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30 DICEMBRE
STRAGE DI FOCHE IN ALASKA: RELAZIONE CON FUKUSHIMA?
A ottobre Greenreport.it aveva dato la notizia di una malattia misteriosa che da luglio stava facendo strage di foche dagli anelli (Pusa hispida) lungo le coste artiche dell' Alaska; ora gli scienziati stanno indagando se questo possa essere la conseguenza del disastro nucleare della centrale giapponese di Fukushima Daiichi.
La malattia, che si presenta con lesioni sanguinanti sulle pinne posteriori, irritazioni della pelle, intorno al naso, agli occhi, perdita di peli e chiazze sulle pellicce. Alcuni dei mammiferi malati mostrano un respiro affannoso e appaiono letargici. Le autopsie hanno rivelato liquido nei polmoni, macchie bianche sul fegato e crescite anomale (tumori?) nel cervello. Alcune foche e trichechi hanno linfonodi sottodimensionati, il che può indicare un sistema immunitario compromesso. Gli scienziati non hanno ancora individuato la causa di questa malattia, ed escludono patologie virali, quindi sono in corso test per scoprire se il fattore scatenante siano le radiazioni prodotte dagli scarichi di sostanze radioattive nell'Oceano Pacifico dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi dell'11 marzo.
Sintomi simili sono stati segnalati anche in popolazioni di foche dagli anelli in Russia e in Canada: "Anche se non è chiaro se gli eventi siano collegati alla malattia - afferma un portavoce della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) - la tempistica e la localizzazione della malattia suggerisce la possibilità di una trasmissione tra le popolazioni, o l'esposizione condivisa ad una causa ambientale".
Le misurazioni della radioattività in mare non hanno mostrato alcuna prova di elevate radiazioni nel Pacifico statunitense dopo il terremoto in Giappone. A novembre le agenzie federali Usa e i loro partner hanno istituito il Working Group on Marine Mammal Unusual Mortality Events, un gruppo di esperti provenienti da istituzioni scientifiche e universitarie, organizzazioni ambientaliste e agenzie statali e federali, per capire se le morti di foche e trichechi rappresentino un evento insolito di mortalità.
John Kelley, professore emerito all'Institute of Marine Science dell'University of Alaska Fairbanks, ha spiegato alla Reuters: "Abbiamo recentemente ricevuto campioni di tessuto prelevati da animali malati catturati vicino alla St. Lawrence Island, con la richiesta di esaminare il materiale per la radioattività. C'è la preoccupazione, espressa da diversi membri delle comunità locali, che ci possa essere qualche relazione con i danni ai reattori nucleari di Fukushima. I risultati dei test non saranno disponibili per diverse settimane".
I test, comunque, proseguono per una vasta gamma di possibili fattori: malattie collegate al sistema immunitario, funghi, biotossine artificiali, inquinanti, stress legato allo scioglimento del ghiaccio marino e, appunto, esposizioni alle radiazioni. Queste indagini potrebbero richiedere mesi o anche anni di raccolta dati e analisi.
Fonte: GreenReport.
PESCA ILLEGALE: GOVERNO ASSENTE E ASSOCIAZIONI DEI PESCATORI.. PURE
Il governo non ha ascoltato le associazioni ambientaliste e nemmeno le richieste di Parlamento e Conferenza Stato Regioni sulla pesca illegale e ora, secondo Greenpeace, Legambiente, Marevivo e Coalizione Ocean 2012, il Decreto Legislativo di Riassetto della Pesca e Acquacoltura, che è stato emanato ieri dal Consiglio dei Ministri e che doveva dare attuazione ai Regolamenti CE sulla pesca illegale e sui controlli, fa correre grossi rischi al nostro Paese.
"Il Decreto Legislativo aveva come obiettivo la creazione di un sistema sanzionatorio e di controlli per combattere efficacemente la pesca illegale e, come dicono i Regolamenti Europei, puntando su infrazioni gravi a cui devono essere comminate sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. E invece, il testo base presentato al Parlamento per il parere, mostra diversi punti di difformità dal dettato comunitario, sia per quanto riguarda la lista delle infrazioni gravi sia per quanto riguarda le sanzioni, insufficienti e certamente non dissuasive. Si parla, infatti, di sanzionare alcune fattispecie gravi di infrazioni altamente impattanti e devastanti che causano grossi danni alle risorse come la pesca senza licenza, con attrezzi vietati, in tempi e zone vietate, a specie il cui contingente è esaurito, con una bassa sanzione amministrativa. Quando invece l'Unione Europea ritiene che tali casi di pesca illegale siano così gravi da compromettere tutta la gestione della Politica Comune della Pesca".
Nel passaggio in Parlamento, tutte le Commissioni competenti avevano sollevato dubbi sulla conformità del testo con le richieste comunitarie di inasprire in maniera significativa le sanzioni e rimandato al governo pareri con osservazioni. Lo stesso ha fatto la Conferenza Stato-Regioni che ha riconosciuto l'inadeguatezza dell'impianto sanzionatorio del Decreto Legislativo, invitando dunque il Governo a modificarlo.
Per Greenpeace, Legambiente, Marevivo e Coalizione Ocean 2012 "Le misure inadeguate di questo Decreto Legislativo, per l'Italia rischiano di aprire un altro contenzioso con l'Unione Europea, nonostante la procedura d'infrazione sulla pesca illegale con le reti derivanti notificata dalla Commissione Europea lo scorso settembre e per la quale il nostro Paese potrebbe incorrere in una multa di 120 milioni di euro - concludono le Associazioni". Fonte: GreenReport.
Di seguito il comunicato delle associazioni dei pescatori, pubblicato dall'Ansa:
Con il decreto contenente misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, approvato dal consiglio dei ministri "vogliamo dare un chiaro segnale di contrasto alla pesca illegale e cominciare un percorso che, in attuazione della legge delega, ci consenta di dotare il comparto di una disciplina semplificata, organica ed in linea con le disposizioni comunitarie". Lo afferma il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Mario Catania, sottolineando che "in particolare abbiamo razionalizzato le norme relative ai controlli e alle frodi nel settore ittico e dell'acquacoltura e previsto adeguate sanzioni". Il decreto, in attuazione della delega contenuta nella Legge Comunitaria 2009*, "definisce con chiarezza - ha proseguito il Ministro - le varie attività professionali e non professionali del settore, dando così dei confini sicuri anche alla pesca non professionale, individuata come quell'attività che sfrutta le risorse acquatiche marine vive per fini ricreativi, turistici, sportivi e scientifici. Si tratta di un intervento importante per dare certezza ad un settore che più di altri è stato toccato dalla crisi ed anche per questo è stata introdotta la figura professionale del giovane imprenditore ittico, che da oggi potrà accedere ai benefici previsti dalla legge per tale categoria".
* Legge Comunitaria 2009 (Legge 4 giugno 2010, n. 96): prevede novità in materia di caccia, pellicce di foche, rifiuti e pesca (ricambio generazionale, valorizzazione del ruolo multifunzionale dell’impresa di pesca e acquacoltura, sviluppo delle risorse marine e dell’acquacoltura - privilegiando le iniziative dell’imprenditoria locale - prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata).
29 DICEMBRE
SEGNALATA L'URIA CALIFORNIANA, RITENUTA ESTINTA DAL 1912
Sensazionale scoperta da parte dei ricercatori dell'US Geological Survey (USGS) e del National Park Service (NPS), che hanno segnalato alcuni esemplari di Uria aalge californica, non più avvistata da quasi un secolo.
"Questa è un’entusiasmante scoperta, certamente una scoperta storica. Le urie sembrano aver ristabilito la loro popolazione precedente nel Sud, magari beneficiando delle condizioni del mare presente. Le condizioni del Canale di Santa Barbara sono state eccezionalmente produttive negli ultimi dieci anni. Sebbene molti fattori influenzano la ridistribuzione della popolazione ed il recupero, senza dubbio le urie della Prince Island beneficiano delle acque relativamente fresche, dell’aumento della produttività dell’oceano e dei cambiamenti nella disponibilità di pesce per il foraggiamento" ha dichiarato un raggiante Josh Adams, esperto di uccelli marini del Centro di Ricerca Ecologica dell’USGS, annunciando la scoperta. Fonte: Ecologiae.
DA UNA LUMACA DI MARE I SEGRETI DELL'APPRENDIMENTO
Aplysia californica: è il nome scientifico di una piccola chiocciola di mare, molto usata dai neuroscienziati per le sue particolari caratteristiche, tra cui le grandi dimensioni dei suoi neuroni: fu proprio studiandola che, negli anni sessanta, il premio Nobel Eric Kandel scoprì che il processo di apprendimento avviene attraverso la creazione di nuove sinapsi - le connessioni tra i neuroni - o il rafforzamento di quelle già presenti, fondando in pratica le moderne neuroscienze.
Ora, una recente ricerca condotta presso l'University of Texas Health Science Center di Houston (UTHealth) si è servita di Aplysia come modello animale per chiarire alcuni meccanismi chiave dei processi di memoria e di apprendimento. Sulla base di studi precedenti che avevano identificato proteine implicate nei meccanismi di memoria, gli studiosi hanno realizzato un modello metamatematico che permette di capire quando la scansione temporale dell'attività di queste proteine è allineata con la migliore esperienza di apprendimento.
Lo schema temporale delle sessioni di apprendimento, infatti, finora si basava su prove ed errori, ma in modo sostanzialmente arbitrario. Se il modello dovesse dimostrarsi efficace negli studi di follow up, potrebbe essere utilizzato per identificare i periodi in cui il potenziale di apprendimento è massimo.
"Quando si conduce una sessione di addestramento, si stanno inducendo differenti reazioni chimiche: l'idea è quella di trovare quella che si trova in sincronia con la dinamica del processio biochimici", ha spiegato John H. Byrne, autore senior dello studio apparso su Nature Neuroscience e direttore del dipartimento di Neurobiologia e Anatomia della UTHealth Medical School.
Nel corso dello studio sono stati considerati due gruppi di chiocciole: il primo è stato sottoposto a sessioni d'apprendimento a intervalli irregolari secondo uno schema previsto dal modello matematico; il secondo ha invece seguito sessioni di addestramento a intervalli di 20 minuti.
Cinque giorni dopo il completamento delle sessioni di apprendimento è stato rilevato un significativo incremento nella memoria nel gruppo addestrato secondo lo schema computerizzato, mentre nel secondo gruppo non è stato riscontrato alcun incremento.
Per confermare il risultato, i ricercatori hanno poi analizzato i neuroni delle chiocciole, rilevando effettivamente una maggiore attività in quelle che avevano ricevuto il programma di addestramento migliorato. Fonte: LeScienze.
28 DICEMBRE
SONO DUE LE TARTARUGHE MARINE SPIAGGIATE NEL PESARESE
Sono due gli esemplari di Caretta caretta rinvenuti lungo il litorale pesarese. La notizia di un esemplare spiaggiato in località Torrette di Fano risale a qualche giorno fa; l'animale è stato segnalato a FanoTv da un passante. Un altro esemplare è stato trovato a Marotta; quest'ultimo era in avanzato stato di decomposizione e probabilmente nessuno lo ha segnalato alla stampa locale. Noi di biologiamarina.eu lo abbiamo fotografato nella giornata di ieri.
Purtroppo sono sempre di più le tartarughe marine che muoiono lungo le nostre coste, a volte deliberatamente uccise, come l'esemplare rinvenuto, sempre a Marotta, nel 2008, a volte vittime della "pesca accidentale" e dell'inquinamento.
Sopra, a sinistra l'esemplare rinvenuto a Torrette di Fano, a destra quello trovato a Marotta.
RUSSIA: L'IMPIANTO DI MAJAK CONTINUA A SCARICARE SCORIE RADIOATTIVE NEL FIUME TECHA
Vladimir Slivyak, dell'associazione Ambientalista russa Ecodefence! ha rivelato a Bellona News, che la sua Ong è riuscita ottenere ed ha inviato ai media una sentenza di un tribunale che conferma quanto il monopolista statale del nucleare russo, Rosatom, ha pervicacemente negato per anni: "il famigerato impianto di ritrattamento delle scorie nucleari di Mayak, negli Urali, non ha mai smesso di scaricare i sottoprodotti radioattivi del ritrattamento nel vicino fiume Techa, la fonte di approvvigionamento idrico domestico per migliaia di abitazioni dell'area".
Il documento smentisce Rosatom, che continua a insistere su come da decenni sia stato interrotto lo scarico illecito di scorie radioattive killer dell'ambiente, con le attuali attività che rispettano tutti gli standard di sicurezza internazionali. L'impianto di Mayak, nella città nucleare chiusa di Ozersk, è l'unico operativo in tutta la Russia per il ritrattamento di combustibile nucleare esaurito dei reattori Vver-440 e dei sottomarini nucleari, ma riprocessa anche combustibile importato da altri paesi. Da decenni sversa veleno radioattivo nel fiume Techa e da qui del lago Karachai che, secondo il sito internet Moniker, sono i posti più contaminati da radiazioni di tutto il pianeta. A Mayak è anche avvenuta nel 1957 (ma resa nota solo nel 1989), la più grande catastrofe nucleare della storia dopo quelle di Chernobyl e di Fukushima Daiichi, conosciuta come il disastro di Kyshtym, quando esplose un container con scorie altamente radioattive nella Mayak Chemical Combine, contaminando circa 20.000 km quadrati e 270.000 persone. News integrale su GreenReport.
SANTUARIO CETACEI: A FEBBRAIO TAVOLO TECNICO
Il Santuario dei Cetacei, quel tratto di mare dell’alto Tirreno delimitato dalla costa francese, dalla Sardegna e dalla costa Toscana, dopo 10 anni di iniziative sta per essere davvero protetto. A dare l’annuncio è Greenpeace, una delle associazioni ambientaliste che più hanno contribuito a tutelare e salvaguardare i mammiferi marini e l’ecosistema di questa piccola area del Mediterraneo.
Greenpeace da diverso tempo aveva lamentato il degrado e l’inquinamento del Santuario dei Cetacei. Come si è appreso nel rapporto Veleni a galla. Fonti inquinanti nel Santuario dei Cetacei presentato l’ottobre scorso a Genova, a minacciare i mammiferi marini e l’ecosistema dei mari sono metalli pesanti, composti organici volatili e IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici). Ma l’associazione ambientalista non è andata in vacanza durante il Natale e ha continuato a sostenere la sua causa. Già a fine novembre il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, si era impegnato a convocare un tavolo tecnico con le amministrazioni della Sardegna e della Toscana per fare il punto della situazione e per comprendere come intervenire per salvare il Santuario dei Cetacei. Il presidente della Toscana, Enrico Rossi, aveva a suo tempo dato disponibilità ad incontrare gli altri presidenti ed ora, dopo mesi di attesa, viene fissato il giorno del tavolo tecnico, slittato a febbraio a causa delle alluvioni e delle frane che hanno interessato la regione Toscana. Il Santuario dei Cetacei sarà oggetto di discussione di un tavolo tecnico che verrà convocato entro il 29 febbraio 2012. A cuore dei presidenti delle regioni interessate è la salute e la salvaguardia delle balene e delle coste, così come per gli attivisti di Greenpeace che, guidati dalla responsabile della Campagna Inquinamento, Vittoria Polidori, daranno il loro prezioso contributo per sostenere la causa ed eliminare l’inquinamento in quest’area protetta e molto vulnerabile dell’alto Tirreno. Fonte: Ecologiae.
GIAPPONE: FILMATI I DELFINI INGABBIATI NELLA BAIA DI TAIJI
Sono stati filmati pochi giorni addietro i delfini prigionieri delle micro vasche della città costiera giapponese di Taiji (vedi video). Sono i prescelti per i delfinari. Nel mare rosso sangue (in Giappone i delfini vengono macellati per l’alimentazione umana), si aggirano i mandanti dei delfinari che scelgono gli animali reputati idonei al duro e ripetitivo addestramento.
I branchi di delfini vengono captati al largo delle coste occidentali giapponesi e spinti, grazie ad una vera e propria barriera sonora provocata da una fila di imbarcazioni, all’interno di alcune baie. Tra queste quella di Taiji, nella costa sud occidentale giapponese. Quando gli animali sono ormai entrati nella baia, viene calata una rete per bloccare l’entrata dell’insenatura. Il giorno dopo i macellai provvederanno ad uccidere i delfini, finendoli, una volta a riva, con un profondo taglio alla gola. I responsabili dei delfinari, scelgono invece gli individui da trasferire nelle strutture della cattività acquatica. In Italia non risultano delfini prelevati a Taiji, ma ve ne sono di cattura, tra cui alcuni provenienti da una struttura texana che ha a sua volta importato dal Giappone. La realtà è che una volta entrati nel circolo delle compra-vendite e scambi tra delfinari, nessuno può sapere esattamente la fine che faranno. Questo anche alla luce del fatto che i certificati Cites che dovrebbero sempre accompagnare gli animali, sono troppo spesso, facilmente falsificabili.
