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28 Agosto 2009

STRAGE DI DELFINI IN GIAPPONE

È stato documentato qualche tempo fa, ma diffuso solo da poco ed in modo integrale e premiato al festival della cinematografia del mare, una strage di delfini in Giappone, nel villaggio di Tajii sulla penisola di Kii, a 500 km da Tokio. Un documentarista del National Geographics, è riuscito ad introdursi nel territorio della mattanza, con la complicità di due apneisti esperti, in maniera furtiva, dopo essere stato respinto, a seguito di una richiesta per una possibile intervista sul modo e tipo di pesca che si attua a queste latitudini, al rifiuto dei pescatori e delle autorità, intenti a non diffondere la cosa , non è rimasto al naturalista che documentare con un filmato non autorizzato, che lascia sgomenti, la strage di delfini. Da tempo in questo luogo, venivano uccisi i delfini in un particolare periodo dell’anno dove transitano folti banchi di questi mammiferi. Non sono noti i circuiti attraverso i quali è smerciata la carne di delfino, forse le mense scolastiche locali. Alcuni affermano che possa essere spacciata per carne di tonno o di balena.

27 Agosto 2009

UN PIRANHA NEL FIUME PO'

A prenderlo all'amo è stato Mauro Bonazzi, un esperto pescatore di Guastalla che ha scelto le acque del grande fiume, fra il Parmense ed il Cremonese, per trascorrere una giornata dedicata al suo hobby e ha tirato a riva un pesce mai visto prima. La notizia, peraltro non nuova, è stata confermata dall'Acquario del Po, istituzione nata per proteggere e far conoscere la fauna locale. Certo un piranha è un ospite inatteso per queste acque, abitate da specie decisamente più tranquille. Nello specifico si tratta di un Pygocentrus netterreri, detto piranha rosso, originario del Sud America. Ama le zone paludose e grazie al suo ottimo olfatto e a un udito eccezionale è in grado di muoversi anche in condizioni di scarsa visibilità. A differenza degli altri piranha questa particolare specie si muove in gruppo e ci si chiede se, oltre all'esemplare pescato, ce ne possano essere altri. Ma c'è un elemento che fa riflettere gli esperti: questo particolare piranha è molto diffuso negli acquari pubblici e privati. E infatti una delle spiegazioni di questo mistero è che il pesce sia stato liberato da un acquario perchè troppo cresciuto. Insomma, come disfarsi della tartarughina. La temperatura del Po, salita negli ultimi anni, ha fatto il resto: il pesce si è subito ambientato e avrebbe potuto sorpavvivere. Molto preoccupati i pescatori: alcuni affermano di averne avvistati degli altri e l'ipotesi che possano riprodursi non è poi così improbabile. Dobbiamo aspettarci una tropicalizzazione nel nostro Po? Di certo questa storia ricorda che gli ammonimenti a non liberare e prima a ancora importare animali esotici non sono certo campati per aria. Fonte: agenzia Cronos

NOTE DI BIOLOGIAMARINA.EU: non è la prima volta che viene rinvenuto un piranha nelle acque dei fiumi italiani. Nella totalità dei casi questi pesci muoiono ai primi rigori dell'inverno. Quello che tuttavia aggrava la situazione è l'ottusità di molte persone e di molti pescatori che si ostinano ad immettere nei corsi d'acqua europei specie alloctone che stanno distruggendo la fauna locale. In particolare vengono immesse specie di grandi dimensioni per soddisfare garisti e pescatori di acqua dolce che non si preoccupano affatto della natura e delle specie locali, e soprattutto delle conseguenze, spesso nefaste, sugli ecosistemi.

