Avete dubbi su un argomento? Volete identificare un organismo marino sconosciuto? Volete sapere come si diventa biologo marino oppure oceanografo? Contattateci, siamo a disposizione per approfondire qualunque argomento di nostra competenza.
RICHIESTE
Riprendiamo, in data 10 Marzo 2012 e dopo alcuni mesi, a pubblicare le risposte ai quesiti dei nostri lettori.
Aggiornamento del 27 Giugno 2011: a tutti coloro che hanno scritto a proposito delle tartarughe di Ostional, abbiamo risposto attraverso l'articolo disponibile qui. Ci scusiamo per il ritardo.
Ciao BioMarina,
sono Gianluca e frequento la terza classe dell'Istituto xxxxxxxxx, vorrei diventare biologo marino. Mi piacciono molto i pesci e aspiro a diventare un ittiologo. A proposito di pesci, si legge su alcuni siti, come www.xxxxxxxxx che d'inverno sono più rari. Ma è cosi? Poi vorrei sapere, i pesci migrano? (Mail ricevuta il 03 Mazro 2013)
Ciao Gianluca,
preciso innanzi tutto che l'alternanza di stagioni è marcata solo in alcune aree del globo. Immagino
comunque che la domanda sia riferita al nostro Mediterraneo. In realtà il fatto che d'inverno si possono osservare meno pesci è legato al fatto che, per ovvi motivi, non si frequenta il mare come avviene durante la stagione estiva. I registri di pesca, peraltro, documentano le maggiori catture dopo la stagione estiva e in particolare durante l'autunno e l'inizio dell'inverno. Dunque non esistono particolari motivi per affermare che durante l'inverno ci sia meno pesce, anche se non lo vediamo con i nostri occhi. I pesci, infine, possono migrare per motivi riproduttivi e trofici. L'esempio classico è quello delle anguille. Puoi trovare maggiori dettagli all'articolo dedicato.
A presto,
Giovanni
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Salve,
innanzi tutto i miei più sinceri complimenti. Ho trovato il vostro sito molto bello, anche se trovo che il lavoro da fare è ancora lungo, per esempio manca la sistematica degli organismi marini e alla pagina dedicata i link ai vari phyla sono quasi tutti mancanti. Piccola critica per esservi di stimolo a completarla.
Vorrei sottoporvi una domanda. Esistono testi che trattano i pesci di profondità dell'Adriatico? Per esempio quelli della fossa di Pomo e della vicina fossa Ionica?
Sto cercando da tempo un testo, una semplice lista, ma non ho mai trovato nulla.
Grazie e Buon Lavoro
Gennaro T.
(Mail ricevuta il 03 Gennaio 2013)
Ciao Gennaro,
non sono a conoscenza di lavori recenti che trattano nel dettaglio o anche solo in generale, i pesci di profondità dell'Adriatico. Però dispongo di una lista, compilata una decna di anni fa, che ti ho appena inviato in privato. Al momento non dispongo, purtroppo, di altro materiale.
Riguardo alla pagina priva (ancora) di link, spero di completarla al più presto. Tuttavia la descrizione dei vari phyla si trova su numerosi altri portali, per cui si tratta di una lacuna facilmente colmabile.
A presto
Giovanni
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Cari amici,
vi segnalo, dal momento che spesso fate riferimento al blog ClimateMonitor, una piccola disquisizione relativa all'ultimo lavoro di Fretwell & Co, sullo status della popolazione dei pinguini Imperatore, alla quale ha partecipato il nostro amico Simone F., con due contributi. Non avendo chiaro il problema, potrei avere maggiori informazioni? Insomma, le notizie recenti sui miei animali preferiti, sono positive?
Giacomo alias Franzini. (Mail ricevuta il 03 Maggio 2012)
Buongiorno Giacomo,
purtroppo non ho modo di visionare il secondo intervento di cui scrivi, probabilmente è in fase di moderazione. In ogni caso, risulta evidente che viene confuso il trend di una popolazione con un censimento. Errore classico aggiungo, succede spesso.
Lo stesso autore dello studio, tra l’altro, ha affermato in un recente intervento, che la popolazione di pinguini Imperatore, permane comunque in uno status di decrescita e, in ogni caso, la modellistica non considera mai, per ovvie ragioni oggettive e di non fattibilità, il numero esatto di una collezione di variabili, come si indicano in statistica, che nel caso specifico rappresentano il numero di individui di una popolazione.
Cordiali Saluti
Pierfederici Giovanni
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Buongiorno,
vi contatto per sottoporvi un quesito relativo all'alimentazione dei pesci allevati. Sapevo che per ottenere un Kg di pesce allevato, occorrono almeno 20 Kg di pesce pescato in natura. Poi tale rapporto, negli anni, si è lentamente abbassato e oggi, secondo la stima di fish-in: fish-out (FIFO), occorrerebbero 0.5 Kg di pescato per ottenere 1 Kg di pesce allevato. Ma si tratta di un errore o è davvero così?
Ho appreso questa notizia da un noto sito che si occupa di pesca e mercati ittici.