Intanto a Taiji, i delfini rimangono prigionieri delle piccole vasche in attesa del loro trasferimento. Sea Shepherd, che da mesi mantiene un presidio nella baia, è riuscita a documentarli. Nel corso dei giorni di Natale, non vi sono state mattanze, ma tra poco si inizia di nuovo. La caccia al delfino, infatti, è autorizzata fino al 31 marzo. I delfini prigionieri delle piccole vasche, in attesa di essere trasferiti nei delfinari, sono lì per l’arroganza e l’avidità umana, dicono quelli di Sea Shepherd che ricordano anche il loro attivista, Erwin Vermeulen, da alcuni giorni in stato di arresto nella città di Shingu (vedere news del 21 dicembre). È un cittadino olandese, ma gli è stata negata sia l’assistenza della sua ambasciata che di un avvocato giapponese. È stato riconosciuto da un dipendente della struttura detentiva (di delfini) del Dolphin Resort Hotel di Taiji. "Sono stato spintonato", ha riferito il dipendente. Quanto è bastato, pur senza alcun testimone, per arrestare Erwin Vermeulen, che potrà rimanere in gattabuia per 38 giorni di fila.
Un piano per sbarazzarsi della presenza degli attivisti, sostengono in molti. L’appello di Sea Shepherd, è quello di inviare email, fax, lettere ma anche telefonate alle ambasciate e consolati giapponesi, in ogni parte del mondo si trovino. I vostri sforzi, dicono gli ambientalisti, porteranno alla fine degli orrori di Taiji. Per i poveri delfini, invece, li attende l’avvilente addestramento del cosiddetto rinforzo positivo. Gli animali, presi per fame, compiono un esercizio solo per riceve un pesce come ricompensa. L’esercizio deve essere ripetuto ogni giorno, anche quando il delfinario, ad esempio nel periodo invernale, è chiuso. Anzi viene ripetuto anche negli intervalli tra uno "spettacolo" e l’altro. Fonte: GeaPress.
DISASTRI PETROLIFERI: COME SI DEVASTA L'AMBIENTE IN RUSSIA E IN NIGERIA
RUSSIA: sarà l'immensa vastità di un territorio inospitale, ma la Russia sembra badare poco a cosa finisce nell'ambiente. Dai rifiuti nucleari a quelli chimici, vaste aree sono irrimediabilmente contaminate. E non crediate che sia tutta colpa dei russi: mezza Europa ha clandestinamente approfittato di tale noncuranza, andando a sversare porcherie in Siberia per non sciupare il proprio prezioso territorio. Qualcuno ricorderà lo scandalo dei fusti nucleari francesi buttati nei campi siberiani, così, a cielo aperto.
Gli sversamenti sono uno stillicidio che dura da decenni, e pare che la Russia abbia battuto persino la sventurata Nigeria quanto a buchi in oleodotti e vecchi pozzi. Non è chiara neppure l'entità del disastro: ai report che dichiarano 500 mila tonnellate di petrolio che finiscono nei fiumi ogni anno, si aggiunge la stima del Ministero dello Sviluppo Economico russo, che arriva ai 20 milioni di tonnellate. In Russia ogni sversamento inferiore alle 8 tonnellate è classificato come semplice incidente e non viene neppure riportato. Come non vengono riportati i numerosissimi incidenti che accadono nella tundra o nelle foreste del Nord, dove un foro di un oleodotto che perde può andare avanti anni senza che nessuno se ne accorga.
Adesso si lancia l'allarme per le nuove trivellazioni nell'Artico. Ora che la Russia esce dai propri confini, ci si preoccupa per l'ambiente di tutti. Finché si trattava di tundre e foreste "private" erano affari loro. Tutta questa immondizia ce la ritroveremo sul collo nei prossimi decenni, quando nessuno avrà più neanche le risorse economiche per porvi rimedio. Fonte: Blogosfere.
NIGERIA: non fa certo notizia come una marea nera nel Mediterraneo o negli States, l'ultimo sversamento di petrolio nel mare della Nigeria. Anche perché quel disgraziato Paese è ormai diventato una wasteland, una terra desolata, dove l'inquinamento da petrolio è ovunque e fa parte del paesaggio.
Eppure lo dice la stessa Shell, che si tratta del peggiore disastro petrolifero degli ultimi 10 anni. Lo sversamento è avvenuto al largo del delta del Niger, durante un travaso di greggio da una piattaforma deepwater a una petroliera: si tratta di ben 40 mila barili di petrolio finiti in mare a 120 chilometri dalla costa, causando una macchia di quasi mille km quadrati.
È la prima volta che un simile disastro, in Nigeria, viene fotografato da satellite e finisce rapidamente su Internet. Il sito SkyTruth ha pubblicato qui altre foto. Non credo che la notizia farà il giro del mondo. A nessuno importa nulla di quel che succede a quelle latitudini. Fonte: Blogosfere.
TUTTA LA FAUNA DI UN LAGO IN UNA GOCCIA D'ACQUA
Rintracciare la biodiversità di un intero lago da un piccolo campione di acqua. Ci è riuscita un’équipe di ricercatori danesi, allo scopo di assicurare un monitoraggio più efficace e rapido delle specie rare in via d’estinzione.
Lo studio, effettuato dal Natural History Museum of Denmark, è stato pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Molecular Ecology. Una delle firme, il dottorando Philip Francis Thomsen, ha spiegato che anche in una piccola quantità di acqua è possibile identificare diverse forme di vita, tramite le analisi del DNA ambientale.
La ricerca, condotta su oltre cento laghi e corsi d’acqua di tutta Europa, ha dimostrato che questo metodo rileva anche le specie molto rare e non solo la presenza degli animali più comuni e numerosi. Questa tecnica è più economica e rapida e potrà essere utilizzata per controllare lo stato di conservazione delle specie.
Inoltre sarà uno strumento utile per determinare le specie a rischio estinzione, non più sulla base del pescato, bensì sui risultati di questi prelievi. Analisi maggiormente attendibili che forniscono indicazioni precise sulla popolazione, più o meno nutrita, presente nelle acque. Fonte: Ecoblog.
23 DICEMBRE
RIFIUTI: ARRIVANO LE MAXI-SANZIONI
Dal 25 dicembre, chi "abbandonerà" i rifiuti per strada, in mare o nei fiumi, potrebbe trovarsi a scartare uno sgradito 'regalo': una multa da un minimo di 300 a un massimo di 3 mila euro, che raddoppia nel caso di rifiuti pericolosi, quindi fino a 6 mila euro (prima si andava invece da 25 a 150 e da 105 a 620 per quelli pericolosi).
Proprio il giorno di Natale, infatti, entrerà in vigore il DLGS 205 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre scorso), che dà attuazione alla Direttiva Europea Rifiuti 2008/98 e che prevede, peraltro, una maxisanzione per chi lascia avanzi e scarti per strada oppure li getta in mare o in acqua.
Carte e confezioni dei regali, stoviglie usa e getta e avanzi del cenone della vigilia... Quale giorno migliore di quello di Natale per testare la validità del nuovo provvedimento? Per quanto riguarda gli scarti delle grandi abbuffate, un'indagine della Confederazione italiana agricoltori ha stimato che nelle due settimane di festa finiranno nella spazzatura più di 500.000 tonnellate di cibo, circa il 25% della spesa totale alimentare per le festività.
Il DLGS 205 prevede anche l'assunzione di impegno da parte di Regioni, Province e Comuni per incentivare la raccolta differenziata. Al di là del ruolo delle istituzioni, resta però un punto cruciale la responsabilità di ogni cittadino. Fonte: IlCambiamento.it.
LA Coppa di Nettuno NON È ESTINTA
Al largo delle coste di Singapore, nelle calde acque del Pacifico, I biologi hanno trovato, durante un'immersione, due esemplari Cliona patera, una specie di spugna che si credeva estinta da oltre un secolo. La scoperta è stata confermata da Lim Swee Cheng, biologo dell'Università di Singapore, ed esperto di spugne.
Questo porifero, che deve il suo nome alla forma simile ad un vaso e alla divinità marina della mitologia romana, fu oggetto di una pesca indiscriminata nell'Ottocento, quando era prelevato per finire nei bagni delle case dell'alta società. Questa spugna, infatti, può raggiungere dimensioni considerevoli, superiori anche al metro; veniva usata come una sorta di vasca. L'ultimo avvistamento risale al 1908 ma oggi, con il ritrovamento di due giovani esemplari del diametro di appena 30 centimetri, si potrà attivare una strategia di conservazione dell'animale. A tale scopo è già stato pianificato un protocollo di studio per seguire e analizzare le due spugne "superstiti" durante il percorso di crescita. Fonte: Edinat.
22 DICEMBRE
QUOTE PESCA, NESSUNA DIMINUZIONE
In questi giorni i ministri degli Stati membri hanno raggiunto un accordo sulle quantità totali di pesce che i pescherecci Ue potranno prendere il prossimo anno: molte delle quote proposte dalla Commissione Europea verranno aumentate.
Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish, esprime la sua delusione: "Con questo accordo si fa purtroppo un passo indietro, non rispettando i dati forniti dalla comunità scientifica che segnalano chiaramente una sofferenza degli stock ittici. Si era chiesto all’Unione Europea uno sforzo per dare continuità agli impegni presi e addirittura diminuire le quote. Ancora una volta, invece, hanno il sopravvento gli interessi nazionali e non si prendono in considerazione piani a lungo termine, che sono anche gli unici a poter dare risultati concreti".
Secondo una prima analisi condotta dall’organizzazione Oceana, i limiti di pesca che sono stati approvati non rispetterrebbero le raccomandazioni della comunità scientifica relative al raggiungimento dei rendimenti massimi sostenibili volti a conservare le popolazioni ittiche. Gli Stati membri - ha riferito Oceana - hanno respinto la "proposta precauzionale" presentata a novembre dalla Commissione e hanno innalzato le quote di pesca sulla base di interessi nazionali a breve termine.
Ma i ministri hanno salutato con favore l'approccio equilibrato dell'accordo, volto a proteggere le flotte da pesca nazionali. Il Ministro della Pesca del Regno Unito, Richard Benyon, ha detto di aver assicurato alla Gran Bretagna il miglior accordo possibile; il Ministro irlandese dell'Agricoltura, Simon Coveney, ha dichiarato che le quote "permetteranno alla flotta da pesca irlandese di guardare con ottimismo al 2012".Nelle acque inglesi e irlandesi l'innalzamento delle quote è stato compensato da un aumento delle restrizioni sul numero di giorni in cui la pesca è consentita [...], comunque diverso rispetto alla proposta originaria della Commissione.
Nel corso dell'incontro sono state fissate in particolare le quote di pesca per il Mare del Nord, l'Oceano Atlantico e il Mar Nero, mentre le quote per il Mar Baltico erano già state concordate in ottobre. È stata inoltre modificata la proposta avanzata dalla Commissione di fissare delle quote predefinite per gli stock di pesce di cui non si abbiano sufficienti dati, per i quali si è stabilita una quota generale del 15 o 25%, mentre per gli stock di cui si abbiano "buoni dati" a disposizione il contingente é stato ulteriormente abbassato [...].
Secondo Louize Hill, responsabile per la pesca del gruppo ambientalista WWF, l'accordo preso dai ministri sarebbe in contraddizione con gli obiettivi delle riforme della Politica Comune della Pesca (PCP) che sono stati proposti nel corso di quest'anno. "Siamo un po' confusi: si dovrebbero gettare le basi per la prossima riforma, ma (i ministri) sembrano ignorarlo", ha dichiarato la Hill. Ne è esempio la decisione presa nell'ambito dell'accordo UE - Norvegia sottoscritto venerdì, che prevede di abbandonare un piano di gestione a lungo termine per le aringhe, quando proprio la gestione a lungo termine viene considerata un pilastro centrale della riforma [...].
Sempre venerdì ma in altra sede, il Marocco ha annunciato di avere iniziato ad allontanare dalle sue acque territoriali i pescherecci europei, in seguito alla bocciatura da parte del Parlamento Europeo del rinnovo dell'accordo di pesca UE - Marocco. [...]
I ministri sono stati inoltre informati dalla Commissione sulle misure da adottare nei confronti dei paesi che praticano una pesca non sostenibile; la proposta é stata generalmente accolta con favore dai ministri, che hanno sottolineato la necessità per l'UE di uno strumento specifico volto a proteggere le riserve ittiche dei paesi vicini. Fonte: SlowFood [Nota di biologiamarina.eu: in questo casi la domanda sorge spontane: cosa dicono ora le associazioni dei pescatori, Federcoopesca in primis, che giustifica sempre con 'argomenti antiscientifici' decisioni di comodo, mentre ora, che di scientifico nulla è stato fatto, palesa solamente silenzi?].
USA: SARANNO RIDOTTE LE EMISSIONI DI MERCURIO
L'Environmental Protection Agency (EPA) ha adottato i nuovi Mercury and Air Toxics Standard, le misure di protezione contro le emissioni di mercurio delle centrali a carbone, che sversano centinaia di tonnellate all'anno di mercurio nell'aria, nei fiumi e nelle falde idriche. Il mercurio viene poi biomagnificato e contamina uccelli acquatici, pesci, mammiferi marini e minaccia in particolare la salute dei bambini e delle donne incinta. I nuovi standard di protezione sostituiscono quelli adottati dall'amministrazione Bush, che sono stati più volte respinti da diversi tribunali statunitensi perché ritenuti insufficienti. Le emissioni saranno ridotte del 90%.
21 DICEMBRE
RACCOMANDAZIONE ICCAT SUL PESCE SPADA
La ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas), ha adottato, in occasione del suo ventiduesimo Meeting, la Raccomandazione sul Pesce Spada Mediterraneo.
Come già in atto per il tonno rosso, le imbarcazioni che praticano la pesca ricreativa o sportiva del pesce spada, dovranno essere autorizzate.
Il dibattito sull'argomento è particolarmente caldo, come testimoniato anche dal gruppo di lavoro ad esso dedicato dal Consiglio Consultivo Regionale del Mediterraneo (CCR-MED), tenutosi lo scorso settembre a Malta.
Nonostante la pressione delle istituzioni internazionali, nel Mediterraneo continua ad essere eccessiva la pesca del pesce spada. Le strategie di intervento puntano sull'aumento della selettività degli attrezzi e sui periodi di fermo, anche per ridurre la strage di pesci spada di piccola taglia.
Sono fissati due periodi di divieto di cattura e sbarco, dal 1 ottobre al 30 novembre e, per un ulteriore mese ancora da definire, nel periodo dal 15 febbraio al 31 marzo.
L'ICCAT raccomanda per la prima volta, una misura minima per il pesce spada nel Mediterraneo, fissandola a 90 cm o 10 kg di peso, mentre nella normativa italiana ( DPR 02/10/1968 n.1639 ), è 140 cm. Per le caratteristiche tecniche degli attrezzi, l'ICCAT indica in 2800 (duemilaottocento) il numero massimo di ami, che devono misurare in altezza non meno di 7 cm, utilizzabili su palangari che non devono superare i 55 (cinquantacinque) chilometri di lunghezza.
Scarica la Raccomandazione ICCAT in formato pdf Fonte: APR.
ABBRACCIO ETERNO NEGLI ABISSI
OggiScienza segnala un altro video delizioso della serie Creature Cast. Lara Crystal ci racconta una storia avvincente e poco nota. Alcune specie abissali di rana pescatrice, hanno modalità di accoppiamento davvero singolari. Gli scienziati si sono insospettiti quando hanno realizzato che gli individui pescati erano tutti di sesso femminile. Che fine fanno i meschi? E cos’è quella strana appendice sul corpo delle femmine? Guardate il video e scoprirete la storia di un 'abbraccio eterno' degno d’un film di fantascienza.
