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31 MARZO

GRAVE MALATTIA COLPISCE I DELFINI DEL GOLFO DEL MESSICO
Secondo i biologi marini della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), i tursiopi di Barataria Bay, in Louisiana "stanno mostrando i segni di una grave malattia". Barataria Bay, nel nord del Golfo del Messico, ha subito una pesante e prolungata esposizione ala marea nera durante la fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon. I ricercatori NOAA, di altre agenzie federali e della Louisiana, durante l'estate 2011, hanno analizzato 32 delfini vivi della Barataria Bay e "i risultati preliminari dimostrano che molti dei delfini dello studio sono sottopeso, anemici, hanno un basso livello di zuccheri nel sangue e/o alcuni sintomi di malattie del fegato e dei polmoni. Quasi la metà hanno anche livelli anormalmente bassi degli ormoni che aiutano a rispondere allo stress, il metabolismo e le funzioni immunitarie". News integrale su GreenReport.
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EUROCARGO VENEZIA, I FUSTI SARANNO RECUPERATI A MAGGIO
Era il mese di gennaio quando si scoprì che l' Eurocargo Venezia, aveva perso alcuni bidoni contenenti sostanze tossiche nei pressi della Toscana. Dopo mesi di allarme ambientale e di possibile contaminazione delle acque, in una zona che da lì a qualche settimana avrebbe conosciuto un altro peggiore evento: quello della Costa Crociera, è stato varato un piano di recupero dei fusti. È la Società Atlantica di Navigazione che ha presentato alla Capitaneria di Porto un piano strategico che verrà attuato solo a metà maggio.
Il recupero dei bidoni dal fondo del mare avverrà attraverso l’impiego di una nave specializzata con una gru da 40 tonnellate ad alta potenza. I bidoni verranno inseriti in cassoni stagni per evitare possibili fuoriuscite del materiale altamente tossico durante le operazioni di recupero e verranno issati a bordo di una grande nave, pronti per essere smaltiti. Ogni cassone a chiusura ermetica avrà una capacità di circa 10 bidoni. Il materiale recuperato verrà poi smaltito da una ditta specializzata nel gestire e trattare rifiuti speciali e pericolosi. Le operazioni potranno avere luogo tra il 10 e 12 maggio e saranno necessari almeno 30 giorni lavorativi per recuperare, mettere in sicurezza e stoccare i bidoni.
Il piano di recupero prevede inoltre un monitoraggio dei fondali, che inizierà a metà aprile, per la ricerca di eventuali bidoni con sonar multi beam, side scan sonar e magnetometri a protoni, parte delle strumentazioni tecniche adoperate anche durante le precedenti operazioni di riqualificazione ambientale compiute dalla nave scientifica Minerva Uno. Ricordiamo che i primi esami effettuatu sui fondali della Toscana hanno limitato l’area di intervento a circa 12 miglia per 1.300 metri, ossia la rotta compiuta dalla nave Eurocargo Venezia, ma una seconda verifica durante la campagna di recupero dei bidoni potrà eliminare ogni possibile dubbio circa la rimanenza di bidoni con sostanze tossiche nei fondali. Fonte: Ecologiae.
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LA STRANA CONVENZIONE DI WASHINGTON PARTE SECONDA
Il Signor Giam Choo-Hoo, divenuto oggetto di un articolo al vetriolo pubblicato su The Times sulle presunte commistioni con gli ambienti del commercio di pinne di squalo (vedi news 18 marzo), non era presente all’ultima riunione CITES, che si è tenuta appena pochi giorni addietro a Ginevra e Dublino. A rilevarlo è il Capitano Watson, leader di Sea Shepherd, che aveva vivacemente protestato sulla presenza di Giam Choo-Hoo all’interno dell’organismo scientifico incaricato di stilare i pareri propedeutici alle decisioni degli uffici della Convenzione.
Secondo Sea Shepherd, potrebbe essere un effetto delle proteste sollevate in campo internazionale sulla discutibile presenza di un personaggio che, nel caso fossero avvalorate le ipotesi sollevate dal quotidiano inglese, assumerebbe il ruolo di controllore di se stesso. Interessi forti, quelli che gravano sul commercio di specie protette. Proprio lo stesso Capitano Watson, aveva recentemente reso noto come il Primo Presidente del Governo maltese vuole adire, contro di lui, le vie legali (vedere news del 13 marzo). Watson aveva accusato i rappresentanti della politica maltese di accordi sottobanco per la pesca del tonno lungo le coste libiche.
Ora la scoperta che il Sig. Giam Choo-Hoo (rappresentante per il Governo di Singapore) non era presente all’ultima riunione. Gli organismi della Convenzione di Washington non hanno però alcuna regolamentazione utile a disciplinare i conflitti di interessi. Fatto questo che avvalora le ipotesi, ancora una volta sollevate da Watson, sulla dubbia limpidità di alcune decisioni che dovrebbero tutelare animali e le piante minacciati di estinzione. Fonte: GeaPress.

30 MARZO

LIMITE SULL'UTILIZZO DEI FOSFATI NEI DETERSIVI
Sulla base di un'analisi approfondita, l'UE è giunta alla conclusione che l'uso dei fosfati nei detergenti per bucato e nei detergenti per lavastoviglie automatiche, destinati ai consumatori, debba essere limitato. È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea di oggi il Regolamento che modifica il precedente del 2004 (il numero 648 sull'uso dei fosfati e di altri composti del fosforo nei detergenti per bucato e nei detergenti per lavastoviglie automatiche destinati ai consumatori). Il nuovo Regolamento ha come obiettivo la riduzione del contributo dei fosfati provenienti dai detergenti destinati ai consumatori ai rischi di eutrofizzazione, la riduzione del costo dell'eliminazione dei fosfati negli impianti di trattamento delle acque reflue e la garanzia di un corretto funzionamento del mercato interno dei detergenti per bucato destinati ai consumatori e dei detergenti per lavastoviglie automatiche. News integrale su GreenReport.

29 MARZO

TIMORI PER LA GRANDE BARRIERA CORALLINA
John Tanzer, direttore del Wwf Global Marine Program ed ex direttore esecutivo della Great Barrier Reef Marine Park Authority, nei giorni scorsi, alla vigilia delle elezioni nel Queesland che hanno spodestato il partito laburista da un lunghissimo dominio di governo dello Stato australiano, ha lanciato un accorato appello per salvare la Grande Barriera Corallina, che è stata recentemente sotto i riflettori mondiali, grazie ad una visita di una delegazione internazionale dell'UNESCO per valutare se il reef viene correttamente gestito (vedere news del 5 marzo).
"Il governo statale e quello federale - scriveva Tanzer - hanno approvato, o sono in procinto di approvare, una serie di progetti industriali proprio lungo la costa del Queensland. Questi progetti da miliardi di dollari, saranno visibili dallo spazio. Comportano il dragaggio di milioni di metri cubi di sedimenti che lasceranno cicatrici profonde sulla barriera corallina e metteranno a repentaglio molti dei valori nel cuore della Great Barrier Reef World Heritage Area e del Marine Park. Nel prossimo decennio, il traffico marittimo attraverso il reef è destinato ad aumentare di 5 volte, il porto di Abbot Point è destinato a diventare il più grande terminale al mondo per l'export di carbone e nuovi terminali Gnl e porti carboniferi saranno costruiti a Gladstone Harbour. Se tutte le proposte andranno avanti come previsto, il ministro federale dell'Ambiente, Tony Burke e il premier Anna Bligh, avranno trasformato il Reef in un parco industriale e in una superstrada per i vettori del carbone".
Le ricerche scientifiche dimostrano che, da quando la Grande Barriera Corallina è stata dichiarata sito Patrimonio dell'Umanità nel 1981, la copertura di coralli è diminuita di circa un quarto. Infatti, una recente pubblicazione, ha evidenziato che la copertura di corallo sul Reef è calata fino al 50% dagli anni '60 e negli ultimi 12 mesi più di 1.000 tartarughe e più di 180 dugonghi sono stati trovati morti, una conseguenza delle pressioni crescenti sulle fanerogame marine da cui dipendono.
"Rispetto alle attuali proposte di sviluppo industriale - dice Tanzer - ulteriori pressioni si aggiungono a queste minacce già esistenti, come il run-off dalle aziende agricole, le pratiche di pesca obsolete e il cambiamento climatico. Come esempio delle minacce di industrializzazione, dobbiamo guardare oltre a ciò che sta accadendo ad Gladstone Harbour. Il Governo dello Stato non è in grado di spiegare gli alti livelli di malattie nella vita marina attorno a Gladstone, né di escludere lo sviluppo industriale come la causa. L'UNESCO ha chiesto ai governi statale e federale di procedere ad una valutazione strategica della Great Barrier Reef World Heritage Area e della zona costiera adiacente. Nel frattempo dovrebbe essere messa in atto una moratoria su tutte le nuove approvazioni per lo per lo sviluppo industriale. Come possono i funzionari del governo tenere in seria considerazione l'impatto dello sviluppo futuro, quando non hanno in atto un piano? La Grande Barriera Corallina è una delle aree iconiche del mondo e un bene inestimabile per il Queensland. L'industria del turismo del Reef genera più di 5 miliardi di dollari per l'economia del Queensland, con oltre 54.000 persone direttamente impiegate".
Secondo l'esponente del Wwf, gli elettori del Queensland il 24 marzo avevano l'opportunità di dire la loro trasformando le elezioni statali in un referendum sul futuro della barriera corallina: "Tutti i livelli di governo devono farsi avanti e impegnarsi per politiche più dure o rischiamo la morte per il patrimonio mondiale dell'Unesco". Gli elettori hanno votato ma il "referendum" invocato da Tanzer potrebbe essersi trasformato in un boomerang, un pericolo ancora maggiore del governo laburista: hanno stravinto i conservatori del Liberal National Party, grandissimi amici dell'industria del carbone che li sostiene e vuole costruire quei porti che distruggeranno la Great Barrier Reef. Fonte: GreenReport.
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COLOSSALE FUGA DI GAS NEL MARE DEL NORD
La Total ha annunciato ieri sera che la colossale fuga di gas in atto sul sito di Elgin, nel Mare del Nord, al largo della Scozia, era ancora in corso e di aver evacuato 332 lavoratori: 258 da Elgin e il resto dalla piattaforma Shearwater a 6 km da Elgin e dalla Hans Deul gestita dalla Shell. La multinazionale francese ha avviato un piano di emergenza ed ha mobilitato un team per la gestione della crisi ad Aberdeen e sta seguendo l'evoluzione della situazione, utilizzando navi inviate nei dintorni del pozzo di Elgin, mentre assicura che la sua filiale Britannica, Total EP UK Limited, è in contatto con le autorità competenti. Sono state create una zona di esclusione ed una no-fly zone intorno ad Elgin. Gli aerei sono autorizzati a volare a una distanza di 4.8 km e ad un'altezza non inferiore a 1.212 metri; le imbarcazioni devono mantenersi ad una distanza di 2 miglia nautiche.
In realtà la Total sta combattendo contro un'enorme a perdita di gas originatasi dalla sua Elgin/Franklin North Sea. La multinazionale ha mobilitato la Jack-up Rowan Gorilla V per vedere se è possibile eseguire una trivellazione che fermi o riduca la fuga di gas in corso, un'operazione che potrebbe richiedere mesi. Le preoccupazioni ambientali per l'immissione di una grande quantità di gas serra in atmosfera crescono e il presidente dell'associazione ambientalista/scientifica Bellona, Frederic Hauge, spiega: "Stimiamo che il totale potenziale di gas a effetto serra del deposito sia di circa 0.56 Gigatonnellate. Questo si basa su una produzione annua di 67 miliardi di metri cubi standard. La pressione nel pozzo è 200-300 bar, superiore a Macondo (il pozzo del famigerato sversamento della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, ndr) . Se non si riesce a tamponare questa perdita è probabile che continuerà per 10-12 anni. Questo è veramente il pozzo dell'inferno". Fonte e news integrale su GreenReport.
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INIZIATA LA CACCIA ALLE FOCHE IN CANADA
Il 22 marzo il bastone dei cacciatori di tradizione canadesi ha iniziato ad uccidere i cuccioli di foca. La mattanza si chiuderà solo a fine aprile. Questo nonostante nel 2011 sia stata registrata la moria dell’80% dei cuccioli a seguito dello scioglimento anticipato dei ghiacci. Russia, paesi dell’Unione Europea, Stati Uniti e Messico, già non importano più i prodotti derivati dai cuccioli di foca, ma le autorità canadesi continuano a sovvenzionare una caccia praticata ormai da soli 200 cacciatori locali (pochi anni addietro erano alcune migliaia). Le motivazioni addotte riguardano la presunta riduzione del pescato ed i possibili danni ai pescatori canadesi. Questo, però, senza tener conto non solo dell’ecatombe dei cuccioli conseguente allo scioglimento dei ghiacci, ma anche del fatto che le stesse autorità della pesca canadesi hanno dichiarato che non esistono studi sufficienti ad avvalorare tale tesi. Anzi, il fenomeno non è mai stato monitorato. Sul Canada, però, si apre la possibilità degli investimenti cinesi. Alla drastica riduzione del mercato conseguente all’abbandono degli importatori russi, potrebbe infatti sostituirsi la sconfinata possibilità dei nuovi acquisti cinesi, ovvero l’intero sud est asiatico.
I banchi di ghiaccio canadesi cominceranno a macchiarsi di rosso mentre sul rispetto delle norme previste per le macellazioni, seri dubbi sono avanzati dalle Associazioni protezioniste. Già l’anno scorso (i cacciatori non possono opporsi alla presenza di osservatori internazionali) furono documentate macellazioni a vivo degli animali.
Intanto, secondo gli osservatori di IFAW (International Fund for Animal Welfare) nei banchi di ghiaccio non si sarebbero trovate le foche attese, ovvero le 5.000 - 10.000 unità stimate, ma un numero ridotto e sparso tra diversi banchi di ghiaccio. Un fatto questo che dovrebbe far riflettere ancor di più le autorità canadesi prima di consentire l’apertura della caccia. Fonte: GeaPress.