Grazie,
Gianluca S. (Mail ricevuta il 08 Marzo 2012) (Repost - Replica di Elena P.)
Caro Gianluca,
la tua domanda è molto interessante, ed è anche al centro di un grosso dibattito che si tiene, ormai da diversi anni, tra quelli che "difendono" l’acquacultura (in genere i produttori di pesce d’allevamento e i produttori di mangime) e quelli che"l’accusano" di non essere un’attività sostenibile (in genere associazioni ambientaliste). Calcolare il rapporto FIFO (fish in fish out) non è una cosa ne semplice ne diretta; di conseguenza la risposta al tuo quesito si discosta molto da un semplice 'vero' o 'falso'.
Quello che però possiamo fare, è darti qualche informazioone in più riguardo l’argomento. Il problema della sostenibilità, è legato al ben noto quesito "quanti chilogrammi di pesce pescato servono per produrre un chilogrammo di pesce d’allvamento?".
Il rapporto FIFO nasce dunque proprio per rispondere a tale quesito e, per farlo, utilizza dei valori che, nella maggiornaza dei casi, possono essere trovati sui rapporti pubblicati dalla FAO (Food and Agricultural Organization). Poiché diversi autori/ricercatori hanno usato tali valori in MODI diversi, il rapproto FIFO che ne consegue è risultato in alcuni casi maggiore e in altri minore.
Per quanto riguarda il valore FIFO che ci hai riporatto tu (0.5), posso dirti che è (molto probabilmente) stato originalmente pubblicato dall'associazione IFFO (Fish Mean and Fish Oil Organization)1, che rappresenta i produttori di oli e farine di pesce (derivati dal pescato, alla base dei mangime per i pesci) in tutto il mondo.
Il rapporto di 0.5 (0.52 per l’esattezza) è stato calcolato sulla base di diverse premesse:
- I mangimi per i pesci non contengono solo oli e farine di pesce, ma anche altri componenti. Per esempio, il mangime prodotto dalla società Biomar contiene fino al 50% di componenti di origine vegetale2;
- Oli e farine di pesce vengono usate in quantità diverse, per pesci diversi. Per esempio, le carpe non richiedono oli di pesce, mentre i salmoni si1;
- Gli scarti del pesce d’acquacultura (teste, code, lische ecc..), vengono in parte utilizzati come componente dei mangimi per animali d’allevamento. Maiali per esempio1.
Prendendo in considerazione tutte queste variabili, che il rapporto FIFO è risultato appunto pari a 0.52.
È importante ricordare però, che questo rapporto è stato pubblicato per smentire un articolo precedentemente pubblicato sulla rivista scientifica Aquaculture, che invece riportava il rapporto FIFO di 4.9:1 (4.9 Kg di pesce pescato per produrre 1 Kg di pesce d’allevamento)3.
Stabilire quale dei due rapporti si avvicini maggiormente alla realtà è molto difficile (forse addirittura impossibile nell’immediato futuro). Quello che però si sa per certo, è che minore è la quantità di pesce pescato, necessario per produrre manigmi per i pesci, maggiore è la resa economica per i produttori di mangime. Per questo motivo molti soldi sono stati, e sono tutt’ora, investiti nella ricerca di diete alternative, meno dipendenti da oli e farine di pesce. Spero che la mia risposta abbia portato un po di luce sulla questione!
Cordiali saluti,
Elena P.
1Fish in- Fish Out (FIFO) Ratios Explained.
Scaricabile da http://www.iffo.net/downloads/100.pdf.
2Biomar: a sustainable approach to aquaculture.
Scaricabile da http://www.biomar.com/Countries/common%20ceu/BioSustain/UK_BioSustain%20brochure%202011.pdf .
3Tacon, A. G. J., and Metian, M. (2008). Global overview on the use of fish meal and fish oil in industrially compounded aquafeeds: Trends and future prospects. Aquaculture, 285(1-4), 146-158.
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Buongiorno,
vi contatto per sottoporvi un quesito relativo all'alimentazione dei pesci allevati. Sapevo che per ottenere un Kg di pesce allevato, occorrono almeno 20 Kg di pesce pescato in natura. Poi tale rapporto, negli anni, si è lentamente abbassato e oggi, secondo la stima di fish-in: fish-out (FIFO), occorrerebbero 0.5 Kg di pescato per ottenere 1 Kg di pesce allevato. Ma si tratta di un errore o è davvero così?
Ho appreso questa notizia da un noto sito che si occupa di pesca e mercati ittici.