NO ALLA CHIUSURA DELLE "AREE STORICHE" DI PESCA DEI TONNI
La Commissione Pesca del Parlamento Europeo ha respinto gli emendamenti presentati dall’europarlamentare Raül Romeva i Rueda, con l’obiettivo di modificare in senso restrittivo il piano pluriennale di ricostituzione degli stock di tonno. Lo annuncia la Federcoopesca-Confcooperative, soddisfatta per l’esito della votazione che si è tenuta oggi a Bruxelles. "Una decisione che condividiamo perché le proposte avanzate, ovvero la creazione di zone di divieto assoluto di pesca proprio dove questa storicamente viene praticata, erano una limitazione ingiustificata della libertà di impresa. È stata bloccata una proposta ideologica, grazie anche all’intervento del vicepresidente del PE Guido Milana, senza fondamenti scientifici" sottolinea Massimo Coccia, presidente dell’associazione. Su questo tema, il voto in sessione plenaria dell’europarlamento è previsto per metà gennaio. Fonte: Federcoopesca [Nota di biologiamarina.eu: le rappresentanze dei pescatori permangono sulle loro posizioni, senza mai affrontare scientificamente le problematiche della pesca, definendo le altrui posizioni ideologiche e prive di "fondamenta" scientifiche. Se un'area di pesca è da sempre sfruttata, non giustifica comunque alcuna presa di posizione, peraltro superficiale e non mirata alla tutela del pescato a lungo termine. Quale altra giustificazione troveranno quando la pesca del tonno collessaerà definitivamente?].
PERDITE "ACCIDENTALI" DI PETROLIO IN RUSSIA: SEI VOLTE LE QUANTITÀ DELLA DEEPWATER HORIZON
Il mondo si è scandalizzato quando, per tutta l’estate dello scorso anno, nel Golfo del Messico, il popolo più tecnologicamente avanzato del pianeta, non riusciva a chiudere un "buco" da cui fuoriuscivano litri e litri di petrolio greggio. Ma oggi si scopre che in Russia ogni anno c’è una fuoriuscita di petrolio che inquina il territorio, creando disastri ecologici enormi, per una quantità di circa 6 volte superiore alla vicenda della BP. Nessuno si scandalizza soltanto perché…non è mai stato reso noto.
Lo ha scoperto l’Associated Press che ha stimato in circa 5 milioni di tonnellate di petrolio (l’1% della produzione nazionale), le perdite che ogni anno il paese ex Sovietico spreca, disperdendole nell’ambiente.
Il motivo è da ricercare nelle infrastrutture fatiscenti che, con il clima rigido, si ritrovano piene di buchi. Un po’ come la rete idrica italiana, solo che stavolta non si perde acqua ma petrolio.Il combustibile filtra dalle condutture arrugginite e dai pozzi, contamina il suolo, uccide gli animali e le piante che crescono in quelle zone e, di circa 5 milioni di tonnellate, almeno mezzo milione entra in circolo nei fiumi che sfociano nel Mar Glaciale Artico, sconvolgendo l’equilibrio ambientale. Uno dei motivi per cui non si è saputo, oltre al fatto che come si è visto di recente, il regime non ci pensa due volte a far fuori i giornalisti scomodi, sta nel fatto che il disastro è meno evidente. Non c’è una perdita immensa come quella della BP, ma migliaia di piccole perdite che, goccia per goccia, disperdono l’oro nero per tutto il Paese. E secondo quanto affermano dall’AP, il problema non dovrebbe nemmeno essere limitato al territorio russo visto che i paesi confinanti, ma anche altre nazioni del resto del mondo, hanno infrastrutture fatiscenti simili, che rendono incalcolabile la quantità di petrolio perso che va ad inquinare la nostra Terra. Segno, ancora una volta, che è ora di chiudere definitivamente i rubinetti. Fonte: Ecologiae.
DUE PESI, DUE MISURE A TAIJI
Erwin Vermeulen, Guardiano della Baia di Sea Shepherd, cittadino olandese, è stato arrestato il 16 dicembre a Taiji, mentre tentava di scattare fotografie dei grampi che stavano per essere trasferiti tra le gabbie di contenimento in mare e il Dolphin Resort Hotel.
Secondo la legge giapponese, Erwin può essere trattenuto per 28 giorni prima che gli sia permesso parlare con un avvocato.
Agire all'interno del territorio giapponese richiede un approccio completamente diverso e la pazienza è l'elemento fondamentale per il successo. La missione dei Guardiani della Baia è di essere sempre presenti, di documentare ogni attività e di vegliare costantemente di fronte agli uccisori di delfini, un giorno dopo l'altro, per tutto il tempo in cui i delfini vengono uccisi. A tutti i Guardiani della Baia viene detto che ogni mossa deve essere non violenta e tenersi nei limiti delle leggi giapponesi.
Lo scorso anno i Guardiani della Baia sono stati presenti per sei mesi nella baia dove hanno luogo le uccisioni, riducendo della metà il numero dei delfini uccisi, e quest'anno vegliano dal primo settembre. Molti delfini sono stati salvati.
In precedenza, quest'anno, quando Rosie Kunneke è stata aggredita da un pescatore di Taiji, il responsabile dell'aggressione è stato interrogato e subito rilasciato. Questo indica chiaramente che si usano due pesi e due misure, che la legge viene applicata in modo discriminatorio e iniquo nei confronti dei difensori dei delfini. Fonte: SeaShepherd.
20 DICEMBRE
PAESAGGIO, SUOLO E NATURA
Vorrei prendere spunto da due importanti articoli di Repubblica che in rapida successione hanno affrontato con Salvatore Settis, il tema di come salvare il belpaese da altri disastri e, con Antonio Fraschilla, di cosa si addensa di rovinoso sulle nostre coste. Nel primo caso, ai disastri ormai annunciati a cui non seguono interventi adeguati, si sommano progetti tipo Ponte sullo Stretto o i vari piani casa con tanto di condoni al seguito. Il paesaggio con il suolo, vanno in malora, denuncia Settis, ma lo spread tra cosa prescrive la nostra Costituzione e quello che i governanti stanno facendo e continuano a fare, in spregio all'art 9, cresce. E qui, Settis, torna a parlare come ormai fa da tempo, della condizione delle nostre Sopraintendenze messe come dice lui, in soffitta e non nelle condizioni di fare il loro mestiere. Ma come vedremo subito, in rapporto anche all' inchiesta di Fraschilla sulle nostre coste, c'è qualcosa di più e di più complesso, che va ben oltre il ruolo e la condizione delle nostre sopraintendenze e attiene più complessivamente al governo del territorio e a quel nuovo titolo V della Costituzione rimasto, non a caso, da un decennio lettera morta nonostante tutte le chiacchere sul federalismo.
L'inchiesta documenta, come dalla Liguria a Siracusa, sia in atto un nuovo 'sacco' delle nostre coste che, col pretesto del porto turistico, verrebbero riempite di alberghi e centri commerciali, con tanto di campi da golf come aveva pensato già la Brambilla. Si tratta di affari enormi e, altrettanto, lo sono le superfici da occupare e le tonnellate di cemento da colare nei luoghi più belli ma anche fragili del paese.
Qui si registra con scandalosa evidenza la latitanza e l'inadeguatezza colpevole dello stato e del nostro sistema istituzionale nel suo complesso, di gestire l'ambiente e il territorio coerentemente con l'art 9 e, appunto, il nuovo titolo V che richiede la 'leale collaborazione' con regioni ed enti locali e, quindi, unitariamente e su un piano di pari dignità. Unitario sotto il profilo delle materie: paesaggio, natura, suolo. E già qui registriamo sconnessioni che confliggono anche con la Convenzione Europea sul Paesaggio come l'essere tornati a separare il paesaggio dai piani dei parchi. Connessioni possibili solo se si mette fine alla pretesa centralistica dello stato, di prevalere sugli altri livelli istituzionali perché la competenza primaria non significa separazione, prevaricazione, estromissione che ha già provocato danni incalcolabili. Vale per il paesaggio come per il suolo e la biodiversità. Se i piani paesaggistici vanno in soffitta, la stessa sorte l'hanno avuta i piani di bacino, non solo per i tagli finanziari;, ora anche i parchi non solo lasciati a secco ma ridimensionati nel loro ruolo di pianificazione e governo dell'ambiente.
Ecco dove avvertiamo ancora un limite nelle giuste e sacrosante denunce dei due articoli. Un limite che sta allo stato, alle regioni, agli enti locali, specialmente nel momento in cui vari livelli istituzionali sono rimessi in discussione o sono addirittura prossimi ad essere abrogati, rivedere e ricondurre a quel governo del territorio che richiede efficaci politiche nazionali che per essere davvero tali specie oggi in riferimento anche all'Europa, devono integrarsi e raccordarsi e non per finta. Le sedi e gli strumenti preposti oggi a questa gestione, sono assolutamente inadeguati a cominciare dalla Conferenza Stato-Regioni- Autonomie, dove si arriva quando il governo ha già deciso. E non vanno meglio le cose per i bacini e per i parchi dove Roma decide anche per gli altri e senza gli altri. Che in questa partita abbiano un ruolo anche le Sopraintendenze è fuori discussione, ma lo è anche il fatto che la dimensione e la natura dei problemi con i quali dobbiamo fare i conti, senza una presenza finalmente forte e su un piano di pari dignità di tutte le istituzioni non eviterà quella deriva che prevede anche la messa in vendita di tanti beni per far cassa.
Pensiamo alle coste dove una legge di diversi anni fa prevedeva per la prima volta politiche di pianificazione regionale da concordare e gestire con lo stato. Pensiamo alla Convenzione Alpina. Sono tutti momenti e aspetti qualificanti sul piano strategico per serie ed efficaci politiche nazionali, non certo affidabili unicamente a ministeri che non hanno più, come quello dell'Ambiente, neppure sedi per progettare e gestire unitariamente - e senza telefonate a Bisignani - le politiche marine come nel Santuario dei Cetacei dove invece si vorrebbero estromettere proprio le regioni e gli enti locali.
Anche le regioni, incluse quelle con alle spalle esperienze importanti - vedi la Toscana - devono darsi una mossa. Come abbiamo visto anche strumenti come il PIT hanno presto mostrato la corda. Ora va cambiata musica, altrimenti i disastri aumenteranno ma le risposte in grado di arginarli no. Fonte: GreenReport.
INONDAZIONE NELLE FILIPPINE: FORSE OLTRE MILLE I MORTI
Sale sempre più il bilancio delle vittime per la tempesta tropicale che si è abbattuta sulle Filippine,, tra il pomeriggio e la notte di venerdì. Le inondazioni hanno provocato la morte di 653 tra uomini, donne e soprattutto bambini. Secondo le più recenti stime della Croce Rossa, sono 808 le persone ancora disperse. I centri più colpiti dal tifone sono quelli del meridione e dell’isola di Mindanao, una delle più povere dell’arcipelago, in cui le città Cagayan de Oro e Lligan, hanno registrato il maggior numero di vittime e dispersi.
Il tifone Washi è stato improvviso e da subito devastante: nel giro di poche ore i livelli dell’acqua hanno raggiunto i tre metri, inondando abitazioni in muratura, baracche in legno e strade.
Il presidente Benigno Aquino, ha disposto immediatamente l’apertura di dieci centri d’accoglienza per i senzatetto, che sono stimati in 35.000, nel frattempo intere zone di Mindanao rimanevano senza elettricità e saltavano i collegamenti aerei e navali.
Nei mesi scorsi la Thailandia e le aree limitrofe, erano state teatro di diverse alluvioni che, nel solo mese di ottobre, hanno causato la morte di centinaia di persone. Fonte: Ecoblog.
Secondo stime redatte al momento in cui stiamo scrivendo, i morti sarebbero oltre mille.
MERCURIO NEI PESCI...DALL'ATMOSFERA
Ogni anno, le attività umane immettono in atmosfera tonnellate di vapori di mercurio, che possono rimanere in sospensione per lunghi periodi prima di essere trasformati in una forma che possa essere facilmente rimossa dall'atmosfera. Una nuova ricerca, mostra ora che la parte superiore della troposfera e la bassa stratosfera sono il sito in cui avviene la trasformazione del mercurio in una forma ossidata che può esser facilmente depositata negli ecosistemi acquatici e, infine, entrare nella catena alimentare.
"La parte superiore dell'atmosfera agisce da 'reattore chimico' rendendo il mercurio in grado di depositarsi negli ecosistemi", ha sintetizzato Seth Lyman, autore dello studio apparso sulla rivista Nature Geoscience.
I risultato deriva dall'analisi di dati raccolti durante una serie di voli di ricerca effettuati tra ottobre e novembre del 2010, nei cieli del Nord America e dell'Europa, con aerei del National Center for Atmospheric Research degli Stati Uniti.
Durante la campagna, il gruppo di Lyman ha utilizzato un dispositivo costruito presso la University of Washington Bothell, in grado di rivelare il mercurio nelle sue varie forme in uno stesso campione di aria atmosferica, con registrazioni che si susseguivano a intervalli di due minuti e mezzo.
I voli sono stati effettuati ad altezze tipiche di 6000-8000 metri, ben al di sotto quindi del limite tra troposfera e stratosfera, ma in diversi casi, e in particolare nel volo tra Bangor, nel Maine, a Broomfield, in Colorado, il velivolo ha incontrato masse d'aria discese dalla stratosfera. I dati dimostrano per la prima volta, che la trasformazione del mercurio nella forma ossidata avviene nella parte superiore dell'atmosfera, anche se non è chiaro in che modo avvenga la reazione.
Una volta avvenuta l'ossidazione, il composto è immediatamente rimosso dall'atmosfera, essenzialmente tramite le precipitazioni o il movimento di masse d'aria verso la superficie. Una volta arrivato a terra, il composto è trasformato dai batteri in metilmercurio, una forma che può entrare nella catena alimentare e infine essere ritrovata nel pesce contaminato.
Alcune aree, in particolare, come il Sud Ovest degli Stati Uniti, sembrano avere condizioni climatiche peculiari che determinano una ricaduta di ossido di mercurio dall'alta atmosfera, maggiore rispetto a quella di altre aree.
D'altra parte, sottolineano i ricercatori, il mercurio può depositarsi a migliaia di chilometri dal punto in cui è stato emesso. Per esempio, il mercurio prodotto dalle centrali a carbone asiatiche potrebbe raggiungere l'alta atmosfera e circolare intorno al globo diverse volta prima di ossidarsi e di ritornare in un punto qualunque della superficie. Fonte: LeScienze.
19 DICEMBRE
140 NUOVE SPECIE ANIMALI
Il 2011 è stato un anno ricco di scoperte sul fronte della biodiversità. Lo dimostrano le 140 nuove specie identificate dalla California Academy of Sciences negli ultimi dodici mesi. Si tratta, nello specifico, di 72 artropodi, 31 molluschi marini, 13 pesci, 11 piante, 9 spugne, 3 coralli e un solo rettile.
Scoperte compiute da équipe di ricercatori di tutto il mondo che hanno perlustrato il Pianeta in lungo e in largo, dai profondi abissi degli oceani alle vette più elevate. Ogni nuova specie aggiunge un tassello importante agli studi sull’evoluzione biologica delle specie, aiutando la scienza a capire come è nata e come sia tuttora possibile la vita sul Pianeta. Fonte: Ecoblog.
AREA MARINA PROTETTA DI TORRE GUACETO: LETTERA APERTA DI SLOWFOOD
Riportiamo di seguito la lettera inviata da Slow Food Italia alle istituzioni pugliesi in merito allo sversamento reflui depurati nell'Area Marina Protetta di Torre Guaceto.
