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30 Marzo 2009

SCOPERTA IN CALABRIA LA PIU' ESTESA COLONIA DI CORALLO NERO AL MONDO

Risale al 19 Marzo la notizia della scoperta della più grande foresta di corallo nero al mondo. La scoperta è avvenuta grazie ad un progetto partito nel 2005 e finanziato dall'Assessorato all'Ambiente della Regione Calabria. Ben trentamila colonie adagiate tra i 50 e i 110 metri di profondità sui fondali rocciosi della mitica Scilla (colei che dilania). Risultato sorprendente se si pensa che, a livello mondiale, sono stati raccolti e studiati solo cinque esemplari di questo coralligeno, l'ultimo dei quali, individuato nel 1946 nel Golfo di Napoli, venne donato al Museo dell'Università di Harvard. I fondali marini rocciosi, che si trovano a profondità comprese tra i 50 e i 450 metri, rappresentano, per gli studiosi di biologia marina, delle vere e proprie miniere in materia di biologia e ecologia. "Le analisi genetiche e istologiche che i ricercatori del Dipartimento di Scienze del Mare dell’ Università Politecnica delle Marche stanno eseguendo sui frammenti dei coralli raccolti - spiega Simonepietro Canese, responsabile del progetto - stanno aprendo numerosi interrogativi su queste specie rare e protette, per la prima volta osservate e studiate nel loro ambiente naturale". Il corallo nero è una specie molto rara e molto difficile da osservare in natura vista la profondità alla quale cresce, da 50 a oltre 200 metri. Ecco le principali caratteristiche: Il corallo nero, Antipathes subpinnata, appartiene alla classe degli Antozoi, si trata di piccoli polipi, grandi qualche millimetro, radunati in colonie di individui simili che, producendo carbonato di calcio, formano lo scheletro arborescente. Il più conosciuto è il corallo rosso, ma esistono anche le specie gialla e bianca. Da non confondersi con il falso corallo nero, la Gerardia savaglia, l’antipate cresce sulle rocce in verticale e possiede tronchi di colore nero o molto scuro che si ramificano in rami sempre più sottili ed esili facendo assumere alle colonie un aspetto vaporoso. Si stima che alcuni coralli abbiano quasi un migliaio di anni.

27 Marzo 2009

POLVERI E RISCALDAMENTO DELL'OCEANO ATLANTICO

Uno studio pubblicato su Science ipotizza che il riscaldamento superficiale delle acque dell'Oceano Atlantico sia correlato alla diminuzione delle polveri di origine vulcanica. I ricercatori dell'Università del Wisconsin a Madison e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), e in particolare Amato Evan direttore dello studio, negli anni scorsi avevano dimostrato come le polveri potessero influenzare lo sviluppo degli uragani. Una maggior quantità di polveri impedisce infatti il riscaldamento delle acque dell'oceano, di conseguenza si ha una diminuzione della violenza degli uragani. Il fattore "polveri" inciderebbe sull'aumento della temperatura, sempre secondo Evan, del 70% circa, e solo il restante 30% sarebbe da imputare ai cambiamenti climatici. Di fatto, l'attività vulcanica è difficilmente prevedibile, e inserirla nei modelli di studio climatologici è particolarmente complesso. Una minor quantità di polveri in atmosfera può quindi influenzare l'intero ecosistema marino. L'articolo originale è disponibile qui!

26 Marzo 2009

E' INIZIATA LA STRAGE DI FOCHE IN CANADA

Il Governo Canadese ha dato via all'ennesima mattanza di cuccioli di foca. Quest'anno è previsto l'abbattimento di ben 300.000 esemplari, che determinerà una riduzione della popolazione di foche, dislocate tra Labrador e Terranova, del 30% circa. Lungo le coste orientali canadesi la pratica era stata abolita 25 anni fa, ma il Governo negli anni ha messo in discussione la vecchia decisione affermando che la caccia è necessaria per il mantenimento degli equilibri ambientali. Le foche sarebbero le maggiori concorrenti dei pescatori. Decisione banale poiché è noto che nella zona la maggior parte delle problematiche è legata all'overfishing. Il piano quadriennale prevedeva in origine l'abbattimento di un milione di foche (250.000 ogni anno). Per maggiori dettagli vedere qui!