28 MARZO

JAMES CAMERON, ANDATA E RITORNO DALLA FOSSA DELLE MARIANNE
Il National Geographic pubblica i video e le foto dell'impresa del regista ed esploratore che in solitario, per la prima volta, ha raggiunto i 10.898 metri di profondità. Qui sono disponibili tre video e la conferenza stampa.
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LA UE BACCHETTA L'ITALIA SULLE ACQUE
L'Italia non si è conformata alla legislazione dell'Unione Europea sulla protezione delle acque. Per questo la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato. Qualora l'Italia non risponda entro due mesi, o la risposta sia considerata insoddisfacente, la Commissione può adire la Corte di Giustizia dell'Unione Europea. L'Italia non ha recepito correttamente una serie di articoli della direttiva quadro sulle acque, tra cui quelli relativi alla necessità di adottare una serie di misure per conseguire un "buono stato" dei bacini idrografici entro i termini previsti e conformarsi all'obbligo di mantenere un registro aggiornato delle aree protette. Alla scadenza del termine di recepimento della direttiva (dicembre 2003!!!), l'Italia non aveva ancora adottato le leggi per conformarsi ai requisiti della stessa. Benché nel frattempo l'Italia abbia recepito la direttiva, un controllo di conformità effettuato dalla Commissione nel 2009 ha evidenziato diverse lacune e problemi di non conformità e ha indotto la stessa Commissione a inviare all'Italia una lettera di costituzione in mora nel maggio 2010. Poiché le risposte fornite dall'Italia, e i successivi emendamenti apportati alla legislazione nazionale, non hanno posto rimedio a tutti i problemi sollevati dalla Commissione, quest'ultima ha deciso di inviare all'Italia un parere motivato. Il passo successivo è, come detto, il deferimento alla Corte di Giustizia Europea e le successive sanzioni. Dovremmo essere il Paese che pone prioritariamente l'obiettivo della salvaguardia dell'ambiente, visto che siamo anche a forte vocazione turistica. Ma tant'e'! Eppoi ci si lamenta che i turisti scelgono altre mete. Fonte: ADUC.

26 MARZO

VENEZIA, SUBSIDENZA ACCELLERATA
Lo studio Recent Subsidence of the Venice Lagoon from Continuous GPS and Interferometric Synthetic Aperture Radar, pubblicato dalla rivista Geochemistry, Geophysics, Geosystems, il giornale dell'American Geophysical Union, realizzato da un team di ricercatori composto dagli italiani Alessandro Ferretti, Fabrizio Novali, Alfio Fumagalli e da Yehuda Bock e Shimon Wdowinski, evidenzia che "le regioni costiere sono sempre più interessate da grandi tempeste e dall'innalzamento del livello dei mari previsto dai modelli del Global Warming, che aggravano la situazione nella città di Venezia dove le maree inducono inondazioni stagionali associate ad una subsidenza naturale ed antropica che sono problemi perenni".
"La ricerca, prendendo spunto dagli sforzi per proteggere Venezia dall'aumento del livello del mare valuta la subsidenza nella laguna di Venezia negli ultimi dieci anni attraveso una analisi combinata delle posizioni temporali Gps 2001.55 - 2.011,00 di quattro stazioni installate dal Magistrato alle Acque di Venezia e migliaia di migliaia di osservazioni InSar Permanent Scatterers realizzate utilizzando immagini Radarsat-1 immagini 2003,3 - 2.007,85, la ricerca ha stabilito che "le subsidenze nella laguna nord continuano ad una velocità di 2 - 3 mm/anno, mentre le subsidenze nella laguna sud a 3 - 4 mm/anno. Nella città di Venezia la subsidenza continua ad una velocità di 1 - 2 mm/anno, in contrasto con gli studi geodetici nell'ultimo decennio del XX secolo, che suggerivano che la subsidenza si era stabilizzata". Fonte e news integrale su GreenReport.

23 MARZO

ORISTANO: POZZI DI METANO IN AREA PROTETTA
Nei pressi di Arborea, in Sardegna, mancano pochi mesi all’inizio dei lavori di perforazione per verificare la presenza di gas naturale. Il progetto, finanziato dalla raffineria Saras, prevede la costruzione di un pozzo esplorativo in un sito posto a poche centinaia di metri da un’area protetta. Un gruppo di cittadini, contrari all’installazione, ha formato un Comitato con l’obiettivo di ottenere informazioni più dettagliate sul progetto, in particolare sui rischi per il territorio e la salute umana.
"La vita non è fatta solo di metri quadrati e chilowattora". La frase è di Bruno Paliaga, biologo e direttore dell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara, in provincia di Cagliari. L’ha pronunciata ad Arborea (OR), durante l’assemblea del 28 dicembre 2011 promossa dal Comitato Civico NoProgettoEleonora, nato in opposizione al progetto di trivellazione per l’estrazione del gas metano commissionato dalla raffineria Saras. News integrale su Jekyll Comunicare la Sceinza.

LEZIONI DI PESCA SOSTENIBILE.... DAL PASSATO
L’approccio storico e antropologico allo studio del mare non è una novità, e un nuovo studio pubblicato su Fish and Fisheries (per ora solo sulla versione cartacea, appena è online aggiugiamo il link) offre spunti di riflessione sull’efficacia e importanza di questa metodologia. John 'Jack' Kittinger, del Center for Ocean Solutions della Stanford University, e colleghi hanno confrontato gli ultimi sette secoli di pesca in due luoghi chiave negli Stati Uniti: le isole Hawaii e l’arcipelago delle Florida Keys. Per tracciare la storia della gestione delle risorse ittiche in questi due luoghi il team ha usato dati di varia provenienza: dai record dei tassi di pesca specie-specifici del 1800 alle ricostruzioni archeologiche della densità umana nelle isole e il consumo procapite di pesce (già dal 1300). Il team ha poi ricostruito i regimi di gestione associati a periodi di pesca molto intensivi usando anche qui fonti molteplici, incluse per esempio le pubblicazioni di studiosi nativi hawaiiani.
I risultati sono staiti definiti "sorprendenti" dagli autori. Secondo le ricostruzioni infatti, i nativi hawaiiani pescavano in quantità molto sostenute che eccedevano di gran lunga quelle che oggi la barriera corallina offre alla società, senza però depauperarla. Il contrario invece è avvenuto alle Florida Keys, che hanno a lungo alternato periodi di prosperità a periodi di impoverimento della fauna ittica. Lo studio secondo Kittinger dimostra che si può pescare in maniera molto produttiva e anche molto sostenibile, e gli hawaiiani ne sono un esempio.
Interessanti anche alcuni dettagli che emergono sui metodi di gestione della pesca. Pare infatti che il sistema hawaiiano fosse misto, nel senso che in parte le politiche emergevano dalla concertazione con il popolo, ma in parte era anche estremamente coercitivo. Spesso le regole avevano una caratterizzazione classista e sessista. Per esempio certe specie molto vulnerabili – come gli squali e le tartarughe – erano riservate alle mense dei grandi capi e dei sacerdoti. I tragressori inoltre venivano puniti corporalmente.
"Ovviamente non ci auguriamo questo - commenta Kittinger - ma è facile vedere che c’è spazio per rinforzare ulteriormente gli sforzi attuali di regolamentazione" (un'opinione magari un po' forte).
Guardare alle esperienze del passato sulla gestione del mare, resta comunque un approccio interessante, anche se è tutto da capire, mutato radicalmente lo scenario (crescita della popolazione, abitudini alimentari diverse, regole sociali, welfare, tecnologia…) come quanto appreso dal passato possa essere declinato nel presente. Fonte: OggiScienza.
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COME TI AGGIUSTO IL MARE...
Sul blog Climate Monitor un interessante post sulle temperature delle acque superficiali dei mari del globo, in chiave anti climate change.
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LA PRIMA CONCHIGLIA
La rivista Geology pubblica i risultati di un'importante scoperta riguardante l'evoluzione delle forme di vita pluricellulari sulla terra. Si tratta, infatti, della descrizione del primo organismo dotato di parti strutturali ossificate, risalente ad un periodo compreso tra 560 e 550 milioni di anni fa. In poche parole, le prime testimonianze di vita dotata di esoscheletro e/o di componenti biominerallizzate, come le conchiglie calcaree dei molluschi, non risalirebbero alla celeberrima esplosione di vita del Cambriano, che avvenne non prima di 542 milioni di anni or sono e che diede vita a tutti i piani strutturali (phylum) animali giunti fino ai giorni nostri. Il più antico, finora, organismo con parti dure appartiene, invece, alla cosidetta fauna di Ediacare, proveniente da un giacimento dell'Australia meridionale. Per le sue caratteristiche, la specie è stata battezzata Coronacollina acula (gen. et sp. nov.): si tratta infatti di un cono con estremità tronca dotato di lunghe (tra 20 e 40 cm) spicole simili ad aghi. Era un organismo che viveva sui fondali marini, che si nutriva filtrando l'acqua marina e probabilmente non era dotato di abilità locomotorie. Inoltre, Coronacollina acula risulta morfologicamente molto simile a Choia carteri, una spugna cambriana, anch'essa con una fitta corona di lunghe spicole calcaree. Si tratta, concludono i ricercatori, della prima connessione morfologica tra la fauna di Ediacara e quella che si è originata in seguito all'esplosione del Cambriano. Convergenza evolutiva a causa di uno stile di vita simile o discendenza comune da un medesimo progenitore? Fonte: Pikaia a cura di Andrea Romano.
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COME CAMBIA LA PESCA EUROPEA
I governi europei, riuniti nel Consiglio UE, stanno discutendo una nuova riforma della pesca continentale sulla base di una proposta della Commissione presentata in luglio. La riforma è ritenuta urgente vista la situazione di stress degli stock ittici: uno su 4 è sovrasfruttato, l’82% nel Mediterraneo e il 63% nell’Atlantico. Il settore registra pertanto una diminuzione delle catture e ha di fronte un futuro incerto.
Il principio della riforma della politica comune della pesca, cioè la salvaguardia della risorsa "è condivisibile e quindi bisogna andare in quella direzione. Ci sono però alcune questioni che vanno regolate, in particolare mi preme di non avere l'obbligo di sbarco a terra per il sottotaglia. Se lo facessimo alimenteremmo un circuito illegale perché è difficilissimo poi controllare a terra che fine fanno quelle risorse. I pesci sottotaglia sono troppo appetibili sul mercato e diventa un problema controllarne la destinazione". Lo ha detto - a quanto riferisce l'Ansa - il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, che sta partecipando ai lavori del consiglio dei Ministri europei, oggi dedicato alla riforma della politica comune della pesca e in particolare all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura e al fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. "La tematica dei rigetti in mare - ha aggiunto il ministro - sta diventando una criticità nel negoziato europeo sulla riforma della politica comune della pesca".

Divieto di rigetto in mare
Infatti, il primo passo da affrontare per una riforma della pesca che vada nella direzione della sostenibilità è il divieto dei rigetti in mare che costituiscono il 23% del pescato. Questa pratica verrà eliminata secondo un calendario e con un accompagnamento finanziario. I pescatori avranno l’obbligo di sbarcare tutte le specie commerciali che catturano. I pesci sottotaglia non potranno essere venduti per il consumo umano. Dal 2013 tutto il pescato dovrà essere portato a terra e contato per le quote.

Le ispezioni
I singoli Stati saranno i responsabili delle ispezioni, i pescherecci devono essere in grado di fornire una documentazione completa di tutte le attività (trasformazione compresa) in modo da consentire il monitoraggio dell’obbligo di sbarcare tute le catture.

Quando entrano in vigore le nuove norme?
Dopo che il Consiglio (cioè i governi) e il Parlamento UE si saranno pronunciati. L’attuazione sarà progressiva, secondo un calendario che precisa le varie scadenze. Il termine primo auspicato per l’entrata in vigore delle nuove norme è gennaio 2013.