27 Agosto 2009

SCOPERTA UNA NUOVA SPECIE DI CROSTACEO PRESSO LE ISOLE CANARIE

Durante una spedizione sottomarina al Tunnel de la Atlantida, il più lungo tunnel sottomarino di lava, presso Lanzarote alle isole Canarie, un gruppo di biologi e speleologi marini hanno individuato una specie di artropode fino ad ora mai descritto, per la precisione si tratta di un Crostaceo della classe Remipedia. Al momento si sta dibattendo sul nome da assegnarli. Ultimamente alcuni nomi di generi sono ispirati a nomi di mostri del cinema giapponese, per esempio Pleomothra (swimming mothra), oppure Godzillius robustus (strong godzilla) o Godzilliognomus (gnome godzilla). Sembra comunque che sarà chiamato Speleonectes atlantida.
Oltre al crostaceo, sono state scoperte nello stesso luogo anche due nuove specie di Policheti. Il team comprende scienziati della Texas A&M University, della Pennsylvania State University, della University of La Laguna, della University of Veterinary Medicine di Hannover e della University of Hamburg. La specie è molto simile a Speleonectes ondinae, tuttavia le due specie si sono probabilmente separate durante la formazione dei sei chilometri del Tunnel de la Atlantida, avvenuta 25.000 anni fa durante l'eruzione del Monte Corona.
Le primissime specie appartenenti alla classe Remipedia sono state scoperte nel 1979 presso le cave di Grand Bahama, e da allora ne sono state scoperte altre 22, distribuite tra la penisola dello Yucatan, passando per i Caraibi, le Canarie e l'Australia.

Fonte: A new, disjunct species of Speleonectes from the canary Islands - Marine Biodiversity 24 ago 2009.

24 Agosto 2009

I PESCI PULITORI POSSIEDONO UN' UNIFORME PER FARSI RICONOSCERE?

Così come i poliziotti nei confronti dei ladri vestono una divisa per farsi riconoscere e far rispettare le regole, lo stesso accade nella barriera corallina, dove la tattica utilizzata dai professionisti delle aree di sosta nella barriera, vede nei colori la principale causa a ciò e dove i pesci più grandi, sono invitati a fermarsi per farsi ripulire, dai più piccoli e particolarmente colorati pesci pulitori, fa si che i “ clienti “ più grandi possano nuotare avanti indietro e sostare in particolari posizioni, dove gli addetti alle pulizie possono svolgere il loro compito, quello di pulire gratuitamente dai parassiti e avanzi di cibo che rimangono impigliati fra i denti nelle fauci dei predatori, un ottimo rapporto di mutualismo e collaborazione che si ha fra le specie. Gli scienziati ancora oggi sono meravigliati come la speciale colorazione degli addetti alle pulizie possa far capire ai grossi predatori che loro, sono fuori dalla dieta, ed assolvono un compito importante. Karen Cheney con i suoi colleghi, in uno studio recente hanno approfondito la teoria che il colore e la forma dei pesci pulitori è fondamentale per questo scopo e per non essere mangiati.
Un biologo dell’università del Qeensland in Australia afferma che i pulitori adottano una divisa “chiara” che li contraddistingue nei confronti degli altri pesci della barriera corallina, per essere identificati e far capire il ruolo che essi hanno. La divisa principale è seguita da una colorazione azzurro-blu, o gialla, con una banda orizzontale nera che parte dalla coda ed arriva alla bocca. Gli studiosi per certificare ciò, applicarono le teorie del colore per realizzare un modello di pesce, per capire meglio come gli abitanti della barriera individua i colori e differenziano i vari ruoli ed i compiti degli stessi nell’ambito di un mondo così fitto ed affollato. Dopo aver portato a termine l’esperimento scegliendo come campione tre tipi di predatori che solitamente sostano nelle aree di pulizia fra cui il barracuda, è emerso che il blu è il colore in assoluto più evidente fra quelli che si trovano nella barriera e dunque, il fatto che i pulitori adottino questi colori predominanti per farsi riconoscere, non lascia più dubbi sulla teoria dei colori.

Fonte: National Geographic.

