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30 Maggio 2009

AVANZA ANCHE IN MEDITERRANEO L'ARMATA DEL PLANCTON GELATINOSO

In uno dei nostri precedenti articoli abbiamo dato la notizia dell’arrivo in Mediterraneo della caravella portoghese entrata attraverso lo stretto di Gibilterra. Ora ad invadere le nostre acque, sono altre meduse, per fortuna meno pericolose. Si tratta delle barchette di San Pietro (Velella velella). Queste meduse hanno un diametro che va dai 2 cm ai 7 cm, sono di una colorazione azzurro - verde, ed un potere urticante modesto. Sono state avvistate al largo delle coste a nord della Corsica, da una vedetta della Guardia Costiera Francese, accorsa sul luogo perché il monitor segnalava una vasta macchia sulla superficie del mare, e si pensava ad una chiazza di petrolio, giunti sul posto, con grande sorpresa hanno visto invece l’enorme banco di meduse, che si estendeva sopra la superficie dell’acqua sino a 4 metri di profondità per una lunghezza di oltre 9 chilometri e larga circa 100 m, migliaia e migliaia di individui dunque. Il problema ora è capire in base all’evoluzione dei venti, dove queste meduse si dirigeranno. L’allarme si estende dalla Liguria alla Toscana e alla Sardegna. Non è il primo caso di invasione di meduse nelle nostre acque. Il clima sempre più mutevole e la sovrapesca sono i maggiori responsabili. In laboratorio sono state studiate queste meduse e si è visto che se subiscono un shock a livello termico, dallo stato larvale che si può prolungare per anni, si innesca un mutamento e il polipetto si allunga dando origine a dei dischetti filamentosi, le efire, ognuna dei quali diventerà una medusa adulta, con un meccanismo a catena e di sviluppo di nuovi membri. Anche la mancanza dei naturali predatori delle meduse, come il tonno rosso, le tartarughe, gli squali, i pesci palla, causa le pesca indiscriminata e altri fattori, come il rimanere intrappolati nelle reti “fantasma” sono le concause di questo forte incremento della popolazione di meduse.

26 Maggio 2009

UNO STUDIO EVIDENZAI I CAMBIAMENTI DI DISTRIBUZIONE E DI TAGLIA DEI PESCI CATTURATI NEGLI OCEANI DEL MONDO

Attraverso lo studio dei documenti di navigazione (ship logs) delle flotte peschereccie, dati di letteratura e statistiche del passato, è stato possibile dimostrare che la taglia delle specie ittiche commerciali si è drammaticamente ridotta. La notizia non è nuova ma è stata ulteriormente evidenziata attraverso l'utilizzo di una mole considerevole di dati. Non solo, ma è notevolente cambiata anche la distribuzione e l'abbondanza dei pesci. Per esempio le dimensioni dei pesci di acqua dolce europei si sono talmente ridotte che "risulta addirittura difficile immaginare le dimensioni dei pesci che popolavano i fiumi europei nel Medioevo". E' questa l'affermazione di James Barrett e Jen Harland della Cambridge University, di Cluny Johnstone della York University, e di Mike Richards del Max Planck Institute! La loro ricerca riguarda soprattutto l'Inghilterra e l'Europa del nord - ovest. Maria Lucia De Nicolò dell' Università di Bologna, afferma che i cambiamenti radicali introdotti attorno al 1600, ovvero lo sviluppo della tecnologia della pesca, che permisero appunto il passaggio dalla pesca costiera alla pesca di alto mare, furono (e sono) responsabili del cambiamento della distribuzione e della densità delle popolazioni ittiche. Alcuni esempi sono davvero sconfortanti, come quello che riguarda la specie Eubalaena australis, che nel 1800 comprendeva 22.000 - 32.000 esemplari, mentre gia nel 1925 furono censite solamente 25 femmine in età riproduttiva. Oggi rimangono solo 1.000 esemplari circa nelle acque della Nuova Zelanda e del continente Antartico. L'articolo con le foto è disponibil qui!

Fonte: Census of Marine Life Conference, May 26 - 28.