19 MARZO

SVIZZERA: ADDIO DELFINARI
Con 22 voti a favore e 19 contrari il Consiglio degli Stati, uno dei due rami dal Parlamento svizzero, ha approvato il divieto di importare delfini per le strutture della cattività acquatica svizzera. Già nei giorni scorsi, l’altro ramo del Parlamento si era addirittura espresso per un divieto totale ed immediato di detenzione. In tal maniera, invece, i delfini rimarranno in Svizzera ma non ne verranno più importati. Soddisfazione è stata espressa dall’Associazione Ocean Care che aveva raccolto numerose decine di migliaia di firme contro la costruzione dei delfinari.
Sulla decisione ha probabilmente influito la recente morte di due delfini nel Parco Divertimenti di Connyland, fatto questo che aveva scatenato numerose polemiche. In Svizzera rimangono ora tre delfini e, stante la votazione della nuova legge, saranno gli ultimi. La decisione elvetica si va così ad aggiungere ad analoghi divieti esistenti in Norvegia, Inghilterra, Lussemburgo e Cipro.
Un recente rapporto sui delfinari europei, ha rilevato come in non pochi casi essi disattendano la Direttiva Europea sugli zoo e le specifiche norme esistenti nei singoli stati a salvaguardia della vita dei cetacei, detenuti nei numerosi circhi d’acqua.
In Italia ci sono attualmente sei delfinari. Si tratta di Gardaland, in Veneto, Riccione e Rimini per l’Emilia Romagna e poi Fasano presso lo zoosafari, Zoomarine sul litorale laziale e l’acquario di Genova. In alcuni casi hanno più volte cambiato assetti societari e un po' tutti sono stati coinvolti in polemiche a seguito della morte di delfini. Un nuovo grande delfinario è in fase di realizzazione a Genova, per il locale acquario gestito da una società della famiglia Costa. È stato realizzato in buona parte con contributi pubblici tra cui 9 milioni di euro residuo dell’Expo 92. Fonte: GeaPress.
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114 Caretta caretta OSPITATE PRESSO L'OASI LAGO SALSO DI MANFREDONIA
Negli ultimi quattro mesi, ben 114 tartarughe Caretta caretta sono transitate dal Centro di Recupero di tartarughe marine di Legambiente, a Manfredonia (FG). Considerati i numeri registrati dall’apertura del centro nel 2006, si tratta di un bilancio considerevole, riconducibile all’abbassamento della temperatura dell’acqua durante l'inverno in fase di conclusione e a particolari condizioni meteo marine, come le mareggiate. Ma anche alla crescente collaborazione da parte dei pescatori e delle associazioni di Manfredonia per la tutela di questi animali, protetti a livello internazionale. Dei 114 esemplari ospitati dal centro, infatti, 10 sono stati rinvenuti spiaggiati, in condizione di ipotermia, mentre gli altri provengono da catture accidentali nelle reti da strascico. La pesca con il palangaro non è praticata dalla Marineria di Manfredonia, per cui il numero di tartarughe catturate accidentalmente all’amo incide in parte minima sul totale dei ritrovamenti.
Da prassi, anche gli esemplari in buone condizioni apparenti, sono stati ospitati presso il centro per la ricognizione dei loro dati biometrici, dei parametri fisiologici e biochimici e per essere sottoposti a esami radiografici, al fine di accertare l’eventuale presenza di corpi estranei al loro interno. Secondo Giovanni Furii, responsabile del Centro di Recupero "gli incontri tra gli operatori del centro e i pescatori sono quasi quotidiani e rappresentano una preziosissima fonte d’informazioni, per il CRTM e per gli altri centri di ricerca. Vertono, inoltre, sui comportamenti da tenere in caso di cattura accidentale delle tartarughe marine e sulle loro modalità di trasporto".
"L’attività di coinvolgimento dei pescatori nel processo di tutela delle tartarughe marine ha dato risultati molto positivi - dichiara il responsabile Aree Protette di Legambiente, Antonio Nicoletti – un profondo ringraziamento va al Centro di Cultura del Mare, alla Lega Navale di Manfredonia, al settore navale della Guardia di Finanza e ai Carabinieri per il prezioso contributo fornito a questo importante progetto di conservazione". Nato nell’ambito del Progetto TARTANET LIFE 2004 NAT/IT/187, il centro di recupero di tartarughe marine di Legambiente è situato presso l'Oasi Lago Salso di Manfredonia e opera in rete con altri 13 centri Tartanet dislocati su tutto il territorio nazionale. È aperto ai visitatori e alle scuole per attività d’informazione e di sensibilizzazione. Nel corso del 2011 ha ospitato anche un esemplare di Chelonia mydas, una specie di tartaruga marina considerata rarissima nel mare Adriatico. Fonte: Ufficio Stampa Legambiente.
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MINISTRO CATANIA: NO OBBLIGO SBARCO PESCE SOTTOTAGLIA
Sì ad una politica comune della pesca "che tenga conto dello stato di grave crisi in cui si trova la risorsa, ma con soluzioni che siano tecnicamente compatibili [intendere 'facciamo come vogliamo'] con la pesca nel Mediterraneo e socialmente gestibili. Tra queste: no allo sbarco a terra del pesce sottotaglia". Lo ha detto oggi a Bruxelles, il Ministro per le Politiche Agricole, Mario Catania, che ha tenuto a chiarire "quella che sta diventando una criticità nel negoziato europeo sulla riforma della politica comune della pesca: ossia la tematica dei rigetti in mare". Al riguardo, la Commissione Europea tende a vietare qualsiasi tipo di rigetto: per Bruxelles infatti, anche i pesci sottotaglia dovrebbero essere sbarcati. "Noi diciamo – spiega invece Catania – che il principio è condivisibile e quindi bisogna andare in quella direzione. Ci sono però alcune questioni che vanno regolate, in particolare mi preme – dice – di non avere l’obbligo di sbarco a terra per il sottotaglia. Se lo facessimo alimenteremmo un circuito illegale perché è difficilissimo poi controllare a terra che fine fanno quelle risorse". Insomma "i pesci sottotaglia sono troppo appetibili sul mercato e diventa un problema controllarne la destinazione". Da parte di molti Paesi UE c’é una profonda avversione nei confronti della proposta della Commissione Europea sui rigetti e questo elemento rischia di diventare un nodo negoziale. Oggi il consiglio dei ministri UE, dedicato alla futura riforma del settore della pesca nell’UE, terrà un secondo dibattito sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura e, successivamente un confronto sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Fonte: Federcoopesca.
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PROTEGGERE LE UOVA DELLE TARTARUGHE MARINE, UN DISPOSITIVO DALL'UNIVERSITA' DI PISA
I ricercatori dell'Università di Pisa hanno messo a punto un dispositivo attraverso il quale è possibile localizzare i siti di nidificazione di tartarughe marine e terrestri e mettere in sicurezza le uova deposte fino alla loro schiusa. Il sistema di localizzazione, per cui l'Ateneo ha già depositato la domanda di brevetto, è costituto da un Gps, da un sistema di comunicazione wireless (ad esempio Gprs/Umts) e si basa sull'analisi di dati provenienti da sensori (accelerometro, bussola, sensori di luce e temperatura). Il dispositivo viene applicato con una colla atossica al carapace delle tartarughe e consente di seguire a distanza i comportamenti degli animali durante tutte le fasi della deposizione.
"Durante la deposizione, le tartarughe compiono dei movimenti specifici, quali lo scavo del nido nel terreno con movimenti alternati delle zampe posteriori e la progressiva inclinazione del corpo, inoltre il suo orientamento, rilevabile da una bussola, rimane lo stesso - ha spiegato Roberto Barbuti, del Dipartimento di Informatica che insieme a Stefano Chessa e Alessio Micheli, dello stesso dipartimento e Giuseppe Anastasi, del Dipartimento di Ingegneria dell'informazione hanno messo a punto il sistema - Questi movimenti specifici permettono di identificare la fase di deposizione con elevata probabilità di successo. Il sistema di riconoscimento del pattern di deposizione sarà reso flessibile dall'uso di tecniche di apprendimento automatico che consentiranno di rendere adatti i dispositivi a specie e contesti diversi".
I ricercatori, hanno spiegato che normalmente la deposizione ha una durata di più di un'ora, quindi gli addetti alla raccolta delle uova hanno il tempo di raggiungere la posizione segnalata e individuare l'animale anche in presenza di errori limitati dei dispositivi di localizzazione. "Il dispositivo, la cui forma, dimensione e peso consentirà i normali movimenti dell'animale e non sarà danneggiato dai comportamenti di dominanza e accoppiamento dei maschi il cui piastrone (la parte inferiore della corazza) non potrà raggiungere una posizione così elevata sul carapace delle femmine. Il sistema sarà in grado di rilevare i movimenti tipici della tartaruga in deposizione e di comunicare, solo in questo caso, in tempo reale la posizione dell'animale» hanno concluso i ricercatori. Fonte: GreenReport.

18 MARZO

FINNING: COSA (NON) FA LA CONVENZIONE DI WASHINGTON
Nonostante molte specie di animali siano in via di estinzione, esse continuano ad essere cacciate o pescate grazie ai permessi rilasciati dagli uffici della Convenzione di Washington. La Convenzione Internazionale, alla quale aderisce anche l'Italia, avrebbe il compito di tutelare le specie minacciate regolamentando o, nei casi più gravi, vietandone il commercio. Cosa questa che non sempre avviene. Nel corso dei meeting periodici, i delegati degli Stati membri si scatenano, accordandosi dove possono oppure cercando di vietare agli altri e poco a se stessi. Vedi, ad esempio, l’Italia con il corallo ed il tonno rosso.
La Convenzione dovrebbe avere degli uffici super partes dove, chi proviene da una determinata area geografica, non potrebbe mettere becco su questioni protezioniste ad essa ricollegabili. In realtà non vi sono regole neanche sulla eventuale conclamata possibilità di conflitto di interessi. Anzi, recentemente, il Comitato Permanente della Convenzione di Washington ha deciso di non dotarsi di specifica regolamentazione. A rilevarlo è Frank Pope, autore, ieri, di un articolo sul The Times e, il giorno prima, sul suo blog. Cosa ha scoperto Pope? Che il Signor Giam Choo-Hoo, componente dell’Ufficio della Convenzione preposto alla consulenza scientifica (ovvero molto determinante sulle decisioni da adottare), potrebbe avere qualcosa da dire sulle pinne di squalo. La Cina è il principale importatore mondiale, anche se a pescarlo sono altre marinerie, tra le quali quelle europee.
Nel corso di una intervista, Pope ha rilevato come il Signor Giam ritiene la famosa zuppa un piatto di prim’ordine per le cene dove non sfigurare. Pope ha fatto poi intendere che lo stesso componente degli uffici della Convenzione di Washington, potrebbe avere ben altri interessi. Giam non ammette ma neanche smentisce alla domanda del giornalista sui presunti legami con la Marine Products Association, ovvero la ex Shark Fin & Marine Products Association. Come suggerisce la vecchia denominazione, la specializzazione è proprio nella commercializzazione delle pinne di squalo. Il tutto, poi, alla luce della scarsissima attenzione riservata, nel corso degli ultimi meeting della Convenzione di Washington, proprio alla protezione degli squali. Buona parte delle specie stanno colando a picco ma per Giam, il vero problema è solo per lo squalo sega.
Già nel recente passato si sono avuti altri discutibili episodi, come nel caso della delegazione giapponese che invitò, nel corso del meeting di Dubai, i delegati degli altri Stati ad una cena a base di sushi di tonno. Il giorno dopo era prevista la votazione in assemblea, la quale si è poi espressa per la mancata protezione. C’è poi il problema delle quote di esportazione, ovvero quanti, tra gli animali da proteggere, si possono abbattere. Le quote si basano su censimenti a volte discutibili come quelli condotti in paesi dall’inflazione da miliardi di punti percentuale. È il caso dello Zimbabwe il quale, in controtendenza ai censimenti che danno in diminuzione le popolazioni di elefanti africani, continua ad essere autorizzato, grazie alla Convenzione di Washington, ad ucciderne fino a 1000 l’anno. Non solo elefanti ma anche l’ormai rarissimo ghepardo. Cinquanta l’anno, per non parlare dei 500 leopardi. A ucciderli sono ricchi cacciatori occidentali come il magnate di GoDaddy.com e i rampolli di Trump, padrone del settore immobiliare e tra i più ricchi uomini al mondo. Fonte: GeaPress.
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ACQUACOLTURA: VACCINARE I PESCI PER RIDURRE GLI ANTIBIOTICI
Vaccini per i pesci in cattività. La proposta arriva dai ricercatori dell’Università tecnica della Danimarca, formulata nell’ambito del Progetto Imaquanim (Immunità per gli Animali in Acquacoltura), cofinanziato dalla Commissione Europea. Niels Lorenzen, uno dei coordinatori, spiega che l’obiettivo delle loro ricerche è evitare che i pesci, molluschi ecc.. in cattività, si ammalino. Spesso, infatti, trote, salmoni, cozze e gamberi allevati in acquacoltura sviluppano delle infezioni che portano ad utilizzare grandi quantità di disinfettanti e antibiotici, altamente inquinanti per le acque e pericolosi per la salute dei consumatori.
Mediamente, ogni persona consuma 17 kg di pesce all’anno. I pesci nei mari iniziano a scarseggiare e si sta assistendo ad un fenomeno di riduzione degli stock ittici di molte specie di largo consumo, pensiamo al tonno ad esempio. Il pesce che arriva sulle nostre tavole proverrà dunque, in misura sempre maggiore nei prossimi anni, dall’allevamento.
Il Progetto Imaquanim mira a studiare i meccanismi di difesa dell’organismo dei pesci per elaborare dei vaccini e prevenire le malattie infettive, diminuendo i costi dei pesci dal momento che si risparmierebbe sui farmaci, così come l’inquinamento e i rischi per la salute del consumatore. Fonte: Ecoblog.
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PESCI: FATE L'AMORE CON .... MULLER
Chi decide per la gonade maschile o femminile? Nei vertebrati esistono geni specifici detti "determinanti del sesso". Pochi sono quelli finora individuati e per la maggior parte si tratta di geni codificanti per fattori di trascrizione. Per quanto ci riguarda il boss è sicuramente SRY, la cui presenza sul cromosoma Y decide per la linea maschile. Potremmo così inferire che a determinare il sesso delle gonadi nei vertebrati siano fattori di trascrizione. È vero? Come sempre, dobbiamo prestare attenzione ed evitare di cadere nell’antropocentrismo o nel "mammiferocentrismo"! Al solito, infatti, ben poche specie al di fuori della classe Mammalia sono state studiate. Ci hanno pensato alcuni ricercatori giapponesi e argentini, che si sono dedicati allo studio di pesci gonocoristici (o maschi o femmine, non ermafroditi) con un sistema di determinazione del sesso analogo a quello dell’uomo: XX o XY stanno per femmina o maschio. L’aspetto affascinante di questa specie è che essa produce, ben più degli altri teleostei, una proteina chiamata AMH. Questa sostanza è prodotta dalle cellule del Sertoli, che hanno funzione di sostegno dei tubuli seminiferi dei testicoli. La sua secrezione causa la regressione dei dotti di Müller ovvero le strutture embrionali alla base delle gonadi femminili. In questo modo se tutto funziona correttamente durante lo sviluppo puoi avere i testicoli oppure l’utero, non entrambi!
Tutto ciò avviene anche negli altri vertebrati, dove però questo gene non è considerato un vero determinante del sesso, dal momento che la sua azione si esercita solo in seguito allo sviluppo delle gonadi maschili. Inoltre il gene è autosomico, non legato cioè a uno specifico cromosoma sessuale. L’aspetto particolare di questi pesci è quello di avere amh in ben due copie: una su un cromosoma autosomico, l’altra sul cromosoma Y! Non solo: Odontesthes hatcheri (nome e cognome del pesce in analisi) produce AMH pur non avendo dotti di Müller. Cosa fa quindi questa proteina? La scoperta sbalorditiva è che essa è necessariamente richiesta per la determinazione dei testicoli! Il gene è espresso infatti ad alti livelli già in fasi precoci dello sviluppo, prima della formazione delle cellule di Sertoli, al contrario di quanto avviene negli altri vertebrati. Così, amhy (amh sul cromosoma Y) si configura come l’unico paralogo noto del gene amh autosomico e apre un nuovo scenario sui meccanismi di determinazione del sesso.
Non più fattori di trascrizione, bensì ormoni alla base di tutto! A riprova di questa rivoluzionaria scoperta, la "disattivazione" del gene porta alla sovraespressione di geni tipici del differenziamento in linea femminile, che infatti si verifica nonostante il genotipo XY dei pesci manipolati. Non facciamoci ingannare: non sempre i testicoli dettano legge! Fonte: Pikaia, a cura di Ilaria Panzeri.
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PERCHÈ I CALAMARI GIGANTI HANNO OCCHI COSÌ GRANDI?
Calamaro vs. capodoglioI calamari giganti (Architeuthis sp) e colossali (Mesonychoteuthis hamiltoni) hanno gli occhi più grandi del regno animale, ma fino ad ora nessuno è riuscito a spiegarsi perché questi cefalopodi, che vivono nelle scure profondità degli abissi marini, necessitano di occhi così grandi. Un team di ricercatori svedesi, statunitensi e israeliani è convinto di aver trovato la soluzione al mistero e, nello studio A Unique Advantage for Giant Eyes in Giant Squid pubblicato su Current Biology, sviluppano una teoria per la rilevazione visiva in ambienti pelagici: "Che prevede che sia improbabile che tali occhi giganti si siano evoluti per la visione di compagni o prede a lunga distanza, ma sono invece particolarmente adatti per la rilevazione di predatori di grandi dimensioni, come i capodogli".
Lo studio fornisce anche la documentazione fotografica di un bulbo oculare di circa 27 cm e con una pupilla di 9 centimetri di un calamaro gigante; i ricercatori sono convinti che "Sotto i 600 m di profondità, potrebbe consentire l'individuazione dei capodogli a distanze superiori a 120 m. Con questo lungo range visivo, i calamari giganti hanno un vantaggio sui capodogli quando questi si avvicinano. Poiché la portata del sonar dei capodogli supera i 120 m., ipotizziamo che una ben preparata risposta evasiva alla caccia dei capodogli potrebbe aver portato all'evoluzione di occhi di enormi dimensioni, sia negli organismi dei calamari giganti che di quelli colossali". Questa teoria fornisce anche approfondimenti e spiegazioni sulla vista degli ittiosauri del Mesozoico, che avevano occhi insolitamente grandi. News interale su GreenReport.