Grazie,
Gianluca S. (Mail ricevuta il 08 Marzo 2012)
Ciao Gianluca,
é chiaro, dal punto di vista trofico, che non è possibile ottenere 1 Kg di biomassa da soli 0.5 Kg, anche perchè, tipicamente, il rendimento
energetico massimo che si può ottenere passando da un livello trofico ad un altro è del 10% circa. Quindi l'informazione che ci hai comunicato o è errata oppure è parziale. Forse sono state omesse, nel rapporto, le altre fonti alimentari tipicamente utilizzate in acquacoltura, poiché non sono utilizzate solamente le farine di pesce. Secondo Tacon & Metian (2008) per esempio, per ottenere una tonnellata di salmone, occorrono 4.9 tonnellate di pesce pescato. Il rapporto che invece ci hai segnalato, tratta, almeno quello di cui disponiamo, il rapporto FCR del salmone, dei gamberetti e delle carpe di allevamento. A fine rapporto sono riportati anche i dati relativi ad altre specie, calcolati però in due modi differenti. Per il salmone, i gamberetti e la carpa si ottengono, da 1000 Kg di pescato, rispettivamente 140, 441 e 250 Kg di prodotto di allevamento. Da qui si ricava il FIFO ratio (la formula la trovi nel documento in pdf) che vale, rispettivamente, 2.27, 2.36 e 0.33. Nota che il FIFO ratio non ha, come unità di misura il Kg, trattasi invece di una percentuale. La tua domanda è stata comunque sottoposta ad una nostra collabiratrice esperta di acquacoltura, per cui attendiamo ulteriori chiarimenti.
Pierfederici Giovanni
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Gentile Staff,
innanzi tutto complimenti per il vostro interessante sito, che seguo quasi ogni giorno. Vi scrivo per chiedervi una cosa relativa alle uova di pinguino. So che molti uccelli (per esempio quelli da cortile) ingeriscono piccoli sassolini che usano poi come fonte di calcio per la formazione del guscio delle uova deposte successivamente. Ma come fanno i pinguini se hanno una dieta esclusivamente ittiofaga? Forse si nutrono anche di conchigliette o cose simili?
Grazie,
Ilaria C., Firenze (Mail ricevuta il 08 Settembre 2011)
Ciao Ilaria,
ebbene si, secondo alcuni biologi dell'Università di Washington, che hanno pubblicato un resoconto dei loro studi sulla rivista The Auk, della American Ornithologists'Union, è proprio così. Durante l'ovodeposizione, lo stomaco delle femmine dei pinguini contiene molti più gusci di mollusco, soprattutto vongole e mitili, rispetto a quello del maschio. Le conchiglie rilasciano gradualmente calcio, che viene utilizzato dalla femmina per costruire i gusci delle uova.
I pinguini depongono le uova su superifici dure. E' questo uno dei motivi per cui i gusci delle loro uova hanno uno spessore del 50% maggiore di quanto ci si aspetterebbe per le loro dimensioni, circa il doppio delle uova di gallina.
Dal 1984 al 2001 i biologi hanno raccolto dati su 10.023 uova di pinguino in una colonia di pinguini di Magellano a Punta Tombo, in Argentina. Inoltre, sono state effettuate necroscopie in periodi diversi dell'anno esaminando il contenuto gastrico degli uccelli. Durante il periodo dell'ovodeposizione, negli stomaci delle femmine erano presenti conchiglie in numero molto più consistente.
Pierfederici Giovanni
Fonte: Vet Journal a cura di Maria Grazia Monzeglio
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Ciao,
scrivo da Rimini dove, anche quest'anno, a fine giugno, ho osservato sul fondale delle palline gelatinose attaccate alla sabbia; sembrano molto resistenti e la corrente le deforma senza tuttavia staccarle dal fondale; a breve, per maggior chiarezza, vi invierò delle foto, seppur scarse vi aiuteranno (e mi aiuteranno) a capire finalmente di cosa si tratta.
Codiali Saluti
Emanuele T. in vacanza a Rimini (Mail ricevuta il 08 Luglio 2011)
Ciao Emanuele,
Attendiamo le foto, nella speranza possano aiutarci a chiarire il 'mistero'. Anticipo tuttavia, se
si tratta di 'palline' gelatinose trasparenti, che si tratta di uova di policheti, probabilmente appartenenti ad Arenicola spp.
Pierfederici Giovanni
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Vi scrivo per sapere se è vero che, recentemente, sono state scoperte alghe capaci di vivere sia in acque dolci che salate. Potete dirmi qualcosa sull'argomento?
Tiziana S., Cagliari (Mail ricevute il 21 Febbraio 2011)
Recentemente la rivista PNAS ha pubblicato un articolo curato da ricercatori del Monterey Bay Aquariaum Research Institute (California), della Dalhousie University canadese e del Natural History Museum, che descrive un gruppo nuovo di alghe, le rappemonadi. Negli anni '90 del secolo scorso Michael Rappé, dell'Università delle Hawaii, ottenne delle sequenze geniche non identificate. Le stesse sequenze sono state poi ottenute da campioni provenienti da siti eterogenei (Mar dei Sargassi, oceano Pacifico, Golfo del Messico, diversi fiumi). I ricercatori allora, grazie ad una tecnica idonea (fluorescenza), sono riusciti ad associare le sequenze geniche sospette a nuovi organismi mai descritti prima, ovvero alghe con una sequenza gentica molto diversa da tutti gli altri Phyla algali.