Al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola All'Assessore alle Opere Pubbliche e alla Protezione Civile Fabiano Amati All'Assessore alla Qualità del Territorio Angela Barbanente Al Presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese Al Presidente del Consorzio di Gestione dell'Area Marina Protetta di Torre GuacetoVincenzo Epifani
Nei mesi scorsi, la Acquedotto Pugliese Spa ha chiesto alla Provincia di Brindisi l'autorizzazione allo sversamento di acque reflue provenienti dal depuratore di Carovigno nel canale Reale, che sfocia nel tratto di mare tutelato dall'Area Marina Protetta di Torre Guaceto e, precisamente, nella zona A di riserva integrale. Tale depuratore serve circa 40.000 abitanti in inverno e circa il doppio in estate: la popolazione di Carovigno, San Vito dei Normanni e San Michele Salentino. Slow Food Italia condivide la contrarietà al progetto già espressa dall'ente gestore, ovvero il Consorzio di Gestione dell'Area Protetta, che da diversi anni si sta battendo per evitare quello che si presenta come un vero disastro ambientale e socio economico. Questa contrarietà, mai presa in considerazione dalle amministrazioni coinvolte e già espressa dall'ente gestore in occasione delle Valutazioni di Incidenza Ambientale, effettuate dalla Provincia di Brindisi sia nel 2007 sia nel 2009, ha, alla base, due motivazioni: il D.I. del 04/12/1991, istitutivo dell’area marina protetta di Torre Guaceto, all'art. 4 vieta "l'alterazione, con qualsiasi mezzo, diretta o indiretta, dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e biologiche delle acque, nonché la discarica di rifiuti solidi o liquidi e in genere l'immissione di qualsiasi sostanza che possa modificare, anche transitoriamente, le caratteristiche dell'ambiente marino" l'art. 5 del D.P.R. 357/1997 prevede che in caso di prolungato malfunzionamento dell'impianto vengano individuate soluzioni per la mitigazione di un eventuale impatto derivante da tale malfunzionamento, ma queste soluzioni nel progetto non vengono indicate. A questi elementi tecnico-formali si collegano questioni sostanziali: Negli orti di questo territorio è stato avviato un Presidio Slow Food a tutela e valorizzazione della produzione del pomodoro fiaschetto, un ecotipo autoctono di grande qualità, recuperato negli orti locali e rimesso a dimora da alcuni produttori. L'eccellenza di questo prodotto è legata non solo alle caratteristiche specifiche di questo ortaggio ma, in particolare, alla qualità dei terreni localizzati vicino alle spiagge, e alle acque utilizzate per la coltivazione non solo del pomodoro fiaschetto ma anche di altri ortaggi di grande valore. I coltivatori, dunque, temono fortemente il peggioramento della qualità delle acque, ma non sono i soli ad avere motivo di preoccupazione. Fortemente danneggiata sarebbe infatti anche la comunità dei pescatori di Torre Guaceto: il danno alla popolazione ittica sarebbe incalcolabile e metterebbe a rischio non solo le attività di pesca ma anche la delicata e complessa relazione costruita in questi anni dal Consorzio con gli stessi pescatori. Il Consorzio infatti è riuscito a condividere con gli operatori della piccola pesca costiera un modello di gestione delle risorse che attribuisce ai pescatori locali un ruolo determinante nella gestione delle risorse dell'area marina protetta, ed il risultato è un'attività di pesca praticata oggi con grande attenzione e rispetto, al fine di proteggere l'ambiente e con esso il futuro di questa attività economica. Il processo di condivisione ha portato un gruppo di persone che svolgevano l’attività di pesca talvolta ai margini della legalità ad essere modello a carattere internazionale di pesca sostenibile. Torre Guaceto è diventata una nursery per diverse specie ittiche di valore commerciale estendendo l’effetto benefico della tutela anche al di fuori dell’ambito provinciale; il reddito dei pescatori è aumentato portando, in controtendenza nazionale, ad un aumento della richiesta di licenze di pesca, anche da parte di giovani, che son tornati a vedere un futuro lavorativo in questo settore. Se sarà approvato lo sversamento, oltre al danno ecologico irreversibile vi sarà dunque anche un danno economico: le popolazioni ittiche di valore commerciale che in zona A rappresentano un "serbatoio" per tutta la costa brindisina saranno danneggiate con riduzione delle rendite di pesca, innanzitutto per i pescatori autorizzati a svolgere tale attività nella zona C e, in misura minore, per tutti gli operatori della piccola pesca costiera delle aree limitrofe. Il danno economico ricadrà infine sugli operatori del settore turistico. Le preoccupazioni si acuiscono poi per il fatto che l'Acquedotto Pugliese chiede 120 giorni, dall’attivazione dello scarico, per la messa a regime dei processi depurativi, e ciò comporterà nei primi mesi lo scarico in zona A di acque non sufficientemente depurate; dalle previsioni di ultimazione della condotta di collegamento questi mesi potrebbero coincidere con i mesi estivi, quando la temperatura più elevata porterà ad un aggravio della situazione. E dal momento che, come già chiarito, in caso di malfunzionamento del depuratore anche per breve/medio termine, non è stato previsto alcun sistema di salvaguardia, cosa che porterà reflui non depurati nella zona A di un’area marina protetta e a cento metri da un habitat prioritario (SIC Sito d’Interesse Comunitario). Slow Food Italia appoggia il progetto alternativo presentato dall'ente gestore, insieme alla stessa Regione Puglia, alcuni anni fa, per l’affinamento di queste acque e il loro utilizzo in agricoltura, valorizzando la risorsa idrica in un territorio caratterizzato dalla salificazione crescente della falda acquifera per eccessivo emungimento. La proposta consiste nel costruire all’interno del depuratore di Carovigno un sistema per l’affinamento delle acque e il loro utilizzo in agricoltura; la restante parte di acqua affinata verrebbe immessa in mare attraverso condotta già esistente, ma che necessita di essere allungata in modo da raggiungere il termoclino. L'ente gestore richiede inoltre che l’immissione di questi reflui sia soggetta a Valutazione di Incidenza (essendo anche SIC) in modo da poter esprimere parere ai sensi e per gli effetti del D.L.120/2003 art.6 comma 7. Slow Food Italia condivide le preoccupazioni dei produttori, dei pescatori, dei propri associati sul territorio, appoggia le soluzioni proposte dall’Ente Gestore (condivise anche dal Dr.Renato Grimaldi, direttore del Dipartimento Conservazione Natura del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) e chiede che siano presi in considerazione i loro timori, accolte le loro richieste, e presi in considerazione i progetti alternativi.
Silvio Greco, Responsabile Ambiente - Slow Food Italia. Fonte: SlowFood.
ESITI CONSIGLIO PESCA
"Anche l'anno venturo saranno 12 le imbarcazioni battenti bandiera italiana che potranno essere autorizzate alla pesca del tonno rosso nel mediterraneo. È quanto prevede la bozza di compromesso della Presidenza e della Commissione Europea in discussione al consiglio per la fissazione dei massimali di cattura per il 2012. Invariata anche la quota complessivamente assegnata alla flotta italiana". lo ha detto il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Mario Catania, a margine delConsiglio Europeo dei ministri dell'Agricoltura e della Pesca che si sta svolgendo anche oggi a Bruxelles. "Un risultato niente affatto scontato – ha proseguito catania – che consentirà alle imprese di salvaguardare gli attuali livelli di occupazione, rispettando al tempo stesso gli obiettivi di tutela delle risorse biologiche perseguiti dall'unione europea". il ministro Catania ha concordato con il commissario europeo per la Pesca e gli Affari Marittimi, Damanaki, un incontro per il giorno 9 gennaio 2012, durante il quale verranno affrontati i problemi della pesca nel mediterraneo e le tematiche relative alla riforma della politica comune della pesca che l'unione europea dovrà adottare nel corso del prossimo anno. Fonte: Federpesca.
LAGHI INCONTAMINATI? NO....INQUINATI
È risaputo che gli effetti dell’inquinamento sono globali e non possono essere considerati come relativi a piccole zone del mondo. Un'affermazione così però ha poca forza e resta solo teorica. Può colpirici di più scoprire che laghi che dovrebbero essere incontaminati, in realtà risultano inquinati dalll’azoto che viaggia nell’atmosfera per migliaia di chilometri grazie al vento e cade poi, in zone lontane da dove è stato prodotto, attraverso la pioggia e la neve.
Una ricerca ha analizzato come è cambiata nelgi ultimi secoli la composizione chimica dei sedimenti di 36 laghi negli Stati Uniti, in Canada, Groenlandia e Svalbard, in Norvegia. Venticinque dei 36 laghi mostrano lo stesso segno: l’azoto biologicamente attivo proveniente da fonti umane è presente già dalla fine del 19 ° secolo.
Le analisi dell’ azoto dei sedimenti lacustri mostrano che i cambiamenti sono iniziati intorno al 1895. I risultati mostrano anche che il tasso di cambiamento è aumentato negli ultimi 60 anni, dato che coincide con la commercializzazione della produzione di fertilizzanti artificiali, a partire dal 1950. Sofia Holmgren, una ricercatrice presso l’Università di Lund, in Svezia, è l’unica svedese che ha preso parte allo studio. "Ho studiato i laghi delle Svalbard, dove gli effetti della deposizione di azoto sono chiaramente visibili nella flora algale".
Testo integrale su GaiaNews.
17 DICEMBRE
ROSIGNANO SOLVAY: PRIMO VIVAIO PER RIFORESTARE I FONDALI
Riforestare i fondali marini degradati è possibile. E lo si può fare a partire dalle piante marine di Posidonia spiaggiate, come è stato dimostrato a Rosignano Solvay nel primo vivavio europeo di questo genere. "Il vivaio allestito presso l'impianto di Maricoltura S.r.l di Rosignano Solvay - precisa Elena Balestri, che conduce le ricerche nel Laboratorio di Biologia Marina di Villa Celestina a Castiglioncello - è capace di ospitare centinaia esemplari di Posidonia oceanica e di Cymodocea nodosa. I risultati dello studio sono stati pubblicati recentemente su una delle più importanti riviste scientifiche di ecologia (Biological Conservation) e dimostrano che gli esemplari prodotti hanno la capacità di riadattarsi all'ambiente naturale, anche dopo anni di permanenza in vivaio e, quindi, possono essere effettivamente impiegati per la riforestazione di fondali marini degradati".
Unico in Europa, a Rosignano Solvay c'è un vivaio dell'università di Pisa dove, grazie ad un metodo innovativo, si riproducono piante per la "riforestazione" dei fondali marini. L'equipe del dipartimento di Biologia, diretta da Claudio Lardicci e Elena Balestri ha brevettato un metodo per produrre nuovi esemplari di Posidonia oceanica a partire dalle piante marine spiaggiate, considerate dalla normativa vigente "rifiuto urbano". La ricerca, frutto di anni di sperimentazione, è stata realizzata anche grazie al contributo finanziario della società Solvay Chimica Italia di Rosignano Solvay e della Provincia di Livorno. Il sistema, brevettato nel 2005 e recentemente perfezionato "è in grado di fornire consistenti quantità di piante a partire dai frutti e dai frammenti di rizoma che si distaccano naturalmente dalle praterie e si depositano sulle spiagge con le mareggiate" - sottolinea Elena Balestri.
L'impiego di questo materiale in programmi di riforestazione offre numerosi vantaggi rispetto alle tecniche di tradizionali, che prevedono invece l'uso di materiale vegetativo estirpato da praterie marine sane, con prelievi (consentiti in Italia solo previa autorizzazione ministeriale) che rischiano di innescare processi erosivi nelle praterie donatrici e quindi vanno di fatto ad amplificare, invece che ridurre, i fenomeni regressivi provocati da fattori antropici e naturali già in atto in tutto il bacino del Mediterraneo. Fonte: GreenReport.
MIPAAF: DEROGA ALL'INTERRUZIONE DELLA PESCA
La Circolare MIPAAF del 15 dicembre 2011 deroga all'interruzione dell'attività di pesca con i sistemi a strascivo e volante autorizzando l'attività di pesca nei giorni 17, 18, 26 dicembre 2011 e 6 gennaio 2012 vista la maggior domanda del prodotto nazionale fresco nel periodo delle festività natalizie. Fonte: Eurofishmarket.
OCEANA PROPONE NUOVE AREE MARINE PROTETTE NEL BALTICO
A fronte dello stato critico in cui di trova il Mar Baltico, la più grande organizzazione internazionale per la conservazione marina ha pubblicato un rapporto sulla biodiversità e gli habitat marini, proponendo nove zone del Mar Baltico da includere nella attuale rete di Aree Marine Protette (AMP). Queste aree, in Svezia, Finlandia e Danimarca, individuate nel corso di una spedizione di ricerca di Oceana lunga due mesi, nel corso della primavera del 2011, sono tutte caratterizzate da una elevata biodiversità che deve essere protetta dalle attività antropiche, soprattutto dalla pesca eccessiva. Fonte: Oceana proposes nine new marine protected areas in the Baltic Sea.
L'IPOSSIA DEGLI OCEANI E IL CALO DELLE SPECIE MARINE
La scienza che si occupa di monitorare la popolazione dei pesci negli oceani per misurarne l'abbondanza, non ha mai posto questioni semplici. In un articolo pubblicato su Nature Climate Change si dimostra che le cosiddette 'zone morte' o anossiche ( zone in cui l’acqua presenta un deficit di ossigeno), create in parte dai cambiamenti climatici, complicano ulteriormente la materia.
Il marlin, il tonno e molte altre specie necessitano di una grande quantità di ossigeno disciolto nell’acqua. Gli scienziati che si occupano degli oceani e della pesca per ciò che riguarda la sua influenza sulla biologia marina, lanciano ora un allarme: l’espansione delle zone morte sta riducendo pericolosamente gli habitat idonei per questi pesci nel nord est dell’Oceno Atlantico. Se le zone morte minacciano gli habitat marini, questi pesci sono costretti a nuotare in superficie dove è più facile che siano pescati.
"La riduzione degli habitat dovuta all’espansione delle zone ipossiche (o anossiche) deve essere presa in considerazione nelle ricerche scientifiche e nelle decisioni politiche" ha detto il dottor Eric Prince, rappresentante del NOAA Southeast Fisheries Science Center. "Le stime di alcune popolazioni ittiche potrebbero essere sovrastimate; consentendone la pesca, tali popolazioni si ridurrebbero ulteriormente".
Per esempio il marlin nuota in profondità se le acque sono ben ossigenate, mentre si sposta in superficie nel caso di acque anossiche o ipossiche. Poiché le zone ipossiche si stanno espandendo, l'habitat di molte specie ittiche si riduce di pari passo, soprattutto nelle acque tropicali e in alcune aree subartiche del Pacifico. Fonte: GaiaNews [modificato].
16 DICEMBRE
CICLONE JOACHIM: AFFONDA UN CARGO IN BRETAGNA
Una nave cargo si è arenata in Bretagna, a causa dei forti venti; una parte delle 220 tonnellate di petrolio che trasportava sta fuoriuscendo dallo scafo danneggiato.
La prefettura della regione di Morbihan ha fatto sapere in un comunicato, che l'equipaggio della nave, composto da 19 persone, è stato evacuato, dopo che l'imbarcazione si era arenata a circa 100 metri dalla costa. Una chiazza di petrolio lunga un chilometro è stata segnalata presso la spiaggia di Erdeven, in Bretagna.
I venti molto forti, causa il forte gradiente barico tra il settore occidentale del Mediterraneo e il nord Europa, stanno causando danni anche in Italia. In Liguria e in Sardegna le onde hanno raggiunto anche i sette metri di altezza.
GIAPPONE E CACCIA ALLE BALENE: L'AUSTRALIA TENTA DI BOICOTTARE SEA SHEPHERD
Alla vigilia della partenza delle tre navi di Sea Shepherd per le acque del Santuario Antartico delle Balene, il governo australiano ha tentato di ostacolare la Campagna in difesa delle balene, cercando di ritardare i piani per cacciare la flotta di baleniere giapponesi. Infatti oggi è stato negato il visto per entrare in Australia al pilota di elicottero Chris Aultman, con Sea Shepherd dal 2005. Non gli è stata fornita nessuna motivazione per giustificare questa decisione.
Chris Aultman, cittadino americano, veterano della Marina Militare americana, pilota professionista di elicotteri, star della serie tv 'Guerra alle Baleniere' su Animal Planet e, soprattutto, uomo che non ha mai commesso alcun crimine, non può mettere piede in Australia perché gli è stato negato il visto. L’Ambasciata australiana a Washington D.C. non gli ha fornito alcuna motivazione a riguardo.
Sembra che l’Ambasciatore giapponese in Australia abbia fatto alcune telefonate.
L’Australia negò i visti di entrata al Capitano Paul Watson e al Primo Ufficiale, Peter Hammarstedt, due anni fa. Con due mesi di ritardo, una petizione che raccolse ben 25.000 firme di cittadini australiani, e l’assistenza dell’ex Ministro australiano per l’Ambiente, Ian Campbell, e del Senatore della Tasmania, Bob Brown, a Peter e Paul fu finalmente dato il visto per entrare nel Paese. Anche in quel caso non fu fornita alcuna motivazione per il visto inizialmente negato e per il ritardo. Ora sembra che l’Australia stia cercando di tenere a terra l’elicottero di Sea Shepherd, negando il visto al nostro pilota veterano. L’Australia ha anche rifiutato di mandare una nave governativa in Antartico per mantenere la pace nelle acque territoriali antartiche australiane e nel Santuario delle Balene.
Il Capitano Paul Watson ha parlato personalmente con il Ministro dell’Ambiente australiano, Tony Burke, durante la cena per il 100° anniversario dell’Australian Antarctic Expedition, tenutasi a Hobart il 1° dicembre. Qui il testo integrale.