17 MARZO

TONNO IN SCATOLA: GREENPEACE PUBBLICA LA NUOVA CLASSIFICA ROMPISCATOLE
L'ultima indagine di Greenpeace sulla filiera del tonno, premia Asdomar, che fornisce tutte le informazioni in etichetta e offre il prodotto più sostenibile (il tonnetto striato pescato con canna). Mareblu, invece guadagna il secondo posto, annuciando una settimana fa che utilizzerà, entro il 2016, solo metodi di pesca sostenibili per il 100% dei propri prodotti.
Ma nella classifica dell'Ong, titolata Rompiscatole, ci sono anche delle note dolenti: Rio Mare, che è il tonno più venduto in Italia rimane indietro perché non offre alcun prodotto sostenibile e si impegna solo a metà. Per salire in classifica deve eliminare dall’intera produzione metodi di pesca distruttivi, come le reti a circuizione con sistemi di aggregazione per pesci (FAD), responsabili della cattura di esemplari giovani di tonno e di numerose specie marine, tra cui squali, mante e tartarughe.
La classificA Rompiscatole è disponibile anche su Facebook con una nuova applicazione per diffonderla e condividerla. Cliccando sulle singole scatolette di tonno, si accede a una scheda, con le caratteristiche di ogni marca nel dettaglio. News integrale su IlFattoAlimentare.
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IL SENSO EI GIOVANI PESCI PER LE MANGROVIE E PER IL BANCO
Un team di scienziati dell'Università olandese di Radboud di Nijmegen, e britannici dell'Università di Bristol, ha scoperto come i giovani pesci della barriera corallina utilizzino suoni, odori e vista, per nuotare dal mare aperto e trovare un banco di loro simili nascosto tra le radici delle mangrovie. News integrale su GreenReport.

16 MARZO

BRANCO DI BALENE IN SICILIA
È di pochi minuti fa la notizia dell’avvistamento di trenta balene, a circa 1.500 metri da Punta Grecale, a Lampedusa. Si tratterebbe di esemplari di Balaenoptera physalus, uno dei più grandi al mondo, in grado di raggiungere i 26 metri di lunghezza e certamente, il maggiore per dimensioni nel Mare Nostrum. Il branco di splendidi cetacei si troverebbe in "visita” nelle acque Pelagie per fini, prevalentemente, alimentari. Ma non è tutto: secondo i biologi che seguono questi meravigliosi viandanti, questo tratto di mare sarebbe anche estremamente adatto come area di nursery. In sintesi, si tratta della conferma della meravigliosa varietà biologica delle nostre acque. La Balaenoptera physalus , presente soprattutto nel mar Ligure, è purtroppo inserita nella lista rossa della IUCN. Afferma Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico di Slow Fish e responsabile area ambiente di Slow Food Italia: "La loro presenza è di per se rilevante - afferma Silvio Greco - in quanto conferma la centralità dell’isola di Lampedusa e del Canale di Sicilia come importante area di nursery e zona di alimentazione delle balenottere. Il passaggio dei mammiferi è una cartina di tornasole della valenza ambientale di questo tratto di mare". Fonte: Ecoblog.
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NAUFRAGIO KENOS ATHENA, ACIDO SOLFORICO NEL MAR CINESE MERIDIONALE
Il naufragio avvenuto il 13 marzo vicino alle coste della provincia meridionale cinese del Guangdong, secondo l'Amministrazione Oceanica di Stato (Soa) della Cina, ha provocato "lo sversamento di una certa quantità di petrolio". La Kenos Athena, un tanker chimico della Kenos Shipping, lungo 135 metri e largo 18, varato nel 1985 ed immatricolata in Corea del Sud, ha fatto naufragio intorno alle 16.30 ora locale del 13 marzo dopo che l'acqua aveva invaso le sue cisterne di zavorra, a 4.1 miglia nautiche al largo della città di Shanwei. News integrale su GreenReport.

TONNO: UNA NUOVA ETICHETTA PER LA TRACCIABILITÀ E LA SOTENIBILITÀ
Pesca sostenibile e tracciabilità, sono le nuove informazioni che si trovano sulle scatolette di una nota marca di tonno. Dopo le numerose campagne condotte dalle associazioni ambientaliste e da gruppi di ricercatori sulle criticità della fauna marina, la nota azienda ha deciso di intervenire impegnandosi a migliorare cinque elementi di rilievo nella filiera del prodotto:

L'azienda dichiara che l’intera campagna non è una mera azione di green-washing (ripulirsi la coscienza in chiave ecologico), quanto piuttosto l'adozione di misure che tutelano l’ambiente ma, prima di tutto, la stessa industria ittico-conserviera.
La nuova etichetta proposta dall'azienda, si può considerare una vera carta di identità con notizie preziose sulla materia prima. Il consumatore infatti trova, in aggiunta a quanto previsto per legge, le seguenti indicazioni:

  1. nome scientifico della specie (es. Thunnus Albacares)
  2. nome comune della specie (es. tonno pinne gialle)
  3. zona geografica di pesca e codice dell’area FAO (es. Oceano Indiano, Area FAO 51)
  4. metodo di pesca (es. reti a circuizione).

Legambiente, dopo un’accurata analisi, ha accettato di diventare partner dell’azienda, mentre Greenpeace che aveva già denunciato l’insostenibilità della pesca del tonno con la campagna Tonno in trappola, ha apprezzato il lavoro condotto sulla filiera dall'azienda in questione. Adesso la palla passa ai consumatori, che con i loro acquisti decideranno se premiare questi comportamenti. Fonte: IlFattoAlimentare a cura di Valeria Nardi [modificato].
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PONTE SUL MAR ROSSO METTE A RISCHIO IL RAS MUHAMMAD NATIONAL PARK
Nei giorni scorsi Al Watan, un giornale proprietà della famiglia reale saudita, ha scritto che Egitto e Arabia Saudita hanno deciso di costruire un ponte tra i due Paesi che era già stato previsto nel 1988, ai bei tempi della dittatura di Hosni Mubarak, per aggirare Israele passando sul Mar Rosso, ma il progetto è stato sempre rinviato. Ora fonti saudite ed egiziane, dicono che i lavori potrebbero già partire nel 2013, ed entro poche settimane, i due Paesi definiranno i dettagli tecnici del progetto. Il costo stimato del ponte sarebbe di 3 miliardi di dollari.
Su internet è partita da poco una campagna chiamata "About save Ras Muhammad National Park from stupidity and greed" che ha raccolto già più di 5.000 firme e gli organizzatori scrivono nel loro appello: "Il 'cosiddetto' ponte, che collegherà l'Egitto all'Arabia Saudita, sarà costruito proprio attraverso Ras Muhammad's Tiran e le isole Sanafir. Fino dall'inizio del 2011, la pesca è stata vietata in queste aree e si lotta ancora per bandirla di nuovo dopo che il "governatore" del Sud Sinai, l'ha nuovamente permessa alla fine del 2011.
"Se l'ancoraggio sul fondale in questa zona è vietata in quanto distrugge l'ecosistema, che cosa farà la trivellazione rinforzata da materiali potenti per costruire un ponte inutile? Chiediamo a tutti di lottare per la nostra sopravvivenza e della nostra Madre Natura". Egypt Independent spiega che il ponte partirà dalla regione di Tabuk, in Arabia Saudita, per raggiungere il Golfo di Aqaba, in Egitto, attraverserà il Mar Rosso per 50 km: "E potrebbe essere pronto entro la metà del 2013". Sauditi ed egiziani hanno deciso di chiamare il lunghissimo ponte "Custode delle due sacre moschee," in onore del re saudita, Abdullah bin Abdul Aziz. News integrale su GreenReport.
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UNITI CONTRO LA RICERCA DI IDROCARBURI IN MEDITERRANEO
Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa), Animalisti Italiani, Sea Shepherd Conservation Society Italy, The Black Fish, Centro Studi Cetacei, Ketos, Aeolian Dolphin Research, Centro Ricerca Cetacei, Comitato Parchi Italia, Federazione Nazionale Pro Natura, Pro Natura Mare Nostrum, Bottlenose Dolphin Research institute, Istituto per gli Studi sulMmare, Lega italiana dei Diritti dell'Animale e California State University at Northridge. Sono le associazioni che hanno sottoscritto un patto contro le attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi nel Mar Mediterraneo ed hanno inviato un documento (Ricerca di idrocarburi in Mediterraneo e impatto sull'ecosistema marino e sulla vita dei Cetacei) ai ministeri interessati ed ai principali Enti preposti al monitoraggio del settore marittimo; nel rapporto è possibile leggere che: "da diversi mesi, numerose compagnie e società petrolifere italiane e straniere avanzano istanze per richiedere permessi di ricerca di idrocarburi nei mari italiani, con particolare interesse per l'area del bacino Adriatico e del Canale di Sicilia. Le attività di ricerca di idrocarburi prevedono diverse fasi, ognuna delle quali legata ad un particolare impatto ambientale". News integrale su GreenReport.

