foto a lato). L'esemplare, una femmina di 45 tonnellatei, ha subito destato l'interesse dei biologi marini. Nella zona gli spiaggiamenti sono rari. Sono stati prelevati dei campioni di tessuto e ora si è in attesa del responso, anche se, da un'indagine preliminare, l'ipotesi più probabile è quella della collisione con una nave.
Fonte: Wavy.
11.500 RICCI TORNANO IN MARE
Sono tornati liberi nel loro ambiente naturale le migliaia di ricci di mare sequestrati dai militari del Nucleo Operativo Difesa Mare, Guardia Costiera della Capitaneria di Porto di Taranto. Ad averli abusivamente prelevati in mare, ancora una volta dei pescatori baresi.
I due interventi di ieri sono avvenuti entrambi in prossimità di San Vito. Il primo sequestro è stato operato da personale di terra, ai danni di un proprietario di una pescheria della provincia di Bari. In tutto, ben 7000 ricci già sistemati all’interno di un furgone. Per il negoziante 1.166 euro di sanzione e per i ricci il ritorno in mare. Del resto il pescato era privo di rintracciabilità.
Stessa sorte per i malcapitati di un successivo atto di pesca abusiva represso, sempre ieri, dalla Guardia Costiera di Taranto. Uno dei due pescatori sorpresi nel mare di San Vito, era di Bari. Sanzione di 2.000 euro e ritorno in mare per i 4.500 piccoli animali. E dire che un pescatore sportivo potrebbe prelevarne non più di 50. I ricci sono alla base della rete trofica marina. Il loro prelievo rappresenta un danno per l’intero ecosistema.
Appena domenica scorsa (vedi articolo GeaPress) la stessa Guardia Costiera di Taranto aveva provveduto a soccorrere due delfini, così come era stato richiesto da due diportisti che li avevano notati in apparente difficoltà. Per fortuna l’intervento della motovedetta, giunta assieme ad un Medico Veterinario, constatava il buono stato di salute degli animali. Fonte: GeaPress.
30 MARZO
DA 330.000 A 400.000 I CUCCIOLI DI FOCA DA UCCIDERE
La Ministra della torta in faccia, ovvero Gail Shea, Ministro canadese della Pesca finita con la crema di tofu di Peta, ha dichiarato che la stagione già iniziata di caccia ai cuccioli di foca, sarà incrementata di altre 70.000 unità.
In tutto, secondo IFAW (International Found for Animal Welfare) 400.000 foche saranno uccise a colpi di arpione uncianto nella banchisa che quest’anno si presenta, tra l’altro, molto ridotta. Caccia e cambiamenti climatici. Una miscela esplosiva che rischia di compromettere gravemente le popolazioni di foca recentemente attenzionate, però, della paventata apertura dei mercati cinesi.
In realtà, sottolinea la IFAW, la caccia alle foche servirà ad aumentare i voti di alcuni candidati alle prossime elezioni canadesi. L’industria delle pelli di cuccioli di foche è già, sempre secondo l'IFAW, ben finanziata dallo Stato e non necessitava di questo ulteriore aiuto. 70.000 nuovi cuccioli che con il loro sangue macchieranno ancora una volta il sempre più sottile ghiaccio marino canadese.
Fonte: GeaPress.
LA BATTAGLIA DELLO SGOMBRO TRA UE, ISLANDA E ISOLE FÆR ØER
Non solo il pregiato tonno rosso ma anche il povero sgombro è a rischio di estinzione. L’Unione Europea, l’Islanda, la Norvegia e le Fær Øer. concordano ogni anno la ripartizione di quote dei livelli massimi di cattura (Total Allowable Catch, Tac) delle diverse specie ittiche, per preservarne le riserve. Ma nel 2010 l’accordo non si è trovato.
Dopo che l’Ue e la Norvegia avevano già raggiunto un accordo bilaterale, definito nel reg. UE n. 57/2011 in conformità al parere scientifico dell’organizzazione intergovernativa Ices (International Council for Exploration of the Seas)*, l’Islanda ha unilateralmente deciso di attribuirsi 146 mila tonnellate per il 2011 (+16.000 rispetto al 2010) e le Isole Fær Øer addirittura di triplicare i volumi di pesca, sino a 85.000 tonnellate.
Ma i conti non tornano e, la somma delle quote negoziate tra UE e Norvegia con gli incrementi pretesi da Islanda e Isole Fær Øer, eccede i livelli massimi di cattura raccomandati dall’Ices per preservare le specie di Scomber scombrus (mackerel). L’ultimo tentativo di trovare un accordo è fallito, a Oslo, il 9 - 11 marzo. Lo sgombro è anche la risorsa più importante per l’industria scozzese della pesca, la quale perciò chiede alla Commissione Europea di introdurre al più presto sanzioni nei confronti di Islanda e Isole Fær Øer.
Il provvedimento avrebbe una base giuridica nei confronti dell'Islanda nell’Accordo istitutivo dell’Area Economica Europea** dove è previsto che "un contraente può rifiutare lo sbarco di pesce che proviene da una riserva ittica di interesse comune, sulla cui gestione vi sia grave disaccordo" (protocollo 9, articolo 5), ma rischia di essere inefficace, poiché i pescherecci di Reykjavík sbarcano in prevalenza pesce surgelato nei porti UE.
Niente da fare, invece, nei confronti delle le Isole Fær Øer, neppure appellandosi alla WTO (World Trade Organization) poiché esse governano un’area indipendente nel territorio danese, e hanno uno stato di osservatori – non anche di membri – nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
L’unica soluzione per l’UE sarebbe perciò quella di imporre una sanzione esemplare, estendendo il divieto a tutte le importazioni di pesce da Islanda e Isole Fær Øer, ma sarebbe difficile giustificarla sul piano giuridico.
Intanto la "Mackerel dispute" prosegue e, nessuno pare disposto a rinunciare alla cattura dello sgombro che è sempre più apprezzato dai consumatori in quanto ottima fonte di acidi grassi omega-3 e vitamina B12 a buon mercato. Speriamo di non dovervi rinunciare per sempre a causa della sua estinzione. Fonte: Ilfattoalimentare.
(*) ICES International Council for Exploration of the Seas, è un’organizzazione inter-governativa il cui obiettivo è promuovere la ricerca e le iniziative atte a preservare le risorse ittiche e l’ambiente, con focus sull’Oceano Atlantico settentrionale e il Mar Baltico. Vi aderiscono 20 Paesi, tra I quali Belgio, Canada, Danimarca (comprese Groenlandia e Isole Faroe), Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia. Nell’ottobre 2010 l’ICES ha pubblicato le proprie raccomandazioni per la pesca sostenibile dello sgombro nel Nord-Est dell’Oceano Atlantico ("ICES Advice 9.4.2 on Mackerel stock in the Northeast Atlantic").
(**) EEA European Economic Area, raggruppa i 27 Stati Membri UE e l’Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein.
BATTERI CHE METABOLIZZANO LA PLASTICA
Durante la recente International Marine Debris Conference, tenutasi a Honolulu il il 24 e il 25 marzo scorso, Tracy Mincer, del Woods Hole Oceanographic Institution, insieme al suo gruppo di ricerca, ha presentato la prima relazione sui batteri trovati nelle microparticelle di plastica che abbondano ormai in tutti i mari del globo (anche il Mediterraneo ha il suo vortice di plastica). Ebbene, il team guidato dalla Mincer ha scoperto che le microcavità delle particelle plastiche ospitano microrganismi che potrebbero, il condizionale è d'obblico, metabolizzare i rifiuto plastici. Questo spiegherebbe il fatto che la palstica in mare aumenta poco o per nulla nonostante continuiamo a riversarla negli oceani di tutto il mondo. Ora naturalmente, saranno effettuati nuovi campionamenti e saranno messi in cultura le presunte cellule batteriche, al fine di determinarne il metabolismo e capire se davvero sono in grado di metabolizzare le materie plastiche. Fonte: Nature online.
[Nota di biologiamarina.eu: il rapporto completo sulla plastica in Mediterraneo pubblicato dell'ARPA Toscana, è disponibile sia in html che in formato pdf. La possibilità che la plastica negli oceani sia sottostimata, deriva dal fatto che migliaia di tonnellate giacciono sul fondo marino, come documentato da uno studio di Lazan e Gracar, ricercatori dell’Università di Zagabria. Per approfondimenti vedere Rifiuti sul fondo dell’Adriatico]
CORALLO ROSSO: LA REGIONE SARDEGNA EMANA IL DECRETO CHE REGOLARIZZA L'ATTIVITÀ
Parte regolarmente anche nel 2011 la pesca del corallo rosso in Sardegna. L’assessore regionale dell’Agricoltura, Mariano Contu, ha firmato mercoledì scorso il decreto che stabilisce il periodo e le norme di prelievo di una delle risorse più pregiate e caratteristiche dei mari isolani. La pesca inizia il 1° maggio, si concluderà il 15 ottobre e sarà consentita a profondità non inferiori a 80 metri. E' invece vietata nelle aree marine protette, nei parchi nazionali e regionali e in altre zone specificate nel decreto che sarà pubblicato sul sito della Regione. La pesca può essere esercitata unicamente dai titolari dell’autorizzazione regionale, esclusivamente mediante l’uso della piccozza.
"Anche per questa stagione abbiamo il conforto delle indagini sullo stato di sfruttamento del corallo svolte dal Dipartimento di Biologia animale dell’Università di Cagliari, che attestano come la risorsa sia in buona salute - spiega l’assessore Contu - e confermano una sostanziale condizione di equilibrio con l’attuale sforzo di prelievo". Il provvedimento stabilisce il numero massimo di 30 autorizzazioni: i pescatori in possesso dei requisiti potranno presentare la domanda entro e non oltre il prossimo 8 aprile.
"Ma il 2011 - aggiunge l’assessore - sarà un anno di altre importanti novità, sia sul fronte della tracciabilità del prodotto che sulla formazione dei corallari del domani. Secondo quanto deliberato dalla Giunta, di recente, saranno promosse tutte quelle azioni che consentano di individuare e riconoscere le partite di corallo rosso raccolte nel mare territoriale in tutte le fasi della produzione, fino alla vendita".
A questo proposito assieme all’Autorità Marittima saranno designati gli idonei porti di sbarco vicini alle principali aree di pesca utili, per l’etichettatura del corallo di ogni zona. L’altra azione riguarda la formazione professionale degli operatori: assieme all’assessore del Lavoro, Franco Manca, una volta individuate le linee di finanziamento disponibili, saranno definite tutte le procedure necessarie all’ottenimento di una qualifica abilitante, con l’obiettivo di far partire dei corsi professionali e in modo da favorire il ricambio generazionale. Questa misura viene incontro alle esigenze avanzate da parte di diversi sub professionisti: fino a oggi è mancato uno specifico brevetto che qualifichi gli operatori a svolgere la pesca del corallo, attività che per le elevate profondità in cui viene svolta (tra gli 80 e i 140 metri) espone i pescatori a non pochi rischi.
Di seguito alcune informazioni sulla pesca del corallo:
- nel 2010 le autorizzazioni rilasciate sono state 21;
- in Sardegna sono stati pescati 2.080 chilogrammi di corallo (soprattutto nella costa di Alghero, Bosa, Santa Teresa e a seguire Sant'Antioco-Calasetta e Castelsardo);
- il titolare dell’autorizzazione regionale può pescare giornalmente una quantità di corallo non superiore a 2,5 kg, la cui taglia minima deve avere il diametro basale di 10 mm, con una tolleranza massima del 20% (diametro ricompreso tra 8 e 10 mm.) nel raccolto giornaliero;
- la pesca può essere esercitata a profondità non inferiori a 80 metri;
- ciascuna imbarcazione di appoggio può essere utilizzata al massimo da due corallari, compreso il corallaro imbarcato per ragioni di sicurezza.
Fonte: Regione Autonoma della Sardegna.
29 MARZO
ENNESIMA MAREA NERA: INVASE DAL PETROLIO TRISTAN DA CUNHA E ALTRE ISOLE
Dopo l'ennesimo sversamento nel Golfo del Messico del 25 marzo (vedere qui), ecco che scriviamo di un altro disatro. Le immagini pubblicate dal National Geographic risalgono al 23 marzo scorso e mostrano tra le altre, un pinguino ricoperto di chiazze di petrolio, una settimana dopo il naufragio contro l'isola dell'Atlantico meridionale, di un cargo che aveva a bordo circa 1.500 tonnellate di carburante: lo riporta l'organizzazione inglese Royal Society for the Protection of Birds. L'isola, parte del territorio britannico di Tristan da Cunha, ospita circa 200.000 eudipti crestati della sottospecie moseleyi (che alcuni considerano invece una specie a sé), quasi metà della popolazione mondiale. La International Union for Conservation of Nature considera questo pinguino a rischio di estinzione, a causa del rapido declino della specie negli ultimi 30 anni.
In mare si sono riversate anche 65.300 tonnellate di soia, ma l'impatto di questo vegetale sull'ambiente non è ancora quantificabile.
Le prime stime dicono che circa 20.000 pinguini sono rimasti contaminati dal carburante. "La scena a Nightingale era spaventosa", dice Trevor Glass, responsabile dell'ambiente per il territorio.
Il disastro ambientale potrebbe coinvolgere anche le vicine isole Inaccessible e Gough, entrambi siti Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco. Fonte: National Geographic.
LA GUERRA, IL PETROLIO E L'ACQUA DELLA LIBIA
In questi giorni di guerra, il petrolio rischia di mescolarsi con l’acqua, anche se non in senso stretto. La questione è stata sollevata da Peter Neill in un articolo pubblicato sull' Huffington post. Perché non tutti sanno che nel 1984 il colonnello Gheddafi iniziò la costruzione di un’opera assai particolare: The Great Men Made River. Noi di biologiamarina.eu abbiamo descritto il progetto in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua 2010 (vedere qui).
Negli anni ’50, scavando nel sottosuolo alla ricerca di petrolio, i libici scoprirono che nella parte meridionale del paese c’erano grandi quantità d’acqua sotterranea. Si tratta del cosiddetto Nubian Sandstone Aquifer System, una riserva accumulatasi in milioni di anni che oggi si estende tra Libia, Egitto, Ciad e Sudan per una superficie complessiva di 2 milioni di chilometri quadrati. L’idea di Gheddafi fu quella di costruire una grande rete di canali per portare l’acqua nel Sahara, a Tripoli, Bengasi e nei centri lungo la costa Mediterranea. Il progetto, definito da Gheddafi "ottava meraviglia del mondo" e costato 25 miliardi di dollari, prevedeva di scavare migliaia di pozzi a 500 metri di profondità e mettere insieme 5.000 chilometri di condutture dal diametro di 4 metri, capaci di veicolare sino a 6 milioni di metri cubi d’acqua al giorno. News integrale su Galileonet.
TROPPI BABY DELFINI MORTI NEL GOLFO DEL MESSICO
Secondo un rapporto dell' Institute of Marine Mammal Studies (IMMS), in data 23 febbraio 2011 i baby delfini morti erano ben 30. Ad oggi, secondo i dati aggiornati dal NOAA, il loro numero è superiore agli 80 individui. Normalmente, in questa stagione il numero di delfini abortiti è inferiore di 30 volte, per cui qualcosa non va nel Golfo del Messico.
Solangi, direttore dell IMMS, condurrà delle indagini approfondite per capirne le ragioni, tuttavia occorreranno mesi per avere un responso ufficiale che, sempre secondo Solangi, è con molta probabilità legato al caso Deepwater Horizon.
Il vero problema comunque, come sottolinea Craig Matkin, biologo marino e direttore della North Gulf Oceanic Society (NGOS), sarà dimostrare la relazione tra lo sversamento della Deepwater e gli aborti, perchè gli inquinanti petroliferi permangono nei tessuti per tempi molto più brevi rispetto ad altre sostanze lipofile che, accumulandosi nel tessuto adiposo, possono essere trovate anche a distanza di mesi e di anni. Anche in passato (dal 1990 si sono verificati 14 morie simili), non emerse mai nessuna risposta soddisfacente, ed è probabile che sarà così anche questa volta. Fonte: IMMS Press Release 02/24/2011 (documento in pdf).