21 Agosto 2009

IL CANTO DELLE BALENE BOREALI

Le balene boreali (Balaena mysticetus) possono eseguire canti a più voci per richiamare il partner e rinnovare il loro repertorio. E' quanto stabilito da una ricerca condotta dall’ Università di Copenhagen.
Le balene boreali sono tornati nel nordovest delle Groenlandia dopo anni di assenza, a causa del riscaldamento globale che ha privato della copertura di ghiaccio la zona nord ovest per la prima volta in 125.000 anni. Ora ci sono circa 1.200 esemplari di quest1 mammiferi che possono raggiungere i 18 metri di lunghezza e un peso di 100 tonnellate. Secondo la ricercatrice Outi Maria Tervo della stazione di osservazione e ascolto delle balene di Qeqertarsuap, è la prima volta che si individuano due diverse voci in questi mammiferi e probabilmente rinnovano il loro repertorio per accoppiarsi e richiamare il loro compagno.
Le balene boreali sono molto simili per dimensione a quelle azzurre ma producono suoni diversi che possono raggiungere i 100 o i 200 Hertz e sono anche le uniche di cui è difficile stabilire il sesso delle loro voci. I ricercatori hanno scoperto che questi animali sono anche longevi, durante uno studio condotto un Alaska ne è stato ritrovato un esemplare di 213 anni.

17 Agosto 2009

AUMENTA L'ACIDITA' DELLE ACQUE DELL'ALASKA

Uno studio pubblicato sul sito dell' University of Alaska Fairbanks evidenzia come sia aumentata l'acidità delle acque del posto, compromettendo la pesca del salmone e del king crab (Lithodes aequispinus). Durante la scorsa primavera, l'oceanografo Jeremy Mathis campionò le acque profonde del Golfo Dell'Alaska, e si accorse, comparando altri campioni, che le acque del Golfo si acidificavano molto più velocemente delle acque dei tropici. Oggi gli sicenziati stimano, a causa della continua cessione di CO2 in atmosfera, che gli oceani siano il 25% più acidi di 300 annni fa. Questo compromette l'ambiente marino e la pesca, in particolare in alcune aree il fenomeno è più evidente che in alte, come appunto in Alaska.

Fonte: University of Alaska Fairbanks. New Finding show increased ocean acidification in Alaskan water.

12 Agosto 2009

LA RIVISTA SCIENCE PUBBLICA UN ARTICOLO SULLA SOVRAPESCA E I SUOI EFFETTI

Boris Worm, ricercatore dell’università di Dalhousie (Halifax, California) e colleghi hanno scritto sulla prestigiosa rivista Science che “non tutto è perduto e che è ancora possibile difendere i nostri oceani”. Lo studio, nonostante siano a rischio il 63 % delle riserve ittiche mondiali, evidenzia che è possibile mettere a punto delle strategie a lungo termine adatte a salvare il patrimonio ittico degli oceani. Occorre però muoversi rapidamente, come hanno gia fatto Alaska e Nuova Zelanda! Tra le strategie da mettere in atto, vi è la necessità di fissare delle restrizioni e di gestire in modo scientifico il settore.

Fonte: Science: Rebuilfing Global Fisheries

10 Agosto 2009

USCIRA' IL 15 SETTEMBRE IL DOCUMENTARIO "TERRA RELOADED"

Realizzato con il supporto di GreenPeace, il documentario riporta le interviste a illustri scienziati sul futuro del pianeta terra. Dalle censure fotografiche di Bush sui cambiamenti climatici alla scomparasa delle riserve delle acque dolci! Si parla anche di nucleare e energia.

LE FOTO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CENSURATE DALL'AMMINISTRAZIONE BUSH

Mille scatti satellitari attorno a sei siti a rischio. L'Osservatorio geologico concordò la mossa con lo staff del presidente Bush. Le foto c'erano, chiare e dettagliate. "Un metro ogni pixel", gongola Thorsten Markus, il ricercatore tedesco volato da Brema alla Nasa per combattere la battaglia dell'ambiente: "Una risoluzione così non s'era mai vista, trenta volte superiore a quelle che avevamo a disposizione: qui si vede tutto" Il ghiaccio di Barrow, Alaska, non c'è più, sparito, inghiottito da quel mare Artico che è sempre meno Glaciale per il surriscaldamento.
Bush aveva classificato come segretissimi altri studi sull'effetto serra, compreso quello firmato, anno 2004, dal suo stesso Pentagono.

Foto censurate

Fonte: Repubblica.