15 MARZO

BRACCONIERI DEL MARE IN FUGA LUNGO LA PENISOLA
Movimentata operazione di controllo contro la pesca illegale a Taranto. Ad intervenire la Capitaneria di Porto, la quale nello specchio d’acqua antistante la barriera frangiflutti "Punta Rondinella", provvedeva a fermare un natante, risultato poi privo di copertura assicurativa, con sei persone a bordo. Veniva così scoperto che i sei erano dediti alla pesca illegale di "bianchetto", ovvero novellame di pesce per il quale vale tutt’ora il divieto di prelievo imposto dalle autorità europee. Due dei sei pescatori di frodo riuscivano però a gettare in mare il pescato, pari all’incirca a cinquanta chilogrammi di pesce neonato, cercando così di eludere l’accertamento in atto. Condotti a terra, uno di loro riusciva però a riprendere possesso del natante e darsi velocemente alla fuga nel Mar Piccolo. Raggiunto dal personale della Guardia Costiera, è stato denunciato per resistenza a Pubblico Ufficiale. Sequestrata inoltre la rete ed il natante, mentre le sanzioni per la pesca illecita ammontano complessivamente a 4900 euro. Tutti i pescatori venivano denunciati alla Autorità Giudiziaria.
All’intervento di Taranto, si aggiunge quello della Capitaneria di Porto di Corigliano Calabro (CS). A Schiavonea di Corigliano, due distinte operazioni che hanno portato al sequestro di 50 chilogrammi di pescato. Era tutto sistemato sul ciglio della strada, esposto alla polvere ed altri contaminanti.
Violazioni ripetute, negli ultimi giorni, anche in altre parti d’Italia. Non solo modalità di pesca, ma anche trasporto e, per finire, etichette scadute e sostituite con altre false. News integrale su GeaPress.
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SQUALI ED ECOTURISMO: NESSUN DANNO PER IL... TIGRE
Su Functional Ecology, cinque ricercatori dell'Università di Miami, affrontano il controverso tema delle attività di ecoturismo che prevedono l'utilizzo di cibo per attirare e concentrare la fauna selvatica e mostrarla ai visitatori, subacquei compresi. Austin Gallagher, del Leonard and Jayne Abess Center for Ecosystem Science and Policy e del RJ Dunlap Marine Conservation Program, sottolinea che questo dibattito "è esemplificato al meglio da parte dell'industria del turismo subacqueo degli squali, un mercato molto redditizio e in forte espansione globale. L'utilizzo di chum (parti di pesce e sangue) o cibo per attirare gli squali vicino ai sub, ha prodotto significative preoccupazioni, con molte critiche che si concentrano sui potenziali impatti ecologici e comportamentali".
Lo studio, Don't bite the hand that feeds: assessing ecological impacts of provisioning ecotourism on an apex marine predator, per affrontare questo problema, ha utilizzato la telemetria satellitare per esaminare le rotte dello squalo tigre (Galeocerdo cuvier), anche in risposta al turismo dei diving center. "Abbiamo studiato due popolazioni separate di squali tigre - spiega Gallagher - una che ha origine in Florida e l'altra alle Bahamas. Nel sito delle Bahamas, soprannominato Tiger Beach il chum viene regolarmente usato per attirare gli squali per gli scopi dei diving center. Al contrario, dar da mangiare agli squali per l'ecoturismo è illegale nelle acque della Florida".
I ricercatori, ipotizzavano che gli squali tigre delle Bahamas, avrebbero dimostrato movimenti molto più ridotti, rimanendo vicino ai siti di pasturazione dell'eco-turismo subacqueo, invece, il tracciamento satellitare ha rivelato che entrambi i gruppi di squali tigre presentano flussi migratori simili e su lunghe distanze. Anzi, gli squali delle Bahamas vagano su una superficie che è quasi cinque volte più vasta di quella degli squali della Florida. I dati del team dei ricercatori statunitensi "suggeriscono che le attività di ecoturismo non influiscono sui lunghi spostamenti degli squali, a lungo termine" e Gallagher sottolinea: "al contrario, questo studio ci ha permesso di fare diverse nuove scoperte legate all'ecologia degli squali tigre dell'Atlantico. Gli squali tracciati, passano molto tempo in mare aperto, sfidando così la convinzione che gli squali tigre siano in genere più "costieri". Entrambi i gruppi di squali hanno seguito la Gulf Stream a nord-est, in aree ad alta produttività, suggerendo una strategia opportunistica di foraggiamento per questa specie. Questa caratteristica, e la percentuale relativamente bassa del consumo quotidiano stimato, che deve essere fornito attraverso la pasturazione, possono insieme rendere gli squali tigre meno sensibili ai cambiamenti comportamentali che abbiamo esplorato. Abbiamo inoltre ipotizzato che il sito turistico delle Bahamas possa servire come area di gestazione per gli squali tigre femmina durante la gravidanza, prima di andare a mangiare ed a partorire altrove".
Visto che l'ecoturismo, basato sugli squali, produce notevoli benefici economici e di salvaguardia dell'ambiente e, che i nuovi dati prodotti dai ricercatori dell'Università di Miami, non hanno fornito prove dell'impatto a lungo termine del turismo subacqueo sui movimenti degli squali tigre, Gallagher conclude: "riteniamo che i gestori non dovrebbe impedire il turismo subacqueo per osservare gli squali, a meno che non ci siano nuovi dati che dimostrino un effetto negativo".
Da un altro studio, pubblicato nel 2011 da Neil Hammerschlag della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science, uno dei coautori della nuova ricerca pubblicata su Functional Ecology, è emerso con chiarezza che il turismo subacqueo legato alla presenza degli squali produce per le economie locali molto più denaro del massacro di questi pesci per rifornire il mercato globale delle pinne di pescecane. Fonte e news integrale: GreenReport.
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ASCESA DEI MAMMIFERI: EBBE INIZIO DURANTE L'ERA DEI DINOSAURI
Dall'analisi delle strutture dentali dei fossili di mammiferi primordiali, si è scoperto che un gruppo simile ai roditori, i multitubercolati, aveva già iniziato a prosperare, aumentando di dimensioni e diversificandosi, 20 milioni di anni prima della fine dell'era dei dinosauri, finora considerato il punto di inizio della radiazione evolutiva dei mammiferi. News integrale su LeScienze.

14 MARZO

GIAPPONE:MINACCE, INSULTI E SPUTI PER SEA SHEPHERD
Continua il monitoraggio della baia di Taiji, nel Giappone meridionale, in difesa dei delfini uccisi per la carne o venduti ai delfinari. Dopo l’effetto boomerang, che si è avuto con l’arresto dell’attivista di Sea Shephed, poi assolto dall’accusa di aver spintonato un inserviente del Dolphin Resort di Taiji (vedi news qui), è ora la volta di gruppi di nazionalisti. Improvvisamente e inaspettatamente apparsi nei luoghi, stanno di fatto svolgendo il ruolo di provocatori. Circondano le automobili degli attivisti di Sea Shepherd, insultandoli e cercando di colpirli con gli sputi (vedere primo video su GeaPress). Si tratta prevalentemente di persone molto giovani, sia ragazze che ragazzi. La Polizia, così come denunciato da Sea Shepherd, non sembra particolarmente attiva nel contenere il gruppo di invasati cultori delle cacce di tradizione.
Ieri, però, si è permesso quanto di più incredibile e grave potesse succedere. Nel secondo filmato, diffuso da Sea Shepherd (vedi secondo video su GeaPress) si vede una delle macchine degli ambientalisti tenuta sotto controllo dalla Polizia. Si stava avvicinando un’automobile di nazionalisti munita di megafono. Quando questi ultimi sono arrivati, uno di loro ha tirato fuori una pistola puntandola contro la macchina degli attivisti di Sea Shepherd. Gli ambientalisti, a questo punto, hanno ingranato la marcia e sono corsi via. Raggiunti infine dalla polizia, sono stati scortati in un posto sicuro.
Stamani la situazione è tornata calma, fanno sapere da Sea Shepherd, ma nessuno è stato arrestato per i gravi episodi. La polizia, secondo gli ambientalisti, è stata umiliata e presa in giro. Sappiamo di non essere le persone più simpatiche a Taiji, hanno detto i Guardiani della Baia, ma la polizia ha il dovere di fare rispettare la legge e mantenere l'ordine. Il sospetto, però, è che ciò possa risultare sgradevole. Fonte: GeaPress.
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SIRENIDI DAL PASSATO
Sirenidi dal passatoDei vari ordini di mammiferi che attualmente popolano il pianeta, tra i meno rappresentati in termini di abbondanza di specie, ci sono i sirenidi. Questi erbivori marini sono, al giorno d'oggi, costituiti da sole quattro specie, di cui tre lamantini (Famiglia Trichechidae: Trichechus manatus, T. senegalensis, T. inunguis), che vivono nelle acque dell'Oceano Atlantico, e una di dugongo (Famiglia Dugongidae: Dugong dugon), che bruca le alghe sui fondali dell'Oceano Indiano. Di quest'ultima famiglia è giunta fino ai giorni nostri anche la ritina di Steller (Hydrodamalis gigas), un enorme sirenide che fu sterminato fino all'estinzione tra il 1741 e il 1768, per ricavarne carne e grasso.
Le specie attuali di sirenidi, inoltre, in nessun caso condividono i medesimi habitat, pur utilizzando lo stesso range di risorse alimentari, le alghe marine. Questa segregazione spaziale è sempre stata mantenuta nel tempo, quindi le diverse specie si sono vicendevolmente escluse dai rispettivi areali, oppure nel passato più specie condividevano le stesse aree? A questo scopo, un gruppo di ricercatori ha studiato il popolamento di sirenidi, mediante l'analisi dei reperti fossili, di tre aree marine costiere nel corso di periodi di tempo separati: tra 23 e 28 milioni di anni fa in Florida, tra 16 e 23 milioni di anni fa in India e tra 3 e 5 milioni di anni fa in Messico.
I risultati, pubblicati sulla rivista PLoS One (Iterative Evolution of Sympatric Seacow (Dugongidae, Sirenia) Assemblages during the Past ∼26 Million Years), indicano che tutte le comunità marine analizzate ospitavano almeno due specie di sirenidi simultaneamente. Un'analisi comparativa sui fossili delle specie simpatriche, ha inoltre evidenziato come queste differissero per numerosi tratti anatomici. In particolare, le differenze principali riguardavano alcune caratteristiche dell'apparato boccale (ad esempio l'inclinazione della bocca e la forma dei denti), che consentivano loro di nutrirsi di alghe differenti.
Questa specializzazione nel foraggiamento, avrebbe mantenuto le loro nicchie trofiche abbastanza separate da consentirne la convivenza in simpatria, diversamente da quello che accade nelle comunità marine odierne. Fonte: Pikaia, a cura di Andrea Romano.
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LOST AT SEA
2.7 miliardi di euro all’anno e centomila posti di lavoro. Questi i costi, impressionanti, dello sfruttamento massivo delle risorse ittiche. A calcolarlo è stato un report (Lost at sea), recentemente realizzato dalla New Economic Foundation, che mira a quantificare il costo sociale ed economico dello sfruttamento ittico. Video su OggiScienza.

13 MARZO

SEA SHEPHERD: IL CAPITANO WATSON CITATO DAL GOVERNO MALTESE
Lui, il Capitano Paul Watson, di rientro dalla vittoriosa impresa contro le navi baleniere giapponesi, quasi l’ha presa a ridere. "Un governo che cita per diffamazione - ha riferito il Capitano Watson – è quantomeno singolare". L’azione legale, però, sarebbe stata confermata dal Primo Ministro maltese, Lawrence Gonzi, rispondendo ad una interrogazione parlamentare. Cosa avrebbe detto Watson? Che i politici maltesi, legati al mondo della pesca, avrebbero intascato soldi per favorire le catture illegali del tonno rosso fino alle coste libiche. Il tutto per vendere ai giapponesi il prezioso elemento del sushi (scopiazzato anche dai nostri ristoranti), secondo modalità che porteranno il povero tonno all'estinzione. In pratica si starebbero immagazzinando grosse quantità di tonno (notizia da tempo confermata), con lo scopo di speculare sui prezzi. Questo una volta che sarà diminuita l’offerta.
Watson ha dichiarato di avere prove sufficienti per dimostrare quanto da lui dichiarato. Il Primo Ministro maltese, secondo quanto riferito da Sea Shepherd, avrebbe a sua volta affermato di avere ricevuto conferma della fattibilità del procedimento dall’Ufficio Legale del Governo. La singolarità di tale azione, però, risiede nel fatto che Watson avrebbe additato non un soggetto specifico, bensì avrebbe genericamente riferito di una parte della classe politica che apparirebbe collusa con il mondo della pesca più scellerata. Ultima incognita. Non sarebbe stata precisata la Corte che giudicherà Watson. Fonte: GeaPress.
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JAMES CAMERON; ABISSI DA RECORD

DEEPSEA CHALLENGER
Credit: National Geographic.

Il regista ed esploratore, ha infranto il record per la più profonda immersione in solitaria, durante i test del suo fantascientifico sommergibile che nelle prossime settimane lo porterà nell'abisso più profondo della Terra, la Fossa delle Marianne.
Un test su una profondità di 8.000 metri, ha fatto del DEEPSEA CHALLENGER il sommergibile in attività che ha toccato la maggior profondità e l'unico sommergibile della storia ad aver raggiunto questo risultato con un solo uomo a bordo. Fonte: National Geographic.
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UCCELLI MARINI: A RISCHIO ESTINZIONE IL 38% DELLE SPECIE
Negli ultimi decenni, lo status degli uccelli marini si è rapidamente deteriorato in tutto il mondo; diverse specie e molte popolazioni sono pericolosamente vicine all'estinzione. È quanto emerge da un nuovo ed impressionante rapporto pubblicato dalla rivista Bird Conservation International. Lo studio (Seabird Conservation Status, threats and priority actions: a global assessment), si basa sui dati di BirdLife International e della Lista Rossa IUCN: "Gli uccelli marini sono più minacciati di qualsiasi altro gruppo di uccelli. Delle 346 specie di uccelli marini, 97 (il 28%) sono minacciate a livello mondiale e un ulteriore 10% è prossimo ad esserlo". Per quasi la metà di tutte le specie di uccelli marini, si ritiene che abbiano popolazioni in diminuzione. Ad essere in pericolo, sono soprattutto le specie di albatros, con 17 delle 22 specie attualmente minacciate di estinzione.
Gli autori dello studio scrivono: "Abbiamo esaminato lo stato di conservazione e le minacce per tutte le 346 specie di uccelli marini, sulla base dei dati BirdLife International e le valutazioni della Lista Rossa IUCN 2010. Abbiamo dimostrato che, nel complesso, gli uccelli marini sono più minacciati rispetto ad altri gruppi analoghi di uccelli e che il loro stato si è deteriorata più rapidamente negli ultimi decenni. Le principali minacce in mare, causa la pesca commerciale (attraverso la competizione e la mortalità con gli attrezzi da pesca) ma anche l'inquinamento; a terra le minacce sono rappresentate da specie predatrici aliene, dal degrado dell'habitat e dal disturbo antropico". Fonte: GreenReport.
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SEMPRE PIÙ ASSETATI
"Le risorse idriche del pianeta non sono utilizzate in maniera sostenibile" è questo il messaggio d’allarme che ha voluto lanciare il direttore generale dell’UNESCO, Irina Bokova. "Non abbiamo un monitoraggio preciso dello sfruttamento di corsi d’acqua e delle falde, non esiste un sistema di gestione integrato, insomma sembra che il nostro futuro sarà segnato da una sete sempre crescente" ha concluso.
Il rapporto dell’agenzia ONU dice che l’agricoltura, che già utilizza il 70% delle risorse idriche sfruttate a livello globale, aumenterà il suo fabbisogno del 19% entro il 2050. Si è verificata una "rivoluzione silenziosa" sottoterra, nel momento in cui l’acqua estratta dalle falde, è triplicata negli ultimi 50 anni. A questo si è aggiunto il cambiamento climatico che ha provocato anomale siccità, riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai.
Cambiamento climatico e scarsità d’acqua influenzeranno negativamente la produzione alimentare nel Sud di Asia e Africa da oggi al 2030, e dal 2070 ne sentiranno le conseguenze anche il Sud e centro Europa.
Uno studio indipendente commissionato dall’OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) e pubblicato la settimana scorsa, mostra che secondo le previsioni la domanda di acqua aumenterà del 55% da qui al 2050, e più del 40% della popolazione mondiale dovrà fare i conti con scarsità dell’oro blu.
L’organizzazione mondiale della Sanità (OMS) ha affermato che già nel 2010, si è riusciti a garantire l’accesso all’acqua potabile a un numero di persone prefissato per il 2015. Dato però contestato dalla French Charity Solidarites International, che afferma che le persone senza acqua potabile sono 1.9 miliardi, anziché 783 milioni stimati dall’OMS. Fonte: SlowFood.
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OPERAZIONE OLD FISH
Oltre 8 tonnellate di prodotti ittici ed alimentari illecitamente messe in commercio, sono state sequestrate oggi nelle province di Napoli e Caserta, nel corso di un'importante operazione congiunta del Corpo Fforestale dello Stato e della Capitaneria di Porto di Napoli. L'operazione 'Old Fish' rientra nell'ordinaria attività di collaborazione tra i due Corpi, nell'ambito dei controlli della filiera ittico-alimentare nelle province campane. L'attività di indagine, scattata il 1 marzo e conclusasi nella giornata di ieri, ha portato al sequestro di oltre 8 tonnellate di prodotti ittici tra cui polpi, fettuccine di calamaro, lupini, vongole e inoltre gelati, patate fritte, arancini, verdure di soia, pizza, spinaci. Sequestrato anche un rilevante quantitativo di datteri di mare. Varie le fattispecie illecite, penali ed amministrative rilevate, che vanno dalla frode nell'esercizio del commercio all'introduzione in commercio di prodotti ittici sottomisura provenienti da zone di cattura estera (Nord-Africa) non consentite; dalla contraffazione delle Indicazioni Geografiche e Denominazioni di Origine di Prodotti agroalimentar,i alla detenzione di prodotti sia di origine alimentare che vegetale allo stato di congelamento da lungo tempo scaduti fino alla truffa. Gran parte dei prodotti sequestrati, inoltre, spiega la Forestale, sono risultati in pessimo stato di conservazione e non idoneo al consumo alimentare'. L'attività di indagine ha portato alla denuncia di sei persone, titolari di attività imprenditoriali e a diverse sanzioni amministrative, per un totale complessivo di circa 50 mila euro. In totale sono stati effettuati sei sequestri penali ed uno amministrativo per violazioni delle norme in materia di commercializzazione di prodotti ittici, igiene e sanità, tutela dei consumatori, tutela ambientale e tutela di specie ittiche sottoposte a particolare tutela internazionale. Fonte: AIOL.