NUOVO STUDIO SULLA SUSA INDOPACIFICA
La susa (o sousa, Indo-Pacific humpback dolphin) è un cetaceo poco conosciuto, timido e sospettoso che evita accuratamente le imbarcazioni, quindi è difficile da avvicinare. Difficilmente segue la scia, anzi la sua traiettoria diverge sempre da quella delle imbarcazioni e si posizione sempre a poppa. Frequenta le acque costiere, a ridosso dei mangrovieti, abbastanza torbide e fangose. A volte risale i fiumi. Esistono diverse specie, ma su questo vi è discordanza tra i vari autori. Alcuni parlano di 5 specie, altri di 3.
Ora, uno studio dei conservazionisti della Wildlife Conservation Society, dell’ American Museum of Natural History, condotto insieme ad altri gruppi di ricerca, ha evidenziato che le popolazioni di susa che vivono nell’oceano Indiano occidentale sono geneticamente separate. Questo a causa delle correnti, delle differenti temperature superficiale delle acque e di altre barriere ambientali, che manterrebbero separate alcune popolazioni dalle altre. Lo studio, apparso sulla rivista online Journal of Heredity, uno dei primi che ha preso in esame le suse, potrebbe essere utile in futuro per attuare programmi di conservazione e, soprattutto, è il primo che considera uno o più fattori ambientali che probabilmente influenzano la struttura delle popolazioni marine di cetacei e la loro evoluzione e, in particolare, un processo di speciazione. In particolare, il dottor Martin Mendez, del Sackler Institute for Comparative Genomics dell’ American Museum of Natural History, coautore dello studio, è fermamente convinto che i differenti fattori ambientali possano influire notevolmente sulle strutture genetiche delle popolazioni di suse.
La barriera che divide le popolazioni di suse del Mozambico e della Tanzania sarebbe nello specifico la South Equatorial Current, mentre cofattori importanti ma incostanti nel tempo sarebbero i monsoni stagionali. Inoltre sono state evidenziate differenze relative alla torbidità, alla quantità di clorofilla, alla temperatura e alla materia organica disciolta nelle zone ove vivono le popolazioni del Mozambico, della Tanzania e dell'Oman. Fonte: Wildlife Conservation Society.
28 MARZO
BALENIERE EUROPEE
Le balene non le cacciano solo i giapponesi, ma anche groenlandesi (praticamente danesi), norvegesi (ancora lontani dalla UE) e Islandesi, a breve nella UE. Questi ultimi sono anche i più restii a fornire informazioni su quante ne ammazzano. Sappiamo quelle degli anni passati (127 nel 2009 e 148 nel 2010), ma per quest’anno ancora non è dato sapere.
Non tutto comunque va a loro favore. Soffrono di critiche sia interne che esterne. Certo, però, che iniziare a sentirsi il fiato sul collo solo ora, o quasi, li deve aver favorito non poco.
Chi sono i balenieri islandesi? Non molti. Anzi, più o meno uno ma con molti potenti attorno. Controllano direttamente non solo tutta l’industria della pesca islandese, ma determinano non poco l’intero mercato del pesce in più paesi esteri. Tra questi, denunciano alla WDCS (Whale and Dolphin Conservation Society), il mercato del pesce del Regno Unito con i suoi 250 milioni di piatti di fish e chip serviti annualmente.
L’intreccio baleniere e settore della pesca islandese, è molto più stretto di quello che si può pensare. Condivisione di ruoli dirigenziali e molto altro ancora come ad esempio, sempre secondo la WDCS, il ruolo che a partire dal 2006 (anno della ripresa della pesca commerciale in Islanda), hanno avuto le navi dell’industria della pesca islandese nel comunicare la localizzazione delle balene proprio alle baleniere.
E l’Italia? Come può essere correlato il nostro paese al settore della pesca islandese? Apparentemnte non molto. Appena 700.000 euro di pesci e crostacei secondo le elaborazione dei dati ISTAT relativi ad undici mesi del 2010 e forniti dall’Osservatorio Economico. Molte di più, però, potrebbero essere le importazioni indirette, quelle cioè che riguardano la lavorazione dei propotti della pesca importati da un terzo paese della UE proprio dall’Islanda e poi esportati anche da noi. È la globalizzazione dei mercati e la centralizzazione della produzione. Se ad esempio compri un pezzettino di merluzzo (se proprio non riesci a diventare vegetariano) non è detto che tu non possa alimentare gli arpionamenti delle balene. Meglio allora il pesce di soia. E’ arrivato, anche in Italia, e sembra che sia molto gradito. Fonte: GeaPress.
COMUNICATO STAMPA AGCI AGRITAL: SCEMPIO LUNGO COSTE LAZIALI
Apprendiamo, con sconcerto, dai nostri associati che ad Anzio sono in corso interventi volti a salvaguardare la costa dall’erosione mediante la posa in opera di barriere artificiali sommerse ed emerse. Tale operazione si starebbe svolgendo in prossimità della cosiddetta "secca delle telline" che, come è facilmente desumibile, costituisce un’area particolarmente importante per la pesca di questi molluschi che, sarà un caso, ha subito un gravissimo decremento da quando, alla fine degli anni ’90, sono cominciate le opere di difesa della costa dall’erosione attraverso ripascimenti morbidi, duri e via dicendo. Leggi il comunicato (formato pdf).
25 MARZO 2011
ANCORA PETROLIO NEL GOLFO DEL MESSICO
La compagnia Offshore Partners, società anglo-svizzera con sede a Houston, ha ammesso di aver avuto problemi da un impianto non produttivo della Louisiana. Non è ancora nota la reale quantità di greggio sversato in mare, ma al momento la chiazza si estende per oltre 100 miglia. Altre fonti vicino minimizzano e parlano di una chiazza che si estende in lunghezza per 30 miglia.
Il petrolio si sta riversando, ancora una volta, presso le coste delle Louisiana Grand Isle, gia duramente colpite dall'incidente della Deepwater Horizon.
IL MINISTRO FAZIO MANGIA PESCE CRUDO
Non sappiamo se sorridere o meno, di fronte
all'atteggiamento del Ministro Fazio, che ha mangiato sushi, nel corso della trasmissione di Radio2 "Un giorno da Pecora". Nel corso di questi mesi il ministro ne ha fatte passare tante, per esempio gli uccelli migratori provenienti da nord Africa erano sicuri, sicurissimi e commestibili, dopo che l'Egitto dichiarò l'endemizzazione del virus H5N1.
A parte questo, il fatto che un piatto abbia una denominazione giapponese, non significa necessariamente che sia preparato con materia prima locale. E infatti in Italia i prodotti ittici utilizzati arrivano da ogni parte del mondo, per esempio dall'Ecuador, dal Perù, dalla Spagna ecc... Molta materia prima, molti non lo sanno, arriva dalla Scozia e dall'Irlanda. Quindi la "sceneggiata" del ministro era sicuramente evitabile e fuori luogo.
Preoccupano di più, invece, altri prodotti, come i mangimi per animali (ne importiamo quote considerevoli dal Giappone), realizzati con materie prime vegetali. Le piante infatti metabolizzano il cesio radioattivo similmente a sostanze chimiche affini. Anche l'uomo metabolizza velocemente il cesio a livello intestinale al posto del potassio. Utile eliminare alimenti vegetali che ne contengono notevoli quantità, come i funghi sitka provenienti dalle aree contaminate.
Intanto, limitatamente al Giappone, l' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito ''grave'' la contaminazione radioattiva di cibo in Giappone. Il portavoce regionale Peter Cordingley, in un'intervista da Manila, ha detto che ''si tratta di una situazione grave'' e ha aggiunto che il problema ''è molto più serio di quanto tutti avevano pensato. Ora è lecito supporre che prodotti contaminati siano usciti dalla zona contaminata'', ha aggiunto Cordingley, precisando tuttavia che ''non ci sono indicazioni'' che il cibo contaminato abbia raggiunto altri paesi.
24 MARZO 2011
A FUOCO LA BIG ISLAND DELLE HAWAII
Il fuoco ha gia divorato 8 Km quadrati delle foreste pluviali di Big Island. L’incendio, provocato dall’eruzione del 5 marzo che ha interessato la fenditura Kamoamoa del vulcano Kilauea, uno dei cinque vulcani che formano Isola di Hawaii, preoccupa molto le autorità locali. Le foreste del parco nazionale sono ricchissime di biodiversità e ospitano animali endemici e rarissimi, come i bruchi carnivori, i pipistrelli hawaiani - in pericolo di estinzione -, il ragno dalla faccia sorridente (Theridion grallator) e tantissime altre.
PARZIALMENTE INVALIDO IL DIVIETO DI PESCA AL TONNO ROSSO 2
Il procedimento che ha portato alla parziale invalidazione del divieto di pesca del tonno rosso (vedere news qui sotto), era stato avviato dal Tribunale di Malta in seguito al ricorso presentato dalla società maltese AJD Tuna, proprietaria di 2 vivai marini di allevamento e di ingrasso del tonno rosso.
L’azienda si era rivolta alle autorità giudiziarie di Malta per chiedere il risarcimento dei danni subiti a seguito del divieto imposto dall’Europa agli operatori comunitari di accettare gli sbarchi, la messa in gabbia a fini di ingrasso o di allevamento nonché i trasbordi nelle acque o nei porti comunitari del tonno rosso catturato da tonniere con reti a circuizione. Il Tribunale Civile di Malta aveva investito della questione la Corte di Giustizia.
Ora la sentenza dell’Alta Corte che però non entra nel merito della controversia nazionale tra il Tribunale maltese e la società AJD Tuna, questione che sarà il giudice nazionale a dirimere tenendo conto, ovviamente, del pronunciamento della Corte del Lussemburgo. Ma il risarcimento dei danni sembra più vicino per la società maltese. E non solo per AJD Tuna. La speranza di tutti coloro che hanno presentato ricorsi analoghi è che la sentenza possa tornare utile nei procedimenti per risarcimento danni. Ci spera Federcoopesca-Confcooperative: "La Corte ha sottolineato l’arbitrarietà con la quale ha agito la Commissione", ha dichiarato il presidente Massimo Coccia. “Quella stessa arbitrarietà che ci ha portato a presentare ricorso per tutelare gli interessi dei nostri operatori". Fonte: Scattidigusto.
PARZIALMENTE INVALIDO IL DIVIETO DI PESCA AL TONNO ROSSO 1
Non c'è pace per il tonno rosso. Ieri la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha emesso una sentenza in cui dichiara che il regolamento comunitario, che vieta alle tonniere di pescare il tonno rosso nell'Oceano Atlantico orientale e nel Mar Mediterraneo, a partire dalla metà di giugno del 2008, è parzialmente invalido. Secondo la Corte, infatti, il regolamento viola il principio di non discriminazione, in quanto il divieto di pesca parte dal 16 giugno 2008 per le tonniere greche, francesi, italiane, maltesi e cipriote, mentre per le tonniere spagnole parte dal 23 giugno 2008.
Inoltre, la Corte considera che non è stato dimostrato che le tonniere spagnole fossero in una situazione obiettivamente diversa da quella delle altre tonniere considerate dal regolamento, situazione che avrebbe giustificato il rinvio di una settimana dell'entrata in vigore delle misure di divieto di pesca. Infine, poiché il divieto di pesca al tonno rosso non era fondato sull'esaurimento della quota attribuita ad uno Stato membro ma sul rischio di esaurimento degli stock di tonno rosso e sull'impatto della pesca con reti a circuizione su tali stock, non è stato dimostrato - secondo la Corte di Giustizia dell'UE - che le tonniere spagnole fossero diverse dalle altre tonniere quanto alla loro capacità di catturare tonno rosso e quanto al loro impatto sull'esaurimento degli stock di tale pesce. Il regolamento è quindi invalido nei limiti in cui tratta diversamente le tonniere spagnole rispetto alle altre tonniere senza che tale differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata, considerato l'obiettivo perseguito, costituito dalla protezione dello stock di tonno rosso. Fonte: HelpConsumatori.
ANCORA SEQUESTRI IN PUGLIA
Ancora sequestri nel mare di Taranto. Ad operarli la Guardia Costiera della Capitaneria di Porto, la quale, in due diverse operazioni, ha sequestrato, tra il 22 e il 23 marzo, ben 6.300 ricci di mare. Ancora una volta, per questo fenomeno, si riscontra la presenza di pescatori di frodo della provincia di Bari. Puglia e non solo, visto che per questo tipo di pesca i baresi si spingono fino alle Marche, mentre più volte sono stati segnalati anche nel Tirreno.
In località "Torre Ovo" il primo sequestro, operato nella giornata di ieri. 1300 ricci e duemila euro di sanzione. In più il sequestro, oltre che dei ricci (ancora vivi e per questo liberati in mare) anche dell’intera attrezzatura subacquea. Oggi invece il nuovo intervento in località “le Conche” nel Comune di Lizzano. In questo caso 5000 ricci, anch’essi sequestrati e liberati, più quattro bombole e due erogatori. Per i due subacquei una sanzione di 4000 euro.
L’attività della Guardia Costiera è continuata nel Mar Grande di Taranto, dove veniva fermato un motopesca ed operato un maxisequestro di 130 chili di bianchetto (novellame di sarda). Era contenuto in 31 casse di polistirolo. Il pescatore è stato deferito all’Autorità Giudiziaria, mentre il pescato è stato sottoposto a sequestro penale.
Quest’anno l’Italia non ha avuto autorizzata dall’Unione Europea alcuna quota di prelievo in mare di bianchetto. Viene pescato con reti molto fitte le quali, di fatto, rastrellano tutto quanto incontrano nel loro tragitto. La pesca del bianchetto (non a caso chiamato in alcune zone “neonata”) depreda il mare di una compente fondamentale della catena alimentare. Fonte: GeaPress.
23 MARZO 2011
SI RISVEGLIA IL VULCANO MARSILI?
Il Marsili è il più grande vulcano attivo d'europa. Si innalza dal fondo marino per 3.000 metri, a meno di 500 metri dalla superficie. Ha due vulcani satelliti, Alcione e Lametini. L'intero complesso vulcanico è lungo 60 Km e largo 45, per cui si estende su una superficie di oltre 2.000 Km quadrati.
Franco Ortolani, ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, in seguito a movimenti franosi sospetti, lancia l'allarme e spiega: "Bisogna al più presto organizzare sistemi di difesa dei litorali". Infatti il Marsili che dista poco più di 100 Km dalle coste campane e calabre, potrebbe essere la fonte di tsunami, generati da eventuali movimenti franosi o esplosioni sottomarine.
l problema è che il nostro paese non è preparato a una simile eventualità, sebbene uno studio realizzato da Ortalani sostenga che negli ultimi 2000 anni sono stati 72 i movimenti anomali del mare che hanno interessato le coste italiane.
NUOVO DELFINARIO DI GENOVA: DA DOVE ARRIVANO I DELFINI?
La gara per la progettazione ed esecuzione dei lavori della nuova vasca di contenzione dei delfini, vinta da un raggruppamento di imprese con capogruppo la Codelfa del Gruppo Gavio, prevede quale data di completamento il 15 marzo del 2012, tuttavia il Ministro evidenzia che, allo stato attuale, i lavori all’Acquario di Genova non sono ancora iniziati e che appare poco probabile che il suo completamento avvenga nei tempi previsti.
Per ora quindi non vi è stato alcun trasferimento di esemplari provenienti da altre strutture ma, assicura il Ministro Galan "che la sua Amministrazione, d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, svolgerà la dovuta vigilanza sul rispetto delle prescrizioni del decreto ministeriale n. 468 del 2001 e in ordine al puntuale rispetto dei regolamenti comunitari attuativi della convention on international trade in endangered species".
Un’affermazione, questa, assolutamente generica rispetto a quanto l’On. Zamparutti, radicale del Partito Democratico, aveva chiesto nella sua interrogazione. In particolare si chiedeva al Ministero di fornire, tramite le diramazioni competenti dei Servizi Cites, ogni informazione relativa ai delfini che saranno reclusi nella nuova vasca dell’Acquario di Genova. Questo sia per gli obblighi derivanti nel caso di importazione di cetacei di cattura appartenenti a specie considerate in appendice II della Convenzione di Washington e Regolamenti comunità europea, nonché per gli obblighi di legge conseguenti all’applicazione dell’articolo 2 del decreto ministeriale n. 468 del 2001 sul mantenimento dei tursiopi in cattività.