08 Agosto 2009

LA CORRENTE CHE CI SVELA IL CLIMA (espandi | comprimi)

I ricercatori sapevano che da qualche parte nell'emisfero meridionale c'era una super-corrente, un punto in cui i flussi delle acque di tre oceani, Pacifico, l'Indiano e l'Atlantico, devono confluire in uno solo. E sapevano che trovare quel punto, ipotizzato solo dai modelli teorici della circolazione delle acque del Pianeta, avrebbe significato prevedere meglio i cambiamenti climatici, provare che, se i ghiacciai si stanno sciogliendo nell'emisfero settentrionale e la percentuale di plancton è in grave diminuzione nell'Oceano Artico, le cose cambieranno per tutti, in Groenlandia come in Nuova Zelanda...[Clicca su espandi]

Ed eccolo lì il tassello che mancava alla mappa delle correnti: un passaggio ristretto che lambisce il vertice del continente australiano, lungo le coste della Tasmania, un punto privilegiato di osservazione per vedere come le temperature delle acque dell'Antartico possono influenzare quelle di tutto il pianeta. I ricercatori della Csiro, la Commonwealth Science and Industrial Research Organization, equivalente australiano del nostro CNR, hanno potuto pubblicare la mappa precisa della rotta attraverso cui il sistema di correnti del Pacifico si riversa nell'oceano Indiano e, incuneandosi tra costa australiana e neo-zelandese e scendendo poi verso la punta meridionale dell'isola di Tasmania, risale infine verso l'Oceano Indiano.
In ogni oceano, infatti, le acque scorrono con flussi circolari, che si muovono in senso antiorario e hanno grandezza pari a quella dei bacini oceanici. Tali flussi sono chiamati "spirali" e sono il meccanismo base per la creazione e distribuzione delle sostanze nutrienti, che dal fondo degli oceani si disperdono nelle acque e verso la costa, alimentando la vita nei mari. Le spirali oceaniche sono i regolatori della circolazione degli oceani di tutto il mondo, una specie di sistema di trasporto su vasta scala delle acque da un punto all'altro del pianeta, attraverso itinerari obbligati. 85i verso le regioni polari. Tra le correnti che rientrano nel super-sistema c'è il Throughflow indonesiano, che porta l'acqua dal Pacifico verso l'Oceano Indiano, un percorso che influenza in modo sostanziale le precipitazioni in Australia.
La scoperta del punto di convergenza delle correnti oceaniche è determinante per capire in che modo la temperatura del Throughflow indonesiano sta mutando: "Grazie alla scoperta del passaggio in Tasmania, possiamo verificare quali sono le alterazioni che le acque subiscono durante il loro cammino - spiega Ken Ridgway, autore dello studio con Jef Dunn - perché ora sappiamo qual è il punto preciso in cui le acque confluiscono in un solo flusso. I nostri dati dimostrano che la corrente che scorre dal Mare di Tasmania in direzione del Sud dell'Atlantico è una componente fino a ora sconosciuta del sistema climatico mondiale, attraverso la circolazione termica sottomarina".
"Il sistema di spirali interconnesse della corrente orientale australiana - precisa infatti Ridgway - è responsabile del modo in cui diverse acque dell'Antartico si distribuiscono nei bacini oceanici. Il flusso di queste masse d'acqua ha enormi influenze sul clima globale e monitorare il punto in cui esse vengono trasportate da uno all'altro, appunto in Tasmania, può essere un indice valido di misura del cambiamento del clima".
Per il loro studio i ricercatori australiani hanno utilizzato e verificato migliaia di campioni e dati sulla salinità delle acque, raccolti tra il 1950 e il 2002 nella regione tra il limite dell'Antartide e l'Equatore. "Uno dei problemi per l'identificazione del passaggio della super corrente - spiega Ridgway - è che scorre a grande profondità, dagli 800 ai mille metri, e che l'imponente sistema della spirale del Pacifico si riversa in un passaggio che si riduce a poche centinaia di chilometri".
La scoperta dei ricercatori della Csiro ha infine un risvolto importante dal punto di vista metodologico: "Abbiamo verificato che i modelli teorici usati fino a ora hanno un riscontro preciso nella realtà", sottolinea Ridgway.