Intanto il Giappone ha prelevato ben 30 milioni di dollari dal fondo Tsunami e sembra abbia assoldato avvocati e adirittura mercenari a bordo delle baleniere.
"Sarà una stagione impegnativa e la Campagna più pericolosa fino ad oggi, mentre ci dirigiamo verso sud per il nostro ottavo anno di interventi contro i bracconieri delle balene del Santuario delle Balene dell'Oceano Antartico" afferma il capitano Watson.
Inviatiamo tutti coloro che ci seguono a diffondere le news di Sea Shepherd e a firmare ogni nuova petizioni.
CAMBIAMENTI CLIMATICI E IDRATI DI METANO: POTREBBERO LIBERARSI DAI FONDALI ARTICI
Una bomba pronta ad esplodere man mano che la calotta polare si assottiglia: sono le fuoriuscite di migliaia e migliaia di tonnellate di metano idrato, un gas più dannoso della anidride carbonica.. La notizia arriva da un gruppo di ricercatori russi che si trovava a scandagliare i fondali del mare artico a largo della Siberia orientale. Come hanno raccontato a The Indipendet, sotto il permafrost artico si trovano migliaia di tonnellate di metano che stanno fuoriuscendo dalle aperture degli strati di ghiaccio, causate dall’innalzamento della temperatura globale. Il timore è quello che, con il surriscaldamento del pianeta, il permafrost liberi sempre più metano, accelerando l’effetto serra. Come spiega Igor Semiletov, uno degli studiosi del centro di Ricerca Internazionale Artico presso l’Università di Fairbanks, in Alaska, che ha preso parte alla ricerca: "Prima trovavamo strutture simili a torce del diametro di qualche decina di metri. Questa è la prima volta che abbiamo trovato strutture continue di oltre un chilometro di diametro. Sono rimasto colpito dalle dimensioni e dalla densità dei pennacchi di gas. In un’area relativamente piccola ne abbiamo trovato oltre 100, ma in un’area più ampia ce ne devono essere a migliaia". Fonte: Ecologiae.
BRASILE, LA CHEVRON AMMETTE: CONTINUA LA PERDITA DI GREGGIO A 1.2OO METRI DI PROFONDITÀ
La multinazionale petrolifera Usa Chevron, ha ammesso che continua lo sversamento di petrolio da un pozzo a 1.200 metri di profondità nell'area di Bacia de Campos, a 370 km al largo delle coste dello Stato brasiliano di Rio de Janeiro e che la fuga di greggio non è ancora sotto controllo, come invece aveva assicurato nei giorni scorsi. Il coordinatore per l'ambiente di Chevron Brasil, Luiz Alberto Pimenta Borges, ha detto: "Non posso dire con precisione quando la fuoriuscita sarà colmata". Evidentemente i sistemi di iniezione di fango e cemento, copiati da quelli utilizzati durante il disastro della piattaforma Deepwater Horizon della BP nel Golfo del Messico, non sono riusciti a bloccare il greggio sul fondale.
Pimenta Borges ha assicurato che "la fuga diminuisce progressivamente. Speriamo di avere la situazione siotto controllo in un prossimo futuro. Non posso prevedere esattamente quanto tempo prenderà questo, perché stiamo ancora valutando la quantità di petrolio sversata, al fine di determinare come è arrivato in superficie". Peccato che la Chevron avesse assicurato che la fuoriuscita di greggio pesante in acque profonde, cominciata a all'inizio di novembre, era stata messa sotto controllo e che non sversava più.
Ora Borges dice che l'incidente sarebbe avvenuto "a causa di una pressione sottomarina anormalmente elevata sulle attrezzature di trivellazione", qualcosa di molto diverso dalle "perdite naturali" dalle fessurazioni del fondale indicate all'inizio come causa dalla multinazionale petrolifera. In tutto sarebbero finiti nell'Atlantico brasiliano 2.400 barili di petrolio e la Chevron ammette di avere "ancora dei problemi di fughe residue".
La grande impresa petrolifera ha già ricevuto dal governo brasiliano multe per 28 milioni di dollari per aver provocato questa marea nera e le è stato vietato di lavorare fino alla fine dell'inchiesta sull'incidente nell'intera area di 154 km quadrati della concessione offshore Freade. Anche l'ufficio del Procuratore di Rio de Janeiro ha messo sotto inchiesta la Chevrion Brasil, chiedendo un risarcimento da 81 milioni di dollari. Fonte: Greenreport.
15 DICEMBRE
FUKUSHIMA, SILENZIO E BUGIE
Chiamatelo il paradosso di Fukushima: tutti hanno visto le immagini della centrale nucleare investita dallo tsunami, ma nessuno sa con esattezza cosa sia successo la dentro. Se, da una parte, la comunità scientifica vuole fare luce sulle dinamiche dell'incidente, dall'altra, il gestore Tokyo Electric Power Company (Tepco) si rifiuta di diffondere i dati relativi alla sicurezza dei suoi reattori. Secondo Nature, che questa settimana ha dedicato la copertina proprio alla questione, c'è un solo modo per conoscere la verità: nazionalizzare l'impianto e avviare indagini indipendenti.
Sembra una procedura scontata, ma non per il Giappone. Le autorità del paese non sono mai state campioni di trasparenza, figuriamoci quando si ha a che fare con una azienda privata come TEPCO. L'ossessione per il controllo assoluto sulle informazioni, ha portato il colosso dell'energia giapponese a tenere nascosta per mesi la reale natura dell'incidente avvenuto nella centrale di Fukushima - anche se proprio di recente i primi giornalisti hanno varcato le soglie della centrale. Testo integrale su GalileoNet.
(DIS)ACCORDI DI DURBAN... POLEMICHE IN CANADA
Il Canada ha trovato la sua soluzione per non pagare la penalità: abbandona il gioco. Un giorno dopo che a Durban anziché accordarsi su un nuovo protocollo, 200 paesi hanno deciso di rinnovare quello di Kyoto (la cui fase I dovrebbe esaurisi a dicembre dell’anno prossimo) e, intanto, portare avanti negoziazioni a lungo termine al fine di arrivare per il 2015 a un nuovo protocollo, il Canada fa un colpo di mano e molla. A questo punto si tratta, insieme agli Stati Uniti, dell’unico paese che abbia detto chiaramente no.
Il Canada però, a differenza dei cugini americani che quantomeno sono stati sempre coerenti nel fregarsene di quanto riversano nell’aria globale, aveva inizialmente aderito al trattato che rappresenta una forma di autoregolamentazione approvata da centinaia di paesi nel mondo, autoregolamentazione che prevede forti tagli alle emissioni di gas serra nell’atmosfera del Pianeta, gas serra che, a detta della maggioranza delle ricerche scientifiche stanno provocando l’innalzamento della temperatura globale, con gravi conseguenza ambientali. I paesi firmatari nel 1997 hanno stabilito di ridurre specialemente le emissioni (in buona parte industriali) di CO2 in percentuali scandite nel corso degli anni, pena, nel caso gli standard non venissero raggiunti, il pagamento di forti multe.Testo integrale su OggiScienza.
14 DICEMBRE
UNA NUOVA SPECIE DI LUCCIO TUTTA ITALIANA
Il luccio è uno dei principali predatori delle acque dolci europee, mangiando praticamente tutte le specie che incontra grazie a una strategia di caccia all’agguato che si dimostra estremamente efficace, tanto che è il cattivo di una scena de "La spada nella roccia". Per questo la specie è diffusa in tutta Europa, in Asia settentrionale e in parte del Nord America, nei fiumi e nei torrenti non troppo veloci. Questa sua specializzazione però ne minaccia la sopravvivenza perché ovviamente nei fiumi 'puliti' di gran parte dell’Italia non ha una gran possibilità di tendere agguati agli altri pesci. Tanto più che adesso è stato scoperto che i lucci italiani sono tutt’altra cosa da quelli del resto dell’Europa.
Uno studio pubblicato su PlosOne ha infatti esaminato parecchie esemplari di luccio provenienti da molte parti del mondo dove la specie è presente, e ha stabilito che in Europa ci sono almeno due popolazioni diverse. Le analisi si sono basate su aspetti fenotipici (la distribuzione di macchie e strisce sul corpo e il numero di squame sulla linea laterale) e su componenti genetiche.
Il risultato è che le due popolazioni di lucci sono una in Europa del nord, Asia e America del nord (Canada), l’altra in Italia e in Grecia (la cui autoctonia è dubbia, però). Se ci sono due popolazioni così diverse, perché non pensare che siano invece due specie – anche se le popolazioni stesse si ibridano. Gli autori hanno così proposto che i nostri lucci appartengano alla specie Esox flaviae, con la popolazione del lago Trasimeno che sembra particolarmente pura.
Su Pikaia potete vedere l'iimagine di un luccio meridionale, grazie alla cortesia di Livia Lucentini dell’università di Perugia. Insieme alla proposta di dividere in due il luccio che Linneo chiamò Esox lucius, dicendo che l’aveva trovato 'in Europa' (grazie!), gli autori suggeriscono di smetterla di introdurre nei fiumi lucci provenienti dal resto dell’Europa (come già è avvenuto nel Po, per esempio) per non correre il rischio di contaminare un’entità solo italiana e, proprio per questo, estremamente importante per la nostra biodiversità. Fonte: Pikaia.
RISERVE MARINE....IN ROSSO
Neppure COP 17, la diciassettesima Conferenza delle Parti che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici che si è appena conclusa a Durban, in Sud Africa, è riuscita a rompere il muro dell'attenzione dei media. Schiacciata, almeno in Occidente, dalle notizie riguardanti la crisi finanziaria. È quasi inevitabile, dunque, che i mezzi di comunicazione di massa diano poco o nulla spazio all'altra Convenzione, quella sulla Diversità Biologica, proposta alla Conferenza UNCED di Rio de Janeiro e che, dunque, nel 2012 festeggerà i suoi primi vent'anni.
"Festeggerà" è un verbo, forse, fuori luogo. Perché molti degli obiettivi che ci si è posti nell'ambito di questa legge quadro internazionale non sono stati raggiunti. Prendiamo, a esempio, la creazione di aree protette negli Oceani, afflitti da un calo del pescato che è indice di una calo della diversità biologica.
Ebbene, in occasione di un altro anniversario, quello dei dieci anni (nel 2002) le Parti che hanno sottoscritto la Convenzione sulla Diversità Biologica concordarono che, entro il 2012, almeno il 10% della superficie degli oceani (che copre oltre il 70% della superficie totale del pianeta Terra) sarebbe dovuta diventare protetta. Il 2012 è alle porte, ma secondo l'UNEP (United Nations Environment Programme) le aree marine protette (MPA) nel mondo sono 5.900, per una superficie totale di 4.000.000 di km2. Sembra tanto, ma si tratta di appena l'1.17% delle superficie degli oceani. Un decimo dell'obiettivo.
Ancora una volta i quasi 200 paesi del pianeta non riescono a raggiungere il traguardo ambientale che essi stessi si sono dati. Quando la differenza quantitativa tra un progetto e la sua concreta realizzazione è così grande, assume inevitabilmente anche un valore qualitativo. Difficilmente, in queste condizioni, la biodiversità marina può essere conservata.
Ma in quelle 5.900 aree marine protette cosa sta succedendo?
Per rispondere a questa domanda, Peter Jones, un ricercatore dello University College di Londra, ha realizzato, con uno stuolo di colleghi, un'indagine commissionata proprio dall'UNEP, analizzando 20 MPA, incluse quelle della Grande Barriera Corallina e della Galàpagos. Ebbene nessuna delle 20 MPA ha raggiunto almeno 3 dei 5 obiettivi strategici, ivi inclusi quello della conservazione della biodiversità e dell'uso sostenibile delle risorse. E 3 delle 20 MPA prese in considerazione non hanno raggiunto nessuno degli obiettivi. Tra queste tre ce n'è una a noi vicina, quella di Cres-Lošinj in Croazia.
La verità è che tra le 5.900 MPA registrate, alcune esistono solo sulla carta. Spesso per mancanza di soldi. Tuttavia questa è solo una parte della verità. L'altra ci viene proposta dall'equipe di Sarah Lester, ecologa marina della University of California di Santa Barbara. Che nel 2009 hanno sottoposto a esame 124 riserve marine "no-take", in cui è completamente proibita la pesca e qualsiasi altra sottrazione di risorse. In tutte queste riserve è stata riscontrata un aumento documentato di biomassa, di diversità biologica e di popolazione per ciascuna specie.
Morale, la creazione di MPA serve. Quando la riserva non è sulla carta, ma è un vero santuario di conservazione, produce non solo effetti tangibili e desiderabili, ma anche cultura delle conservazione. "La creazione di una riserva marina come la mia - ha dichiarato alla rivista scientifica Nature, Jay Nelson, il direttore dell'area marina protetta di Papahānaumokuākea alle Hawaii - è l'equivalente della creazione nel 1872 del Parco Nazionale di Yellowstone". Non ha prodotto solo un effetto locale. Ma ha avviato un processo di reazione a catena. Tutti i paesi hanno imitato gli Stati Uniti e hanno cercato di crearne uno. È così è nata una cultura diffusa della conservazione.
Il fatto è che nel 1872 a Yellowstone il parco non fu creato sulla carta.
Fonte: GreenReport.
IN CINA SCOMPAIONO 20 LAGHI OGNI ANNO
La Cina ha circa 24.000 laghi naturali, ma ne perde circa 20 all'anno. La notizia è stata data durante un forum sui laghi e l'ambiente che si è tenuto il 10 ed 11 dicembre a Nanjing, il capoluogo della provincia orientale del Jiangsu (est).
I laghi naturali cinesi si estendono su una superficie di 83.000 km quadrati e svolgono un ruolo importantissimo nel mantenimento dell'equilibrio ambientale in un Paese assediato a nord e ad est dall'avanzata del deserto ed a sud da siccità ed alluvioni. Secondo la dichiarazione approvata dal forum di Nanjing "I laghi cinesi sono di fronte a gravi situazioni a causa del cambiamento climatico provocato dall'attività umana. È demoralizzante vedere che una ventina di laghi naturali scompaiono ogni anno in Cina. Le attività umane provocano conseguenze disastrose sui laghi. La qualità dell'acqua si deteriora, i depositi si accumulano, la superficie delle zone umide retrocede e gli organismi acquatici stanno sparendo. I laghi non potranno adattarsi ai danni causati dall'attività antropica".
Il giorno dopo il forum la Cina ha avviato un grande progetto per salvare il lago salato Aibi (nella foto), nella prefettura autonoma mongola di Bortala, nel Gobi, regione autonoma dello Xinjiang Uygur, che si è rimpicciolito di 38 km quadrati all'anno, a causa della desertificazione. L'Aibi, con una profondità media di meno di 2 metri, si trova al centro del bacino di Dzugarian, ricco di sale, vicino alla frontiera con il Kazakistan. Ormai restano solo 530 km quadrati dei 1.500 originari. La veloce ritirata del lago, dovuta in gran parte all'insostenibile prelievo di acqua per irrigare le piantagioni di cotone, lascia un terreno arido che il vento spazza via, provocando frequenti tempeste di sabbia salata, che colpiscono il nord della Cina.
Il progetto quadriennale è finanziato dalla Banca Mondiale e dal governo centrale e punta ad affrontare le cause del disseccamento dell'Aibi ed a ripristinare l'ecosistema dell'intera area. Si tratta di un investimento di almeno 12 - 18 milioni di dollari, il 74% dei quali finanziati dal governo centrale di Pechino e dalle amministrazioni locali, il resto è coperto dal Global Environment Found della Banca Mondiale. Fonte: GreenReport.
13 DICEMBRE
I PESCI DELL'800 AL MUSEO DI CHIOGGIA
Il primo oggetto della collezione del museo, è stato pescato nel 1880 al largo di Trieste. Oggi, il cetriolo di mare frondoso, nome scientifico Ocnus planci, è conservato all’interno di un contenitore trasparente e avvolto dalla formalina. E può essere ammirato assieme ad altri 350 oggetti della collezione del Museo di Zoologia Adriatica di Chioggia, dedicato al naturalista veneziano del Settecento, Giuseppe Olivi. Il museo, diretto dalla professoressa Maria Berica Rasotto, ospita la collezione iniziata nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, alla stazione idrogeologica di Sant’Andrea a Trieste. Trasferita a Rovigno d’Istria nel 1891 e poi a Venezia nel 1943, la collezione fu trasportata definitivamente a Chioggia nel 1968, all’interno della stazione idrobiologica. Dal 2011 è possibile ammirare una selezione di 350 esemplari su un totale di 1258 oggetti catalogati. Dalla seconda metà dell’Ottocento, gli scienziati austriaci in collaborazione con scienziati italiani, hanno campionato le specie dell’alto Adriatico. Dopo il recupero in mare, i pesci venivano lasciati nella formalina e catalogati. News integrale qui.