Appare strano, dunque, che una operazione così complessa e delicata come l’acquisizione di delfini non sia ancora a conoscenza del Ministero, quando non si tratta di catture dirette in natura sono triangolazioni con altri delfinari di ogni parte del mondo che prevedono autorizzazioni burocratiche specifiche anche se assai blande rispetto all’attenzione verso gli animali.
Ricordiamo che all’Acquario di Genova, ufficialmente giardino zoologico dal novembre 2010 in base ad un decreto del Ministero dell’Ambiente, detiene e ha detenuto animali provenienti anche da catture in natura. Un delfino, poi, originario dei mari di Cuba, vi trovò pure la morte.
Il Ministro ci informa inoltre che la nuova vasca, progettata dallo studio di Renzo Piano, avrà superficie di 911 metri quadri e una profondità variabile da 2.5 metri fino a 7 metri. In base a tali parametri, tenendo conto dei criteri stabiliti dal decreto ministeriale n. 478 del 2005 relativamente alla superficie minima disponibile, il numero degli esemplari ospitabili è pari a 9.
I delfini in natura si spostano quotidianamente per centinaia di chilometri, possono immergersi ad una profondità di circa cento metri in apnea, sentono e comunicano su distanze enormi grazie ad un udito che arriva anche a 150 kilohertz, quello umano può arrivare a 20 kilohertz.
Nelle vasche di vetro e cemento spazi e suoni ideali? Fonte: GeaPress.
22 MARZO 2011
GIORNATA MONDIALE DELL'ACQUA
Oggi è la Giornata Mondiale dell'Acqua.
A parte le riflessioni, alcune un pò demagogiche su quanto sia preziosa, indispensabile, sul suo inutile spreco, sul fatto che l'allevamento di una mucca consuma 16 mila litri annui rispetto a quello di un pollo (ma va!), sul fatto che la sua carenza è causa di malattie e morti evitabili, tutto vero per carità, vale la pena sottolineare principalmente che l'acqua è di tutti e nessuno può accaparrasri la sua distribuzione. Banale?
Sì perchè scomoda ricordare che in realtà anche a livello mondiale è in mano a multinazionali potenti come la Veolia, la Suez, già presenti in Francia, e che per l'acqua imbottigliata c'è l'onnipresente Coca Cola, terza al mondo dietro Danone e Nestlè, con mercato privilegiato dell'America Latina.... Continua su Blogosfere.
Articolo WWDAY 2010.
ACQUA PER LA CITTÀ
È il titolo dell’edizione di quest’anno della Giornata mondiale dell’acqua, promossa dalle Nazioni Unite e che ha la sede principale a Cape Town.
Saranno soprattutto le città, secondo una valutazione delle Nazioni Unite, a contendersi l’acqua nei prossimi decenni. "La sfida delle acque urbane deve essere riconosciuta per quello che realmente è: una crisi di governance, politiche inadeguate e cattiva gestione, piuttosto che una crisi dovuta alla scarsità della risorsa", è il messaggio di Joan Clos, sottosegretario generale delle Nazioni Unite. "Abbiamo bisogno di puntellare la sicurezza idrica contro i problemi dell’inquinamento e del cambiamento climatico. Abbiamo bisogno di idee innovative e buone pratiche da attuare". Oggi circa il 50% della popolazione mondiale vive nelle città, ma è una percentuale che è destinata a crescere: ogni secondo gli abitanti di centri urbani aumentano di due unità. È ovvio che questo porterà a una pressione altissima. Le aree urbane assorbiranno l’intera crescita della popolazione prevista per i prossimi decenni: entro vent’anni la percentuale dei residenti nelle zone urbane sarà del 60% con punte del 95% nei paesi più poveri, il che significa ancora maggiore povertà e condizioni di vita ancora più degradate.
Se nei paesi sviluppati la città ha significato maggiore benessere e migliorate condizioni di vita, nei paesi poveri succede il contrario. Oggi il 27% della popolazione urbana dei paesi in via di sviluppo non ha accesso alla rete idrica da casa propria, molti vivono in baraccopoli, senza servizi igienici. Ento il 2020, si prevede un incremento degli abitanti delle baraccopoli di 27 milioni contro i 18 milioni del decennio 1990-2001.
La capacità di provvedere acqua e servizi nelle città non ha tenuto il passo con la loro crescita. Tra il 2000 e il 2008, a fronte di un aumento della popolazione mondiale di 635 milioni di cui l’80% (511 milioni) nelle città, la situazione idrica e sanitaria è mediamente peggiorata. Nelle zone dell’Africa sub-sahariana, per esempio, il 50% della popolazione non ha un approviggionamento idrico sufficiente e il 60% non ha servizi igienici, e si stima che nei prossimi 25 anni il numero salirà ad almeno 500 milioni.
L’accesso all’acqua è uno dei diritti umani fondamentali. E nello scenario attuale di progressiva scarsità della risorsa e di incapacità di affrontare il problema nella sua globalità utilizzando delle soluzioni sostenibili per tutti, è ovvio che questo diritto sarà sempre più riservato a pochi. Già oggi, paradossalmente, i poveri pagano fino a 50 volte in più per un litro d’acqua rispetto ai loro vicini più ricchi, poiché spesso devono comprarla da fornitori privati.
I dati sul rapporto tra acqua e urbanizzazione sono pubblicati sul sito ufficiale del World Water Day 2011. Fonte: OggiScienza.
SPECIE ALIENE IN SARDEGNA
Difficile capire come sia arrivata nel golfo. Forse dentro la pancia di una nave, o con qualche carico di cozze spagnole messo a svernare tra i filari. A vederla sembra una banale cozza, più piccola di quella che finisce nel piatto. In realtà è un serial killer. Uno sterminatore di ecosistemi. Questo mitile è molto aggressivo. Ha la capacità di modificare in profondità gli habitat in cui si presenta. In altre parole se dovesse trovare un clima favorevole, come la fascinosa Gallura, potrebbe moltiplicarsi fino a mettere a rischio la sopravvivenza delle altre specie. Comprese quelle che vengono allevate. Per gli amanti della scienza si chiama Xenostrobus securis, è un bivalve mitilide diffuso negli ambienti salmastri dell'Australia sud-occidentale e della Nuova Zelanda. In Italia è presente in alcune zone dell'Adriatico, ma in Sardegna non era mai stata avvistata. A confermare la presenza nel Golfo, dopo il primo rinvenimento da parte di un gruppo di ricercatori dell'Università di Pisa coordinati da Alberto Castelli, è stato il biologo marino Benedetto Cristo, che da anni collabora col Dipartimento di Zoologia e Genetica Evoluzionistica, dell'Università di Sassari.
"Ho trovato questo bivalve nel golfo - spiega Cristo -. Il profilo genetico ha confermato il sospetto. Si chiama Xenostrobus securis, è una cozza australiana, una specie molto pericolosa. Perché modifica in profondità gli habitat in cui si radica. Si moltiplica ovunque. In pratica si potrebbe attaccare a tutto, anche ai filari delle cozze". Una sorta di gramigna dei mari. Per Olbia la cozza australiana è una novità. Un segnale che qualcosa continua a cambiare all'interno del golfo. "È chiaro che le modificazioni che l'uomo ha apportato in questi decenni nel golfo ha fatto perdere una certa immunità - continua -. Questo segnale ci deve far riflettere dei rischi che corriamo quando interveniamo su un organismo delicato".
A partire dagli anni'90 la specie è stata segnalata nel nord dell'Adriatico e in Galizia. " Xenostrobus securis è capace di colonizzare vaste aree e può avere effetti negativi sulla comunità autoctona. È considerata tra le 100 peggiori specie invasive del Mediterraneo. Questa è una "specie ingegnere dell'ecosistema", che altera i fattori ambientali biotici e abiotici. Modifica e crea nuovi habitat. Si teme l'invasione per questo sono stato incaricato dall'Università di Pisa di monitorare l'area. Il Golfo con le violenze subite in questi anni non riesce più a difendersi. Bisogna salvarlo". Fonte: La Nuova Sardegna.
INCREDIBILE MA VERO: IL MINISTERO SPONSORIZZA UN CONVEGNO CREAZIONISTA
Sul sito del Ministero dei Beni Culturali, la pubblicità di un convegno creazionista della durata di tre giorni. Qualche dettaglio sull’ultima delle farse antievoluzioniste agevolate dalle amministrazioni pubbliche dietro il paravento di una non meglio precisata "cultura".
Il Parco delle Bufale. Quale miglior modo di festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia che, tornando indietro giusto un secolo e mezzo (ma forse anche un po’ di più) appoggiare un “convegno” che mistifica la biologia (ma non solo) a favore del creazionismo?
In realtà non è nemmeno un convegno, ma un seminario in tre parti che da anni prevede un solo oratore e lo stesso copione. Il titolo, illuminante, è Trilogia delle origini e nel sito dell’associazione organizzatrice, l’A.I.S.O. (http://www.creazionismo.org/), si legge il programma.
Per l’A.I.S.O. (Associazione Italiana Studi sulle Origini) questo è solo l’ultimo fra gli eventi pubblici organizzati, e l’Ingegner Bertolini (come pure la sua trilogia) in particolare è ben noto anche alla Custode. La novità è che l’A.I.S.O. e l’Ingegnere hanno fatto un salto di qualità (in quanto a promozione) e il monologo sul sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali diventa appunto un generico Convegno su Creazionismo ed Evoluzionismo.
La Custode cerca volontari locali che vadano a dare un’occhiata, ma è bene avvisarli: come si può intuire dall’argomento della seconda giornata, non si troveranno di fronte a una banale apologia dell’Intelligent Design, il creazionismo patinato che oggi va tanto di moda, ma al caro vecchio Creazionismo della Terra Giovane. Ecco una slide tratta dai power point della Trilogia reperibili a questo link.
Grazie al professor Daniele Formenti che cura il sito L’Antievoluzionismo in Italia, sappiamo anche che l’ingegner Bertolini ha perfino curato l’edizione italiana di un documentario creazionista trasmesso anche da La7.
Vale la pena di ricordare che il Creazionismo della Terra Giovane accomuna Bertolini e l’A.I.S.O. nientemeno che al vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche Roberto de Mattei che nel 2009 portò alla Sala Marconi del CNR a Roma gli esperti del Kolbe Center (associazione dedicata all’insegnamento della Bibbia come verità letterale) allestendo un “workshop” dal titolo La teoria dell’evoluzione: un bilancio critico: forse il Ministero dei Beni Culturali vorrà anche contribuire alla pubblicazione degli atti della Trilogia, così come il CNR ha contribuito (generosamente) alla pubblicazione di quelli curati dal suo vicepresidente? Fonte: OggiScienza.
20 MARZO 2011
ANCORA ALLERTA RASFF PER I PRODOTTI ITTICI
Resta alta l’attenzione delle autorità ispettive sul versante ittico che anche la scorsa settimana ha fatto registrare il maggior numero di segnalazioni nel Sistema di Allerta Rapido dell’Unione Europea.
Lunedì 7 marzo il RASFF ha rilevato un elevato contenuto di Escherichia coli in vongole vive (Chamelea gallina) di origine italiana. Martedì 8 marzo l’allerta è scattata per la presenza di solfiti non dichiarati in gamberi bianchi indiani (Penaeus indicus), importati dall’India attraverso la Germania, per la presenza di Salmonella in farine di pollo dalla Spagna e per quella di mercurio in fette di pescespada congelate provenienti ancora dalla Spagna. Nella stessa giornata le autorità hanno rilevato un’infestazione parassitaria (Pannella genus) in filetti di pescespada dalla Spagna, un’infestazione parassitaria da Anisakis in rane pescatrici refrigerate (Lophius spp.) dalla Francia e cattive condizioni igieniche di polpo e seppie refrigerati importati dalla Tunisia. Giovedì 10 marzo il RASFF ha notificato un’altra infestazione parassitaria da Anisakis in gallinella (Triglia lucerna) proveniente dalla Francia, la presenza di Listeria monocytogenes in salmone affumicato sottovuoto dalla Polonia e un trattamento al monossido di carbonio in tranci di pescespada congelato (Xiphias gladius), importati dal Vietnam attraverso l’Olanda. Per finire nella giornata di venerdì 11 marzo le autorità hanno fermato l’importazione di vongole veraci refrigerate (Ruditapes decussatus) provenienti dalla Turchia, da un’area di produzione non classificata e quella di fette di verdesca (Prionace glauca) dalla Spagna, nelle quali è stata riscontrata la presenza di mercurio. Fonte: Zootecnews.
RARA TARTARUGA VERDE SPIAGGIATA IN SARDEGNA
Un esemplare di tartaruga Chelonia mydas, si è spiaggiato nell'arenile delle Saline a Stintino. L'animale era stato recuperato nella spiaggia di Marrizza nell'agosto 2009 dal Centro recupero animali marini del Parco nazionale dell'Asinara.
Green era stata rilasciata con un segnalatore satellitare il 16 settembre 2010 a Platamona, ed è sempre rimasta nel golfo dell'Asinara. Grazie all'intervento dei barracelli di Stintino e del corpo forestale regionale di Porto Torres, è stato possibile il trasferimento del raro esemplare al centro di Fornelli.
Le pessime condizioni meteorologiche dell'ultimo periodo sono state presumibilmente i fattori determinanti dello spiaggiamento: al momento del ritrovamento le condizioni di Green erano infatti molto critiche e l'animale presentava un grave stato di abbattimento ed ipotermia al limite della sopravvivenza. La tartaruga, sottoposta a terapia medica giornaliera e a un costante monitoraggio clinico, ha avuto un leggero miglioramento ma la sua prognosi rimane riservata. Fonte: La Nuova Sardegna.
18 MARZO 2011
RADIOATTIVITÀ IN GIAPPONE: I DATI SONO SEGRETI
Esiste una Organizzazione Internazionale che si occupa di monitorare i livelli di radioattività nell’atmosfera per smascherare i paesi che eseguono test nucleari illeciti. Si chiama Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization (Ctbto) ed è stata fondata a Vienna nel 1996. Il suo lavoro, ovviamente, potrebbe essere di grande utilità anche nel caso di incidenti nucleari, come quello verificatosi in questi giorni in Giappone, in seguito al tremendo terremoto. Usiamo il condizionale perchè la Ctbto, si apprende leggendo un articolo su Nature, non è autorizzata dai suoi 182 stati membri, tra cui l’Italia, a rendere pubblici i suoi dati.
Ma andiamo con ordine. Nel 1996, nasceva a Ginevra il Trattato di Non Proliferazione Nucleare con l’obiettivo di realizzare il disarmo nucleare in tutto il mondo grazie a un attento e rigoroso controllo internazionale. Purtroppo, il trattato non è ancora in vigore, perchè manca la ratifica da parte di nazioni importanti. Si tratta di paesi con capacità nucleari come India, Iran, Pakistan o Corea del Nord, che non aderendo al patto lo rendono di fatto inapplicabile. Stesso destino, quindi, spetta all’organismo che ha il compito di rendere effettivo il trattato, per l’appunto il Ctbto.
Tuttavia, nonostante l’organizzazione non sia ufficialmente operativa, già lavora in maniera ufficiosa alla ricerca di segnali sospetti. Con le sue 60 stazioni sparse in tutto il Pacifico (due sono in Giappone, proprio vicino Tokyo, mentre la maggior parte delle altre sono sparse nelle regioni asiatiche e nelle isole del Pacifico), il Ctbto monitora costantemente l’attività sismica in alcuni punti caldi del pianeta. Dopo il terribile maremoto del 2004 nell’Oceano Indiano, infatti, gli stati membri dell’organizzazione hanno dato il loro benestare affinché si iniziassero a raccogliere e rendere pubblici questo tipo di dati, indispensabili per la sicurezza internazionale. Attualmente, per esempio, il Ctbto sta collezionando dati idroacustici in Giappone per cercare di prevenire possibili, futuri tsunami causati da nuove scosse di assestamento.