Fonte: Repubblica

07 Agosto 2009

UNA SPEDIZIONE PER STUDIARE L'ENORME CHIAZZA DI PLASTICA NELL'ATLANTICO

La Scripps Institution of Oceanography della California University di San Diego finanzierà una spedizione per studiare l'enorme chiazza di plastica galleggiante che è stata documentata più volte nelle acque del Pacifico. La missione, a bordo di una nave, durerà tre settimane e prenderà in esame gli organismi che vivono a contatto con la chiazza e l’impatto di quest’ultima sulla vita del mare. I piccoli pezzi di plastica entrano sicuramente nella catena alimentare degli habitat marini anche perché gran parte della massa è quasi invisibile ad occhio nudo ed è costituita da minuscoli pezzi aggregati da una struttura gelatinosa che secondo alcune ipotesi cattura come una spugna anche altre sostanze inquinanti La National Oceanic and Atmospheric Administration americana (NOAA) ha documentato che la chiazza si sposta da nord a sud in una fascia di 1600 chilometri, in funzione della temperature dei mari, delle correnti e degli eventi atmosferici straordinari.

04 Agosto 2009

NUOVE AREE MARINE PROTETTE IN CALABRIA (espandi | comprimi)

Nei nostri articoli parliamo spesso di aree marine protette, e della necessità di istituirne altre, per la salvaguardia dell' ecosistema marino, sempre minacciato dall’inquinamento e dallo sfruttamento ittico. Fortunatamente sono diverse le regioni e i comuni che intendono trasformare le zone del proprio territorio in aree protette o comunque soggette a vincoli, con un innegabile e forte vantaggio per il turismo. Una delle Regioni virtuose in questo senso è la Calabria. Sulle sue spiagge depongono le uova con ottimi risultati le tartarughe Caretta caretta e nelle sue acque vive ancora indisturbato il cavalluccio marino...[Clicca su espandi]

03 Agosto 2009

IL NOAA INTERVIENE SULLA PESCA DEL KRILL IN CALIFORNIA

Il National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ha pubblicato un documento con valore di ordinanza sul Federal Register attraverso il quale vieta la pesca del Krill, all'interno della EEZ (Exclusive Economic Zone) lungo le coste della California, Oreon e stato di Washington. L'ordinanza sarà in vigore a partire dal 12 agosto 2009 e sarà valida entro le tre miglia dalla costa. "Il Krill è alla base della rete alimentare all'interno dell'ecosistema marino" afferma Mark Helvey, del NOAA's Fisheries Service Southwest Assistant Regional Administrator for Sustainable Fisheries. "Preservarlo è di vitale importanza per la sostenibilità delle risorse". L'area interessata ricade all'interno del santuario per i cetacei (National Marine Sanctuaries), diretta da William Douros che da tempo si batteva insieme al PFCM e al NOAA per ottenerne la protezione a tutti i livelli.