23 Mar 2009

LA BARRIERA CORALLINA CARAIBICA STA SCOMPARENDO

Una combinazione di 48 studi condotti negli anni sin dal 1995, ha evidenziato il declino della densità delle popolazioni ittiche dei Caraibi, specialmente a carico dei pesci di grandi dimensioni. Questa è la conclusione a cui sono giunti Michelle Paddack della Simon Fraser University in Canada. Questo suggeriesce il fatto che probabilmente non incide solamente la sovrapesca, ma sarebbero implicati anche diversi fattori. Tra questi la maggior indiziata è la temperatura media dell'oceano, che a causa dei cambiamenti climatici ha portato al declino delle barriere coralline, e di conseguenza anche al declino delle popolazioni ittiche. La sovrapesca nelle zone caraibiche incide solo sulle specie commerciali, squali soprattutto, che vengono prelevati ancora senza nessun criterio valido di gestione. Lo studio ha preso in considerazione ben 318 reefs, la cui densità sembra essere diminuita moltissimo negli ultimi 10 anni. Le popolazioni ittiche sono scese, nello stesso arco di tempo, di un valore compreso tra il 2.7 e il 6 %. Articolo completo su Cell Press.

20 Mar 2009

LA SECONDA BOCCA DELLA MURENA

MurenaLo studio è stato compiuto dalla biologa evoluzionista Rita Mehta, insieme ai colleghi dell’University of California, grazie alle riprese video in slow motion della murena Murena retifera. Si vede come questo braccio interno collegato alla mascella secondaria, si spinge in avanti e trattiene il pesce, aiutando la murena a deglutirlo intero. Tra i vertebrati, è la prima volta che un meccanismo del genere viene osservato, anche se i serpenti, esteriormente simili alle murene, possiedono all’interno una mandibola particolare e delle mascelle, che agganciano il bolo e lo trascinano nell’esofago.

Il disegno a destra ci mostra come la seconda bocca (in rosso) esca ed afferri la preda catturata dalla bocca principale, per dirigerla nell’esofago e poi nello stomaco.

L'articolo originale è disponibile qui!

16 Mar 2009

IL CAMBIAMENTO DEL FITOPLANCTON ANTARTICO

I cambiamenti climatici in Antartide stanno modificando la rete alimentare. Gli inverni sono sempre meno secchi e meno freddi, e questo determina un cambiamento della densità delle popolazioni fitoplanctoniche. L'articolo “Recent Changes in Phytoplankton Communities Associated with Rapid Regional Climate Change Along the Western Antarctic Peninsula”, pubblicato su Science, si basa su dati satellitari degli ultimi 30 anni. Lo studio ha evidenziato come, attorno alla penisola antartica che si protende a nord, verso la Terra del Fuoco, le popolazioni fitoplanctoniche siano diminuite del 12% negli ultimi 30 anni. Il cambiamento è sia quantitativo che qualitativo, e questo potrebbe spiegare la diminuzione delle popolazioni di pinguini osservate localmente negli ultimi anni. In particolare le popolazioni di pinguini di Adelia sembrano essere le più colpite, poiche a differenza delle specie sub-antartiche, necessitano di temperature molto rigide. I pinguini della specie Pygoscelis antarctica stanno invece aumentando. "Ora sappiamo che i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto sulla prima parte della catena alimentare” ha spiegato Hugh Ducklow, coautore dell'articolo. Gli scienziati hanno da tempo notato che la Penisola Antartica si sta riscaldando più velocemente di qualunque altra parte del mondo durante l'inverno. I cambiamenti riguardano anche il notevole aumento della copertura nuvolosa, il che significa meno luce e quindi una diminuzione del tasso fotosintetico, e quindi meno fitoplancton!