La stessa trasparenza, purtroppo, non si riscontra sul fronte dell’allarme radioattività. Grazie alle sue stazioni di ricerca, il Ctbto è in grado di rilevare i livelli di radionuclidi presenti nell’aria. Si tratta, per esempio, di atomi di cesio, zirconio o iodio che a causa della loro instabilità perdono energia emettendo radiazioni. Ebbene, studiando lo spettro delle radiazioni emesse dai nuclei degli elementi dispersi nell’atmosfera, i ricercatori riescono a capire quali e quanti radionuclidi sono presenti. Una volta ottenuti questi dati, li inviano ai singoli paesi per ulteriori analisi. Ed è qui che nasce il problema.
"Abbiamo il mandato dai nostri 182 stati membri di rendere pubblici i dati sismici - spiega a Nature la portavoce del Ctbto Annika Thunborg - ma non quelli sulla radioattività. Per cui, oggi, non possiamo dire cosa stiamo trovando in Giappone". Una contraddizione, perchè come si legge sul sito dell’organizzazione, la missione del Ctbto è di natura civile, in altre parole di aiuto alle popolazioni. Perché allora tutta questa riservatezza? L’unica spiegazione, forse, potrebbe essere quella di evitare di creare allarmismi e panico tra i civili. Una spiegazione plausibile, certo, ma non accettabile, perché è in gioco la vita di migliaia di persone. Fonte: GalileoNet a cura di Martina Saporiti.
ACQUA CONTAMINATA NEL LAGO ONTARIO
La centrale nucleare di Pickering, che si trova a 35 chilometri dalla città canadese di Toronto, ha riversato nel Lago Ontario 73mila litri di acqua contaminata. Lo ha reso noto la società che gestisce l'impianto, la Ontario Power Generation, dopo averne informato le autorità competenti. Sono state misurate tracce di trizio nell'acqua, ma in quantità molto inferiori alla soglia considerata pericolosa per la salute delle persone. "Non vi è alcun impatto sull'acqua potabile'', ha spiegato la Ontario Power, assicurando che il malfunzionamento al sistema di scarico è stato risolto. Fonte: ADNkronos.
17 MARZO 2011
TSUNAMI A COLORI
Sopra, immagine in falsi colori elaborata dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), che evidenzia l'altezza delle onde espresse in cm., da 0 (giallo) a 240 (nero); l'altezza decresce con la distanza, così come decresce l'energia delle onde man mano che esse si allontanano dalla zona dell'epicentro. La magnitudo momento MW, che rappresenta non tanto la massima ampiezza del sismogramma (che è la magnitudo Ricther ML), bensì l'energia calcolata sull'intero sismogramma, deve ancora essere valutata. Tuttavia si stima che l'energia liberata sia compresa tra 20.000 e 30.000 volte l'energia liberata dal terremoto del 6 aprile 2009 che ha colpito l'Abruzzo.
ALLERTA UE SULLE IMPORTAZIONI DI ALIMENTI DAL GIAPPONE
Allerta alimentare in Europa per le possibili contaminazioni nucleari sui prodotti importati dal Giappone. La Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri ''di effettuare delle analisi sul livello di radioattività nei prodotti alimentari per l'uomo e per gli animali importati dal Giappone''. Lo ha detto all'Ansa Frederic Vincent, portavoce del commissario europeo alla salute John Dalli, precisando che Bruxelles ha notificato già da ieri la raccomandazione alle autorità responsabili nei 27 Stati membri, tramite il sistema rapido di allerta comunitario per alimenti e mangimi (Rasff). Il commissario Ue rassicura sulle importazioni italiane, che definisce "minime"; e spiega come i primi clienti del Giappone siano Germania, Olanda, Regno Unito, Belgio e Francia. Dal paese asiatico - aggiunge poi - gli europei importano soprattutto prodotti della pesca come molluschi bivalvi, cibo per animali da compagnia e ortofrutticoli. In Europa i livelli autorizzati di radioattività nei settori agroalimentare e della pesca sono definiti dal regolamento del 1987 che fissa i valori massimi ammissibili a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. Sulla base di queste norme quindi, ogni Stato membro è invitato a testare i prodotti alimentari importati dal Giappone e, in caso di presenza radioattiva anormale, segnalarlo alla rete 'Ecuri', il sistema europeo di allarme in campo nucleare.
16 MARZO 2011
LA CRISI DELLA PESCA IN ADRIATICO
Da qualche tempo
arrivano segnali dai vari compartimenti ittici dell'Adriatico. A San Benedetto del Tronto se ne è parlato nei giorni scorsi, dove molto ingenuamente, le colpe sono viste in certe tipologia di pesca.
In Veneto invece è intervenuto ieri l’assessore alla pesca Franco Manzato, che ha di nuovo affrontato i problemi del settore con i presidenti delle Cooperative di pesca del bacino.
"Faccio miei i vostri problemi – ha affermato Manzato – e lavoreremo assieme per trovare soluzioni possibili a quello che si sta rivelando un collasso per un settore storico, che ha creato prosperità per millenni e che oggi deve anche affrontare cavilli giuridici che frenano le possibili risposte anziché contribuire a trovarle".
I rappresentanti dell cooperative
hanno ribadito le loro preoccupazioni presentando una lista di problematiche irgenti da risolvere. "Dobbiamo costruire i presupposti di una nuova partenza per un settore spesso trascurato", ha affermato Manzato, accogliendo la richiesta unanime di inserire nell’unità di crisi i rappresentanti di tutte le marinerie del Veneto"
Finalmente qualcosa si muove. Chi si occupa di ecologia marina, come noi di biologiamarina.eu, ribadiamo da anni di intervenire, limitando l'impatto della pesca a tutti i livelli. Invece le strategie a lungo termine non sono mai state prese in considerazione, si è sempre pensato a 'incassare' nell'immediato, senza pianificare alcuna strategia mirata alla conservazione delle risorse ittiche dell'Adriatico. E quando la crisi si palesa a livello economico scattano le preoccupazioni. Speriamo quindi che qualcosa cambi, soprattutto in coloro che direttamente vivono il mare, come i pescatori, per non rischiare di finire come i pescatori di tonno siciliani, costretti, causa la malagestione da loro stessi praticata per anni, a pescare di frodo rosicando il fondo del barile.
LE TENTAZIONI MULTICELLULARI DELL'AMEBA
Dictyostelium discoideum è un organismo unicellulare - un'ameba - che in condizioni di stress subisce una serie di transizioni fino ad assumere la forma di colonia multicellulare. Ora una ricerca condotta alla Stanford University ha scoperto che la sua forma multicellulare ha una struttura tissutale che, finora, si riteneva esistere solo in forme animali più sofisticate. Inoltre, due proteine necessarie a D. discoideum per formare questa struttura, sono molto simili a quelle che svolgono la stessa funzione in animali complessi. News integrale su LeScienze.
TSUNAMI IN GIAPPONE: IN GINOCCHIO L'INDUSTRIA DEL PESCE
In seguito al drammatico evento dell'11 marzo scorso, sono stati danneggiati in Giappone, in particolare presso Kesennuma e Sendai, tutti o quasi gli impianti per il mantenimento della catena del freddo e l'intero comparto del tonno.
ALLEVAMENTO DEL TONNO AUSTRALE: PRIMI TIMIDI SUCCESSI
Segnali incoraggianti dal comparto dell'acquacoltura australiano. Le prime fasi di allevamento della specie Thunnus maccoyii, oggetto di pesca intensiva, sono incoraggianti. La notizia arriva dallaCommission for the Conservation Southern Bluefin Tuna.
15 MARZO 2011
IL MISTERO DEI BOATI DEL FADALTO E DEL LAGO MORTO
Da qualche mese gli abitanti della Val Lapisina, nella Sella Fadalto, una zona tra i comuni di Vittorio Veneto (TV) e Farra d’Alpago (BL), riferiscono di sentire dei misteriosi boati lungo l'intera vallata. Di notte, causa il minor disturbo ambientale, sono sentiti da tutti, mentre di giorno la loro frequenza sembra attenuarsi. "In realtà la loro frequenza rimane invariata nell'arco delle 24 ore - spiega il dott. Comelli - "e al chiuso i boati sembrano provenire dal sottosuolo, all'aperto invece sembrano arrivare da una zona ben precisa".
Ora il Centro di Ricerche Sismologiche, per conto della regione Veneto, in accordo con la Protezione Civile, ha avviato una campagna di misure sismometriche nell’area, mediante l’installazione di una piccola rete di stazioni di registrazione portatili.
Cosa si è scoperto?
"In primo luogo una precisa corrispondenza fra i fenomeni acustici e le vibrazioni registrate nel terreno. E abbiamo trovato che il Lago Morto è l’epicentro delle vibrazioni registrate. La profondità è stata stimata a meno di un chilometro, e le caratteristiche degli episodi sono riconducibili a diverse famiglie di vibrazioni, ciascuna composta da eventi simili fra loro. L’analisi mostra che questi sono diversi per caratteristiche di tempo e frequenza dalle tipiche registrazioni della sismicità di origine tettonica. Questo fatto ha permesso di realizzare un sistema di primo riconoscimento automatico, collegato a un secondo sistema di allerta via SMS, che nell’ultimo mese ha segnalato una media di 10 eventi al giorno. Recentemente il CESI, per conto dell’Enel, gestore dell’impianto di produzione dell’energia idroelettrica presente in zona, ha installato ulteriori cinque stazioni di registrazione complementari alle nostre: l’analisi congiunta dei dati fornirà ulteriori indicazioni".
Qual è l’ipotesi più accreditata per spiegare questi fenomeni?
"L’ipotesi più probabile, allo stato attuale, rimane quella di un fenomeno indotto dallo scorrimento di fluidi sotterranei, come l'acqua, tenendo conto del carsismo della zona e dell'abbondanza delle piogge di questo inverno, come gli alluvioni in Veneto di novembre. L'acqua può operare in molti modi: dilavare il corpo di frana, modificare la morfologia con crolli, produrre gorgoglii o effetti acustici per presenza di sifoni naturali o, nei casi di alta pressione, determinare anche fratture nella roccia. Ma, considerando la sismicità della regione (terremoti del 1873 e del 1936, ndr.), sono al vaglio anche altre ipotesi".
Quali possibili rischi ci sono per la popolazione?
"Oltre a quello sismico, c’è quello delle frane. Le case interessate dai boati sorgono proprio sul corpo di frana che, in epoca tardo glaciale, ha ostruito la valle che prima rappresentava l’antico corso del Piave, formando il lago di S. Croce. Dai sopralluoghi effettuati non risultano tracce di distacchi recenti collegabili al fenomeno dei boati, ma la situazione viene monitorata di continuo. Considerando che il fenomeno dei boati può essere inserito in un contesto più ampio, sono in discussione ulteriori iniziative per conoscere il rischio sismico della fascia pedemontana orientale veneta, dove si trova l’abitato di Fadalto".
Tratto da GalileoNet, a cura di di Anna Lisa Bonfranceschi.
TSUNAMI: LA SIMULAZIONE PIU AGGIORNATA
Qui la più recente e aggiornata simulazione dello tsunami dello scorso 11 marzo. Intanto continua a salire il numero delle vittime, sono 6.000 infatti quelle ufficiali. Terza esplosione alla centrale nucleare di Fukushima; la nube radioattiva, secondo fonti ufficiali, si sta dirigendo verso l'oceano Pacifico.
PRIMO CASO DI CURE PARENTALI TRA LE SALAMANDRE
Le cure parentali sono molto diffuse tra gli anfibi e si sono evolute in maniera indipendente svariate volte nei diversi gruppi tassonomici, sia tra gli anuri (rane e rospi), che tra i gimnofioni (cecilie). Al contrario, nonostante questo comportamento implichi numerosi vantaggi incrementando sensibilmente la sopravvivenza dei piccoli, fino ad oggi non è mai stato osservato negli urodeli (salamandre e tritoni). Ma in natura, si sa, non esistono regole generali e, se esistono rane senza polmoni e ragni erbivori, anche questa regolarità era destinata ad essere smentita.
Uno studio tutto italiano, pubblicato sulla rivista Journal of Herpetology, ha infatti documentato per la prima volta l'adozione di cure parentali nelle fasi successive alla schiusa in un urodelo, il geotritone di Strinati (Speleomantes strinatii). Un gruppo di ricercatori dell'Università di Genova ha monitorato l'intero evento riproduttivo, dalla deposizione alle fasi successive alla schiusa delle uova, di una femmina tenuta in condizioni seminaturali, dimostrando inequivocabilmente che anche in questo gruppo di animali viene adottato questo tipo di strategia riproduttiva.
Durante il periodo dell'incubazione, lo studio mostra come la femmina rimanga a stretto contatto con le uova per ben il 98% del tempo e che le difenda attivamente sia da individui conspecifici non riproduttori sia da potenziali predatori, quali i ratti. Ma l'aspetto più interessante è ciò che avviene nelle fasi successive alla schiusa: per circa sei settimane, infatti, la madre condivide il nido con i figli e li trasporta sul proprio dorso, rimanendo costantemente a contatto di pelle con loro.
Questo prolungato contatto tra la madre e i piccoli, concludono i ricercatori, può essere a tutti gli effetti considerato il primo caso di vere e proprie cure parentali in questo gruppo di vertebrati e potrebbe contribuire ad incrementare in maniera significativa le loro probabilità di sopravvivenza, riducendone la predazione, l'essicamento e le infezioni della pelle, eventi molto comuni nelle prime fasi di vita delle salamandre. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.
14 MARZO 2011
MONITORAGGIO DELLE AREE COSTIERE
Si terrà domani a Ravenna, presso il Palazzo della Provincia Sala Nullo Baldini, il convegno sul Monitoraggio delle aree costiere. Interverrano esperti di Università, dell'ISMAR-CNR, della Struttura Oceanografica Daphne ecc..per discutere su un processo, quello dell'arretramento delle linee di costa, divenuto ormai particolarmente grave lungo le coste di tutte le regioni italiane. A causa delle attività antropiche le coste, in alcune zone della Romagna si sono abbassate di 50 cm., e a nulla servono le scogliere emerse e soffolte, che in questi ultimi anni sono costate alle regioni decine e decine di milioni di euro. Mentre al contrario, si son dimostrati maggiormente efficaci interventi di ripristino delle dune e i ripascimenti con sabbie. Le dune, sbancate senza alcun criterio per far spazio ad alberghi e seconde case, che un tempo orlavano tutta la costa romagnola e parte di quella marchigiana, sono importanti ecosistemi in grado anche di rallentare e prevenire l'erosione costiera. Altro problema, l'abbassamento delle falde a causa dell'uso scriteriato delle acque, che causano l'ingresso del cuneo salino, con danni da salinizzazione ai territori agricoli costieri.
Interverrannno: Luisa Perini - Lorenzo Calabrese - Paolo Luciani (Il monitoraggio dei danni da mareggiata); Fabio Casolini (Rete Eni di monitoraggio della compattazione e della subsidenza); Laura Carbognin - Luigi Tosi (Analisi della subsidenza lungo la fascia costiera alto adriatica); Annamaria Correggiari - Federica Foglini Alessandro Remia - Elisabetta Campiani (Il Sistema informativo per la gestione dei depositi di sabbie sottomarine); Claudio Miccoli (Ripascimento, in località Marina Romea, con sabbie provenienti da interventi di dragaggio del porto di Ravenna); Paolo Ciavola (Soglie critiche per le mareggiate. Un modello da esportare a scala nazionale); Marco Stefani (Evoluzione geologica recente della pianura costiera del Po); Attilio Rinaldi (Piani di monitoraggio e studio delle acque marine antistanti la regione Emilia-Romagna e analisi dei dati acquisiti); Paolo Severi - Luciana Bonzi - Lorenzo Calabrese (Monitoraggio dell’acquifero freatico costiero). Programma completo in PDF.
UNA MAPPA AGGIORNA IN TEMPO REALE DEGLI EVENTI SISMICI POST TSUNAMI
Kevin Mulligan, direttore del Texas Tech's Center for Geospatial Technologies, ha elaborato con il suo staff una mappa aggiornata in tempo reale degli eventi sismici in Giappone. La mappa viene aggiornata grazie ai feed dell'United States Geological Survey's Earthquake Hazards Center (USGS) e del National Oceanic and Atmospheric Administration's Tsunami Warning Center. Ricordiamo che, paradossalmente, gli americani avevano diramato l'allarme tsunami prima dei giapponesi, grazie anche al coordinamento dei due centri sopra citati. Uno screenshot della mappa è visibile qui sotto, mentre la mappa dinamica è disponibile al sito della Center for Geospatial Technology, cliccando su Japan Earthquake Map Viewer.