12 MARZO

SAVONA: UN ALTRO CETACEO SPIAGGIATO
Ancora cetacei rinvenuti morti nelle acque antistanti la costa ligure. L’ultimo ritrovamento riguarda un giovane tursiope, recuperato dalla Capitaneria di Porto di Savona nel pomeriggio di ieri.
L’animale, della lunghezza di circa 1.40 m e del peso di 40 kg, in buon stato di conservazione, è stato notato da un diportista che transitava nella zona di mare antistante le spiagge di Albisola Superiore, a circa 300 metri dalla riva.
Mentre la carcassa veniva recuperata dall’equipaggio della MotoVedetta CP 863 e portata presso la banchina della Capitaneria, venivano contattati il Servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato e il veterinario di turno dell’Asl n. 2 savonese. Quindi, è intervenuto il personale della Fondazione Cima di Savona per il recupero e i successivi controlli sanitari, a cura dell’Istituto Zooprofilattico di Imperia.
Sono ancora da stabilire le cause del decesso dell’animale. Tra le ipotesi, vi sarebbe anche quella che il giovane tursiope si sia imbattuto in una rete da posta. Se tale ipotesi fosse confermata, la morte sarebbe avvenuta per annegamento. Un altro delfino, una stenella striata di circa 1,80 m di lunghezza e del peso di 70 kg, era stato rinvenuto spiaggiato lo scorso 3 marzo, sul litorale dei Bagni Baia del Corvo, località Piani d’Invrea, Comune di Varazze (SV).
Con il tursiope di ieri riferisce, la Capitaneria di Porto di Savona, salgono a cinque i rinvenimenti di cetacei morti nel 2012. Nel 2011 erano stati circa 12, la maggior parte di questi nel periodo invernale, quando cioè gli animali sono più vulnerabili agli attacchi dei parassiti. Fonte: GeaPress.

11 MARZO

RAPPORTO GREENPEACE: LEZIONI DA FUKUSHIMA
Un anno dopo Fukushima, il ground zero del Giappone è una zona spettrale. In un raggio di 20 Km, attorno agli scheletri accartocciati delle centrali atomiche, l’ambiente è stato dichiarato inadatto alla vita. Persino la Capitale, distante 250 km, secondo quanto è emerso nei giorni scorsi da un rapporto riservato della Commissione Giapponese per l’Energia Atomica, è stata a rischio evacuazione. "Malgrado sia un paese tecnologicamente avanzato, il Giappone si è trovato impreparato di fronte al disastro nucleare. Incapace di anticipare gli eventi, come se non fossero stati approntati adeguati piani d’emergenza per proteggere i cittadini e l’ambiente". È la denuncia di un fallimento. Impietosa. Proviene da un rapporto elaborato da Greenpeace, intitolato Lezioni da Fukushima. Fonte: IlFattoQuotidiano. Testo integrale.

10 MARZO

SEA SHEPHERD: I GIAPPONESI GETTANO LA SPUGNA
Si è conclusa la battaglia navale nel mare dell’Antartide. La nave-fattoria giapponese Nisshin Maru, nuovamente raggiunta dalla nave di Sea Shepherd, Bob Barker, ha definitivamente lasciato i luoghi di caccia. Con lei anche le navi arpionatrici che avevano tentato in tutti i modi di ostacolare la Bob Barker, comandata dallo svedese Peter Hammarstedt. La flotta baleniera, secondo quanto comunicato da Sea Shepherd, ha ora lasciato le acque del Santuario delle Balene nell’Oceano del Sud, ed una delle navi arpionatrici è stata avvistata ormai distante, sulla strada del ritorno in Giappone. In tutto 17.000 miglia di inseguimento, che hanno lasciato pochissimo tempo per uccidere le balene.
Caccia abbandonata in anticipo e pieno successo dell’operazione Divine Wind. Il sesto intervento della flotta di Sea Shepherd, si conclude ora ottimamente. I giapponesi, infatti, sono riusciti a catturare solo il 30% di quanto previsto. 768 balene salve e tutto grazie a Sea Shepherd. Nella stagione 2006-2007 ne erano state uccise 511, mentre 524 furono salvate. L’anno successivo ad essere arpionate furono 551 cetacei, ma 484 riuscirono a scamparla grazie alle operazioni in mare condotte dagli ambientalisti. Seguirono le 861 balene morte nella stagione 2008-2009 (354 salvate) e le 507 dell’anno successivo (salvate 528). Ben 863 furono quelle salvate lo scorso anno, quando a rimanere preda degli arpioni giapponesi furono solo in 172. Ed infine Divine Wind e l’ottimo risultato di quest’anno. 768 balene salvate su 1045 previste.
Secondo le parole del Capitano Paul Watson, si definisce economically sinking ovvero l’affondamento economico del business collegato all’attività della flotta baleniera. Con la nave di Sea Shepherd alle calcagna, i costi si alzavano eccessivamente. Da un lato le iperboliche cifre dell’industria baleniera giapponese e dell’altro i ben più ridotti budget di chi ha messo in prima fila le proprie motivazioni ed un grande amore per la vita ed un ideale di giustizia. Non ci sono armi più forti, dicono da Sea Shepherd. Per il prossimo dicembre è già pronta l’operazione Cetacean Justice. Quattro navi, due elicotteri, quattro droni e 120 volontari. Tutti per le balene dell’Antartico. Fonte: GeaPress.
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SORPRESA, LE AREE MARINE PROTETTE (AMP) SERVONO DAVVERO
PlosOne pubblica l'articolo The Structure of Mediterranean Rocky Reef Ecosystems across Environmental and Human Gradients, and Conservation Implications, alla quale hanno partecipato anche Paolo Guidetti, dell'Università del Salento di Lecce, Antonio Pais del Dipartimento di Scienze Zootecniche dell'Università di Sassari e Fiorenza Micheli, dell'Hopkins Marine Station della Stanford University, insieme a ricercatori provenienti da Usa, Spagna, Turchia e Francia, che hanno condotto indagini subacquee in 14 Aree Marine Protette (AMP) e 18 siti ad accesso libero in tutto il Mediterraneo ed in 31 aree ad alta densità di biomassa di pesce, alghe e invertebrati bentonici in Italia, Grecia, Marocco, Spagna e Turchia. "Il livello di protezione e produzione primaria erano le uniche variabili significativamente correlate alla struttura della comunità della biomassa - spiegano i ricercatori - La biomassa del pesce era significativamente maggiori nelle Aree Protette No-Take ben gestite, ma a scala regionale non c'erano differenze significative tra le aree marine protette multi-uso (che permettono una certa pesca) e le aree ad accesso aperto".
Il team di ricercatori internazionali sottolinea che "L'intenso sfruttamento nel corso dei millenni ha impoverito le specie mediterranee, quelle grandi a quelle piccole, tra le quali foca monaca, tartarughe marine, tonno rosso, cernie, corallo rosso, aragoste e patelle. La distruzione degli habitat, l'inquinamento, le specie introdotte e il cambiamento climatico hanno richiesto un tributo alle specie e agli ecosistemi mediterranei . Anche se questi effetti sono stati significativi, è difficile valutare la loro grandezza sulla base di osservazioni qualitative nel corso dei millenni, perché non vi è alcuna base storica rigorosa per l'abbondanza delle specie marine o per la struttura degli ecosistemi marini nel Mediterraneo, ad eccezione dei dati e delle serie temporale di alcuni taxa locali, dipendono dalla pesca e indipendenti, la maggior parte dei dati quantitativi sulla struttura degli ecosistemi del Mediterraneo proviene da studi sul campo negli ultimi 30 anni. Pertanto, i nostri tentativi per valutare la salute dell'ecosistema marino e l'efficacia delle recenti azioni di conservazione a livello di ecosistema sono vincolati da un senso limitato di ciò che è possibile o naturale".
Nel Mediterraneo ormai non ci sono più luoghi incontaminati, non disturbati dagli esseri umani, che permettono di stabilire e di impostare una "baseline" con cui confrontare la salute degli ecosistemi attuali.
Secondo la ricerca "La pressione della pesca è stato un importante fattore di stress sui sistemi delle scogliere del Mediterraneo. Così, nel Mediterraneo, ci si aspetterebbe che la biomassa totale di pesce sia anche l'indicatore più importante della salute delle popolazioni ittiche, con la biomassa che aumenta quando la pressione di pesca diminuisce, così come dimostrano le riserve marine no-take mediterranee.
Tuttavia, ci aspettiamo che le attuali baseline siano ancora lontane da quelle storiche, tipiche di un ecosistema intatto, probabilmente per tutti i predatori apicali, come gli squali e le foche monache. News interale su GreenReport.