IL DILEMMA EVOLUTIVO DELLO SQUALO BIANCO

Uno studio dell'Università della Florida pubblicato sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology può finalmente aiutare gli scienziati a far luce sull'origine evolutiva dello squalo bianco (Carcharodon carcharias). Il dilemma sull'origine della specie in questione va avanti ormai da oltre 150 anni, e secondo alcuni è praticamente la specie del genere Carcharodon più piccola mai esistita, evolutivamente vicina al grande Carcharodon megalodon. Secondo altri discenderebbe dal mako dai larghi denti (Isurus hastalis), vissuto circa 10 milioni di anni fa. Lo studio conclude che il grande squalo bianco evolutivamente è molto lontano dal Carcharodon megalodon, ma questo, come suggerisce Dana Ehret del Florida Museum of Natural History, non permette di giungere a conclusioni certe. Lo stesso studio si basa su un fossile ben conservato proveniente dal Perù (Formazione Pisco), completo di 222 denti e 45 vertebre, lungo circa 5 metri e, come stabilito dall'analisi degli anelli di crescita delle vertebre, di circa 20 anni di età. Si tratta dell'unico cranio parziale fossile al mondo di squalo conosciuto. L'analisi particolare della dentatura evidenzia come la specie fossile studiata sia comunque molto vicina al moderno Squalo bianco, più di quanto possa esserlo il grande Megalodon, unico indiziato sin dal 1840, solo ed esclusivamente per la somiglianza della dentatura. Secondo molti paleontologi quest'ultima specie non sarebbe l'antenato dell'attuale squalo bianco perchè sarebbero implicati, dal punto di vista evolutivo, cambiamenti (riduzione) della forma del corpo. La somiglianza sarebbe frutto più semplicemente di un fenomeno detto di "convergenza evolutiva". Articolo completo qui!

10 Marzo 2009

UN PESCE HA CAMBIATO SESSO? GUARDIAMOGLI L'ORECCHIO (espandi | comprimi)

I biologi marini australiani Stefan Walker e Mark McCormick, hanno effettuato degli studi, dando una svolta alla ricerca nello studio del comportamento delle popolazioni ittiche. Si può risalire e dire se un pesce ha cambiato sesso guardandogli l’orecchio? I ricercatori del centro d’eccellenza per gli studi sulle barriere coralline ARC e della James Cook University, hanno risolto uno dei principali problemi affrontati dei biologi marini nella determinazione della sostenibilità della popolazione dei pesci, il fatto di non sapere quando esattamente avvenga nei pesci il cambio del sesso...[Clicca su espandi]

Molti pesci corallini, subiscono nella loro vita un cambio di sesso, un passaggio da maschio a femmina e da femmina a maschio, questo comportamento potrebbe essere una strategia alimentare, ma è molto difficile per i ricercatori stimare la produttività della popolazione ittica senza sapere esattamente quando avvenga il cambio di sesso. Un terzo delle industrie della pesca sono stimate in fallimento, o comunque in crisi, con le barriere coralline che devono affrontare stress, dovuti ai cambiamenti climatici e agli inquinanti, comunque alle attività umane, è vitale poter stimare la produttività delle popolazioni ittiche, al fine di conoscere quanta pressione possono sopportare in termini di prelievo ittico. Tutto questo include anche la comprensione del rapporto fra i sessi e l’età alla quale femmine e maschi raggiungono la maturità sessuale. Stefan spiega quanto fosse importante avere uno strumento che potesse indicare quando i pesci effettivamente cambiano sesso, il Team ha stabilito di porre la propria attenzione sull’orecchio, in particolare sugli Otoliti, che si sviluppano secondo una struttura lamellare, e mostrano una crescita stagionale, tanto da fornire informazioni utili sulla crescita dell’individuo è importante per determinare l’età dell’animale. Gli scienziati hanno ipotizzato che il sistema di modificazione del sesso, possa influenzare la crescita dell’otolite, lasciando una “firma” per conoscere quando l’animale ha cambiato sesso. Con soddisfazione hanno scoperto una densa regione nel materiale dell’otolite che corrisponde esattamente al periodo nel quale l’animale da loro osservato, una piccola Perchia di barriera, ha cambiato il proprio sesso da femmina a maschio. Hanno inoltre osservato che, appena i nuovi maschi acquisivano un harem di femmine, il loro otolite iniziava a crescere più rapidamente, ed in una direzione differente di quando erano femmine. E più femmine avevano, più velocemente il loro “orecchio” cresceva. Ulteriori ricerche sono in campo per nuovi sviluppi sugli argomenti. L'articolo originale è disponibile qui!