Intanto arrivano nuove stime sulla reale magnitudo del terremoto, si parla infatti di 9.1; il fatto è che per quantificare l'energia liberata da terremoti così potenti, occorre tempo.
IL 30% DELLE ETICHETTE DEI PRODOTTI ITTICI SONO ERRATE
Un'etichettatura che consenta la tracciabilità degli alimenti è diventata nel corso degli ultimi decenni un'esigenza sempre più sentita e ormai almeno in parte recepita da normative e regolamenticomunitari e nazionali. Ma a quanto pare non tutti la prendono sul serio.
Oltre il 30 per cento dei prodotti ittici venduti in Spagna e in Grecia ha etichette sbagliate o per la specie indicata o per l'indicazione di provenienza. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Oviedo e dell'Università di Salonicco, che hanno riferito i risultati di un'indagine in un articolo pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry.
Per identificare le specie vendute e la loro provenienza i ricercatori hanno eseguito esami del DNA sul pescato venduto.
"Abbiamo scoperto che pesce pescato in Africa era etichettato come americano o europeo, per indurre i consumatori a pagare un prezzo superiore", ha detto Eva García Vázquez, coautrice dell'indagine.
L'esame, condotto sia su pesce fresco sia su pesce congelato, ha rivelato che le indicazioni erano errate ben nel 38.9 per cento dei casi. Specie del Sud Africa, come il Merluccius capensis, erano etichettate come specie del Sud America (M. hubbsi) o come l'unica specie di nasello europeo (M. merluccius).
García Vázquez sottolinea che le qualità nutrizionali delle specie sono "pressoché uguali", e che non vi sono ragioni di dubitare della qualità del prodotto, ma che "esiste tuttavia il diritto di sapere che specie si mangia e la sua provenienza".
Anche perché questo tipo di informazione può essere rilevante per persone che siano allergiche a particolari specie o perchè in particolari momenti e in determinate aree si possono essere verificati incidenti ecologici come sversamenti di petrolio.
I ricercatori avevano condotto un'analoga indagine fra il 2004 e il 2006 rilevando all'epoca un tasso di errori del 31.5 per cento. Fonte: LeScienze.
ARRESTATO CON 123 UOVA DI TARTARUGHE MARINE
Era stato fermato con la sua bicicletta perché le luci del mezzo erano irregolarmente mantenute. Il ciclista, per tutta risposta, aveva accelerato la pedalata dandosi alla fuga. Una reazione spropositata per delle luci irregolari; sulla bicicletta, poi! Ed invece è stato arrestato. Le indagini, infatti, hanno rivelato come il borsone del quale si era sbarazzato, era pieno di uova di tartaruga marina raccolte nei pressi di Juno Beach in Florida. L’esame delle tracce umane rinvenute nella borsa hanno consentito di individuare il proprietario. Proprio lui, Kenneth Coleman, il ciclista con le lucette irregolari. Del resto, quando venne raggiunto e fermato, aveva le tasche con sabbia bagnata.
123 uova, tutte risistemate nella spiaggia, tranne alcune trattenute come prova. Coleman si è dichiarato colpevole e rischia ora una condanna compresa tra due e sei anni di reclusione. Un’enormità rispetto ai resti contravvenzionali italiani. Fonte: GeaPress.
ALTRE SCOSSE IN GIAPPONE
La magnitudo del terremoto che ha colpito il Giappone l'11 marzo è stata rivista a 9 contro la precedente stima di 8.8 (era di 8,9 secondo l'Usgs). Lo ha reso noto oggi l'Agenzia Meteorologica Giapponese (JMA), aggiungendo che si tratta di un sisma tra i più potenti mai registrati.
Le acque della diga, che ha ceduto dopo il primo e violentissimo sisma, travolgono e spazzano via le case dell'abitato di Fukushima.
Intanto dal Giappone arrivano nuovi filmati amatoriali, che evidenziano in tutta la loro drammaticità la forza e la potenza dell'acqua. Alcuni navigatori ci hanno chiesto di spiegare come sia possibile che onde così basse e lente, possano generare tanta distruzione. In realtà le immagini amatoriali e quelle delle televisioni giapponesi evidenziano che non si tratta ne di onde basse ne di onde lente. Un emittente giapponese ha riportato infatti le altezze delle onde nelle diverse località portuali; esse variano da un minimo di 3 metri ad un massimo di 7. Ricordiamo che l'acqua di un torrente, il cui livello è di soli 20 cm, e che si muove a pochi Km all'ora, è in grado di generare una spinta di oltre 100 Kg per metro quadro.
BALENOTTERA DI SAN ROSSORE: I RISULTATI DELLA NECROSCOPIA
Pubblicato il referto veterinario della necroscopia
eseguita sulla balenottera di San Rossore. Ecco i risultati:
Il decesso del soggetto appare correlato con la positività alla ricerca di Morbillivirus nei tessuti. L'impossibilità di effettuare indagini istopatologiche accurate impediscono tuttavia una correlazione certa tra il decesso e l'infezione. Tra i rilievi patologici osservati, appaiono inoltre di rilievo quelli renali che, pur tenendo conto delle gravi alterazioni post-mortem, sono indicativi di una condizione di idronefrosi. Tali reperti insieme al reperimento di mineralizzazioni positive alla colorazione von Kossa suggeriscono una possibile disfunzione renale, possibilmente dovuta all'ostruzione delle vie urinarie da parte di Crassicauda spp. Queste lesioni sono da considerare come fattori con-causali al decesso e possibilmente alle condizioni di debilitazione osservate.
Infatti, i rilievi macroscopici osservati a carico del tratto gastro-enterico (completamente vuoto) e del blubber (ridotto rispetto ai valori di riferimento), insieme alla valutazione esterna, suggeriscono una condizione di digiuno e di stato di nutrizione scadente suggerendo una possibile lipomobilizzazione. Il reperimento di abbondante pigmento intracitoplasmatico positivo al Blu di Prussia sostiene l'ipotesi di un quadro di digiuno prolungato e possibile cachessia. Si sottolinea che in letteratura non appare ancora chiaro se il comportamento alimentare della balenottera mediterranea sia sovrapponibile a quella atlantica con un periodo di digiuno invernale. Infine, l'intensa parassitosi cutanea sostenuta dal genere Pennella associata a reazioni infiammatorie e possibili infezioni secondarie, e la positività alla ricerca per Toxoplasma gondii supportano ulteriormente le ipotesi di una debilitazione del soggetto e di una possibile immunodepressione. Tale ipotesi appare avvalorata anche dagli elevati valori di sostanze organoclorurate, note per la loro azione immunodeprimente nei cetacei. Fonte: Referto del Servizio diagnostico di Patologia e Anatomia Patologica, Dipartimento di Sanità Pubblica, Patologia Comparata e Igiene Veterinaria, Università di Padova. PDF.
IL DECLINO DEI LAGHI CINESI
I laghi cinesi stanno diminuendo sia per numero che per superficie: la loro area totale è diminuita del 13% nel periodo fra il 1960 e il 2005. È questo il preoccupante risultato di un'indagine condotta da ricercatori dell'Accademia delle scienze cinese a Nanjing, in Cina, e dell'University of South Florida a St. Petersburg, pubblicata sulle Geophysical Research Letters. News completa su LeScienze.
13 MARZO 2011
STOP ALLA PESCA PER TRE MESI
Un fermo della pesca della durata di tre mesi, da attuare subito in Adriatico, per far ripartire il consumo di prodotti ittici dopo il crollo registrato nelle vendite. È la proposta lanciata da Coldiretti ImpresaPesca, dopo una serie di incontri organizzati con i pescatori di tutte le marinerie dell'area per trovare soluzioni alla gravissima crisi che sta colpendo, anche in Abruzzo, il settore ittico. A scomparire sempre più dalle tavole abruzzesi sono sia il pesce fresco (- 6%) che quello congelato (- 4%), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea relativi al 2010. Particolarmente difficile la situazione del pesce azzurro, con gli acquisti di alici e di triglie che sono diminuiti del 12%. In sofferenza anche il pesce bianco con i consumi di merluzzi e naselli che - precisa Coldiretti ImpresaPesca - sono in calo addirittura del 13%. «Negli incontri con i pescatori è emerso quello che noi avevamo denunciato già qualche mese fa - spiega Tonino Giardini, presidente di Coldiretti ImpresaPesca - l'utilizzo negli ultimi venti anni dei sistemi a traino ha messo a dura prova la capacità di tenuta dell'ecosistema ed è ora di ripensare politiche e regole per il centro e nord Adriatico. Magari condividendole, in tempi brevi, anche con i pescatori croati, montenegrini e albanesi».
Le marinerie chiedono dunque un provvedimento d'urgenza per fermare la pesca per tre mesi e ripartire subito dopo con nuove regole che dimostrino a tutti la reale volontà di cambiare. «Guai - prosegue Giardini - se si dovesse fare un fermo con il sostegno economico per poi ricominciare come prima a prelevare allegramente risorse con sistemi, modi e tempi non sostenibili». Coldiretti ImpresaPesca ritiene necessaria una ripartenza graduale dopo il fermo, per evitare un depauperamento veloce delle risorse, vanificando gli effetti positivi della pausa. L'associazione giudica inoltre indispensabile, nel bacino del centro e nord Adriatico, il divieto tassativo di utilizzare sistemi a traino e di abbandonare il porto, nei giorni di sabato e di domenica. Coldiretti ImpresaPesca chiede di mettere fuori legge, per la tutela delle risorse, tutti i sistemi di pesca (attrezzi) a traino con doppie reti e con reti munite di catene. Fonte: Il Tempo.
ANIMALI RARI
Lo Smithsonian Institution mette a disposizione di tutti il materiale video e fotografico raccolto nel corso degli anni dalle telecamere nascoste negli ambienti naturali. Qui l'elenco delle specie fotografate. Si tratta di 202.000 foto originali della fauna selvatica raccolte in un unico sito. L’Istituto, con sede a Washington, si occupa non solo di ricerca, ma anche di educazione, con circa 19 musei diffusi negli Stati Uniti e circa 142 milioni di pezzi nelle sue collezioni.
11 MARZO 2011
VIOLENTO SISMA IN GIAPPONE
The JRC's tsunami propagation model estimates that the next 24 hours no wave height. Fonte Joint Research Centre.
Elaborazione
grafica dell'andamento dello tsunami. I numeri indicano le ore a partire dal primo evento.
Oltre a causare almeno decine di morti e uno tsunami con onde alte fino a dieci metri, il terremoto di magnitudo 8.9 che stamattina ha colpito il Giappone sta creando apprensione per gli effetti sulle centrali nucleari del paese. Intanto una nave con a bordo 100 persone è stata travolta dallo tsunami che ha colpito il nord est del Paese. L'agenzia atomica internazionale dell'Onu, Aiea, ha annunciato che le quattro centrali nucleari giapponesi più vicine all'epicentro sono state bloccate con successo e si stanno ora raccogliendo informazioni su quali Paesi e strutture nucleari possano essere a rischio per lo tsunami scatenato dal sisma.
Un muro d'acqua alto 10 metri ha raggiunto la città di Sendai, nell'isola di Honshu, nel nord-est del Giappone, dove il mare si è spinto fino a cinque chilometri all'interno della prefettura di Fukushima, e dove - almeno secondo le prime informazioni - si concentra il maggio numero di vittime.
La prima scossa, seguita poi da altre di assestamento, è stata registrata alle 14.46 locali (le 6.46 in Italia) e un allerta tsunami è stato decretato in tutto l'Oceano tranne che per Stati Uniti e Canada continentali. In particolare è in vigore in Russia, Filippine, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Australia, Figi, Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Nicaragua, Panama, Honduras, Cile, Ecuador, Colombia e Perù. Mentre poco fa l'allarme è stato revocato per Taiwan e Nuova Zelanda. Fonte: Ansa.
10 MARZO 2011
BALENOTTERA DI SAN ROSSORE: GLI ESITI DELLA NECROSCOPIA
La necroscopia effettuata sulla balenottera comune, spiaggiata lo scorso 27 gennaio sul litorale del Parco di San Rossore, a Pisa, ha fornito risultati di grande interesse scientifico.
Le indagini effettuate, coordinate dall'Unità di Intervento Nazionale per la gestione di Spiaggiamenti Straordinari, istituita nella Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, condotte in collaborazione con l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d'Aosta e di altre Istituzioni pubbliche, hanno permesso di identificare la presenza di infezioni da Morbillivirus e Toxoplasma gondii. Lo stato di salute dell'esemplare era inoltre compromesso da una ridotta funzionalità del rene e da un digiuno prolungato. Infine, i risultati preliminari delle indagini tossicologiche, svolte dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università di Siena, hanno evidenziato alti livelli di contaminanti, in particolare organoclorurati.
"Alla luce delle scoperte effettuate è chiaro che si rende necessario il monitoraggio costante e sistematico degli spiaggiamenti al fine di ricavare elementi utili ai programmi di conservazione di queste specie" sottolinea l'ARPAT. L'Istituto Zooprofilattico di Torino afferma che "la rinvenuta presenza di infezioni a carico dell'esemplare spiaggiato evidenzia la necessità di approfondire gli aspetti sanitari di questi animali che, pur vivendo in un ambiente distante dal nostro come le profondità marine, rivestono comunque un ruolo epidemiologico non trascurabile". A tal proposito, le Università di Padova e Pavia, con il Museo di Storia Naturale di Milano, stanno lavorando, su finanziamento apposito del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e in collaborazione funzionale con il Ministero della Salute, per la parte di propria competenza sanitaria territoriale (AASSLL e IIZZSS), alla creazione della Rete Nazionale degli Spiaggiamenti dei Cetacei. Il coordinatore dell'Unità di Intervento Nazionale per la Gestione di Spiaggiamenti Straordinari, dell'Università di Padova, dichiara che "la sinergia e l'azione integrata tra le eccellenze in materia fortemente voluta e finanziata dal Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare stanno procedendo ad uniformare le modalità di intervento, standardizzare le procedure diagnostiche e le modalità di raccolta dei dati in maniera sistematica sull'intero territorio nazionale; soltanto agendo in maniera coordinata a tutti i livelli e tra le varie competenze riusciremo ad attuare un'azione utile alla tutela della salute pubblica e del benessere animale ed alla conservazione e salvaguardia di queste specie". Ufficio Stampa Università di Padova
PRIMO CENSIMENTO DI SQUALI BIANCHI DEL PACIFICO
La White Shark Cafe
Lo studio, pubblicato sul Biology Letters, è il primo rigoroso censimento effettuato nel nord est del Pacifico, su una delle tre popolazioni di squali bianchi esistenti al mondo. Le altre due si trovano in Australia/Nuova Zelanda e in Sud Africa.
Lo studio, effettuato con una piccola imbarcazione, ha permesso di ottenere 321 immagini e identificare 131 esemplari. Grazie a metodiche statistiche, si stima che vi siano, nella zona, oltre 200 esemplari tra adulti e sub-adulti. Tale numero risulta essere inferiore alle aspettative, ed è molto inferiore a quello di esemplari di altre specie top predator, come le orche. Tuttavia occorrono altri studi per capire se la popolazione è in crescita o in fase di declino.
Barbara Block, biologa marina alla Stanford University ed esperta di squali e tonni, afferma che gli stessi esemplari ritornano nelle stesse zone anno dopo anno. I tag satellitari hanno evidenziato che gli esemplari migrano dalle acque della California centrale, da Guadalupe e dalla White Shark Cafe, una zona compresa tra la Baja Peninsula e le Hawaii.
Fonte: T. K. Chapple, S. J. Jorgensen, S. D. Anderson, P. E. Kanive, A. P. Klimley, L. W. Botsford, B. A. Block. A first estimate of white shark, Carcharodon carcharias, abundance off Central California. Biology Letters, 2011.