"'Questo è solo uno dei microrganismi acquatici che esistono ma di cui non sappiamo nulla - hanno spiegato i ricercatori del Monterey Bay Aquarium Research Institute - riuscire a mappare tutta la vita negli oceani è fondamentale, perchè questi organismi hanno un ruolo fondamentale nello scambio di anidride carbonica tra l'atmosfera e l'oceano e, sapere come funzionano questi cicli, è di fondamentale importanza nello studio dei cambiamenti climatici". Per approfondimenti rimandiamo all'articolo pubblicato su PNAS: Newly identified and diverse plastid-bearing branch on the eukaryotic tree of life - January 25, 2011 vol. 108 no. 4 1496-1500.
Pierfederici Giovanni
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Ciao, vorrei sapere se è reale che, in seguito allo tsunami, l'asse terrestre si è spostato davvero di 10 cm. e perchè!
Carlo R. Roma (Mail ricevute il 15 marzo 2011)
Ciao Carlo,
in effetti l'asse terrestre si è davvero spostato, anche se occorrerà tempo per sapere realmente di quanto. Il motivo è semplice. La terra non è una sfera perfetta e ruota attorno al proprio asse in funzione della distribuzione delle masse (aria, mare, continenti). Il sisma dell'11 marzo ha determinato una impercettibile ridistribuzione della massa terrestre attorno al suo asse e di conseguenza, per una legge fisica, l'asse stesso si è riadattato. Non è un fenomeno raro, accade infatti che l'asse si sposti in seguito al movimento delle grandi masse di aria, o in seguito alle maree oceaniche.
Staff
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ANISAKIS...Qualche chiarimento!
Buongiorno, vorrei chiedervi se l'anisakis si può contrarre mangiando calamari crudi......
Ciao, è possibile avere maggiori informazioni sull'anisakis??
La marinatura annienta l'anisakis???
Lettori vari (Mail ricevute dal 01 Gennaio al 04 Febbraio 2011)
L’Anisakis è un parassita nematode che passa da ospiti intermedi come pesci e molluschi cefalopodi (quindi anche calamari), ai mammiferi marini e di conseguenza, anche all’uomo. Quando si consuma pesce crudo, oppure pesce trattato con sistemi scarsamente efficaci come la marinatura, l’affumicatura o la salagione, il rischio di ingerire il parassita ancora vivo, è elevato. Se questo accade, i piccoli vermi tondeggianti si insinuano e/o nello stomaco e/o nell’intestino. Alcuni saranno eliminati con il vomito o con le feci, altri, spesso, si insediano a livello dei tessuti degli apparati suddetti, provocando granulomi, ascessi e perforazioni, che possono portare ad un quadro sintomatologico anche grave, che per essere risolto richiede uno o più interventi chirurgici. Non esistono pesci a basso rischio, perchè sono moltissime le specie che possono essere parassitate dal nematode. A maggior rischio sono però pesci come le acciughe, il nasello, gli sgombri, i suri e il pesce spada.
In Giappone l’Anisakis colpisce molte migliaia di persone e, circa 3.000 ogni anno, subiscono un intervento chirurgico. I decessi sono qualche decina ogni anno. L’incidenza della malattia in Italia non è nota, ma è maggiore al sud. Ultimamente il numero di casi sembra essere in aumento nelle regioni che si affacciano sull'Adriatico.
Le normative vigenti di riferimento sono il Regolamento UE 853/2004 e il Regolamento UE 854/2004.
Per concludere, se proprio siete dei fanatici del pesce crudo, non chiedete se il pesce è freschissimo, ma se è stato abbattuto per almeno 24 ore a temperature non superiori a –20°C.
Le raccomandazioni dell'EFSA sono le seguenti:
congelamento a -15°C per non meno di 96 ore oppure a -20°C per 24 ore.
Cottura a 60°C al cuore del prodotto per almeno un minuto (il che significa max 5 minuti per le alici e almeno 30 minuti per un filetto di tonno).
Pierfederici Giovanni
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Salve,
di seguito una idea che mi assilla la mente e che magari potrete discutere anche voi. Io l'ho pubblicata su alcune riviste e forum, ha riscosso consensi, vorrei il vostro parere autorevole...
Premesso che ormai tutti concordano che lo stato del mare Adriatico sia al collasso dal punto di vista biologico, che tutti i sistemi finora adottati per il ripopolamento sono stati costosi e per nulla efficienti, che i pescherecci trainano reti sempre più lunghe e soprattutto di tipo a strascico. E ancora, che leggi e regolamenti quando vengono rispettate lo sono per le unità che battono bandiera italiana (al massimo Croata) e che ciclicamente ci sono le invasioni di lampare assai lesive dell’ecosistema marino: è ora di fare qualcosa che sia efficiente e nei fatti impossibile da eludere.