GRANDE MEKONG, TESORO DI SPECIE
Il rapporto Wild Mekong, che cataloga le nuove specie scoperte dal 1997 ad oggi, annovera stranissimi animali e piante ancor più particolari, come la pianta carnivora mangia-topi; poi scimmie dalle narici al'insù, una nuova specie di toporagno e ben 25 nuove specie di pesci di acqua dolce.
Un enorme tesoro di specie animali e vegetali che però sembra destinata a impoverirsi: l'area del Grande Mekong è una di quelle a più alto rischio di perdita di biodiversità e, il futuro dell'intera area, è ora ancora più in bilico. News integrale su GalileoNet.
CINGHIALE INSEGUITO IN MARE E UCCISO CON UN COLPO IN TESTA
Hanno prima seguito il povero animale dalla collina di Porto Ercole, sul Monte Argentario. Da lì, incuranti della possibile presenza delle persone, hanno iniziato a sparare, finché il cinghiale, terrorizzato, si è gettato in mare. Poteva salvarsi ma, comunicando tramite un cellulare, i cacciatori hanno attivato un barchino a motore dal quale, raggiunto l’animale, lo hanno poi centrato con un colpo di fucile sparato da distanza ravvicinata. A denunciare il gravissimo accaduto è la LIPU, i cui attivisti erano proprio nei pressi, impegnati in una escursione ornitologica.
L’uso di natanti per l’attività di caccia è espressamente vietato dalla legge sulla caccia, anche se la LIPU evidenzia, giustamente, come il reato sia punito con un ammenda equivalente a quattro milioni delle vecchie lire. Una cifra ridicola che potrebbe essere ridotta di due terzi con la richiesta di oblazione. Reato estinto, nel caso, ivi compresa l’ancor più ridicola previsione di arresto fino a tre mesi. Per concretizzarsi una minima condanna con il carcere, occorre una previsione non inferiore ai quattro anni. Fonte: GeaPress.
UN FOSSILE VIVENTE CHIARISCE I PRIMI PASSI DELLA VITA FUORI DALL'ACQUA - IL VIDEO: La passeggiata del fossile vivente
Il corpo da anguilla e le scheletriche zampe dei dipnoi, o pesci polmonati, sembrerebbero aver rappresentato un inatteso innovatore della locomozione. Ma il loro improbabile comportamento di deambulazione, ora descritto dai ricercatori dell'Università di Chicago, potrebbe riscrivere la strada evolutiva che ha portato la vita dall'acqua alla terraferma.
L'approfondita analisi di un video, pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences, rivela che questo animale può utilizzare le sue zampe pelviche non solo per sollevare il corpo rispetto alla superficie su cui si appoggia ma anche per procedere in avanti. Finora si riteneva che entrambe le capacità si fossero sviluppate con i primi tetrapodi, i colonizzatori delle terre emerse apparsi in un'epoca successiva a quella degli antenati dei dipnoi.
Il risultato rimescola l'ordine degli eventi evolutivi che hanno portato alla terrestrialità, l'adattamento alla vita sulla terraferma, e suggerisce inoltre che le tracce fossili che per lungo tempo si è ritenuto fossero dei primi tetrapodi possano essere state prodotte invece dagli antenati dei dipnoi.
"In un numero consistente di queste tracce, gli animali sembrano alternare le loro zampe, il che suggerirebbe che siano state prodotte da tetrapodi che camminano su un substrato solido", ha spiegato Melina Hale, professore associato di biologia. "Abbiamo trovato che animali acquatici con morfologie completamente differenti, e che non sono tetrapodi, potrebbeto aver prodotto schemi di tracce molto simili".
I dipnoi con le loro caratteristiche uniche rappresentano animali di grande importanza per gli studi evoluzionistici. "I pesci polmonati hanno una posizione veramente unica e incredibilmente significativa per come si collegano a pesci e tetrapodi", ha aggiunto Heather King, primo autore dell'articolo. "I dipnoi sono strettamente imparentati con gli animali che riuscirono a evolvere in modo da uscire dall'acqua, ma ciò è successo così tanto tempo fa che quasi tutti le specie allora presenti sono attualmente estinte".
Sebbene nella comunità scientifica circolassero aneddoti e dicerie sulla presunta capacità di locomozione di questo strano pesce, nessuno finora aveva condotto un'osservazione sistematica in questo campo. La Hale e colleghi, hanno colmato la lacuna con la costruzione di una speciale vasca in cui alcuni esemplari della specie Protopterus annectens potevano muoversi mentre venivano ripresi in video sia di lato sia da sotto.
L'analisi delle riprese ha permesso di evidenziare che questi pesci usano abitualmente le zampe posteriori per far emergere il loro corpo dalla superficie dell'acqua e per spingersi in avanti. Per quanto riguarda le zampe anteriori, invece, benché appaiano anatomicamente simili alle posteriori, non sembrano coinvolte nella locomozione. Fonte: LeScienze.
Vedere anche GalileoNet.
IL CANADA SI RITIRA DAL PROTOCOLLO DI KYOTO
Il ministro dell'ambiente del Canada, Peter Kent, ha annunciato ufficialmente l'uscita del suo Paese dal Protocollo di Kyoto, un modo abbastanza sleale per non mantenere gli impegni e per evitare circa 14 miliardi di dollari di penalità. Per nascondere il fallimento della riduzione delle emissioni di gas serra, Kent non ha trovato di meglio che accusare il governo liberale dell'ex premier Jean Chrétien, di aver firmato il Protocollo di Kyoto nel 1997, senza però prendere le misure necessarie per la riduzione dei gas serra.
"Adesso, è troppo tardi perché il Canada pervenga a rispettare gli obblighi imposti dal Protocollo di Kyoto". Quindi il governo conservatore fa come quel tizio che al ristorante si siede alla tavolata di amici e poi si eclissa senza pagare il conto comune.
Il Canada doveva obbligatoriamente informare l'ONU della sua decisione di abbandonare il Protocollo di Kyoto entro la fine dell'anno ed evidentemente è andato alla Cop17 Unfccc di Durban non per trattare, ma con una decisione già presa dal governo e per non pagare le penalità per il non rispetto dei suoi obiettivi di riduzione di anidride carbonica e i fondi destinati ai Paesi in via di sviluppo.
Il 23 novembre Greenpeace ha pubblicato il rapporto "Who's Holding Us Back" che svela la collusione tra il governo Harper, le multinazionali e le associazioni che operano nello sfruttamento delle sabbie bituminose e che dimostra come la Shell e l'Association canadienne des producteurs pétroliers contribuiscono all'inazione climatica del Canada e lo incoraggino a far deragliare i negoziati internazionali dell'Unfccc.
Ricordiamo che Il Canada si era impegnato a ridurre del 6%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas serra. Non solo non ci è riuscito, ma le emissioni sono pure aumentate.
News integrale su GreenReport.
12 DICEMBRE
SE MI MORDI TI BLOCCO LE BRANCHIE
Interessante curiosità dal mondo animale: grazie ad una serie di video ad alta risoluzione nelle profondità marine, un gruppo di ricercatori neozelandesi e australiani, ha documentato un'insolita strategia antipredatoria messa in atto da un pesce privo di mascelle (Infraphylum Agnata), la missina Eptatretus cirrhatus. Questo comportamento è stato descritto su Scientific Report, la nuova rivista open access del gruppo di Nature, da cui è possibile accedere a una serie di video.
Dai video emerge che questi organismi, dei veri e propri fossili viventi, una volta che vengono attaccati da un potenziale predatore, rilasciano immediatamente (nell'arco di 0.4 secondi!) un muco molto denso attraverso una serie di pori situati ai lati del corpo, che blocca le branchie dell'ospite. L'impedimento al movimento delle branchie sembra essere di natura meccanica, in quanto il muco (i ricercatori lo chiamano slime) non appena entra in contatto con l'acqua si solidifica ostruendo le camere branchiali degli ignari predatori. Questa strategia antipredatoria sembra essere molto efficace, in quanto in tutti i 14 tentativi di predazione videoregistrati, la missina è sopravvissuta, in quanto funziona con tutti le tipologie di predatore, sia quelli che mordono le prede, come gli squali, che quelle che le aspirano, come cernie e pesci scoropione.
E le missine non sembrano subire alcuna ferita nonostante il fatto che il muco viene rilasciato solamente in seguito al contatto con l'apparato boccale del predatore. Una strategia vincente, concludono i ricercatori, che, insieme alla nuova tecnica di caccia su fondali sabbiosi documentata nel medesimo studio (qui una serie di immagini), consente a questi organismi di sopravvivere nei mari e negli oceani di tutto il mondo da oltre 400 milioni di anni. Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano. Immagini dall'articolo originale.
Riferimenti: Vincent Zintzen, Clive D. Roberts, Marti J. Anderson, Andrew L. Stewart, Carl D. Struthers, Euan S. Harvey. Hagfish predatory behaviour and slime defence mechanism. Scientific Reports 1, Article number: 131. doi:10.1038/srep00131.
LA VISTA PIÙ ACUTA DEL CAMBRIANO
Sporgenti occhi bulbosi, appendici prensili e un corpo lungo quasi un metro. Ecco come doveva presentarsi Anomalocaris, super-predatore dei mari cambriani e parente dei moderni artropodi. Nessuno passava davanti inosservato: infatti questo 'killer' subacqueo poteva contare su una visione estremamente nitida e ad ampio angolo. Il suo segreto? La struttura oculare: un globo rivestito da piccole lenti giustapposte (simile a quelle degli insetti), che oggi è nota grazie ad un ritrovamento fossile eccezionale, nel sito di Emu Bay Shale nell’Australia meridionale.
Al senso della vista, nato agli albori del paleozoico (543 milioni di anni fa), si deve probabilmente l’innesco della cosiddetta radiazione cambriana, il maggior evento di diversificazione nella storia evolutiva. Ecco perché nei tratti fossili di Anomalocaris, genere vissuto 50 milioni di anni dopo, non stupisce tanto la presenza di organi fotosensibili, quanto la loro sofisticatissima architettura a più lenti, descritta da un gruppo di paleontologi dell’Università del New England in Australia in un lavoro pubblicato su Nature.
Lo 'stampo' di Anomalocaris, trovato da John Paterson e dai suoi colleghi australiani, è un fossile di grande pregio, perché conserva intatti i dettagli anatomici dei suoi organi oculari. Dallo studio emerge che l’occhio era composto da almeno 16 mila lenti esagonali, un dato che suggerisce un’acuità visiva molto elevata (per fare un confronto, i riflessi fulminei delle mosche domestiche dipendono da 'sole' 3,200 lenti). "Questi occhi composti, così ricchi in lenti, fanno pensare che Anomalocaris fosse un predatore soprattutto visivo", spiega il Paterson. Simon Conway Morris dell’Università di Cambridge, autore di ricerche sulle faune cambriane, aggiunge che questo modello di occhio implica un cervello ben sviluppato, in grado di processare questa grande quantità di informazioni visive.
La scoperta che Anomalocaris fosse dotato di occhi composti colloca con certezza questo genere nell'albero evolutivo degli artropodi (tra i cui esponenti figurano anche ragni, granchi e insetti): una relazione filogenetica sino ad oggi poco chiara. Secondo Paterson, è anche da rivedere la diffusa assunzione secondo cui gli occhi composti e l’esoscheletro siano due caratteri che si sono evoluti insieme. Poiché infatti Anomalocaris esibisce il 'primitivo' modello a corpo molle ma già provvisto di occhi composti, il secondo tratto si sarebbe manifestato in anticipo sul primo. Fonte: GalileoNet.
SE IL BIO-PESCE TANTO BIO NON È
How Green is Your Eco-label?, ovvero, quanto è verde la tua eco-etichetta? Non è la domanda di un discografico padano, ma il titolo di uno studio appena realizzato dalla University of Victoria e sostenuto dal Pew Environment Group. L'università canadese ha paragonato i prodotti ittici industriali che beneficiano del bollino verde con quelli presenti sul mercato senza eco-etichetta.
A livello internazionale questo tipo di riconoscimento dovrebbe identificare il pesce d’allevamento con un ridotto impatto ambientale. Già, 'dovrebbe', perché i risultati della ricerca non sono affatto confortanti. La conclusione riassuntiva è che la maggior parte dei prodotti dotati di eco-etichette non sono meno dannosi per l’ambiente rispetto quelli che adottano opzioni convenzionali d’allevamento. Inoltre le logiche degli attestati eco premiano l’incidenza della singola azienda, ma gli effetti cumulativi del settore soffocano del tutto i benefici delle riduzioni dell’impatto ambientale delle singole realtà o piccoli gruppi certificati.
Lo studio, che è stato revisionato da vari esperti indipendenti, usa le metodologie derivanti dal Global Aquaculture Performance Indexper determinare il punteggio numerico di performance di venti differenti eco-etichette per l’allevamento di pesce, come il salmone, merluzzo, rombo e cernia. La valutazione non ha riguardato le eco-etichette per gli allevamenti in acqua dolce, come il tilapia o il pesce gatto.
Come parametri, gli autori hanno usato dieci fattori ambientali, come l’uso di antibiotici, di antiparassitari, le contaminazioni biologiche, l’energia richiesta per la produzione in acquacultura, e la sostenibilità di quel pesce usato poi come mangime (ricordate le farine animali?).
"La nostra ricerca dimostra che la maggior parte delle eco-etichette degli allevamenti di pesce non garantisce più del dieci percento di miglioramento rispetto allo status quo", dichiara John Volpe, principale autore del report. "Con l’eccezione di qualche buon esempio, un terzo delle eco-etichette valutato utilizza standard dello stesso livello o più basso di quelli considerati convenzionali nella pratica industriale". News integrale su OggiScienza.
USA: RISORSA ACQUA INQUINATA DAL FRACKING
L'EPA (Environmental Protection Agency), l'Ente per la Protezione Ambientale americano, ha reso noto un allarmante rapporto sull’inquinamento delle falde acquifere a Pavillion, una cittadina nello stato del Wyoming. Secondo l’agenzia la frattura delle rocce starebbe provocando la contaminazione dell’acqua sotterranea con benzene. La scoperta è ora destinata ad alimentare il dibattito sul controverso processo di perforazione orizzontale delle rocce scistose per estrarre del gas naturale con la tecnica della fratturazione idraulica.
L’EPA sta conducendo uno studio completo sui possibili effetti del fracking sulle risorse idriche, ma i risultati non arriveranno fino alla fine del 2012.
Ma il rapporto preliminare dell’EPA è il primo che utilizza diversi campioni di acqua per analizzare l’effetto del fracking sulle fonti di acque sotterranee nelle zone di petrolio e gas.
"Spiegazioni alternative sono state attentamente esaminate per spiegare i singoli insiemi di dati" si legge nel rapporto dell’EPA, per spiegare presenza di diversi elementi chimici nelle acque Wyoming. "Tuttavia, considerando anche altre evidenze, i dati indicano un probabile impatto della fratturazione idraulica sulla qualità delle acque sotterranee".
L’industria petrolifera e del gas e gli ambientalisti combattono da anni una battaglia scientifica e mediatica sui pericoli della fratturazione idraulica e sulle conseguenze di questo processo di estrazione del gas naturale sulle falde acquifere della nazione.
Encana, un’azienda canadese che dispone di 169 pozzi produttivi a Pavillion, ha già detto che respinge i risultati dell’EPA. Secondo il portavoce Douglas Garretto, l’azienda non avrebbe mai iniettato benzene durante le perforazioni. Secondo Garretto, il benzene avrebbe un’origine naturale.
Ma il Natural Resources Defense Council, l’associazione che rappresenta le famiglie del Wyoming in una battaglia legale contro la pratica del fracking, accusa l’azienda e vuole che la pratica venga interrotta prima che i danni si estendano a tutta l’acqua potabile dello stato. E chiede inoltre leggi federali che regolamentino la pratica della perforazione delle rocce scistose.