ANCHE IL MEDITERRANEO HA IL SUO VORTICE DI PLASTICA
Mercoledì 9 marzo 2011, presso la Sala Nassirya del Senato della Repubblica, è stato presentato da Legambiente lo studio sull’impatto della plastica in generale e delle buste in particolare, sull’ambiente marino nel mondo e nel Mediterraneo, realizzato in collaborazione con ARPA Toscana e con la struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna.
A causa della presenza massiccia di materiale plastico nei mari e negli oceani - molti milioni di tonnellate di rifiuti galleggianti - si sono creati grandi vortici come il Pacific Plastic Vortex, la cui estensione, si stima, arriva addirittura a qualche milione di chilometri quadrati.
L’Italia è un paese doppiamente esposto a questo problema. Lo è perché è il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta (in Italia si consuma il 25% degli shopper commercializzati in tutta Europa) e perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del pianeta dall’inquinamento da plastica. È anche e soprattutto per questo che il nostro Paese ha adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili, entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2011.
Nella prima parte del rapporto viene riportata una panoramica dell’ampia letteratura scientifica sulla presenza in mare dei rifiuti plastici in generale e più in particolare dei sacchetti. In particolare da segnalare il rapporto UNEP “Marine Litter: a global challenge" dell’aprile 2009.
La seconda parte del rapporto, curata da ARPA Toscana è relativa ai dati rilevati dall’Agenzia su queste tematiche nell’ambito del monitoraggio marino costiero e della balneazione effettuato dal 1996, utilizzando, per il primo caso, il suo battello oceanografico Poseidon.
L’attività sulla fascia marino-costiera, effettuata con il Poseidon, prevede campionamenti nella colonna d’acqua per la ricerca dei parametri chimico fisici (clorofilla, temperatura, trasparenza, ossigeno, azoto totale, ammoniaca, salinità, torpidità, pH, fosfati, nitriti, nitrati, fosforo totale, silicati, IPA, PCB, TBT, Bromofenoli, metalli), sul biota (plancton, coralligeno e macroalghe, benthos, praterie di Posidonia oceanica e mitili) e sui sedimenti (granulometria, metalli, IPA, PCB, TBT, Bromofenoli, TOC).
La terza parte del rapporto, curata da ARPA Emilia Romagna, illustra, invece, la situazione dei rifiuti plastici nel Mare Adriatico.
L’ultima parte, infine, analizza i danni causati dalla plastica agli animali in ambiente acquatico, secondo i principali studi effettuati nel mondo.
Il Rapporto completo è disponibile sul sito dell'ARPA Toscana, sia in html che in formato pdf.
DISASTRO DELLA E.ON IN SARDEGNA - 8
IL PESCATO È SANO? RESE NOTE LE ANALISI
È stata depositata ieri in Procura la Relazione Tecnica contenente l’esito delle analisi effettuate sul pesce del Golfo. I risultati sono confortanti: tutti i valori sono nella norma.
Le indagini, condotte dalla Capitaneria di Porto, sono consistite nel prelievo di diversi campioni di pescato mediante l’ausilio di un pescatore di Porto Torres, nominato ausiliario di Polizia giudiziaria per l’occasione. Le battute di pesca, protrattesi per una settimana, hanno interessato diversi punti del Golfo dell’Asinara, in particolare la zona sottocosta compresa tra Fiume Santo e il litorale di Platamona, in quanto ritenuto, dall’evidenza dei fatti, particolarmente interessata dall’inquinamento.
Al termine di ogni uscita, parte del pescato è stata prelevata dai veterinari della A.S.L. n. 1 di Sassari, coordinati dal responsabile del Dipartimento di prevenzione.
Dopo i primi rilievi di tipo ispettivo, i campioni sono stati consegnati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna ed analizzati dal responsabile del laboratorio di analisi chimiche. Le analisi, volte a ricercare tracce di sostanze inquinanti di natura idrocarburica derivanti o riconducibili al prodotto sversato, hanno dato esiti molto soddisfacenti.
Non si è infatti riscontrata la presenza, in livelli di concentrazione superiori ai limiti previsti per legge, di nessuno dei 16 idrocarburi ricercati. Fonte: SassariNotizie.
Nota di BiologiaMarina: come sempre accade, gli idrocarburi sono ricercati in matrici ambientali dove è noto che non ci sono. Essendo insolubili, gli idrocarburi dapprima si depositano sul fondale, entreranno poi nelle specie bentoniche e solo nel tempo verranno biomagnificati (trasferiti) alle specie pelagiche.
09 MARZO 2011
BARRIERE CORALLINE SEMPRE A RISCHIO
Sono state paragonate ai canarini che un tempo venivano usati nelle miniere di carbone come sistema di allarme, poichè la presenza di gas tossici avrebbe ucciso loro prima dei minatori. Sono le barriere coralline, un importante indicatore dello stato di salute dei nostri oceani, che come canarini in presenza di monossido di carbonio stanno diventando sempre più morte e silenziose.
Secondo Reefs at Risk Revisited, il più recente ed esaustivo aggiornamento sullo stato di salute di questo ecosistema marino, più del 60% delle barriere coralline mondiali è attualmente minacciata dalla pesca eccessiva, dallo sviluppo non controllato dell’edilizia costiera e dall’inquinamento. A livello locale, le azioni più invasive sono rappresentate dall’uso di esplosivi per la pesca, dall’ingresso nelle acqua marine di eccessivi sedimenti dovuti a deforestazione e dalla cattiva gestione del territorio, da cui consegue un input eccessivo di nutrienti originati dall’agricoltura e di materiali tossici.
Si tratta di un panorama che affligge soprattutto il Sud-est asiatico, i Caraibi, le coste africane e quelle del Medio Oriente mentre impatti minori si registrano lungo il continente australiano. Ovunque, però, c’è un’effetto peggiorativo dovuto all’innalzamento della temperatura degli oceani, conseguenza del cambiamento climatico, e all’acidificazione del mare provocata dall’eccesso di anidride carbonica.
In assenza di misure di mitigazione, conclude il rapporto, oltre il 90% dei coralli saranno a rischio di estinzione entro il 2050. Gli stessi coralli, per intenderci, che in poco più dell’1.2% della superficie marina ospitano la maggior parte del patrimonio mondiale di biodiversità (si stima che siano da 1 a 3 milioni le specie residenti nelle barriere coralline mentre circa un quarto di tutte le specie marine dipenderebbe dalle barriere in qualche fase della propria vita).
C’è di che preoccuparsi, ma non solo per l’ambiente. Al contrario, molte e importanti sono le implicazioni di una riduzione drastica dell’ecosistema corallino in quelle aree del mondo che ne dipendono in termini di pesca, introiti ottenuti dal turismo nonchè protezione del proprio territorio.
Nel rapporto è presente anche un’analisi dei paesi che risulterebbero più colpiti dalla riduzione dei servizi ecosistemici offerti dalle barriere coralline. Le nove nazioni più compromesse secondo il World Resources Institute sarebbero Haiti, Grenada, Filippine, Comore, Vanuatu, Tanzania, Kiribati, Fiji e l’Indonesia. Più in generale Reefs at Risk parla di circa 500 milioni le persone che sarebbero colpite direttamente dalla scomparsa di questo meraviglioso mondo subacqueo.
I canarini sono sempre più silenziosi… presteremo loro attenzione? Fonte: OggiScienza a cura di Marta Picciulin.
TONNO RIO MARE, AL VIA LA TRACCIABILITÀ
Ilfattoalimentare.it si è occupato spesso della tracciabilità delle conserve ittiche: nell’articolo "Che razza di tonno è?" Giuseppe De Giovanni, esperto in etichettatura dei prodotti alimentari, auspicava che alla denominazione generica "tonno" venisse affiancata, nell’elenco degli ingredienti, la specifica specie di appartenenza come indicato dal decreto ministeriale 27 marzo 2002 e successive modifiche. Abbiamo anche raccontato le campagne di Greenpeace sul tema, e in particolare la classifica deiRompiscatoleper distinguere i marchi di tonno prodotti secondo logiche di pesca sostenibile, in base alle dichiarazioni rese dalle stesse aziende sui metodi di cattura adottati e le qualità di tonno usate (anche se non tutte conoscono l’origine del tonno che inscatolano).
Accogliamo perciò con piacere la notizia che da oggi Rio Mare (che dal 1992 fa anche parte del programma Dolphin Safe) offre, sul proprio sito internet, la possibilità di richiedere informazioni sull’origine del pesce utilizzato in qualsiasi confezione prodotta dal 1 gennaio 2010. In particolare, l’azienda comunica che «Dal momento della pesca a quello della lavorazione e dell’inscatolamento, il tonno non viene mai "perso di vista": si sa da quale mare proviene e su quale nave ha viaggiato, di quale lotto arrivato nello stabilimento facesse parte, in quale lattina si trovasse. E questa biografia è “codificata” su ogni lattina, in modo che il consumatore ne sia informato.
Al fine di offrire le più ampie garanzie di qualità e sicurezza dei prodotti e il rispetto di istanze di sostenibilità ambientale, Rio Mare, tenendo conto delle raccomandazioni dell’ISSF (International Seafood Sustainability Foundation), rende inoltre accessibili ai consumatori una serie di informazioni aggiuntive sui propri prodotti: il nome della nave che lo ha pescato, la zona geografica e la data in cui la pesca è avvenuta, quale tecnica di pesca sia stata utilizzata, quale sia la qualità di tonno inscatolato».
Per risalire alla provenienza del prodotto Rio Mare acquistato, basta visitare la pagina www.riomare.it/tracciabilita.richieste-online.htm e fare richiesta della "carta d’identità" della scatoletta. Nel giro di 48 ore, il consumatore riceverà tutte le informazioni. In attesa che la specifica specie di appartenenza del tonno che finisce nel nostro piatto sia leggibile sull’etichetta al momento dell’acquisto, consentendoci una scelta immediatamente consapevole, ci sembra un passo avanti meritevole di segnalazione. Fonte: IlFattoAlimentare.
08 MARZO 2011
DANIMARCA: BASTA CON LA GRINDADRÀP
La Danimarca, nel nostro immaginario di europei del sud, è un paese ordinato, civile, all’avanguardia nei rapporti sociali. C’è tuttavia una macchia, anzi un mare di sangue di cui pochi sanno. Alle isole Fær Øer si celebra ogni anno una festa tradizionale: la Grindadráp, la "festa al delfino balena". Quando i delfini balena si avvicinano alle rive, le scuole chiudono e i bambini accorrono in spiaggia assieme ai genitori. I cetacei, in gran parte femmine con i loro piccoli, arrivano in branchi. Sono animali intelligenti, curiosi e socievoli al punto da lasciarsi avvicinare dall'uomo con grande facilità.
Gli isolani vestono gli abiti e gli accessori tradizionali della festa. Non cibo o fiori da donare ai simpatici ospiti, ma le fiocine e i pugnali. Per infilzare i delfini, immobilizzarli e quindi affondare le lame nella carne viva per reciderne la spina dorsale. All’animazione provvedono gli stessi delfini balena con le loro urla. Anche il colore non manca, ed è il profondo rosso che ammanta le acque della baia. Un paio di migliaia di corpi mutilati, a volte ancora agonizzanti, è poi trascinato sulla spiaggia, per la celebrazione dei trofei.
Questo macabro rituale, secondo Wikipedia, è essenzialmente "un hobby per i faraoesi". La gran parte dei cetacei viene lasciata a marcire e poi rigettata in acqua, poiché gli elevati tenori di metalli pesanti e altre tossine accumulati nelle loro carni non sono compatibili con gli standard europei di sicurezza alimentare. È allora per questo che i 50 mila abitanti delle Fær Øer custodiscono gelosamente il segreto del loro hobby, e ostacolano l’accesso dei media per prevenire maggiori critiche che potrebbero interferire con il turismo nelle isole? Non a caso il video della carneficina faraose è circolato per breve tempo su You Tube e subito eliminato (ma ora è di nuovo visibile).
Gli Inuit, almeno, possono provare a giustificare l’altrettanto crudele e pure tradizionale caccia alla foca con l’utilizzo delle carni per finalità alimentari e l’impiego delle pelli e del grasso per altre produzioni. Ma i faraoesi no. Questa barbarie viene perpetrata a danno di una specie protetta, il delfino balena, di cui neppure si conosce il numero di esemplari ancora esistente. La tutela risale alla "Convenzione di Berna" del 1979 (The Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats), che aspira "a conservare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali, soprattutto quelle specie e quegli habitat la cui preservazione richiede la cooperazione di più Stati, e a promuovere tale cooperazione. Particolare enfasi è dedicata alle specie vulnerabili e in pericolo, comprese quelle migratorie".
Neppure Greenpeace (?) è ancora riuscita a fermare questo scempio. Possiamo sperare che siano il Parlamento europeo o la Commissione ad assumere un’iniziativa. Nel frattempo, è possibile inviare una e-mail alla Regina di Danimarca per mostrare che i cittadini europei non sono indifferenti e chiederle di intervenire.
Noi di biologiamarina.eu seguiamo da tempo la vicenda, e alla pagina Petizioni è possibile avere maggiori informazioni ed inviare una mail attraverso il sito di BeppeGrillo. Fonte: IlFattoAlimentare.
TONNO ROSSO ADULTERATO
Tonno al monossido di carbonio da respingere alla prima ispezione. "Considerato che il problema riguarda soprattutto il tonno di provenienza extracomunitaria, ho dato indicazione ai Posti di Ispezione Frontaliera italiani di respingere il pesce che già ad una prima ispezione presenti un colore evidentemente alterato, senza attendere ulteriori esiti analitici. Allo stesso tipo di controllo è sottoposto il tonno importato attraverso porti di altri Paesi comunitari e successivamente commercializzato in Italia".
Il Sottosegretario Francesca Martini ha commentato la puntata di "Striscia la notizia", in cui è stata denunciata la presenza di monossido di carbonio in campioni di tonno rosso prelevati al mercato ittico di Milano. Il Sottosegretario alla Salute, con delega alla Sicurezza alimentare, ha precisato che "la pratica di trattare tranci di tonno con monossido di carbonio dal 2003 è stata posta all'attenzione della Commissione europea e, grazie all'intervento del Governo italiano, questo tipo di trattamento è stato vietato sul pesce commercializzato in tutta Europa. Non abbiamo mai abbassato la guardia". Ha inoltre ricordato che "nel 2010 la collaborazione tra Ministero, Regioni, ASL e Forze dell'Ordine ha portato al ritiro dal mercato di 15 partite oggetto di allerta comunitaria relative a tonno trattato con monossido e che nel 2011 si è già provveduto al ritiro, in ambito europeo, di altre 5 partite di cui 3 individuate dalle stesse autorità italiane". A seguito di un primo controllo che evidenzi presenza di monossido di carbonio, le procedure italiane prevedono che l'importatore sia sottoposto ad un regime di sorveglianza sistematica per le stesse provenienze e sulle dieci partite successive. "Ho già provveduto - ha concluso Francesca Martini- a diramare istruzioni per un'ulteriore intensificazione dei controlli e per la repressione di attività illecite che possono mettere a repentaglio la salute dei consumatori." Fonte: Publitalia.
TRACCIABILITA DEI RIFIUTI
È stato annunciato oggi, dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, l'avvio ufficiale del Sistri, il sistema elettronico di controllo che consente la tracciabilità dei rifiuti speciali e speciali pericolosi sull'intero territorio nazionale e dei rifiuti solidi urbani nella Regione Campania.
Dal primo giugno il sistema entrerà in vigore con l'utilizzo di chiavette (usb) per accedere al sistema, trasmissione dati e memorizzazione informazioni. Saranno presenti anche scatole nere da installare su ogni veicolo che trasporta rifiuti. La cabina di regia con sala controllo, call center e reparto investigativo, sarà operativa in una struttura sulla Tiburtina alle porte di Roma. L'operazione Sistri coinvolge 320 mila aziende e 22 mila imprese di trasporti.
Si prevede la distribuzione di quasi 600 mila dispositivi elettronici e il monitoraggio continuo di circa 500 siti di smaltimento tra impianti di incenerimento e discariche. In Italia l'80% circa dei rifiutI è prodotto nella categoria dei rifiuti speciali, mentre il 10% è costituito da quelli speciali pericolosi. Nel 2006 i rifiuti speciali prodotti in Italia sono stati 134.7 milioni di tonnellate, di cui circa nove milioni quelli pericolosi, mentre i rifiuti urbani ammontano a 33 milioni di tonnellate all'anno.