È risaputo che le piattaforme petrolifere istallate al largo dell’Adriatico, con i loro tralicci sommersi, creano delle isole/reef artificiali dove la vita sottomarina è vigorosa e popolatissima da pesci di varie specie e grandezze che oramai è impossibile trovare altrove. Perché, allora, non sfruttare la capacità che ha il mare di trasformare un relitto ferroso in un’oasi di vita e nursery, zone dove nessuno per impossibilità oggettiva possa disturbare questo microcosmo? È logico che nessun peschereccio getterebbe le proprie reti sopra un relitto… Si potrebbero creare delle zone grandi un miglio quadrato lungo la batimetria dei 40 metri, usando delle vecchie navi in disuso dopo averle bonificate e spogliate di ogni sostanza pericolosa per l’ambiente e per gli eventuali subacquei. La batimetria dei 40 metri è pensata perché in massima parte risiede in acque territoriali e quindi facilmente gestibili, nonchè per il fatto che è una quota facilmente raggiungibile dai subacquei interessati a visitare i relitti. Ogni zona dovrebbe essere composta da 6/8 vecchie navi affondate in maniera che esse rimangano in verticale come se stessero ancora galleggiando. Va da sè che queste zone devono essere studiate e molto precisamente segnalate sulle carte nautiche, in modo che si possa vietare la pesca a scopo commerciale, ma non quella a scopo dilettantistico. Questo progetto porterebbe lavoro ai cantieri che dovrebbero occuparsi di bonificare le vecchie navi, creerebbe un interesse per i subacquei e per i pescasportivi, con tutti i benefici che questo comporta. In America sono anni che usano questo tipo di espediente per creare dei reef artificiali e finora non è stata individuata nessuna controindicazione.
M.Compagnucci (ricevuta il 04 Dicembre 2010)
Risponde Marcello Guadagnino
Le famose piattaforme petrolifere Adriatiche sono sì delle aree di nursery e, dopo la nascita delle più maestose negli anni 60-70, si è osservato come questi "mostri" potessero in qualche maniera chiedere scusa al mare. Le piattaforme giocano già un ruolo importante nell'ecosistema marino Adriatico. Sono delle aree di nursery divenute aree di tutela da quando lo Stato Italiano ha impedito ai pescasportivi e ai pescatori professionisti di praticare alcuna attività legata alla pesca. Su questa scia sia in Toscana che in Sicilia il CNR ha portato avanti dei progetti di ripopolamento ittico, con la posa in mare di rottami di vecchie navi o di locomotive in disuso spogliate di tutto ciò che possa arrecare danno al mar e alle specie che vi vivono (ciò vale anche per le piramidi somerse). Quindi la Sua proposta è in linea con quella degli scienziati che si stanno occupando della difesa del mare, ovvero quello di creare delle aree di tutela ambientale. Il problema fondamentale è che tutti gli enti di ricerca in questo momento lottano contro i mulini a vento. Se il Ministero dell'Ambiente non crederà fermamente in questo modello scientifico, difficilmente si riuscirà a cambiare qualcosa.
Cordialmente
R: R:
Vede, le piramidi che dice lei sono poste (perlomeno nella mia zona) a poche centinaia di metri dalla costa, diciamo un miglio circa, su una profondità di 12 metri. In quella area, molti pescasportivi vanno quotidianamente a fare incetta di molluschi, ostriche, cozze, pesci, ricciole, corvine e spigole. Con un ecoscandaglio da un centinaio di euro ed un GPS di altrettanto valore si localizano facilmente e a 12 mt chiunque è capace di immergersi. Inoltre le piramidi, sono di forma piuttosto regolare e so per certo che qualche pescherecio ci ha calato le reti. Se si facesse ad una betimetria di 40 metri a 6 miglia dalla costa e con strutture affondate che per loro natura sarebbero deleterie per le reti..... A queste condizioni, si potrebbe concedere di andare a pesca magari solo con la lenza e il visitare i relitti con l'ausilio di un dive center.... insomma si svilupperebbe un business aggiuntivo. Io non ho nessun interesse diretto in questa cosa se non il piacere immenso di vedere che si sta facendo qualcosa di tangibile e concreto per il mio mare. Non rivendico le peternità del progetto, chiedo solo di essere tenuto aggiornato qualora vi fossero sviluppi.
Ringraziandovi, cordialmente saluto
M. Compagnucci (ricevuta il 06 Dicembre 2010)
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Salve,
quest'estate al mare ho visto dei piccoli pesciolini, di circa 4-5 cm di lunghezza, che si ancoravano agli scogli per riuscire a mangiare le alghette. Sembrava avessero una sorta di adattamenti delle pinne pettorali, che consentivano loro di arrampicarsi e muoversi sugli scogli sino ad affiorare, resistendo fuori dall'acqua per qualche istante! Il fenomeno mi ha incuriosito (e anche emozionato!) molto, in quanto mi è sembrato si trattasse di una delle specie animali che si vedono solo nei documentari e che sviluppano varie forme di adattamento. Li ho osservati per molto tempo e mi è rimasto il desiderio di contattare qualche esperto nel settore per soddisfare questa mia curiosità, ma non sapevo in quale direzione muovermi. Oggi ho visto un servizio sui PERIOFTALMI e mi son resa conto che, a perte la peculiarità della posizione degli occhi, sono molto simili ai pesciolini che ho visto io, anche se i perioftalmi mi sembrano più grandi e restano fuori dall'acqua per più tempo. Il punto è che questi pesci vivono in Africa se non sbaglio, mentre io li ho visti in Italia! Quindi vorrei capire se esistono questi pesci nel mediterraneo o se si tratta di un pesce simile ...insomma se queste forme di adattamento sono diffuse o se ho assitito ad un fenomeno raro. Granzie mille!!! (ricevuta il 09 Novembre 2010)
E. Petruzzelli
Risponde Marcello Guadagnino
Il pesce che ha visto dovrebbe essere un Lepadogaster lepadogaster che in genere è abbastanza raro. Comunemente è chiamato succiascoglio o anche pesce papera.