08 MARZO

PESCE: TRUFFE QUOTIDIANE
Molti avranno visto la puntata di ieri di una nota "striscia quotidiana", che ha documentato l'ennesimo caso di truffa ai danni di consumatori inconsapevoli. In questo caso il pangasio, pesce a buon mercato, allevato comunque molto meglio di quello che vogliono i luoghi comuni (vedere qui), era spacciato per specie ben più pregiate. Succede spesso e ovunque in Italia. Basta girovagare per i mercati ittici delle grandi città. Le truffe in tal senso sono eterogenee. Sono molte le specie spacciate per altre di maggior pregio e valore economico. La spigola selvatica (molto rara e in rarefazione da anni) "viaggia" quasi a 50 euro al Kg e quindi il prezzo alto invoglia i disnonesti ad approfittarne. Ecco allora che la scarsa e più economica spigola allevata in acque francesi viene opportunamente spacciata per spigola selvatica. Un occhio esperto riconosce subito le differenze, ma la maggioranza di consumatori no. Ecco allora che le verdesche sono vendute come pesci spada, lo smeriglio come tonno, le vongole del Mozambico per vongole veraci (per chi non lo sapesse, anche le famose vongole della laguna Veneta sono di origine asiatica), i gamberetti di ogni tipo per gamberetti locali (che sono quasi scomparsi dai nostri mari), la lista insomma, è davvero lunga. Il problema poi è maggiore nei preparati a base di prodotti della pesca. In questi casi filetti e tranci, per non parlare di salse, passate e composizioni varie, possono risultare di difficile identificazione anche per occhi esperti. In molti casi è impossibile e l'unico modo per riuscirvi è quello delle analisi molecolari.
Purtroppo le associazioni Italiane (per esempio Coldiretti Impresa Pesca) intraprendono strade errate. Non fanno altro che evidenziare che "tre piatti su quattro a base di prodotti ittici nascondono sorprese straniere" come se fosse un problema di salute, piuttosto che un problema economico e di concorrenza. Vero che all'estero spesso i controlli sono fallaci o inesistenti, che si abusa di antibiotici e di altri prodotto vietati in Europa, ma il problema alla fine esiste anche in Italia; ne abbiamo parlato spesso sulle pagine di biologiamarin.eu. Proprio ieri, chi scrive ha gettato nell'immondizia un paio di Kg di seppie perchè una volta scongelate l'odore di ipoclorito era insopportabile. Cosa significa? Che l'invenduto è ricongelato, trattato con candeggina per sbiancare il tutto e rivenduto come prodotto fresco. Purtroppo l'odore di candeggina compare quando mal dosata, chi sa "utilizzarla" bene, spesso la passa liscia.
Come difendersi? Enzo Savarese, titolare di un famoso hotel di Vico Equense, suggerisce qualche trucco: "Diffidate delle sfilettature e dei tranci, facili da scambiare perché, tanto per fare un esempio, quelli di spada e verdesca si somigliano. Il pangasio costa 2.5 euro al chilo all'ingrosso, la sogliola dai 25 ai 30, dunque quando il prezzo indicato sul menù è inferiore ponetevi qualche dubbio".
Tonino Giardini, responsabile Coldiretti Impresa Pesca insiste sull'urgenza di introdurre la tracciabilità completa: "Dobbiamo aiutare le imprese non con denaro ma tutelando le loro attività. Oggi il pesce è tracciabile fino al ristoratore e non fino all'utente. Oltre la metà dei prodotti ittici vengono consumati fuori delle mura domestiche" [Ultima parte tratta da Corriere.it]
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INACIDITI TROPPO IN FRETTA
Su Science, Bärbel Hönisch del Lamont-Doherty Earth Observatory e altri ventun biologi, paleoclimatologi, paleooceanografi ecc. pubblicano una storia dell’acidificazione degli oceani così come si legge nelle "registrazioni geologiche", in sostanza nelle carote estratte dai sedimenti marini. Le tracce degli ultimi 180 milioni di anni sono abbastanza leggibili, quelle precedenti sono più ardue da decifrare, ma tutte indicano che il pH dell’acqua di mare calava molto più lentamente di oggi. Gli autori analizzano gli eventi che mostrano un’elevata quantità di anidride carbonica atmosferica, un riscaldamento globale e un’acidificazione degli oceani negli ultimi 300 milioni di anni della storia terrestre, a volte con estinzioni contemporanee, a volte con una sostituzione evolutiva dei calficicanti.
Quando l'anidride carbonica si "scioglie" nel mare, reagisce con l’acqua per formare acido carbonico che poi si dissocia in bicarbonato, carbonato e idrogeno che acidifica l’acqua. A risentirne e, più raramente, a evolvere meccanismi alternativi per costruirsi con il carbonato un esoscheletro, un guscio, una conchiglia, per strutturarsi e sopravvivere insomma, sono sopratutto le bestioline che nello zooplancton, nelle barriere coralline o sui fondali sono alla base della catena alimentare di quantità di altre specie.
L’intenzione era di vedere come questi organismi avevano superato o meno le grandi variazioni precedenti, per migliorare i modelli di previsione sul cambiamento globale in corso. Le registrazioni hanno ancora molte lacune, servono altre ricerche come questa, ma con i dati attuali la conclusione è inevitabile: "Anche se ci sono similitudini, nessuno dei questi eventi fornisce un parallelismo perfetto con le proiezioni sullo squilibrio della chimica marina dei carbonati, una conseguenza della rapidità senza precedenti delle attuali emissioni di anidride carbonica".
Le proiezioni raccolte nel IV rapporto IPCC del 2007 convergevano - con grandi margini di incertezza - attorno a un pH in calo di 0.2 a fine secolo, come nel Massimo Termico tra Paleocene ed Eocene (PETM), 56 milioni di anni fa. Tuttavia, l’analogia non regge, avvertono gli autori. A quei tempi però, la temperatura globale ci aveva messo 20 mila anni ad aumentare di 6° C con un riscaldamento medio di 0.03°C al secolo. Per un confronto, nonostante quattro anni di irradiazione solare al minimo e di un’Oscillazione Meridionale del Pacifico (ENSO) prevalentemente fredda, il decennio 2001-2010 è stato il più caldo osservato dal 1860 in poi e il riscaldamento medio di 0.2° C rispetto al decennio precedente. Fonte: OggiScienza.
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PIACERE DI CONOSCERTI...TURSIOPE
Quando si comunica tra sconosciuti, è buona norma scambiarsi un saluto e le rispettive presentazioni. Sembra che questa semplice regola non scritta del comportamento umano sia applicabile anche ad altri modelli animali cognitivamente avanzati, come i delfini. È di pochi giorni fa, infatti, la descrizione di un comportamento simile nel tursiope (Tursiops truncatus) in un articolo pubblicato dalla rivista Proceedings of the Royal Society B..
Tra gli odontoceti, i tursiopi sono noti per il loro grande repertorio di vocalizzazioni (classificate come click e fischi), utilizzate nei più disparati contesti sociali, e per la loro capacità di emettere un tipico richiamo di riconoscimento individuale, chiamato signature whistle. Il signature whistle consiste in un particolare fischio, unico per ciascun individuo, che lo identifica in maniera univoca e che viene utilizzato molto frequentemente (circa il 50% delle vocalizzazioni) nella comunicazione tra membri dello stesso gruppo.
Dallo studio emerge come questo esclusivo segnale venga utilizzato anche in un altro contesto: in particolare, i delfini ricorrono al signature whistle quando incontrano gruppi estranei in mare aperto, probabilmente a scopo di informare i conspecifici sulla propria identità. Insomma, una vera e propria presentazione. Ciò che è ancora più interessante è che per ciascun gruppo un solo membro emette il suo tipico fischio, comportandosi come una sorta di portavoce dell’intero branco. Cosa determini questo aspetto non è ancora chiaro, anche se potrebbe essere influenzato dai rapporti gerarchici tra individui.
Questo sofisticato comportamento era già noto in esemplari allevati e cresciuti in cattività, ma finora mancavano evidenze sulle popolazioni selvatiche. Ora, concludono i ricercatori, dato che i tursiopi sono in grado di riprodurre ed imitare alla perfezione i signature whistle altrui, il prossimo passo sarà comprendere se questa specie sia in grado di scambiarsi informazioni riguardo terze parti, non direttamente coinvolte nei processi comunicativi. Fonte: OggiScienza.
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DIGA EL QUIMBO, ENEL E ENDESA AVVIANO DEVIAZIONE RIO GRANDE
Emgesa, nel suo sito internet dice che per il suo progetto di El Quimbo, in Colombia, intende impegnarsi "Socialmente e culturalmente con la comunità" e che vuole adattare le sue "Strategie di impresa alla salvaguardia dell'ambiente". Ma secondo le associazioni ambientaliste e le organizzazioni comunitarie "Niente è più lontano dalla realtà. Per il progetto idroelettrico sono stati sottratti 7.500 ettari della Reserva Forestal de la Amazonía. Dal 6 marzo, questa filiale delle multinazionali spagnola Endesa ed italiana Enel propina un'altra pugnalata al cuore delle Ande ed all'Amazzonia colombiana". Testo integrale su GreenReport.
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FUSTI TOSSICI DI GORGONA, LA VERITA' DEL MINISTRO DELL'AMBIENTE
Il ministro dell'ambiente, Corrado Clini, rispondendo in un'audizione alla Commissione Ambiente della Camera, sollecitata in particolar modo da Ermete Realacci, responsabile Green Economy del Pd, ha presentato una relazione della Direzione Generale per la Protezione della Natura e del Mare, Reparto Ambientale Marino, sulla "Perdita in mare da parte della M/N Eurocargo Venezia" di due semirimorchi contenenti sostanze pericolose in fusti in area arcipelago toscano in data 17 dicembre 2011". Il ministero ricostruisce puntigliosamente i fatti ed illustra le operazioni programmate e attivate per minimizzare gli impatti sull'ambiente: "Anche con riferimento alle necessarie indagini volte alla ricerca di eventuali contaminazioni della catena alimentare, la cui valutazione è di competenza delle autorità sanitarie". Testo integrale su GreenReport.

07 MARZO

Spiaggiamento a Messina SEGNALATI NUMEROSI CETACEI SPIAGGIATI
L'ultima segnalazione ci giunge dalla provincia di Ancona, ma attendiamo conferme ed eventuali dettagli. Sono comunque molte le segnalazioni che arrivano da ogni parte della penisola. Tra le più recenti, lo spiaggiamento di un delfino presso la spiaggia del Ringo a Messina, presso gli imbarchi dei traghetti Caronte.
Alcuni giorni fa, invece, la notizia di una piccola stenella rinvenuta presso le Tonnare di Stintino (Sassari), poi presa in cura dai veterinari locali. Purtroppo, dopo un leggero miglioramento delle sue condizioni di salute, la piccola stenella è deceduta.
Credit immagine: YouReporter.it.

06 MARZO

SEA SHEPHERD INTERCETTA LE BALENIERE GIAPPONESI
Sea Shepherd ha intercettato la Nisshin Maru, ovvero la nave-fabbrica giapponese adibita alla lavorazione della carne di balena. Con lei altre tre baleniere. Le quattro navi sono state intercettate al largo della Commonwealth Bay, nel tratto di mare antistante il territorio Antartico australiano, altresì rivendicato dallo stesso paese.
Due delle navi giapponesi erano a caccia di balene e da circa tre ore è in atto un vero e proprio duello tra i nipponici e Sea Shepherd. Quest’ultima è presente con le navi Steve Irwin e Bob Barker. A quanto sembra, la Steve Irwin si è trovata molto vicina ad una delle tre baleniere. I nipponici avrebbero poi cercato di raggiungere la Bob Barker, senza però riuscirci. La caccia alle balene è stata nel frattempo sospesa. Anzi, secondo quanto comunicato dal Comandante della Bob Barker, lo svedese Hammarstedt, la stagione di caccia per il 2012 può considerarsi conclusa. Le navi di Sea Shepherd, davano da tempo la caccia alle balenieri giapponese ed avevano dovuto affrontare condizioni meteorologiche proibitive. Il Capitano Paul Watson ha dichiarato come "nonostante la perdita temporanea della nave Scout e della Brigitte Bardot, la ricerca da parte di Sea Shepherd della Nisshin Maru, non si era mai interrotta. Prima erano state bloccate due navi baleniere, mentre la Nisshin Maru si dava alla fuga. Ora, ancora una volta - ha concluso il Capitano Watson – li abbiamo del tutto bloccati". Fonte: Geapress.
Video Sea Shepherd (nel filmato diffuso da Sea Shepherd, si vede chiaramente la nave ambientalista venire pericolosamente ostacolata dalle baleniere nipponiche. La Bob Barker aveva quasi raggiunto la nave-fattoria, ovvero la Nisshin Maru. A questo punto il duello. Secondo quanto comunicato da Sea Shepherd, i giapponesi avrebbero lanciato degli ostacoli per bloccare la navigazione della nave ambientalista. Si tratterebbe di cavi lunghi 300 metri che sarebbero dovuti servire a bloccare l’elica. Poi il tentativo di abbagliare la cabina di comando con potenti riflettori, attacco al quale Sea Shepherd ha risposto puntando una luce laser. Le navi giapponesi, una volta spente le luci, dicono sempre da Sea Shepherd, hanno iniziato a lanciare dei fumogeni, fatto che ha reso molto rischiosa la navigazione. Lo scopo era di distogliere la nave di Sea Shepherd dal continuare a seguire la Nisshin Maru. Di fatto, però, l’inseguimento è tutt’ora in atto).

05 MARZO

TIMORI PER LA GRANDE BARRIERA CORALLINA
Una delegazione dell'UNESCO è in missione in Australia per indagare sui danni causati alla Grande Barriera Corallina, che fa parte del patrimonio mondiale, dallo sviluppo delle esportazioni di minerali. A motivare la missione sono in particolare le preoccupazioni causate dal dragaggio del grande porto di Gladstone, in Queensland, in via di espansione e prospiciente la barriera.
Dopo incontri governativi oggi e domani a Sydney, la delegazione visiterà per una settimana l'area della barriera corallina e varie città costiere del Queensland, per presentare poi raccomandazioni al Comitato del Patrimonio Mondiale. Un rapporto preparato per i funzionari dell'UNESCO avverte che la barriera ha di fronte una morte lenta e inesorabile a causa del boom minerario e della crescita di popolazione lungo tutta la costa del Queensland.
L'autore del rapporto, prof. Richard Kenchington, avverte che in parte della barriera vi sarà un forte aumento della navigazione nei prossimi anni, fra le quattro e le dieci volte secondo le stime. Ed esorta il governo del Queensland e quello federale ad attuare un piano comprensivo che raggiunga un equilibrio fra protezione dell'ambiente e sviluppo. Una delle raccomandazioni è di tassare pesantemente gli inquinatori che scaricano nella zona il materiale di dragaggio. Fonte: Ansa.
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COLPEVOLI COMANDANTE E UFFICIALE DI ROTTA DELLA RENA
Si sono riconosciuti colpevoli di una serie di imputazioni il comandante e l'ufficiale di rotta, entrambi filippini, della nave porta container Rena, arenatasi lo scorso ottobre in una barriera corallina nella turistica Bay of Plenty, in Nuova Zelanda, causando il più grave disastro ambientale marittimo nella storia del Paese.
La pena per alcuni dei reati, che comprendono "operare una nave in maniera da causare pericolo non necessario" e "tentare di deviare il corso della giustizia, alterando i documenti di bordo", prevede sino a sette anni di reclusione, in aggiunta a forti multe. I nomi dei due, rilasciati su cauzione, non possono essere divulgati prima della sentenza, attesa il 25 maggio. La Rena, di 236 metri e 47.230 tonnellate di stazza, che batte bandiera liberiana e appartiene alla compagnia greca Costamare, si era incagliata nei banchi corallini detti Astrolabe, chiaramente indicati nelle mappe, a circa 20 km da Tauranga, nell'isola del nord, il maggiore porto di esportazione della Nuova Zelanda.
Subito dopo ha disperso in mare 300 tonnellate di carburante pesante, uccidendo migliaia di uccelli marini e contaminando le spiagge per circa 100 km. Da allora, le squadre di salvataggio sono riuscite a pompare via dalle stive altre 1000 tonnellate di carburante e a recuperare quasi metà dei 1300 container a bordo, mentre un esercito di volontari ha contribuito e ripulire le spiagge dalle dense bolle nere. In gennaio lo scafo si è spaccato in due, la poppa si è distaccata ed è affondata, mentre la prua rimane incagliata nel banco corallino. Continuano intanto le operazioni di recupero dei container e di ripulitura dei detriti. Fonte: Ansa. Vedere resoconto Marea Nera in Nuova Zelanda.