07 MARZO 2011
FINNING AL BANDO IN CALIFORNIA, MA I CINESI PROTESTANO
L'espansione della classe media in Cina rischia di far sparire gli squali dagli oceani del pianeta. Colpa della zuppa di pinna di squalo, un piatto tradizionale che per secoli è comparso solo sulle tavole di pochi ricchi per celebrare le cerimonie più importanti, ma che con l'espansione del benessere portata da anni di turbo-Pil è diventato per molti un irrinunciabile segno di vittoria sociale: «Ce l'ho fatta», si dice il cinese arricchito gustando la sua zuppa di pinna di squalo, ma gli oceani si svuotano.
L'allarme è arrivato alle Hawaii e ora in California, dove gli scienziati tracciano i numeri di un'ecatombe: ogni anno 73 milioni di squali vengono amputati delle loro pinne e lasciati morire in fondo al mare, incapaci di muoversi, e in pochi anni è scomparso in questo modo il 90% degli squali. «È una scena terrificante - spiega al New York Times John E. McCosker, capo del dipartimento di biologia marina dell'Accademia Californiana delle Scienze - che per di più sconvolge tutta la catena alimentare, perché con lo squalo scompare un top-predator».
Negli ultimi tempi l'allarme degli scienziati ha cominciato a tradursi in legge: dall'estate scorsa, alle Hawaii servire una zuppa di pinna di squalo può costare una multa da 5 mila a 15 mila dollari, e ora anche la California vuole bandire la zuppa dai ristoranti cinesi dello stato, ma non è semplice. Il perché lo spiega in sintesi al giornale di New York Anna Li, proprietaria del Chung Chou City, dove tutta la Chinatown newyorkese va a comprare i piatti di mare cinese: «Se non servi la zuppa, rimani povero», sintetizza, e tocca alla politica colorare con motivazioni culturali la rivolta contro la proposta: «La zuppa di squalo è nella nostra cultura da migliaia di anni - ribatte infatti Leland Yee, senatore dello stato della California e candidato democratico a sindaco di San Francisco - e bisogna trovare il modo di tutelare sia l'ambiente sia questa eredità culturale». La partita è aperta, e spacca i democratici californiani: su Facebook il gruppo di sostegno alla proposta di legge, presentata da Paul Fong e Jared Huffman (democratici di Cupertino e San Rafael, ha raccolto in un lampo 40 mila adesioni.
Anche se avrà successo, la lotta internazionale contro il piatto (che negli anni scorsi è stato messo nel mirino anche a Londra), potrà fare poco se non riuscirà a intaccare le abitudini dei cinesi che vivono in patria. Solo a Hong Kong, uno degli epicentri di questa tradizione, si consumano 1.400 tonnellate di pinne all'anno, e ad aumentare la fortuna di questo piatto ci sono anche le sue pretese virtù «terapeutiche». «La zuppa di pinna di squalo ed i biscotti della fortuna - si legge per esempio nell'oroscopo cinese - garantiscono la buona salute dei Galli di Terra». Fonte: Sole24.
TONNO COLORATO CON LE....RAPE
I Nas di Genova hanno scoperto una grave truffa messa in atto dalla catena di surgelati Giopesca: tranci di tonno pinna gialla venduti come tonno rosso - specie pregiata e più costosa, adatta per sushi e sashimi - dopo averli "colorati" con succo di rapa. Il Nucleo antisofisticazione e sanità del capoluogo ligure ha sequestato 26 kg di prodotto "taroccato" e in promozione in vendita in un negozio del centro. L' amministratore delegato della società è stato denunciato per violazione delle norme sul commercio alimentare. Fonte: IlFattoAlimentare.
04 MARZO 2011
TAGGATI PER LA PRIMA VOLTA GLI SQUALI MARTELLO
Neil Hammershlag, insieme ad altri ricercatori della Rosenstiel School Research Assistant, hanno pubblicato il primo studio sugli squali martello nomadi, che sono stati seguiti per 62 giorni, partendo dalle coste della Florida, attraverso il medio Atlantico, sino alle coste del New Jersey, per circa 1.200 Km. I tag hanno permesso di stabilire che gli squali entrano nel medio Atlantico attraverso la corrente del Golfo, per poi lasciarla e spostarsi appunto nella regione nord-est atlantica.
Neil Hammershlag, direttore del R.J. Dunlap Marine Conservation Program, afferma che si tratta di dati, quelli appena pubblicati, ancora insufficienti, ma costituiscono un ottimo punto di partenza per studi futuri.
Il Dunlap Team in questi anni ha taggato circa 50 esemplari di grandi dimensioni, sia di squalo martello che di altre specie, come squali tigre e squali toro, tra la Florida e le Bahamas, identificando anche hotspot, aree importanti dal punto di vista trofico e della biodiversità, prima sconosciute.
Gli squali martello tropicali sono sulla lista rossa dell’ International Union for Conservation of Nature (ICUN), e le popolazioni note sono calate del 50% negli ultimi 10 anni. Tra le cause principali il finning e le catture accidentali. Il finning è praticato in acque internazionali, che lo squalo martello raggiunge durante i suoi spostamenti, come appena evidenziato dallo studio di Hammershlag. Analisi genetiche sulle pinne sequestrate in diverse occasioni, hanno evidenziato che la maggior parte appartengono appunto a specie atlantiche.
Fonte: Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science - Hammerschlag, Austin J. Gallagher, Dominique M. Lazarre - Range extension of the Endangered great hammerhead shark Sphyrna mokarran in the Northwest Atlantic: preliminary data and significance for conservation.
Endangered Species Research 2011; 13 (2): 111
AL BANDO LE CATTURE INDESIDERATE
L’Unione Europea si avvia verso la messa al bando graduale delle catture indesiderate e dei rigetti in mare. Ad avanzare la proposta di divieto è stata la Commissaria europea per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, durante un incontro informale sul tema svoltosi martedì scorso a Bruxelles, e destinato ad alimentare il dibattito sulla riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) che si terrà nei prossimi mesi presso la Commissione Europea. La pratica del rigetto in mare è dettata da motivi legati ai contingenti e alle taglie minime, ma anche da considerazioni di ordine commerciale; attualmente è consentita in tutta l’UE, sebbene la Commissione abbia presentato, già dal 2007, un piano per ridurre le catture indesiderate ed eliminare i rigetti. In un rapporto del 2004, la FAO ha stimato che 7.3 milioni di tonnellate di pesce catturato, pari all’8% delle catture totali, viene rigettato in mare. Damanaki parla di "cifre allarmanti e non più giustificabili" dal momento che i nostri stock ittici sono in declino, e sottolinea come la pesca europea stia facendo anche peggio della media mondiale: metà delle catture di pesce bianco vengono rigettate in mare, e per il pesce piatto si arriva addirittura al 70% di rigetti.
"Voglio che sia chiaro: considero gli scarti immorali, una perdita di risorse naturali e uno spreco dello sforzo dei pescatori, senza contare la brutta immagine del settore di fronte ai consumatori", ha commentato la Commissaria. Damanaki ha annunciato ai Ministri europei della Pesca, riunitisi nell’incontro di Bruxelles, la sua intenzione di inserire una normativa molto più stretta sugli scarti all’interno della riforma della PCP. “Sono consapevole che molti di voi non vorranno discutere una proposta di bando, ma se non affronteremo il problema in tempo, questo si rivolterà contro di noi”, ha aggiunto. Le attuali misure tecniche previste dall’UE per limitare gli scarti non sono sufficienti (“è come trattare una malattia grave con l’aspirina”), per questo bisogna cominciare a pensare fuori dagli schemi. La proposta della Commissaria è quella di adottare un approccio graduale, cominciando dalla pesca pelagica, fino a coinvolgere la pesca a strascico, e ampliando di anno in anno le specie soggette al bando dello scarto. Vedere anche news del 03 Marzo 2011. Fonte: Zootecnews.
DISASTRO DELLA E.ON IN SARDEGNA - 7
Dove viene smaltito l’olio combustibile che si è riversato in mare dopo l’ incidente avvenuto lo scorso gennaio a Porto Torres? E chi risarcirà tutti coloro che hanno una struttura balneare e subiranno in prima persona le conseguenze del disastro ambientale che, inevitabilmente, ha provocato un danno d’immagine a tutta la Sardegna? Sebbene i riflettori dei grandi media non abbiano dato il dovuto risalto alla vicenda e malgrado la sottovalutazione del disastro da parte delle istituzioni, c’è chi si interroga sulle conseguenze della marea nera che ha invaso le acque e le coste sarde, prezioso tesoro del nostro Paese.
A porre queste domande è l’associazione Civiltà Futura che in un comunicato stampachiede spiegazioni all'E.On su come viene trattato il combustibile che ha provocato il danno ambientale sulle coste del nord Sardegna.
L’azienda coinvolta nell’incidente, da parte sua, ha avanzato qualche giorno fa una proposta per stimare la quantità di olio combustibile rimasto in mare. La strategia suggerita consiste nell’allevare delle cozze nelle acque sporcate dall’olio della multinazionale tedesca per poi pescarle ed esaminarle: se al loro interno verrà trovato del catrame bisognerà ricominciare la bonifica. Si tratta di una proposta che non ha mancato di sollevare polemiche e da Facebook c'è chi suggerisce provocatoriamente di servire quelle cozze sulla tavola dei vertici della E.On.
Soltanto pochi giorni fa la Regione aveva dichiarato la fine dell’emergenza eppure anche la stampa sarda riferisce della presenza di gocce di catrame sulla spiaggia di Cala Battistoni e nel vicino borgo di Cannigione. Malgrado i proclami la macchia d’olio è ancora in viaggio. Fonte: www.ilcambiamento.it
RISCHIO ANISAKIS: UNA GUIDA
Informare gli operatori del settore alimentare, e in particolare quelli della ristorazione, sulla problematica connessa alla presenza di parassiti -soprattutto del genere Anisakis- nei prodotti della pesca, che negli ultimi anni sta avendo un peso sempre più consistente nel mondo ittico: è questo l’obiettivo dell’opuscolo intitolato “La gestione dell’Anisakis lungo la filiera dei prodotti della pesca: la ristorazione” e pubblicato dall’Ente Fiera di Rimini, in collaborazione con il Laboratorio di Ricerca universitario del Mercato Ittico all’Ingrosso di Pozzuoli e con la Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli. L’iniziativa -presentata in occasione della Fiera di Rimini Sapore (19-22 febbraio 2011)- intende tutelare la salute del consumatore attraverso l’informazione e la collaborazione degli operatori del settore alimentare, poiché il problema dell’Anisakis, adeguatamente controllato, può essere ridotto a livelli di rischio accettabile. L’opuscolo fornisce chiarimenti e indicazioni utili per la predisposizione di strategie tese alla gestione della anisakidosi, una zoonosi parassitaria, trasmissibile all’uomo, provocata dalla ingestione di vermi del genere Anisakis. Questa zoonosi si manifesta nell’uomo -con sintomi a carico dell’apparato gastrointestinale- in seguito all’ingestione di pesci o cefalopodi infestati da larve di Anisakis, consumati in preparazioni culinarie a base di pesce crudo o poco cotto (sushi, sashimi, prodotti marinati), o sottoposti a procedure (salagione, affumicatura, ecc.) che, qualora non eseguite a norma, non abbiano ucciso larve eventualmente presenti nelle parti edibili.
L’opuscolo ricorda ai ristoratori e agli operatori del settore alimentare che, in base al Regolamento Comunitario 853/04, il pesce che va consumato crudo, quello che sia sottoposto a un trattamento di affumicatura a freddo per cui la temperatura all’interno non supera i 60°C, e il pesce salato o marinato devono essere congelati a una temperatura non superiore a -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore, eseguendo il trattamento sul prodotto crudo o finito. Gli operatori devono anche assicurare che i prodotti della pesca destinati al consumo umano siano sottoposti ad un controllo visivo alla ricerca di endoparassiti visibili prima dell’immissione sul mercato; devono accertarsi della rispondenza ai requisiti igienico-sanitari della materia prima, selezionando il fornitore e, nel caso di prodotti crudi o poco cotti, dovranno predisporre adeguate procedure per scongiurare la presenza di larve vive nelle fasi di somministrazione. Fonte: Zootecnews.
Nota di biologiamarina.eu: l'opuscolo contiene alcune imprecisioni, per scaricarlo, clicca qui.
OPERAZIONE GAPIN: SEQUESTRATI CAVALLUCCI MARINI, PINNE DI SQUALO E INTESTINI DI ANGUILLE
In Italia se ne è avuto appena un cenno con un sequestro operato dalla Guardia di Finanza nel porto di Salerno. Undici chilogrammi di carne, mal conservata, sequestrata a due cittadini tunisini. L’operazione era stata condotta congiuntamente all’Agenzia delle Dogane e al Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato.
In pochi se ne sono accorti ma questo intervento era relativo alla operazione GAPIN (Great Apes and Integrity), voluta dall’Organizzazione Mondiale delle Dogane e finanziata, in parte, dal governo svedese. In tutto, ad essere coinvolti, quattordici paesi africani e venticinque tra asiatici ed europei, ovvero i paesi importatori. Tra questi Regno Unito, Repubblica Ceca, Belgio, Francia, Paesi Bassi, Romania e Spagna.
In totale, in due settimane a cavallo tra gennaio e febbraio, sono stati sequestrati ventidue tonnellate di 'merce' contrabbandata e 13.000 'pezzi' di fauna selvatica. Trentuno le specie di animali conteggiate, tra cui tre scimmie Macaca sylvana (una viva e due morte) 205 pezzi di avorio lavorato e ben 57 kg di avorio grezzo. Poi quattro corni di rinoceronte, 4276 chilogrammi di carne di pangolino, 323 cavallucci marini, la pelle di un leopardo, 5.300 chilogrammi di pinne di squalo, 12.056 conchiglie, 11.250 cetrioli di mare ed una tonnellata di … intestini di anguille!
L'Organizzazione Mondiale delle Dogane ha dichiarato che continuerà gli interventi in favore della protezione della fauna e della flora in via di estinzione puntando, oltre che sulla professionalità del personale, anche sulla collaborazione di partner internazionali, nazionali e regionali. Chissà come dovevano essere cucinati gli intestini d’anguilla. Fonte: GeaPress.
03 MARZO 2011
MALTEMPO: TRE MORTI NELLE MARCHE
Sono tre le vittime del maltempo nelle Marche. Due morti in provincia di Macerata e uno in provincia di Ascoli Piceno. Ancora una volta, dopo l'ennesima tragedia, sono state discusse le possibili cause e le strategie per prevenire, in fututo, episodi simili. Ebbene, sulle televisioni locali si è discusso, banalmente, della pulizia dei fiumi che non verrebbe mai attuata. Purtroppo a nessuno viene in mente di considerare il fiume come un ecosistema, piuttosto lo si considera ancora dal punto di vista dell'ingegneria idraulica, disciplina vetusta e inadatta a risolvere le problematiche dei fiumi marchigiani e più in generale italiani, la maggior parte dei quali compromessi in modo più o meno grave.
Si è detto che in due giorni sono caduti 200 mm di pioggia e che il mare in tempesta ha ostacolato il deflusso delle acque. Ebbene, se i fiumi non straripano in questi casi, quando dovrebbero farlo?
Quindi, ribadiamo, invitiamo le amministrazioni a considerare i corsi d'acqua dal punto di vista ecosistemico, ad attuare i principi della riqualificazione fluviale (in Italia ci sono esperti qualificati e preparati), e soprattutto ad evitare, in futuro, il taglio a raso della vegetazione ripariale, che previene efficacemente la rottura degli argini, e soprattutto rallenta il decorso delle acque (il fiume non è un canale di scolo dove l'acqua deve correre il più velocemente possibile per essere smaltita) e la rettificazione dei fiumi.
A PARTE IL TONNO ROSSO
Le misure sulla pesca della Commissione Europea continuano a cambiare nel tentativo di evitare lo sfruttamento insostenibile delle risorse ittiche. Dal 1 marzo, sono in discussione le catture da rigettare in mare perché eccedono le quote o le dimensioni stabilite per le specie tutelate.