In attesa dei risultati dell’EPA alla fine del prossimo anno, l’industria estrattiva trema. Le riserve di gas naturale estratto con questa tecnica negli Stati Uniti sono infatti in continuo aumento e gli interessi economici che ruotano attorno al settore stanno diventando sempre più massicci. Intanto il rapporto definitivo dell’EPA che dovrà decidere sull’opportunità della pratica estrativa arriverà giusto dopo le elezioni presidenziali di novembre. Un caso?. Fonte: GaiaNews.
SALERNO: NEL PARCO DEL CILENTO NASCERÀ UNA DISCARICA
La gestione dei rifiuti continua a tormentare la Campania: dopo Napoli, adesso è il turno di Salerno e provincia. In un territorio che eccelle nella raccolta differenziata (secondo gli ultimi dati di Legambiente, Salerno e tutto il Cilento sono ai primi posti in Italia), scoppia l’emergenza rifiuti, anzi no. Come si spiega allora la discarica per FOS (Frazione Organica Stabilizzata) che sta per sorgere tra i comuni di Laurito e Montano Antilia, all’interno del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano? Nessun chiarimento infatti è stato sinora dato ai cittadini che, ignari di tutto fino a meno di due mesi fa, dopo aver visto comparire sulla stampa locale qualche sparuta notiza, si sono immediatamente organizzati in un comitato (Cilento oltre il rifiuto). News integrale qui.
11 DICEMBRE
CONFERENZA DI DURBAN: PROROGATI DI UN GIORNO I NEGOZIATI
Per evitare che alla Conferenza sul Clima di Durban si realizzi un flop pazzesco, la commissione ha deciso di prolungare di un giorno i negoziati. Ma regna la confusione, secondo quanto riferisce Marielle Court, inviata de Le Figaro: i delegati sono con le valige pronte e i voli prenotati, ma con ancora i documenti da approvare e ridiscutere. Non c’è uno straccio di accordo e, secondo calendario, il documento finale si sarebbe dovuto presentare ieri. Invece il documento sarà pronto, se tutto va bene, oggi. Insomma con 24 ore in più e una maratona delle negoziazioni la presidenza sudafricana spera di convincere Cina, India e Stati Uniti, a ridurre le emissioni di anidride carbonica.
India e Cina, economie in crescita, non sono tanto disposte a sottrarre emissioni e lo sapevamo! Ma la vera sorpresa è Mr. Obama, che ha perso tutta la sua allure green e si comporta peggio di uno dei due Bush petrolieri incalliti.
L’Italia, con il ministro Clini si comporta, invece, nello stile di Ponzio Pilato e dire che se ne lava le mani è un eufemismo. Anzi stringe accordi con la Cina, ma sul versante dell’energia pulita. Tanto per iniziare, Clini dichiara dal sito del ministero dell’Ambiente che siamo disponibili a un Protocollo di Kyoto 2, che vuol dire traslare al 2015 la questione. Intanto una sorta di accordo sembra esserci sul Fondo Verde, ossia denaro riservato ai Paesi poveri per aiutarli a combattere i cambiamenti climatici. Già a Copenaghen, fu espresso questo impegno per 100 miliardi di euro per anno, entro il 2020; hanno trovato un accordo su come finanziarlo: una tassa sul trasporto marittimo e aereo. Fonte: Ecoblog.
ECCO LE BANCHE NEMICHE DEL CLIMA
La ricerca Bankrolling Climate Change rivela come siano venti gli istituti di credito che hanno finanziato con decine di miliardi di euro l'industria del carbone, la fonte di energia maggiormente responsabile del cambiamento climatico. Nella lista anche l'italiana UniCredit
Nonostante il dichiarato amore per l’ambiente e le abili operazioni di greenwashing, 20 delle principali banche mondiali hanno finanziato (per decine di miliardi di euro) in questi ultimi anni l’industria del carbone, in grandissima parte responsabile dei cambiamenti climatici. Lo rivela un rapporto di alcune Ong internazionali. In esso si mostra, ad esempio, come dal 2005 ad oggi le sole prime tre banche della lista, le statunitensi JP Morgan Chase, Citi e Bank of America, abbiano foraggiato con circa 42 miliardi di euro la produzione ed il consumo del combustibile fossile più sporco. Presente nella top 20 degli istituti di credito 'assassini del clima' anche l’italiana UniCredit /HVB, posizionatasi al quindicesimo posto con oltre 5 miliardi di investimenti nel settore carbonifero.
La ricerca, intitolata Bankrolling Climate Change e condotta da un gruppo di associazioni fra cui il network internazionale BankTrack e l’organizzazione ambientalista tedesca Urgewald, è durata oltre sette mesi. Secondo gli autori è stato particolarmente difficile reperire i dati, e le cifre riportate nella ricerca sono state ottenute analizzando investimenti, obbligazioni ed altri strumenti di finanziamento degli istituti bancari, ma soprattutto attraverso i rapporti delle maggiori compagnie energetiche e minerarie operanti nel settore. Un fatto che, secondo gli autori, ha reso i numeri registrati decisamente inferiori a quanto non siano veramente.
Ma perché 'killer del clima'? Perché senza questi ingenti investimenti il carbone non si sarebbe potuto espandere ulteriormente, come ha fatto nell’ultimo decennio. Ma ciò che sembra indispettire maggiormente i ricercatori, sono le dichiarazioni ambientaliste che ognuna di queste banche riporta sui suoi siti Internet. Come quella la nostra UniCredit che ribadisce "il suo impegno nel raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto in tutte le nazioni in cui è presente". News integrale qui.
09 DICEMBRE
TOXIC TOUR A DOURBAN
Si legge su Environment Blog che Durban, città in cui si sta svolgendo la conferenza sui cambiamenti climatici è un concentrato di schizofrenia ambientale. Nel mentre si negozia sul clima al Centro internazionale delle Conferenze le ONG presenti hanno esplorato attraverso il Toxic Tour la parte meridionale della città (le foto sono sul blog di Ashley Dawson). È proprio li che si trova l’impianto petrolchimico Engen Petroleum, società all’80% del gigante petrolifero malese Petronas.
Il Toxic Tour è stato organizzato dall'Alliance Globale pour les Droits de la Nature e vi hanno preso parte circa 120 persone che hanno avuto modo di scoprire il paesaggio industriale di Durban. Nel sud della città circa 85mila persone vivono nel quartiere Bluff intorno alla raffineria, separata da una semplice strada dalle abitazioni. Al di qua della raffineria anche l’industria cartiera di Mondi. Ci sono anche ricchi proprietari terrieri che vivono in grandi ville vicino al mare ma anche alloggi più modesti: ma da un lato di Austerville Road ci sono le megaville e dall’altro le industrie.
Desmond D’Sa coordinaotre dell'Alliance du sud-Durban pour l’Environnement, spiega che le persone che abitano nella zona soffrono di diverse malattie imputabili all’inquinamento ambientale: dall’asma al cancro. Engen Petroleum emette più di 830.000 tonnellate di anidride carbonica per anno e per il quindicesimo anniversario della sua attività su Durban ha piantato, come compensazione 700 alberi nelle scuole del quartiere. Fonte: Ecoblog.
FERMO PESCA, VERSO L'ABOLIZIONE DEGLI AIUTI UE
Lega Pesca esprime forte preoccupazione in vista della adozione, il 2 dicembre a Bruxelles, della proposta relativa al nuovo Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) 2014-2020, in sostituzione del attuale Fondo Europeo per la Pesca (FEP). Fermamente determinata a voltare pagina rispetto al passato, nel solco ormai inveterato dei principi della "legge e ordine" e della "tolleranza zero", la Commissione ha preannunciato, tra l'altro, la fine degli aiuti alla demolizione della flotta e alla attuazione degli arresti temporanei, cioè del fermo biologico così come attuato in Italia negli ultimi 20 anni.
Sarebbe un vero e proprio colpo di grazia per un settore che è già vicino al collasso, dichiara Ettore Ianì, presidente Lega Pesca. Una ipotesi miope e da scongiurare, perché il fermo biologico si è dimostrato, è e rimane una indispensabile misura di carattere ecobiologico e sociale. È una misura cui, pur con tutti i correttivi e gli sforzi che si renderanno necessari, va data continuità nel futuro, proprio per rispondere agli obiettivi europei di lotta al sovrasfruttamento delle risorse. Fonte: LegaPesca [nota di biologiamarina.eu: che sia il giusto passo verso la completa responsabilizzazione del settore? si spera proprio di si, la politica degli aiuti e degli incentivi deve necessariamente terminare, come nell' agricoltura, ha ostacolato la formazione dei pescatori-imprenditori, a tutt'oggi incapaci di gestire in chiave imprenditoriale l'intero settore professionale della pesca].
08 DICEMBRE
CACCIA ALLE BALENE CON I FONDI DELLO TSUNAMI
Una flotta di baleniere giapponesi, scortata dalla guardia costiera, ha lasciato nei giorni scorsi il porto di Shimonoseki, nel Sud-Ovest del Giappone, direzione Antartide, dove ha inizio la caccia alla balene.
I cacciatori sono stati accusati da Greenpeace e da Brigitte Bardot, a sostegno di Sea Sheperd ancor prima, di aver utilizzato i fondi destinati a risollevare l’economia dei pescatori colpiti dallo tsunami lo scorso 11 marzo, ricevendo circa 30 milioni di dollari dal Governo per sovvenzionare la battuta di caccia di quest’anno.
Junichi Sato, direttore esecutivo di Greenpeace Japan, ha spiegato che è vergognoso elargire i soldi dei contribuenti ai cacciatori di balene. Il programma di caccia alla balena non è prioritario, è impopolare ed economicamente impraticabile. Quei fondi dovrebbero essere destinati a risollevare l’economia locale ed alla ricostruzione.
La caccia alle balene, ha spiegato Greenpeace, macchia la reputazione internazionale del Giappone e pesa economicamente sui cittadini: "Versare miliardi di yen nella caccia alla balena antartica in questo periodo di crisi, è decisamente vergognoso. Il Giappone non può permettersi di sprecare soldi per la caccia alla balena in Antartide mentre i suoi cittadini stanno soffrendo".
Il Governo giapponese si è giustificato riguardo al finanziamento, affermando che una delle città colpite dallo tsunami ospitava una base portuale per la caccia alla balena. La caccia commerciale alle balene è vietata ma il Giappone è autorizzato a catturarle a scopi di ricerca scientifica.
Le baleniere torneranno in patria ad aprile dopo aver ucciso un migliaio di balene, ma ad aspettarli nei mari dell’Antartide ci sono gli attivisti di Sea Sheperd che gli daranno non poco filo da torcere. Sono attesi scontri.
Lo scorso anno Sea Sheperd ha fatto tornare indietro i balenieri con un quinto del bottino di caccia stabilito, circa 172 esemplari. Fonte: Ecoblog.
LA GENETICA MOLECOLARE PER LA PREVENZIONE DELLE FRODI
LA FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l’utilizzo di una tecnica di identificazione genetica che potrà essere applicata alla prevenzione di frodi in diversi campi e in particolare nel settore ittico. Con una provocazione, si parla della presenza di un 'genetista' anche nei ristoranti per garantire al cliente che il pesce venduto sia effettivamente quello riportato nel menù. Fonte: Eurofishmarket.
COME CAMBIERÀ LA PESCA GLOBALE?
L’intero settore della pesca marina rischia di entrare in seria crisi a causa del fenomeno globale del cambiamento climatico. Questo è ciò che si legge sulla rivista scientifica Nature Climate Change del 20 novembre scorso, che in un articolo offre un’ampia e dettagliata analisi della questione.
Ogni anno, si pescano, in mare, circa 80 milioni di tonnellate di pesce, per un giro d'affari che si aggira sugli 80-85 miliardi di dollari. Direttamente o indirettamente attraverso l'indotto, la pesca marina sostiene oltre 520 milioni di persone nel mondo. Un'impresa globale formidabile, insomma, senza contare che in alcune comunità dei paesi in via di sviluppo il pesce è praticamente l'unica fonte di proteine disponibile.
Non solo l'atmosfera: anche gli oceani si stanno scaldando e con l'aumento delle temperature si registrano altri eventi geochimici di grande rilievo: le acque marine, per esempio, stanno diventando più acide a causa dell'accumulo di anidride carbonica (CO2), mentre in alcune zone si registra una significativa diminuzione della concentrazione di ossigeno. Tutti fenomeni destinati ad avere importanti ripercussioni sugli stock di pesce in mare. Testo integrale su IlFattoAlimentare.
07 DICEMBRE
PESCA ENTRO LE TRE MIGLIA IN ALTO ADRIATICO: MANZATO INCONTRA IL MINISTRO CATANIA
L’assessore regionale alla pesca del Veneto, Franco Manzato, ha incontrato stamani a Roma il ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, al quale ha illustrato le problematiche dei pescatori veneti che operano entro le tre miglia e con i quali lo stesso assessore si era confrontato la scorsa settimana. "Ho fatto presente al ministro che, con i colleghi di Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, e Friuli Venezia Giulia, Claudio Violino, abbiamo fissato le priorità dell’Alto Adriatico relative a questa particolare categoria di pesca – ha sottolineato Manzato – penalizzata da norme europee che non considerano le caratteristiche uniche di questo braccio di mare. Applicare nell’Adriatico settentrionale quelle regole significa esercitare una pesca totalmente inappropriata e in certi casi addirittura dannosa all’ambiente, di sicuro rovinosa per i redditi e il futuro degli operatori".
"Abbiamo dunque la necessità di aggiornare quanto prima le disposizioni che hanno dato vita al Distretto di pesca Nord Adriatico, riconoscendo alle tre Regioni interessate la possibilità di regolamentare alcune attività. E inoltre è di vitale importanza per la sopravvivenza del comparto delle tre miglia – ha ribadito – dare ai pescatori che vogliono abbandonare l’attività, la possibilità di rottamare le imbarcazioni, oggi escluse dall’attuale bando perché le loro caratteristiche le rendono non collocabili in posizione utile in graduatoria. Come Veneto ho proposto in più occasioni alla Direzione Generale della Pesca, di realizzare un bando specifico per il Veneto da finanziare con le risorse FEP".
La terza istanza presentata al Ministro ha riguardato le recenti normative comunitarie inerenti alla fine delle deroghe alle pesche speciali: acquadelle, seppie, moscardini e altre specie che sono produzioni tipiche dell’Alto Adriatico. "La competente struttura tecnica regionale sta verificando con le associazioni di categoria, imprese di pesca e Istituti di Ricerca, l’utilizzo di attrezzature a minor impatto. Continueremo a seguire insieme ai pescatori tutti i passaggi – ha concluso Manzato - sollecitando politica e burocrazia affinché diano rapidamente risposte alle famiglie che le stanno attendendo". Fonte: Ufficio Stampa Giunta Regionale del Veneto.
06 DICEMBRE
PESCE... BENE COMUNE
Lo scorso 30 novembre è stata presentata a Bruxelles la campagna Pesce...bene comune. dall’eurodeputato Guido Milana, affinché "non si consideri più il mare come una miniera da cui solo prelevare, ma anche una risorsa dove far prevalere la biodiversità". L’idea della campagna si presenta sotto forma di dichiarazione scritta da sottoporre a tutti i parlamentari europei. Al riguardo sono necessarie 369 firme affinché la dichiarazione assuma valore di legge per il Parlamento europeo e, in questo modo, impegnerà anche la Commissione UE a mettere in opera i suoi obiettivi.
Con questo campagna, si intende richiamare l’attenzione dei deputati europei "sul progressivo impoverimento delle risorse ittiche, in quanto molti stock sono soggetti ad un sfruttamento eccessivo". Ma perché il pesce è bene comune? Perché - risponde Milana - "fornisce il 15% dell’apporto di proteine animali a più di 3 miliardi di persone. Inoltre, sono circa 520 milioni coloro che dipendono dalla pesca e dall’acquacoltura come fonte primaria di sussistenza. E la sopravvivenza di queste comunità è messa seriamente a rischio dal sovra sfruttamento della risorsa".
"Senza contare - aggiunge - che la Convenzione ONU sul diritto del mare e gli altri accordi sulla pesca richiamano l’attenzione su una pesca sostenibile che non alteri la biodiversità e gli ecosistemi". Insomma, prosegue Milana, "occorre un’azione mondiale in grado di richiamare ad una maggiore corresponsabilità di istituzioni, forze produttive e consumatori". Per l’eurodeputato infine, "l’UE ha la responsabilità di avviare un processo acquisendo come concetto di base che il futuro dei pescatori e dell’alimentazione umana dipende essenzialmente dal futuro dei pesci". Foonte: Eurofishmarket.