20 Maggio 2009

PER LA PRIMA VOLTA IN MOSTRA IL FAMOSO FOSSILE DI MASSILAE Darwinius masillae

Risale a 47 milioni di anni fa, assomiglia ad un lemure e gli scienziati ritengono possa essere il cosidetto ''anello mancante'' fra uomini e scimmie Il fossile, soprannominato ''Ida'', e' stato per la prima volta mostrato al pubblico presso il Museo di Storia Naturale di New York. L'animale, il cui scheletro si e' conservato talmente bene da consentire di intravedere alcune tracce della sua pelliccia e del suo ultimo pasto, e' stato ritrovato negli anni Ottanta negli scavi di Messel, in Germania. Lo studio sul reperto - come informa sul suo sito online la Bbc, che pubblica anche un video - e' stato condotto dal professor Jorn Hurum del Museo di Storia Naturale di Oslo, in Norvegia, il quale ha definito il fossile ''la cosa piu' vicina che abbiamo avuto ad un antenato diretto'', un ''sogno divenuto realta'''. L'animale, una femmina, e' vissuto nell'Eocene, un'epoca del periodo Paleogene che va dai 55 ai 34 milioni di anni fa circa e gli scienziati lo hanno battezzato Darwinius masillae, in omaggio a Charles Darwin. Fra le caratteristiche che lo rendevano simile ai primati piu' evoluti, il pollice opponibile, la mano prensile e le unghie al posto degli artigli.

Fonte: ASCA

19 Maggio 2009

I RESIDUI DI POSIDONIA SPIAGGIATI POSSONO ESSERE COMPOSTATI

La notizia, attesa da molti mesi, è stata ufficializzata con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale del 16 aprile scorso. E' il frutto di anni di ricerca e dei risultati conseguiti anche dai ricercatori dell’Azienda Sperimentale 'La Noria' di Mola di Bari. Il decreto del 22 gennaio 2009. firmato dal ministro Zaia, contiene l'aggiornamento degli allegati al decreto legislativo 29 aprile 2006 n. 217 (la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti) e fissa la quantità di posidonia che può essere aggiunta alle biomasse compostabili. D'ora in poi per la produzione di 'ammendante compostato verde' (il 'prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti da scarti di manutenzione del verde ornamentale, residui delle colture, altri rifiuti di origine vegetale') 'sono ammesse alghe e piante marine, come la Posidonia spiaggiata, previa separazione della frazione organica dalla eventuale presenza di sabbia, tra le matrici che compongono gli scarti compostabili, in proporzioni non superiori al 20% (P:P) della miscela iniziale'. Lo stesso provvedimento prevede che negli 'ammendanti con alghe' (non per la posidonia, quindi, che è una pianta marina superiore) la concentrazione del Tallio sia minore di 2 mg/kg sul secco. Nella gestione dei rifiuti solidi urbani i residui di posidonia spiaggiata escono finalmente dal limbo e diventano una matrice compostabile. Anche grazie al lavoro di ricerca condotto nell'Azienda Sperimentale 'La Noria' dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (Ispa) del Cnr di Bari. Già a partire dal 2000, ma ancora di più negli ultimi due anni, i ricercatori dell'Ispa e della Facoltà di Agraria dell'Università di Bari hanno presentato alla comunità scientifica, anche internazionale, e agli organi di informazione i positivi risultati emersi dalle ricerche condotte a Mola di Bari sul recupero della posidonia spiaggiata. Finalmente si aprono nuove prospettive per l'impiego in agricoltura di queste biomasse spiaggiate altrimenti destinate alla discarica. In agricoltura la posidonia compostata potrà essere utilizzata come ammendante e sostituire in parte la torba nelle coltivazioni in contenitore. RIF: MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI - DECRETO 22 gennaio 2009 - Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo 29 aprile 2006, n. 217, concernente la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti - GU n. 88 del 16-4-2009 - Suppl. Ordinario n. 51)

Fonte: Azienda La Noria

16 Maggio 2009

2009 IN PERICOLO ALCUNI MAMMIFERI MARINI DELL' OLYMPIC COAST NATIONAL MARINE SANCTUARY

Uno studio del NOAA’s Olympic Coast National Marine Sanctuary, insieme alla U.S. Fish and Wildlife Service e ad altre organizzazioni ha evidenziato come siano incalzanti alcune patologie che riguardano soprattutto le lontre marine. Lungo le coste dello stato di Washington le popolazioni di lontre marine sono ancora in buona salute, ma preoccupano le condizioni delle micropopolazioni dislocate all'interno dell' Olympic Coast National Marine Sanctuary. Tra il 2001 e il 2002 sono stati catturati 32 esemplari e di questi, 28 sono stati equipaggiati con tag elettronici. Sono stati inoltre prelevati diversi campioni di sangue. Ebbene, le analisi hanno mostrato che l'80% degli esemplari sono positivi al Morbillivirus e il 60% al Toxoplasma. Questo significa che alcuni esemplari sono portatori di entrambi i virus, che possono mettere in serio pericolo la popolazione locale. Fonte: National Oceanic and Atmospheric Administration (2009, May 12). Disease Threatens Washington State Sea Otters.