L'anno scorso, il Consiglio Internazionale per l’Esplorazione Marina calcolava, che a seconda delle specie e delle ecoregioni dell’Atlantico e del mare del Nord, i pescherecci dei paesi UE scartavano dal 30 all'80% delle catture, metà delle quali morte. Lo spreco – enorme, solo nel mare del Nord si scartano un milione di tonnellate all’anno – è dovuto al fatto che non sono obbligatorie le attrezzature adatte a prevenirlo come le reti a maglie più larghe, per esempio, ma ne esistono molte altre. I più restii ad adottarle sono i grandi pescherecci industriali che in media buttano via il 50% del pescato e tengono solo quello più redditizio.
Il 1 marzo la Commissaria per la Pesca, Maria Damanaki, ha proposto ai ministri dell’UE di vietare gli scarti nel piano di riforme da approvare entro il 2013. Intervistata dalla BBC, ha detto:
"Trovo immorale buttare via il pesce, uno spreco delle risorse naturali e degli sforzi dei pescatori. Se continuiamo così, dovremmo presto affrontare una situazione in cui la capacità produttiva degli ecosistemi marini è a rischio, così come la base economica dei pescatori e delle regioni costiere…"
I ministri hanno concordato, anche per il timore di proteste dei consumatori come quella organizzata in Gran Bretagna da un famoso cuoco. Dall’esperienza passata però, è noto che senza vincoli imposti per legge, la "capacità produttiva" cala molto presto. Perciò, il "non documento" (sic, non paper) della Commissione prevede anche di:
- limitare il tempo che i pescherecci trascorrono in mare e le zone che possono sfruttare;
- includere nelle quote tutto il pesce catturato e non soltanto le specie incluse nelle quote;
- chiudere le zone di pesca mista quando è stata raggiunta la quota massima per una singola specie;
- aumentare i le videosorveglianze, i registri di bordo elettronici e il monitoraggio dei porti.
Noi prevediamo il solito tira e molla, anche per l’obiettiva diversità delle specie, delle ecoregioni e quindi delle soluzioni sostenibili. Fonte: OggiScienza a cura di Sylvie Coyaud.
BARRIERE CORALLINE A RISCHIO ESTINZIONE?
Secondo "Reefs at Risk Revisited", una ricerca realizzata dal World Resources Institute, il rischio di estinzione delle barriere coralline è una delle più grave minacce per l’ambiente.
La ricerca stabilisce che il 90% delle barriere coralline mondiali sono a rischio entro il 2030, ma tutte le barriere coralline corrono comunque il rischio di estinguersi entro il 2050, per colpa dell’inquinamento e del surriscaldamento delle acque oceaniche, il quale indebolisce la struttura del corallo (messo in pericolo, tra l’altro, anche dalla pesca intensiva e dallo sfruttamento a fini turistici delle coste).
Ma quali sarebbero le conseguenze dell’estinzione delle barriere coralline? La ricerca realizzata dal World Resources Institute calcola in circa 500 milioni le persone che sarebbero colpite direttamente, per via della perdita di protezione dalle correnti marine e alla mancanza di cibo. Anche il turismo, tra le maggiori minacce per le barriere coralline, risentirebbe della loro scomparsa, privando le popolazioni autoctone di una fonte di guadagno primaria.
Per leggere e scaricare l’intera ricerca, ciccate sul seguente link: Reefs at risk. Fonte: Aqva.
L'ESTINZIONE DI MASSA PROSSIMA VENTURA
Se si guarda soltanto ai mammiferi minacciati e si assume che si possano estinguere in 1000 anni, allora bisogna concludere che ci si trova ben oltre i limiti della normalità e che ci stiamo muovendo nel dominio dell'estinzione di massa. News completa su LeScienze.
02 MARZO 2011
MORTI 50 MILIONI DI PESCI IN KENYA
Morìa di pesci apparentemente inspiegabile, quella che sta avvenendo in Kenya. Secondo una stima della NEMA, National Environmental Management Authority, i pesci ritrovati morti nel fiume Mara sarebbero più di cinque milioni.
Le autorità del Kenya stanno prelevando alcuni pesci morti per poterli analizzare e risalire alla causa di questa strage ittica. Gli ambientalisti, però, sembrano essere certi dell’evento scatenante questa morìa, ossia l’uso prolungato e non controllato di prodotti chimici nocivi usati in agricoltura, che si infiltrano nel terreno e da lì finiscono nel fiume Mara, causando l’avvelenamento di qualsiasi forma di vita (cosa, tra l’altro, avvenuta già in passato). Secondo la NEMA, invece, il motivo di questa strage di pesci risiederebbe negli effetti devastanti di una forte alluvione che avrebbe condizionato le temperature di due fiumi, affluenti del Mara, creando una coltre di nebbia tossica (???) che, ricoprendo il fiume, ha causato questa strage ambientale. Fonte Aqva.
ALLERTA RASFF. I PRODOTTI ITTICI SEMPRE IN TESTA ALLE CLASSIFICHE
La scorsa settimana il Sistema di Allerta Rapido dell’Unione Europea, ha continuato a segnalare irregolarità sui prodotti di origine animale in entrata nel nostro Paese, con netta predominanza dei prodotti ittici. Lunedì 21 febbraio le autorità hanno notificato la presenza di Escherichia coli in vongole cotte congelate (Venus spp.) dalla Turchia, e un’infestazione parassitaria da Anisakis (vedere sez. Domande), in nasello refrigerato (Merluccius merluccius) dalla Spagna; nella stessa giornata è stato segnalato un trattamento con radiazioni non autorizzate in seppie intere pulite e congelate (Sepiella japonica) dal Vietnam, e un trattamento al monossido di carbonio in tranci di tonno a pinna gialla congelato proveniente ancora dal Vietnam. Martedì 22 febbraio le autorità hanno segnalato la presenza di monossido di carbonio in una preparazione a base di tonno refrigerato (Thunnus albacares) dalla Spagna, oltre che un’infestazione parassitaria da Anisakis in nasello refrigerato (Merluccius merluccius) importato ancora dalla Spagna. Mercoledì 23 febbraio il RASFF ha segnalato soltanto un’infestazione parassitaria da nematodi in rana pescatrice eviscerata refrigerata (Lophius piscatorius) proveniente dalla Spagna. Giovedì 24 febbraio l’allerta è scattata per un’infestazione parassitaria in pescespada affettato refrigerato (Xiphias gladius) sempre dalla Spagna, per la presenza di Salmonella Bradford in petti di tacchino selvatico congelato proveniente dal Brasile, e per la presenza di sulfametossazolo non autorizzato in pappa reale fresca dalla Cina. Ricca di segnalazioni, invece, la giornata di venerdì 25 febbraio, quando le autorità hanno notificato la presenza di mercurio in lombi di verdesca congelata (Prionace glauca) dalla Spagna, quella di cadmio in granchi cotti congelati (Cancer pagurus) dall’Irlanda, ed ancora quella di cadmio in carne di cavallo da animali macellati in Italia ma provenienti dalla Polonia. Nella stessa giornata le autorità hanno segnalato anche la presenza di salmonella in carne di maiale dalla Germania, quella di cadmio in granchi congelati (Portunus trituberculatus) dalla Cina, e quella di salmonella in farina di pollo dalla Spagna. Sempre venerdì il RASFF ha notificato anche la presenza di mercurio e un trattamento al monossido di carbonio in tranci di pescespada sottovuoto dal Vietnam, quella di cadmio in granchi refrigerati (Cancer pagurus) dalla Francia, la presenza di cloramfenicolo in gamberetti congelati (Metapenaeopsis affinis) dall’India, ed infine la presenza di Listeria monocytogenes in salmone affumicato dalla Polonia. Fonte: Zootecnews.
PROGETTO AQUAMAX PER MANGIMI SALUBRI E SOSTENIBILI
Che i pesci fossero vegetariani, sarebbero più sicuri per l’uomo, meno "costosi" per l’ambiente, ma altrettanto ricchi dal punto di vista nutrizionale? Sì, secondo i ricercatori del progetto Aquamax che hanno messo a punto mangimi a base di vegetali per salmoni, trote e orate per sostituire quelli tradizionali fatti con farine e oli animali con risultati molto positivi. Aquamax ("Sustainable aquafeeds to maximise the health benefits of farmed fish for consumers") è stato finanziato dall’Ue con 10.5 milioni di euro e coordinato dall'Istituto nazionale norvegese di ricerca sull'alimentazione e gli alimenti marini (Nifes). Il consorzio ha riunito 33 partner provenienti da Belgio, Cina, Estonia, Francia, Germania, Grecia, India, Norvegia, Regno Unito, Spagna, Svezia e Ungheria. Allo studio ha partecipato anche l‘Italia, attraverso l’Istituto superiore di sanità (Iss): Ilfattoalimentare.it ne ha parlato con la ricercatrice Francesca Maranghi che ne ha seguito gli aspetti tossicologici. News integrale su IlFattoAlimentare.
01 MARZO 2011
BREVE RESOCONTO DEL CONVEGNO 'ALIMENTI DI TUTTI I COLORI!'
Oltre trecento partecipanti, tra veterinari e altre professionalità delle prevenzione, tecnologi alimentari, rappresentanti del mondo universitario, dei produttori, della grande distribuzione, dell’esercito e dei Nas hanno assistito, il 4 febbraio scorso, all’aula magna della Facoltà di Veterinaria a Legnaro, al convegno “Alimenti di tutti i colori!” organizzato da Università di Padova, Società italiana di medicina veterinaria preventiva e Istituto zooprofilattico delle Venezie. Molta affluenza e massima attenzione per un tema di stretta attualità protagonista della cronaca degli ultimi mesi che, grazie alle relazione di docenti universitari ed esperti di settore, ha potuto essere affrontato con rigore scientifico e in modo esaustivo.
Seguitissima la relazione del professor Valerio Giaccone, della Facoltà di Veterinaria di Padova, che ha trattato dell’impiego di additivi e coloranti, in alcuni casi ammessi per legge, ma aggiunti a volte illecitamente alle materie prime in quantità eccessive, altre volte utilizzati anche se del tutto vietati. «Nel 2009 – ha spiegato Giaccone – il 3% delle allerta sanitarie registrate è stato dovuto ad additivi, mentre sono state il 37% del totale quelle microbiologiche». Il docente ha ricordato gli effetti dell’aggiunta di solfiti o nitrati alle carni, o del trattamento con monossido di carbonio dei filetti di tonno rosso, o ancora del resorcinolo nei crostacei. Al termine della sua relazione un richiamo alla responsabilità: «Protagonismo e sensazionalismo non fanno bene» ha affermato definendo sé stesso e gli altri relatori come “i medici degli alimenti”. Il resoconto integrale è disponibile qui.
COMUNICATO DELL'ORGANIZZAZIONE DI PRODUTTORI DELLA PESCA DI TRAPANI
Trapani, lì 26 Febbraio 2011
COMUNICATO Rivediamo il Regolamento dell’AMP delle Egadi - Raccolta di firme
Sin dal 27 dicembre 1991 e quindi con la pubblicazione del Decreto interministeriale di Istituzione della riserva naturale marina denominata "Isole Egadi” amministratori e gestori della stessa non hanno fatto altro che riempire di aspettative gli operatori della pesca del Trapanese. Ma tralasciando il passato, e le varie gestioni fallimentari, per calarci al presente dopo 20 lunghi anni, per molti pescatori le cose sono cambiate in peggio. Il Comune di Favignana, attuale ente gestore della Riserva, ha fatto della stessa un feudo e prova ne è, per il nostro ambito, quello che è stato inserito nell’Articolo 23 del Regolamento dell’AMP che disciplina l’attività di pesca professionale. Il Regolamento infatti attribuisce ai soli ai pescatori residenti o proprietari di abitazioni nel comune ricadente nell’area marina protetta da almeno 5 anni, e che esercitano la pesca a bordo delle unità iscritte presso gli Uffici Locali Marittimi di Favignana e Marettimo della Capitaneria di Porto di Trapani la facoltà di pescare nell’area B e C della AMP. Poiché non pensiamo che sia una politica del Comune di Favignana diretta ad aumentare il numero dei residenti o diretta alla vendita di immobili nell’Isola, ma viceversa è un metodo di discriminazione dei pescatori Trapanesi e Marsalesi che da sempre hanno operato in queste zone, e che crea pescatori di serie A e di serie B, abbiamo proceduto ad una raccolta di firme da parte di nostri pescatori “non isolani” , 89 per la precisione, e di proprietari di imbarcazioni , 43 per la precisione, che hanno avuto legittimi interessi violati per chiedere di rivedere l’articolo sopra citato. E’ assurdo che i pescatori trapanesi e marsalesi vengano privati di operare in zone pescose in cui tradizionalmente, e per la precisione da secoli, hanno operato e poi, si trovano a dover fronteggiare la concorrenza delle imbarcazioni isolane che vendono il prodotto nel capoluogo. Confidiamo nel buon senso del Sindaco di Favignana per trattare con un apposito incontro l’argomento.
Organizzazione di Produttori della pesca di Trapani Il Presidente (dott. Natale Amoroso)
SEMPORNA, IL PARADISO DEI CORALLI
I dati preliminari della Semporna Marine Ecological Expedition, composta da 18 scienziati olandesi, americani e malesiani, e pubblicati dal sito NCB Naturalis, indicano che l’area di Semporna è una tra le più ricche al mondo in termini di biodiversità marina. Sono state censite ben 43 specie di coralli fungo, moltissime specie di pesci di barriera, ben 844, e poi alghe, gamberi, granchi e altri numerosi invertebrati. Sono state censite anche due nuove specie di gamberi.
Semporna, situata all’apice del Coral Triangle, è stata esplorata grazie a 60 sub che hanno transettato un’area di 12 Km. Il 5% dei transetti, relativamente alla presenza di coralli, è stato classificato come ottimo, il 23% come buono, il 36% sufficiente e un altro 36% povero di coralli. I segni del bleaching sono stati osservati in diversi siti.
Purtroppo gli altri siti attorno a Semporna sono seriamente compromessi dall’utilizzo di bombe esplosive usate dai locali per la pesca e la cattura delle specie ornamentali, che finiscono regolarmente nei mercati europei, americani e giapponesi.
Ricordiamo che il Coral Triangle, che comprende anche Semporna, è l’hotspot più ricco al mondo in termini di biodiversità. Fonte: NCB Naturalis.
L'INFRASTRUTTURA EUROPEA PER LA BIODIVERSITÀ MARINA
Avrà sede istituzionale e amministrativa a Napoli e sarà un'infrastruttura internazionale, con 13 istituti di ricerca di 9 paesi europei collegati. Nasce l' European Marine biological resource center (EMBRC) e il suo progetto esecutivo è finanziato dall'Unione Europea con 3.9 milioni di euro. Istituto di ricerca capofila nell'iniziativa è la stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, che per due giorni ospita 70, tra scieziati e ricercatori internazionali, che si confrontano sulle linee guida per dal vita al progetto di ricerca nel campo della biologia marina. "Finita la fase preparatoria - spiega Roberto Di Lauro, presidente della stazione zoologica - ciascun paese coinvolto dovrà reperire i fondi per avviare la gestione delle strutture realizzate. Gli impegni assunti dalle autorità locali e nazionali ci fanno essere ottimisti per il futuro di questa iniziativa". Il progetto coinvolge Germania, Inghilterra, Francia, Portogallo, Grecia e Norvegia per lo studio della biodiversita' marina, ricerca alla base di indagini in altre discipline, come la biologia dello sviluppo, la medicina, l'ecologia e le neuroscienze. Tra le 44 infrastrutture ritenute di interesse pan-europeo solo 10 rientrano nel settore biomedico e l'EMBRC è l'unica di queste a coordinamento italiano. "È un cambiamento di cultura - spiega Michael Thorndyke, presidente della struttura di ricerca svedese Mars - si è sempre pensato alle infrastrutture solo per la fisica. Embrc rappresenta un primo passo nella strategia europea della competitivita' nella ricerca". Fonte: AGI.
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Ideazione: Pierfederici Giovanni - Progetto: Pierfederici Giovanni, Castronuovo Motta Nicola, Guadagnino Marcello.
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