MASSACRO SQUALI: BLOCCATO IL PROGETTO DEL CENTRO IMMERSIONI NARC AUSTRALIANO
Il massacro di squali organizzato da Ryan Kempster e dal Centro Immersioni NARC è per il momento bloccato, grazie al recente editoriale di Sea Shepherd pubblicato sul quotidiano Sydney Morning Herald e ad una petizione online. Gli squali delle coste Occidentali dell’Australia possono, almeno per ora, tirare un sospiro di sollievo.
Più di 19.000 persone hanno sottoscritto la petizione per evitare il massacro di squali sulle coste occidentali dell’Australia, dichiarandosi a favore dell’adozione di misure non letali per il monitoraggio di questi animali. Di fronte a questo risultato, Norman Moore, Ministro per la Pesca dell’Australia Occidentale, ha dichiarato che il Governo investirà più di 13 milioni di dollari per i prossimi cinque anni, per aiutare a ridurre i potenziali rischi di attacchi da parte di squali, attraverso l’introduzione di strategie di mitigazione non letali. Tra le varie misure sono comprese: voli di perlustrazione, un sistema di allerta pubblico tramite SMS, un’unità appositamente dedicata a identificare e monitorare gli squali della zona, maggiori fondi per la ricerca su questi animali.
Mentre il Governo dell’Australia Occidentale fino ad ora non ha sostenuto la pulizia delle spiagge, al contrario il Ministero per la Pesca effettuerà una valutazione sull’efficacia di questa pratica, già portata avanti negli stati orientali. Sea Shepherd è fortemente contraria all’uso di reti per non far avvicinare gli squali alle coste, poiché queste uccidono indiscriminatamente creature marine come foche, tartarughe, mante, delfini e perfino balene, oltre che gli stessi squali. La grande maggioranza degli squali ritrovati imprigionati in queste reti sono esemplari che stavano tornando in mare aperto. Non funzionano – non c'è molto da dire. Dovrebbero essere immediatamente bandite e rimosse da tutte le coste del mondo.
Il Ministero inoltre implementerà una strategia di coinvolgimento della popolazione e una campagna d’informazione attraverso i media, in modo da fornire più notizie possibili per evitare i rischi connessi agli squali. Il Signor Moore ha dichiarato che la presa in considerazione di altre strategie da parte del Gabinetto ha escluso un abbattimento consistente di squali bianchi per ridurne il numero, un programma di massacro/trasferimento di foche, la creazione di piscine sulla spiaggia come strategia di mitigazione degli squali, e programmi di controllo del numero di squali bianchi.
Se questo annuncio del Ministro Moore, da un lato, è sicuramente un gran passo nella giusta direzione per la protezione degli squali per il beneficio delle future generazioni, c'è tuttavia ancora molto lavoro da compiere riguardo la percezione distorta che la gente ha di questi animali. Abbiamo bisogno di più gente possibile che si mobiliti per la loro protezione e che diffonda le giuste informazioni su di essi, come il fatto che si tratta di una specie chiave per la nostra stessa esistenza. Fonte: SeaShepherd.
POLITICA MARITTIMA, STANZIAMENTO UE DI 40 MILIONI DI EURO
Lega Pesca accoglie positivamente lo stanziamento di 40 milioni di euro che accompagna il varo del primo programma operativo di sostegno per lo sviluppo e l'attuazione della Politica Marittima Integrata Europea (Reg. (UE) n 1255/2011 del 30 novembre). Nonostante la riduzione della copertura finanziaria inizialmente ipotizzata (di 50 milioni di euro) si tratta di un passo avanti in direzione di un obiettivo ambizioso e condiviso - dichiara Ettore Ianì, presidente Lega Pesca . Quello di gettare le basi, attraverso un approccio decisionale integrato e coordinato, di una politica marittima che sia in grado non solo di incoraggiare lo sfruttamento sostenibile degli oceani e dei mari, ma anche di favorire lo sviluppo, la competitività, l'innovazione e l'occupazione dei settori marittimi e delle regioni costiere. Una opportunità anche per la filiera ittica, che in Italia, con un contributo di 4.4 miliardi, genera il 15% del PIL delle attività marittime, al pari della cantieristica navale, e il maggior numero di occupati, pari a circa 60 mila addetti diretti (acquacoltura compresa) rispetto agli altri comparti del sistema marittimo. Fonte: LegaPesca.
05 DICEMBRE
FUKUSHIMA: 45 TONNELLATE DI ACQUE RADIOATTIVE IN MARE
Nel fine settimana, circa 45 tonnellate di acqua altamente radioattiva sono fuoriuscite dal dispositivo di purificazione della centrale nucleare di Fukushima, danneggiata da terremoto e tsunami dell'11 marzo scorso. Parte della perdita potrebbe essere arrivata fino all'oceano. Lo rende noto la Tepco, che gestisce l'impianto e che sta lavorando per portarlo a uno spegnimento a freddo entro la fine dell'anno.
Qualche giorno fa, spiega la compagnia, è stata trovata una pozza di acqua radioattiva attorno al dispositivo di decontaminazione. La perdita è sembrata fermarsi dopo che l'apparecchiatura è stata spenta. In un secondo momento, i lavoratori hanno trovato una falla in una barriera di cemento che ha consentito all'acqua contaminata di entrare in un canale di scolo che porta verso l'oceano. Prima di bloccare la perdita con sacchi di sabbia, la Tepco stima che dalla falla siano fuoriusciti circa 300 litri di acqua. Le autorità stanno cercando di capire se l'acqua abbia effettivamente raggiunto il mare. Fonte: Cadoinpiedi.it.
DIGA GIBE III
La diga Gibe III, in Etiopia, che con i suoi 240 metri di altezza è la più alta diga del suo tipo mai realizzata, è oggetto di controversie almeno dal 2006. Se ne parla in tutto il mondo, visto l’enorme impatto che può avere sulle popolazioni locali, ma è il nostro Paese più di ogni altro ad essere direttamente coinvolto nel progetto: la costruzione della mega-opera è stata infatti appaltata dal governo etiope alla società italiana Salini Costruttori.
Il suo completamento, previsto per il luglio 2013, rappresenta benissimo la smania di esportare quello che noi occidentali consideriamo 'progresso', ossia la possibilità di far girare un sacco di soldi. Questo progetto ha subito le critiche, in quest’ultimo periodo, non solo di associazioni come Survival, che fin dall’inizio denunciano i pesanti effetti che il "più grande progetto idroelettrico mai concepito nel Paese africano" avrà sull’ambiente e sulle popolazioni locali, ma anche delle Nazioni Unite, che hanno richiesto ancora all’Etiopia "informazioni urgenti" a riguardo. Testo integrale su IlCambiamento.
DURBAN, L'APPELLO DI PIERRE-YVES COSTEAU: "LA TUTELA DEGLI OCEANI È LA NOSTRA SALVEZZA"
L’International Union for Conservation of Nature (IUCN) ha pubblicato i messaggi di sensibilizzazione alla tutela del Pianeta di alcuni dei suoi collaboratori e sostenitori più celebri.
Appelli rivolti alle delegazioni riunite a Durban in questi giorni per la Conferenza sul Clima da persone che hanno fatto della conservazione della biodiversità la loro missione di vita.
Tra questi quello di Pierre-Yves Cousteau, figlio di Jacques-Yves Cousteau e fondatore della Cousteau Divers, associazione non profit a tutela della biodiversità marina.
Pierre-Yves Cousteau ha ricordato che salvare gli oceani e contrastare il riscaldamento globale è questione di sopravvivenza. La nostra, prima di tutto.
Scrive Cousteau: "Per miliardi di anni, la vita su questa pianeta si è evoluta, l’atmosfera ha subito delle modifiche ed il clima è cambiato. L’aria che respiriamo oggi è un misto di gas modellato sulle nostre esigenze. Lo strato di ozono che ci protegge dalle radiazioni solari è stato creato da batteri microscopici. Tutte queste condizioni sono state create da organismi che vivevano milioni e milioni di anni fa, ad un ritmo incredibilmente lento".
"Oggi - prosegue Cousteau - bruciando i combustibili fossili che la natura ha intrappolato nella Terra, rendendo la nostra atmosfera respirabile e vivibile per noi, minacciamo la nostra stessa sopravvivenza. Il carbonio viene rilasciato nell’aria, si dissolve negli oceani, acidificando le acque e minacciando la sopravvivenza di milioni di creature da cui dipende la sussistenza di tante persone. La temperatura aumenta, il clima è alterato".
"I poeti possono cambiare il mondo - scrive Cousteau - peccato che a Durban a decidere alla fine siano solo economisti e politici. Vi lascio allo splendido video sulla poesia degli oceani, primo classificato del contest lanciato dallo stesso Pierre-Yves Cousteau per ricordare suo padre. Fonte: Ecoblog.
CORSI D'ACQUA DEVASTATI LUNGO IL TRATTO DELLA BRE.BE.MI.
Una parte della nuova inchiesta che scuote il Pirellone porta direttamente nei cantieri dell’autostrada Bre.Be.Mi (Brescia, Bergamo, Milano) dove, secondo gli inquirenti, sono stati sepolte tonnellate di rifiuti tossici. Infatti al fianco del’ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani, è finito dietro le sbarre anche Giuseppe Rotondaro, coordinatore degli staff dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), accusato di aver intascato una tangente dalla Locatelli Spa per eludere i controlli ambientali sulla bretella autostradale che collegherà le tre città lombarde.
Sotto la lente degli investigatori il cosiddetto 'tratto due'. È lì che le ditte di Pierluca Locatelli depositavano gli inerti che, secondo carabinieri e Antimafia di Brescia, sono contaminati da sostanze altamente pericolose. Tra queste montagne di cromo esavalente in attesa di essere sepolte per sempre nascoste dal manto stradale.
Sono enormi, a tratti sterminati i cumuli di ciò che in gergo tecnico viene definito 'loppa d’altoforno': una sorta di ghiaia di tonalità brunastra generata dalla fusione dei metalli. Una cenere pesante amalgamata giudicata per qualità statiche un ottimo stabilizzante del fondo stradale, ma estremamente pericolosa se non depurata dalle sostanze nocive. Altrimenti la sostanza può contaminare il terreno con tutto quello che ne consegue: dalle falde acquifere, ai campi coltivati fino alla catena alimentare dell’uomo. Testo integrale su IlFattoQuotidiano.
02 DICEMBRE
DUE ZIFIDI SPIAGGIATI A CROTONE
L’esatta determinazione della specie di appartenza si è avuta solo ieri mattina, ma lo spiaggiamento dei due cetacei era avvenuto nel pomeriggio antecedente. Il tutto nella spiaggia di Crotone, dove è subito intervenuta la Capitaneria di Porto, riuscendo a fare allontanare uno dei due animali che rischiava di morire. Per il secomdo, purtroppo, non c’è stato nulla da fare, essendosi ritrovato già morto. Ai soccorsi avevano partecipato anche i biologi della Riserva Marina di Capo Rizzuto. Poi, al sopraggiungere del buio, si è rinviato per l’esatta determinazione, all’indomani.
Con sopresa, si è visto che a spiaggiarsi erano stati due zifidi (Ziphius cavirostris), comunemente chimati balene dal becco d’oca. Lo zifio deceduto era lungo 5.3 metri e pesava circa 3 tonnellate. Trattasi di un cetaceo odontoceto, ovvero dentato, del quale però poco si conosce della sua stessa distribuzione. Anzi, quello che è dato sapere, deriva molto dagli stessi spiaggiamenti. Lo zifio, infatti, è un cetaceo che frequenta usualmente le profondità marine. Parrebbe essere diffuso un pò in tutti i mari del mondo ma, per le sue caratteristiche, non molto si conosce sulla biologia. Sembrerebbe, però, esistere una correlazione tra l’inquinamento acustico del mare determinato dalle attività dell’uomo e gli spiaggiamenti. Gli animali rimarrebbero disorientati, andandosi così a spiaggiare lungo le coste. Imputati delle morti, anche alcuni tipi di tecniche di pesca. Fonte: GeaPress.
DERATIZZAZIONE DELLE SPONDE DEL CENTA
In seguito alle preoccupazioni sollevate da alcuni in seguito all’intervento di derattizzazione condotto da tecnici dell’Ufficio Ambiente del Comune di Albenga, di concerto con esperti della ditta specializzata Switch 1988 Srl, in merito a eventuali rischi per altri animali e/o persone, interviene l’Amministrazione Comunale, per smentire le false voci relative all’utilizzo di 'bustine' o di altri sistemi superati e/o non a norma.
Al fine di rassicurare cittadini, residenti e turisti, in attesa del promesso dossier contenente documentazione relativa alle nuove strategie di contenimento da parte dell’Enpa (ancora non pervenuto presso gli uffici comunali), il Comune di Albenga rende note le modalità e le caratteristiche specifiche dell’intervento effettuato e, in particolare, della trappola EkoMille, riportando la comunicazione ufficiale della società Switch 1988 Srl, ditta che utilizza tale sistema ormai da diversi anni in ambito pubblico e privato, con l’effetto di aver ridotto la popolazione murina e il numero di segnalazioni che vengono effettuate. Testo integrale su IVG.it.
01 DICEMBRE
SVOLTA ECOLOGISTA IN CINA?
Lentamente, in modo molto eterogeneo, la sensibilità ambientale si sta facendo strada in Cina. A trarne vantaggio sono anche alcune specie animali che altrove non sono considerate cibo, mentre in Cina vengono vendute e considerate prelibatezze, come gli orsi (di cui si mangiano le zampe), i cani e, soprattutto, gli squali. Si moltiplicano, infatti, i segnali in questo senso: l'ultimo, in ordine di tempo, è l'annuncio dato dalla catena di alberghi di lusso Peninsula, che da gennaio 2012 cesserà l'offerta di piatti a base di squalo, in primo luogo la celebre zuppa, richiestissima come simbolo di agiatezza e molto gettonata in matrimoni e cerimonie di diverso tipo.
La zuppa si fa risalire alla dinastia Song, del decimo secolo d.C. ed è sempre stata al centro di banchetti reali. Con il miglioramento della condizione economica, tuttavia, è diventata sempre più oggetto del desiderio anche della nascente classe media, nonostante non sia considerata particolarmente squisita. Viene cucinata reidratando le pinne di squalo essiccate con un brodo molto ricco, che conferisce alla carne una consistenza gelatinosa; il gusto, tuttavia, a detta degli stessi cinesi, non è migliore di altri, anzi. Eppure tutti la vogliono o l'hanno voluta finora, più che altro come simbolo di raggiunto benessere: un chilo di pinne arriva a costare anche 1.200 dollari, una porzione fino a 70 e una zuppiera per 12 raggiunge facilmente i 150 dollari. Testo integrale su IlFattoAlimentare.
CATANIA: SEQUSTRATE QUATTRO TONNELLATE DI PRODOTTI ITTICI
"Il rispetto delle regole nel settore ittico costituisce un elemento fondamentale per garantire non solo i consumatori, ma anche per difendere l'immenso patrimonio rappresentato dalle risorse dei nostri mari. Per questo il mio plauso va agli uomini della Guardia Costiera - Capitanerie di Porto per l'importante operazione che ha portato al sequestro di oltre quattro tonnellate di prodotti ittici che stavano per essere messi sul mercato senza i requisiti necessari alla commercializzazione, attraverso la falsificazione dei documenti sanitari indispensabili per tutelare i consumatori".
Così il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Mario Catania ha commentato l'operazione congiunta delle Capitanerie di Porto di Chioggia e di Giulianova nel corso della quale sono stati sequestrati 3.5 quintali di tonno rosso congelato, sottomisura e mancante di BCD (il documento con il quale viene ricostruita e garantita la tracciabilità delle diverse fasi della filiera), 3.5 quintali di vongole sottomisura aventi bollo sanitario contraffatto e mancanti di tracciabilità ed etichettatura e 3.5 tonnellate di prodotto ittico vario congelato senza l'utilizzo dell'abbattitore e privo di tracciabilità ed etichettatura. Il titolare della ditta coinvolta è stato denunciato per frode in commercio e per la detenzione e la commercializzazione di Tonno Rosso sottomisura e nei suoi confronti sono state elevate le sanzioni previste. Inoltre nel corso dei controlli effettuati nelle zone di tutela biologica Tegnue, a Chioggia, una motovedetta ha sorpreso una unità pesca intenta in attività di posa di reti da posta. La Capitaneria ha provveduto al sequestro delle reti e a comminare le relative sanzioni amministrative. Fonte: Mipaaf.
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