Provi a cercare un'immagine su google associata al nome sopra, se non dovesse corrispondere ci contatti di nuovo, proviamo con altre specie, ma al 90% sono sicuro della risposta.
Cordialmente
M. Guadagnino
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D: Carissimi colleghi biologi,
sono fresco di laurea e vi faccio innanzi tutto i compliementi per il vostro bel sito, semplice e molto tecnico allo stesso tempo. Sto intraprendendo la carriera di consulente biologo, in un'azienda che si occupa di alimenti e in particolare di prodotti ittici.
Come sapete si discute molto delle qualità salutari del pesce azzurro, denominato spesso
come "alimento salvacuore". La mia domanda è questa, da dove nasce questa cosa, visto che nella letteratura scientifica è difficile trovare informazioni precise? Grazie (ricevuta il 19 Ottobre 2010)
F. Marinelli
R: ciao F., la risposta è semplice. Esistono diversi studi medici che hanno confermato, nel corso degli anni, la maggior capacità di ripresa di alcuni pazienti con alle spalle infarti e problemi cardiaci correlati, trattati con acidi grassi omega 3. Da qui l'industria alimentare ha tratto delle conclusioni affrettate, ovviamente per ragioni commerciali, estendendo i benefici a tutta la popolazione.
Infatti non esistono studi validi su soggetti sani, che dimostrano la capacità preventiva degli acidi grassi omega 3 relativamente alle malattie cardiache. Al momento è noto che tali patologie colpiscono in minor misura le persone che esercitano una regolare attività fisica e che adottano una dieta prevalentemente povera di proteine animali. Tuttavia con questo non si vuole affermare che gli acidi grassi omega 3 siano inefficaci, ma solamente che non esistono studi validi sull'argomento.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Pierfederici Giovanni
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D: Vorrei segnalarvi che presso alcuni ipermercati della catena Coop sono posti in vendita squali della specie Lamna nasus, o smeriglio. Un esemplare si trovava la settimana scorsa esposto e decapitato presso l'Ipercoop di Senigallia. Ma la specie non è protetta? Anonimo
R: lo squalo smeriglio (Lamna nasus) è classificato come altamente vulnerabile (86/100). Ci rammarica il fatto che proprio la Coop, particolarmente attenta alle problematiche ambientali (è una delle poche aziende ad aver adottato una politica scritta per l’approvvigionamento sostenibile dei prodotti ittici commercializzati), poi di fatto disattenda le intenzioni commercializzando una specie come lo squalo smeriglio.
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D: Spiaggia sabbiosa e spiaggia ciottolosa?
Buongiorno,
vorrei sottoporre alla vostra attenzione un quesito peraltro proposto in altra sede, la cui risposta però mi convince poco. Al link da me indicato si afferma che il fiume Cesano trasporta sabbia e sarebbe quindi responsabile della sedimentazione delle spiagge (sabbiose) a sud della foce del Metauro. Ma la sabbia compare ben 4 Km dopo in località Ponte Sasso, frazione del comune di Fano, mentre a sud della foce del fiume Cesano, nel comune di Senigallia, compare dopo circa 700 – 800 metri. Siccome sono a conoscenza dei vostri lavori proprio sul fiume Cesano, vorrei un vostro parere.
Cordialmente Ugo Silvestrini (ricevuta il 08 Luglio 2010)
R. Egr Sig Silvestini,
il fiume Cesano si differenzia rispetto al fiume Metauro, che dista circa 10 Km, per il fatto che il primo era, prima di essere snaturalizzato con opere di contenimento, uno stream river, ovvero un fiume anastomizzato, come dimostrato da studi della dott.ssa Nesci dell’Università di Urbino e come evidenziato anche da alcune rare rappresentazioni, che purtroppo non possiamo pubblicare per ovvi motivi legati ai diritti di riproduzione. Ma a parte questo, il fiume Cesano erode a monte la stessa identica successione sedimentaria (la successione umbro-marchigiana), dominata da spessi strati calcarei. Quindi il Cesano non trasporta sedimenti diversi da quelli del fiume Metauro. E infatti come lei stesso nota le spiagge di Marotta sono tutte ghiaiose, a cominciare dalla riva sinistra (a nord) del fiume, sino a Ponte Sasso, frazione di Fano. Gli arenili degli stabilimenti di Marotta di Fano sono artificiali e vengono regolarmente predisposti ogni anno, altrimenti la spiaggia sarebbe ghiaiosa. La stessa cosa dicasi per gli arenili di Marotta di Mondolfo.