03 Mar 2009

SCOPERTA UNA NUOVA VARIANTE DELLA TOSSINA RESPONSABILE DELLA DSP

E' noto che il consumo di mitili e ostriche può avere spiacevoli effetti, a volte anche molto gravi, causati dalla presenza in questi molluschi di potenti tossine prodotte da alghe, batteri e virus acquatici, che si accumulano negli organi filtratori di questi organismi. Ora è stata scoperta una nuova variante della tossina responsabile della diarrea da molluschi (Diarrhetic Shellfish Poisoning o DSP), da parte di un gruppo di dottorandi e tesisti della Norwegian School of Veterinary Science. La variante provocherebbe una forma meno virulenta della Sindrome DSP, che è possibile contrarre non solo attraverso il consumo di mitili e ostriche contaminate, ma anche attraverso il consumo di granchi, in particolare della specie Cancer pagurus che si nutre di questi moluschi.

03 Mar 2009

STUDIARE IL PALEOCLIMA PER VEDERE QUELLO FUTURO (evento concluso)

Un’ Equipe di ricercatori, si riunirà Giovedì 5 Marzo 2009 in un convegno organizzato dall’OGS per presentare i risultati della campagna di ricerca del 2008 svoltasi nelle Isole Svalbard, a bordo della nave OGS-Explorer. Il convegno vuole far notare come studiando il Paleoclima si possono stilare previsioni, sul futuro dei cambiamenti climatici, e analizzare la stabilità dei margini continentali per meglio comprendere il rischio di verificarsi di tsunami, pianificando al meglio le attività umane in mare. Il progetto Eglacom, lo studio geofisico dettagliato di un sistema di stratificazione del fondale marino denominato da “ice streams” (ghiacciai) condotto dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) alle Isole Svalbard. La ricerca è utile per comprendere, i fenomeni d’instabilità sottomarina e ricostruire l’evoluzione del margine artico a partire dall’inizio delle condizioni glaciali, dal Pliocene, 20.000 anni fa, fino all’ultima deglaciazione, con particolare attenzione ai cambiamenti della morfologia del fondo. Nell’anno 2009 è prevista una nuova crociera, per monitorare e studiare l’andamento dei cambiamenti climatici, nelle regioni circumpolari del Nord Atlantico, con uno studio anche delle zone d’accumulo dei gas idrati, considerati una possibile risorsa energetica per il futuro, e dell’individuazione di nuove aree e riserve energetiche fossili.

23 Feb 2009

200 MILIONI DI ANNI FA LE PRIME ALGHE IN COLONIE

La scoperta dell'equipe di biologi dell’Università dell’Arizona a Tucson guidati da Matthew D. Herron retrodata di molto l'evento di passaggio da forme singole a forme coloniche delle alghe appartenenti al genere Volvox, , che finora veniva situato temporalmente circa 50 milioni di anni fa, a ben 200 milioni di anni! Articolo completo sulla rivista PNAS BIOLOGY!

11 Feb 2009

LE PRIME TRACCE DI VITA ANIMALE

Rinvenuti alcuni composti chimici prodotti esclusivamente da un gruppo di spugne, oggi molto diffuse, risalenti a 635 milioni di anni fa. 100 milioni di anni prima dell'esplosione del Cambiano vi erano già le condizioni per la presenza di animali pluricellulari... continua!