15 Maggio 2009

IL TRASCRITTOMA DEL CORALLO

Grazie a una nuova tecnica di messa a punto del cDNA e a recenti metodi di sequenziamento, un gruppo di ricercatori è riuscito a definire e analizzare il trascrittoma del corallo (Acropora millepora), una delle più importanti specie che concorrono alla formazione delle barriere coralline. Leggi l'articolo completo su Le Scienze.

10 Maggio 2009

DOCUMENTARI

"Nel 1977 il Capitano Paul Watson, co-fondatore di Greenpeace, lascia l’organizzazione in seguito a disaccordi sui metodi, a suo parere, troppo morbidi utilizzati dal movimento. Venne così fondata la Sea Shepherd Conservation Society: un’organizzazione no-profit guidata da Watson e retta dall’ausilio di una trentina di attivisti in tutto il mondo che si autodefiniscono eco-pirati e che, a differenza di Greenpeace, si cimenta in azioni dirette di disturbo e sabotaggio. Le telecamere di Animal Planet hanno seguito la campagna Migaloo, dal nome di una megattera albina, svoltasi tra il 2007 e il 2008 nell’Antartico: di sicuro una delle operazioni più rischiose e movimentate dell’intera storia della Sea Shepherd. Le attività infatti non si limitavano a semplici atti dimostrativi, ma comprendevano azioni di disturbo, abbordaggio, lancio di oggetti e di acido butirrico sui ponti delle baleniere giapponesi. Il risultato delle riprese è un documentario in 7 puntate, dal titolo WHALE WARS, che documenta i tre mesi di campagna. L ’operazione Migaloo si arroga il merito di aver salvato circa 500 cetacei". Fonte: Ianservir, adattato.

08 Maggio 2009

BANDITE LE PELLICCE DI FOCA DALL'UNIONE EUROPEA (espandi | comprimi)

"Il voto del 5 maggio del Parlamento europeo rappresenta una storica vittoria della associazioni animaliste che da 30 anni si battono in tutta Europa contro la mattanza delle foche a fini commerciali, – commenta Roberto Bennati, vicepresidente della LAV – ma è un’importante risultato anche per la LAV, che ha fatto sua questa battaglia in Italia portando, nel 2006, all’emanazione di un Decreto interministeriale di bando all’importazione delle pelli e derivati di foca nel nostro Paese; all’approvazione all'unanimità, nel dicembre scorso, del disegno di legge proposto dalla LAV, in Commissione Territorio e ambiente del Senato; e alla ricalendarizzazione, a febbraio, del DDL 740, per trasformare in legge, rafforzare e sanzionare il Decreto ministeriale”.....[Clicca su espandi]

Il Parlamento europeo ha approvato con 550 voti a favore, 49 contrari e 41 astenuti, l’adozione di un bando a tutti gli scambi commerciali di prodotti derivati da foche, all'interno del territorio dell'Unione europea, ad eccezione di quelli frutto della caccia tradizionale degli Inuit, o svolta ai fini della gestione sostenibile delle risorse marine. Gli Stati membri dell’Unione europea dovranno definire le sanzioni per chi viola tale divieto. “Questo voto è una testimonianza della forte volontà politica e della determinazione delle Istituzioni politiche europee che sono state in grado di giungere ad un accordo in prima lettura. – prosegue Bennati – Il Parlamento UE ha messo virtualmente la parola fine al mercato dei prodotti di foca in Europa, e quella in atto in Canada può considerarsi di fatto l’ultima stagione di caccia i cui prodotti potranno essere venduti nell’Unione europea”. Già nel 2009 i prezzi per ogni pelle sono scesi a 9 €, inferiori alla metà del prezzo dello scorso anno, e questo grazie anche al divieto di vendita di prodotti di foca espresso da 30 Paesi nel Mondo, sette dei quali fanno parte dei 10 principali mercati di esportazione del Canada.
“Nell’applicazione di questo Regolamento gli Stati membri dovranno predisporre adeguati controlli affinché le due deroghe non siano sfruttate illegalmente come scappatoie al divieto – aggiunge Roberto Bennati, vicepresidente della LAV. Il bando del Parlamento europeo arriva poche settimane dopo un altro importante risultato della campagna contro la caccia commerciale alle foche. A marzo, infatti, la Russia ha annunciato il divieto di caccia delle foche, nel Mar Bianco, per gli animali di età inferiore a un anno di età, mettendo fine, in pratica, alla caccia alle foche in territorio russo.
Nei prossimi mesi, inoltre, arriverà l’approvazione del Consiglio d’Europa al divieto, per la quale c’è già accordo politico, voluto con grande determinazione anche dal Governo italiano. Fonte: LAV