Le sabbie delle spiagge di Ponte Sasso che proseguono in direzione Nord sino a qualche Km dalla sponda sud del Metauro, un tempo dominate dalle dune costiere, sono di ben altra origine. Come evidenziato dai lavori di Colantoni (università di Urbino) e di McKinney le sabbie del medio Adriatico sono di origine Pleistocenica e in parte Olocenica. La genesi di tale tipologia di sedimenti è complessa, occorrerebbe introdurre le variazioni del livello marino, esaminare l’antico corso dei fiumi marchigiani che durante l’ultima era glaciale erano tutti affluenti del Pò che sfociava in quello che è ora il centro del mare Adriatico.
Le sabbie comunque sono ivi depositate a causa dell’energia del moto ondoso legata a sua volta alla natura e alla batimetria del fondale marino, evidentemente dove vi sono ciotoli l’energia del moto ondoso è tale da non permettere la deposizione delle antiche sabbie, cosa che invece avviene a metà strada tra i due fiumi sopra citati. Se interessato all’argomento in passato abbiamo pubblicato un articolo che potremmo, previa revisione, ripubblicare volentieri.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Pierfederici Giovanni
Sopra, in giallo le spiaggie sabbiose, in grigio quelle ghiaiose.
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D: Buongiorno, complimeti per il vostro bellissimo portale, uno dei più completi in lingua italiana e non solo. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione un quesito per voi sicuramente banale. A volte capita di osservare nei calamari che acquisto al mercato locale, una sorta di patina azzurra o una colorazione azzurra delle carni, e siccome si è parlato in questi giorni di mozzarelle azzurre, la cosa mi preoccupa molto. Potrebbe essere la stessa cosa? Cordialmente, Lucia I. (ricevuta il 06 Luglio 2010)
R: Ciao Lucia, la colorazione azzurrina dei calamari si presenta quando a causa di traumi ripetuti (la causa degli stessi è da ricercarsi nei metodi di pesca) fuoriesce emocianina, un pigmento respiratorio dei molluschi, che ossidandosi assume una colorazione azzurra. Se il trauma è leggero la sclera (occhio) risulta leggermente azzurra, se il trauma è maggiore, anche le carni possono assumere tale colorazione. Maggiori informazioni alla scheda Calamaro.
Pierfederici Giovanni
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D: Ciao, mi chiamo Andrea M., forse voi di Biologiamarina.eu potete aiutarmi. Sono in procinto di concludere una ricerca scolastica che ha come tema principale le alluvioni. Dal momento che trattate a volte anche di fiumi, sapreste dirmi quale è stata l'alluvione più grande degli ultimi anni? (ricevuta il 05 Mag 2010)
Andrea
R: Ciao Andrea, probabilmente una delle più grandi verificatesi è stata quella Islandese del 1996, dopo l'eruzione del vulcano Grímsvötn. Esso si trova intrappolato sotto la calotta di ghiaggio più grande al mondo, poli esclusi, che si chiama Vatnajökul. Sotto questo ghiacciao dimora un altro vulcano, l'Oraefi. Inizialmente, ancor prima dell'eruzione vera e propria, la grande calotta cominciò a cedere e a sciogliersi, riempendo in poco tempo la caldera vulcanica. Poi si aprìi una via sotto i ghiacci in direzione sud. Si calcola che la portata della jökullhlaup, in islandese il termine indica l'alluvione derivante dalla rottura di una calotta glaciale, ammontasse a ben 50.000 m³/secondo. L'immane forza dell'acqua trascinò iceberg e massi di roccia da centinaia di tonnellate e travolse ogni cosa su un fronte di quasi 30 Km. Ponti e strade vennero sommersi e, ancora oggi, i turisiti, quando incontrano rottami di ferro nelle desolate distese Islandesi, si chiedono cosa potrebbero essere. Sono i resti dei piloni e delle strutture dei ponti travolti dalla furia delle acque.