02 Agosto 2009

IL VIAGGIO DEL PINGUINO REALE RACCONTA COME CAMBIA IL CLIMA DELL'ANTARTICO

Coloro che hanno visto il film di Luc Jacquet uscito nel 2005, La marcia dei pinguini, sanno bene quanto è complesso il comportamento riproduttivo di questa specie. E sanno che i pinguini sono dei grandi viaggiatori, che per procurarsi il cibo nuotano per chilometri nelle acque dell'Antartico, a profondità di diverse centinaia di metri, restando in apnea anche venti minuti; creature che, pur con quel buffo modo di caracollare, attraversano vasti spazi e territori, sgusciando veloci sulle distese di ghiaccio spazzate dai venti polari, solo per sfamare i loro piccoli. Così, già da alcuni anni, gli scienziati si avvalgono dei pinguini come 'inviati speciali', esploratori che opportunamente pedinati possono testimoniare il mutare delle condizioni ambientali degli spazi attraverso cui si muovono. "Un monitoraggio regolare degli ecosistemi oceanici nell'emisfero australe è un obiettivo difficile da realizzare - dice Lewis Halsey, scienziato all'università di Birmingham - proprio a causa della vastità dell'area da misurare. Ed è per questo che gli uccelli marini si sono mostrati ottimi candidati al ruolo di bioindicatori". Tra questi, il pinguino reale, predatore d'alto mare con una naturale vocazione ai viaggi estremi, si è imposto all'attenzione dei ricercatori.
Halsey, che da anni segue gli spostamenti di un gruppo di pinguini della Possession Island, nell'Oceano Indiano, dallo studio del metabolismo di questo animale ha potuto ricavare importanti informazioni sugli effetti che il cambiamento climatico e la pesca indiscriminata hanno sulla vita marina. "Se i pinguini viaggiano di più o nuotano più a fondo per trovare il cibo - ha spiegato Halsey, presentando i risultati della sua ricerca alla Seb, la società britannica di biologia sperimentale - questo ci dice qualcosa sulla reperibilità di particolari tipi di pesci in alcune regioni dell'Antartico". Il surriscaldamento del clima, infatti, se da un lato riduce la barriera di ghiaccio che i pinguini devono attraversare nei loro spostamenti, dall'altro fa diminuire la quantità di alcune specie che costituiscono la base del loro nutrimento. Così Halsey e la sua équipe hanno studiato il ciclo di un anno di vita di questo gruppo di pinguini, ne hanno misurato il battito cardiaco e il dispendio energetico facendoli camminare su un tapis roulant, facendoli nuotare in un canale e dotandoli di una strumentazione elettronica che trasmette informazioni su battito cardiaco e consumo di calorie, una volta che ciascun esemplare viene lasciato libero nell'oceano.
Dai dati raccolti, gli scienziati hanno ottenuto una correlazione tra il costo energetico sostenuto dagli animali per nutrirsi e la quantità di pesce disponibile. E' la misurazione dell'energia che il pinguino impiega per approvvigionarsi di cibo che consentirà agli studiosi di tenere sotto controllo il livello della fauna marina e delle ripercussioni che su questa hanno i cambiamenti climatici.
L'Aptenodytes patagonicus - questo il nome scientifico del pinguino reale - è alto da 91 a 97 centimetri e vive nelle isole subantartiche, nell'Oceano Indiano e nella Terra del Fuoco. Come si sa non è un camminatore elegante e nemmeno veloce - avanza a una media di 500 metri all'ora - ma dalla sua ha anche la possibilità di spostarsi scivolando sul ghiaccio (6 Km/h) e quella di nuotare come un vero siluro, raggiungendo i 30 chilometri all'ora. Un ciclo riproduttivo coraggioso e spesso drammatico (sia il pinguino reale che il pinguino imperatore - quello celebrato dal film di Jacquet - depongono un solo uovo all'anno) in alcuni dei luoghi più inospitali del mondo e un'esistenza condotta "ai limiti di ciò che ancora può dirsi vita" hanno ottenuto a questa specie non solo un ruolo da protagonista nell'epico racconto cinematografico, ma anche l'attenzione e il rispetto del mondo scientifico.

Fonte : Repubblica.

01 Agosto 2009

CREME SOLARI E SBIANCAMENTO DEI CORALLI: SCOPERTA UNA RELAZIONE

Avevamo gia parlato della problematica delle creme solari e dell’impatto negativo che esse provocano ai danni dell’ecosistema marino nell’arcipelago di Palau, nella Micronesia. Un arcipelago di isole incantate e con un ridotto scambio d’acqua all’interno delle lagune, le rendono delicatissime dal punto di vista ambientale.
La notizia arriva dai ricercatori dell'Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienza del Mare, che hanno scoperto che le creme solari contribuiscono al fenomeno dello “sbiancamento” dei coralli. Lo studio è stato effettuato nelle barriere del Messico, Indonesia, Thailandia ed Egitto, e ha evidenziato che anche poche quantità di crema solare disciolta in acqua, provoca il rilascio da parte dei coralli di discrete quantità di alghe e particelle, utili alla formazione della barriera. I ricercatori cercano di sensibilizzare i produttori di creme solari, a formulare prodotti meno dannosi per i coralli, poiché si calcola che la quantità di crema che finisce in acqua possa essere superiore alle 4000 tonnellate, un problema fino ad ora sottovalutato e che deve far riflettere.