07 Maggio 2009

SEMPRE PIU' NUMEROSE LE SPECIE ITTICHE IN PERICOLO

Questa volta l'allarme arriva dai Caraibi, attraverso la voce di Chris Stallings del Florida State University Coastal & Marine Laboratory. L'esistenza dei grandi predatori, come squali, barracuda e altri grandi pesci è seriamente compromessa. John Bruno della University of North Carolina presso Chapel Hill, ha appena pubblicato un lavoro svolto in ben 22 nazioni che si affaccaino sul Mar dei Caraibi. Nel suo studio, pubblicato su, ha esaminato 20 specie di grandi predatori, inclusi squali, barracuda, seriole (jacks), Lutianidi (snappers), i grandi Serranidi (groupers) e l'Aulostomus maculatus (trumpetfish) e altri pesci. Ebbene su 20 specie esaminate, nelle aree densamente popolate, ne rimangono soltanto 5, le altre sono praticamente scomparse. La causa principale è ancora una volta l'overfishing, ma contribuiscono anche altri fattori quali la perdita delle barriere coralline e più in generale la perdita dell'habitat e delle zone di nursey. In alcune zone gli squali sono praticamente scomparsi probabilmente anche a causa del finning. Questi predatori sono fondamentali per il mantenimento della rete alimentare (food web), e i pesci leoni (Pterois volitans e P. miles) nfatti sono aumentati a dismisura. Inoltre le nicchie ecologiche rimaste vuote stanno per essere occupate da specie non native, ossia da specie alloctone. Lo studio ha dimostrato l'importanza dei volontari e della comunità non scientifica, grazie al Reef Environmental Education Foundation's (REEF) e alla collaborazione di un grandissimo numero di divers.

Fonte: Independent Data Reveal Negative Effect of Human Population Density on Caribbean Predatory Fish Communities. Articolo completo.

05 Maggio 2009

SALMONI COME POLLI

I salmoni, come gran parte degli altri inquilini del bancone del pescivendolo, sono grandi predatori e quindi sono costosi da allevare. Per essere competitivi con il pollo industriale (e il maiale, il manzo eccetera) gli allevamenti adottano massicce economie di scala: grandi pascoli marini. Questa modalità di produzione convoglia sul massimo consumo contributi ecologici e sociali che si traducono in prodotti economici e quindi in profitti per gli allevamenti. Tuttavia, come spesso accade, questi contributi non si ritrovano nel prezzo al dettaglio per il consumatore, ma al contrario determinano dei costi. Il consumo di acqua pulita arricchita di ossigeno, lo smaltimento dei rifiuti nei corsi d’acqua, l’assimilazione dei pesci scappati, l’enorme aumento dei parassiti, lo smembramento delle comunità di pescatori e il fatto che gli operai degli allevamenti non guadagnano quanto basta per vivere sono solo i primi costi reali dell’“economico” salmone d’allevamento. Analoghe pratiche industriali su terra hanno giustamente suscitato l’indignazione dei consumatori informati che capiscono il rapporto tra quantità, qualità e prezzo. Purtroppo, il loro sguardo non si è ancora spinto sotto la superficie del mare. Finché non diverrà inaccettabile mangiare solo le tigri marine, ben difficilmente capiremo quale follia sia allevare lupi. Leggi l'articolo completo su SlowFood.