Pierfederici Giovanni
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D: Buongiorno, sapete dirmi se esistono cartine con l'andamento del plancton, krill diviso per mesi nel Mar Ligure? Sono laureata in Scienze Ambientali-Oceanografiche. Vi ringrazio per eventuali informazioni (ricevuta il 19 Gen 2010)
Eva
R:Ciao Eva, ho consultato diversi testi sul Mediterraneo e il materiale a disposizione, perlomeno quello da me trovato, è comunque abbastanza datato e pure di difficile reperibilità. Gli unici articoli trovati sono questi: 1-Annual microplankton cycles in Villefranche Bay, Ligurian Sea, NW Mediterranean. Journal of Plankton Res., Apr 2003; 25: 323 - 339. 2-Duncan E. McGehee, David A. Demer, and Joseph D. Warren Zooplankton in the Ligurian Sea: Part I. Characterization of their dispersion, relative abundance and environment during summer 1999. Journal of Plankton Res., Dec 2004; 26: 1409 - 1418. 3-Joseph D. Warren, David A. Demer, Duncan E. McGehee, Rossella Di Mento, and J. Fabrizio Borsani Zooplankton in the Ligurian Sea: Part II. Exploration of their physical and biological forcing functions during summer 2000. Journal of Plankton Res.,Dec 2004; 26: 1419 - 1427. 4-Ph. Laval, J.-C. Braconnot, C. Carré, J. Goy, P. Morand, and C.E. Mills Small-scale distribution of macroplankton and micronekton in the Ligurian Sea (Mediterranean Sea) as observed from the manned submersible Cyana Journal of Plankton Res., 1989; 11: 665 - 685. La cosa migliore secondo me è quella di rivolgersi all'Università di Genova, che dispone sicuramente delle mappe relative all'andamento della Produzione Primaria del mediterraneo nord orientale e in particolare del mar Ligure. Solitamente indirizzano le ricerche attraverso la bibliografia , ovvero non rilasciano materiale direttamente a chi ne fa ricerca. Ti consiglio anche di consultare la rivista dell'ordine dei biologi (Biologi Italiani), che tratta spesso aspetti specifici.
Pierfederici Giovanni
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D: Salve, tempo fa vidi su questo sito un breve reportage su Marsa Alam, più che altro immagini. Vorrei sapere se la zona è particolarmente interessante dal punto di vista naturalistico, quali specie si possono osservare e se ci sono problemi di sicurezza. Premetto che faccio immersioni da poco tempo e mi interesserebbe sapere se i vari Resort sono ben attrezzati. Cordiali Saluti (ricevuta il 19 Dic 2009)
Giampiero M. - Roma
R: La zona di Marsa Alam, seppur abbastanza isolata è comunque ben attrezzata. I Resort a cinque stelle sono dotati di ogni comfort, la cucina è internazionale e non manca il personale italiano. La barriera corallina è raggiungibile grazie a un lungo pontile, poiché diversamente da Sharm è dislocata a circa 500 metri dalla costa. L'ambiente sottomarino è ancora integro e le acque, nonostante i tanti cantiere aperti lungo la costa, non hanno perso la loro trasparenza. Le specie osservabili sono numerose e on line sono disponibili anche come screeshot diverse immagini delle specie più comuni. I vari Resort organizzano anche gite in barca finalizzate all'osservazione del Dugongo, ma l'impresa è alquanto complessa, vederlo praticamente è quasi impossibile. La vigilanza non consiglia di allontanarsi molto nel deserto, per la presenza di branchi di cani rinselvatichiti che chiamano Dingo (ma nulla hanno a che vedere con quelli australiani). Si avvistano abbastanza facilmente! Da sottolineare che la zona è particolarmente ventosa sin dalle prime ore del mattino, ed è particolarmente consigliata agli appassionati di kite-surf. Il periodo migliore è sicuramente dalla fine di marzo in poi, quando la temperatura dell'acqua consente anche di praticare snorkeling. Buona Vacanza
Pierfederici Giovanni
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FAQ
Come diventare biologo marino?
La lista degli Atenei che hanno attivi corsi inerenti la biologia marina sono: Ancona (www.unian.it, laurea specialistica in biologia marina), Bari (www.uniba.it, laurea triennale in Gestione delle risorse del mare e delle coste), Bologna (www.unibo.it, laurea specialistica in scienze ambientali marine e oceanografia, sede di Ravenna), Cagliari (www.unica.it, laurea specialistica a numero chiuso in biologia marina), Catania (www.unict.it, laurea specialistica in biologia marina), Genova (www.unige.it, laurea specialistica in scienze ambientali marine), Messina (www.unime.it, laurea triennale in biologia ed ecologia marina), Napoli (www.unina.it, laurea specialistica in biologia dei sistemi acquatici), Padova (www.unipd.it, laurea specialistica interfacoltà in biologia marina), Palermo (www.unipa.it, laurea specialistica in risorse biologiche marine), Pisa (www.unipi.it, laurea specialistica in biologia marina), Roma (www.uniroma.it, laurea specialistica in scienze del mare e delle acque interne), Sassari (www.uniss.it, laurea triennale in scienze dell'ambiente e delle produzioni marine), Trieste (www.units.it, laurea specialistica in biologia marina), Viterbo Tuscia (www.unitus.it, laurea specialistica in scienze ambientali marine, laurea specialistica in gestione sostenibile delle acque interne). Segnalo infine l'università di Napoli Parthenope (www.uniparthenope.it), per il corso in scienze nautiche, indirizzi navigazione, meteorolgia&oceanografia.Biologiche, indirizzo Biologia Marina ed Oceanografia presso l'Università Politecnica delle Marche, Ancona.
Come si sono formati gli oceani?
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Ideazione: Pierfederici Giovanni - Progetto: Pierfederici Giovanni, Castronuovo Motta Nicola.
Prima Pubblicazione 31 Lug 2006 - Testi e immagini riproducibili secondo le specifiche Creative Commons. Le immagini dei Collaboratori detentori del Copyright © sono riproducibili solo dietro specifica autorizzazione.
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