04 MARZO

LA GRANDE BARRIERA AUSTRALIANA IN 3D
Da settembre sarà possibile immergersi nelle profondità della grande barriera corallina australiana rimanendo comodamente seduti davanti al vostro PC. Grazie a un accordo stretto fra Google Earth e alcuni istituti di ricerca, infatti, da dopo l'estate saranno disponibili 50.000 fotografie subacquee scattate grazie al progetto Seaview Survey. In pratica, una speciale videocamera "navigherà" a basse profondità a una velocità di crociera di 4 chilometri all'ora scattando immagini a 360 gradi ogni 4-6 secondi in 20 siti dislocati lungo i 2300 kmi che compongono la più grande barriera corallina del mondo.
Ma l'esplorazione non finisce qui, perché anche le profondità marine verranno immortalate attraverso un robot sottomarino. Questa ricerca, inoltre, sarà preziosa per monitorare lo stato di salute dei coralli: "Per migliorare la fluidità di movimento, la videocamera è stata progettata seguendo accorgimenti 'rubati' a squali e altri animali marini - spiegano i ricercatori della Catlin Seaview, partner dell'azienda statunitense - proprio quelli che dovrà osservare". Infine, lo studio fornirà importanti dati anche sulle variazioni climatiche e sulle abitudini migratorie di squali, tartarughe e mante, soprattutto grazie ai 50 segnalatori GPS applicati sugli animali e seguiti di satellite. Per saperne di più: www.catlinseaviewsurvey.com/seaview.htm. Fonte: Edinat.
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SCOPERTE DUE NUOVE SPECIE FOSSILI DI PINGUINI
Alcuni ricercatori sono finalmente riusciti a ricomporre lo scheletro di due specie di pinguino gigante che vivevano 25 milioni di anni fa in Nuova Zelanda.
Per anni, mentre era alla ricerca di fossili di balene e delfini, Ewan Fordyce - coautore dello studio e paleontologo all’Università di Otago, in Nuova Zelanda - si è imbattuto nei resti fossili di queste due nuove specie, ma solo di recente il suo team è riuscito a ricostruire uno scheletro intero. I ricercatori hanno usato come modello di riferimento la morfologia dell’attuale pinguino reale, ottenendo come risultato un mix delle due specie che in realtà erano molto simili.
Dan Ksepka, autore della ricerca e paleontologo della North Carolina State University, spiega che "quello che abbiamo ottenuto è un animale molto magro e snello, che non assomiglia granché ai pinguini attuali". Le due nuove specie fossili, infatti, al contrario dei paffuti pinguini moderni, avevano un corpo perfetto per cacciare i pesci, con il torace stretto, le pinne lunghe e affusolate e un becco affilato. Con il loro metro e trenta centimetri di altezza erano anche più alti del pinguino imperatore, la specie vivente più grande, che raggiunge l’altezza di un metro e venti centimetri.
In omaggio alla loro antica patria, il gruppo di ricercatori ha deciso di nominare le due specie Kairuku waitaki e Kairuku grebneffi. La parola "kairuku" nella lingua delle popolazioni indigene Maori significa, infatti, "pescatore che torna con il cibo". news integrale: National Geographic.
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QUALE FUTURO PER IL SANTUARIO PELAGOS?
Nel giorno di scadenza del termine entro cui la Regione Liguria, d'accordo con la Regione Toscana, aveva promesso a Greenpeace la convocazione di un "tavolo tecnico" sul Santuario, pubblichiamo un documento che in maniera esplicita dice cosa è possibile fare, da subito, per ridare dignità a questa preziosa area marina. E come farlo. Leggi il rapporto "Quale futuro per il Santuario dei Cetacei nel Mar Ligure?"
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TORNADO, 40 VITTIME NEGLI STATI UNITI
Non sarà stato come il 1974, ma come nelle attese è stata davvero devastante la furia dei tornado che si sono scatenati nelle ultime 24 ore in diverse zone degli Stati Uniti, subito ad est della zona denominata Tornado Alley. Purtroppo questi eventi di maltempo estremo hanno colpito anche zone abitate in tutta la valle dell'Ohio e, soprattutto, la parte del sud Indiana e del Kentuchy, dove si sono concentrate la maggior parte delle 40 vittime di questo inizio week-end davvero terribile.
E purtroppo è un bilancio ancora provvisorio, se si considera che i soccorritori sono all'opera per rintracciare eventuali dispersi (il cui numero è assai difficile da stabilire), sotto le macerie degli edifici crollati. Molti danni anche nel Tennessee e nelle aree sud-est di Alabama, Florida e Georgia, dove resta tuttora attivo l'allarme tornado. Sarebbero stati ben 10 gli Stati coinvolti dal maltempo e dove sono stati segnalati eventi vorticosi: secondo l'ultimo report, fra le ore 13 UTC di venerdì e le ore 12 UTC di sabato, ben 95 sono stati i tornado segnalati dallo Storm Prediction Center della NOAA.
Ci troviamo di fronte ad uno degli eventi più intensi e precoci che si ricordano per l'inizio di marzo. Inoltre non va trascurato che alcune delle zone maggiormente coinvolte avevano già avuto una prima massiccia incursione di tornado qualche giorno fa, a fine febbraio. Alcune piccole città dell'Indiana sarebbero state demolite dalla furia distruttrice di questi tornado, che probabilmente potrebbero aver raggiunto intensità F3 o F4: le maggiori devastazioni a Marysville ed Henryville, spazzate via e quasi rase al suolo. Fonte: Meteogiornale.

03 MARZO

LA COOPERAZIONE DEGLI SQUALI
La vita sociale degli squali, è molto più complessa di quanto il cinema e i luoghi comuni ci abbiano abituato in passato. Se si parla di lavoro di squadra e di intelligenza sociale, superare i delfini, o più in generale i cetacei, è impresa non da poco; ma una popolazione di squali pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus) sembra possadere un elevato grado di organizzazione sociale, con quattro comunità e due subcomunità, che hanno formato tra loro forti legami di lunga durata. Lo squalo pinna nera del reef è una delle specie più comuni nel Pacifico e una delle più facilmente riconoscibili per via delle estremità nere che colorano la pinna caudale e quelle dorsali e ventrali. Sono squali che non hanno molti problemi a spingersi anche in acque molto basse (fino a 30 centimetri di profondità), per nutrirsi dei piccoli pesci, invertebrati e crostacei che popolano il reef.
I pinna nera non sono i primi squali ad aver dimostrato una complessa socialità: anche gli squali martello tendono, in certi periodi dell'anno, a raggrupparsi in grandi numeri, ma fino ad ora non si sono dimostrati in possesso dello stesso livello di organizzazione sociale dei loro cugini, anche se mostrano tutte le caratteristiche necessarie per una complessa attività sociale fino ad ora ignorata dai biologi marini.
Johann Mourier, ricercatore del Center for Island Research and Environmental Study, assieme ai colleghi Julie Vercelloni e Serge Planes, ha condotto una ricerca sui rapporti sociali degli squali pinna nera che vivono nei pressi dell'isola di Moorea, nella Polinesia francese. Durante gli studi sul campo, i ricercatori hanno analizzato circa 10 chilometri della costa settentrionale dell'isola, immergendosi per lunghi periodi fino a profondità di oltre 15 metri per ottenere dati preziosi sulla vita degli squali.
L'analisi dei dati ha mostrato che gli squali non si raggruppavano in modo caotico, ma erano organizzati in gruppi sociali secondo precise regole. "Le quattro comunità principali sono composte da entrambi i sessi e condividono lo stesso spazio vitale; tuttavia, entro queste comunità gli individui tendono ad associarsi più spesso con altri individui dello stesso sesso e dimensioni" spiega Mourier. Nel mondo degli squali, lunghezza equivale ad età, e quindi ad un peso sociale differente rispetto agli esemplari più giovani. Negli squali pinna nera, ad esempio, la maturità sessuale nei maschi viene raggiunta all'età di 7 anni con una lunghezza di oltre un metro, e l'età adulta corrisponde anche ad un cambiamento del "giro di amicizie", da squali in età giovanile ad altri squali più o meno coetanei.
Mourier sospetta che gli squali si raggruppino per controllare l'aggressività degli individui più maturi, e per collaborare nella ricerca di cibo. In un'occasione, infatti, un gruppo di 4-5 squali pinna nera ha lavorato in team per dirigere e cacciare un banco di pesci che nuotava attorno ad una struttura corallina. Altre specie di squali, come gli squali limone delle Bahamas, hanno già dimostrato di avere caratteristiche comportamentali considerate in precedenza del tutto estranee al mondo degli squali. "Siamo rimasti sorpresi nel vedere così tanti squali limone restare per molti anni nei pressi dell'isola vicino alla quale erano nati, spesso per buona parte della loro fase di sviluppo" spiega Demian Chapman, esperto di squali dell' Institute for Ocean Conservation Science.
Sia gli squali limone che i pinna nera, sembrano dare particolarmente importanza all'età di un individuo: l'anzianità ha, come in moltissime altre specie marine e terrestri, una rilevanza primaria all'interno della gerarchia sociale. Ma il comportamento degli squali limone suggerirebbe che le dinamiche di gruppo di questi animali sarebbero in buona parte influenzate da altri fattori, probabilmente anche da un legame con la famiglia fino ad ora del tutto insospettato. Se questo genere di comportamenti sociali pare sorprendente per gli squali, già da tempo è stato dimostrato che il rapporto tra la loro massa cerebrale e quella del corpo è molto simile a quello dei mammiferi. Anche se le sole dimensioni del cervello di un animale non ci consentono di stabilirne con precisione il livello di intelligenza, rimane comunque un indizio che punta alla possibilità, nel mondo degli squali, di comportamenti sociali complessi ancora sconosciuti non molto differenti da quelli osservati negli uccelli o in alcuni mammiferi. Fonte: DitaDiFulmine.
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UNA NUOVA SPECIE DI LUCERTOLA SEMIACQUATICA
Potamites montanicolaNell'agosto del 2010, l'erpetologa Karla Garcìa scoprì sulla Ande peruviane una nuova specie di lucertola semi-acquatica dai colori brillanti, un rettile che da quel momento ha iniziato a far discutere per via delle sue caratteristiche relativamente insolite rispetto ad altri animali a sangue freddo. Garcìa, in team con l'erpetologo Germán Chávez, avvistò un singolo esemplare di Potamites montanicola nei pressi di un torrente alpino circondato da boscaglia. L'aspetto e la colorazione di questa lucertola fecero subito pensare ad una specie non ancora classificata, e si iniziò immediatamente la ricerca di altri esemplari.
Circa tre mesi dopo, nel novembre 2010, Chavez e Garcìa riuscirono ad avvistare nuovamente le lucertole P. montanicola nei pressi di un altro corso d'acqua andino, a circa 60 km di distanza dal primo avvistamento e a quote comprese tra i 1.500 e i 2.100 metri. Perchè prendersi così tanto disturbo per ciò che sembra essere soltanto una banalissima lucertola? Perchè la P. montanicola è un rettile che sembra sfidare alcune delle nozioni sulla sua classe di vertebrati ormai date per scontate da decadi.
Potamites montanicola, infatti, è come tutti gli altri rettili un animale a sangue freddo. Nonostante questo, riesce a sopravvivere senza alcun problema nell'ambiente alpino in cui vive, ambiente che raggiunge temperature inferiori a 10°C durante la notte. Non solo: questa lucertola sembra essere attiva soprattutto al calar del buio, per motivi non ancora chiari. "Durante il giorno non ne abbiamo avvistata nessuna, ma di notte abbiamo trovato diversi esemplari, maschi e femmine, che correvano e nuotavano nel corso d'acqua" spiega Chávez. "E' stato un momento importante per tutti noi".
Non è ancora chiaro se questi rettili siano effettivamente attivi durante la notte, o se sia stato il passaggio degli erpetologi a metterli in fuga dai loro nascondigli notturni. Ma il vero mistero della P. montanicola è il suo meccanismo di termoregolazione.
"Il sistema di termoregolazione di questa lucertola è la questione più importante per noi", ed è facile intuirne le ragioni. Gli animali a sangue freddo, infatti, riescono generalmente ad equilibrare la loro temperatura corporea sfruttando le fonti di calore ambientali; è ormai cosa nota che molti rettili e anfibi trascorrano buona parte delle ore più calde a "fare il pieno" di sole, per evitare un pericoloso abbassamento della loro temperatura interna. Non è la prima volta che si scopre un animale a sangue freddo capace di sopravvivere ad un clima relativamente rigido: le api, ad esempio, formano un vero e proprio "mucchio" in grado di trattenere il calore qualora la temperatura dovesse scendere sotto il livello di guardia, o agitano le loro ali per ottenere calore dalla contrazione dei muscoli.
Per un animale a sangue freddo, il calore è un elemento di importanza primaria per la sopravvivenza: più calore equivale ad un metabolismo dalle prestazioni ottimali, e non vengono sprecate energie per la termoregolazione. Man mano che la temperatura ambientale scende, il metabolismo di un animale a sangue freddo rallenta, ma questa nozione generica non si applica a tutti gli ectotermi. Il geco Cyrtodactylus tibetanus, ad esempio, sopravvive tranquillamente ad una temperatura notturna di circa 4°C, pur mantenendo la sua temperatura corporea di 6°C superiore a quella ambientale; la tartaruga marina Dermochelys coriacea, invece, riesce addirittura a mantenere una temperatura interna di ben 18°C sopra a quella dell'acqua.
Sia nel caso di questi animali che in quello della P. montanicola interviene un meccanismo di termoregolazione ancora parzialmente sconosciuto alla scienza. "I rettili sono formidabili. E riesco ad immaginare altri 'luoghi perduti' sulle Ande in cui ci sono probabilmente altre nuove specie". Fonte: DitaDiFulmine.

02 MARZO

LA CINA RICICLA I SUOI RIFIUTI INDUSTRIALI?
Il ministero dell'industria e delle tecnologie dell'informazione della Cina ha pubblicato oggi un piano che punta a riciclare «7 miliardi di tonnellate di rifiuti industriali solidi tra il 2011 e il 2015, al fine di limitare il deterioramento dell'ambiente». L'agenzia ufficiale Xinhua informa che «Questa cifra equivale al doppio della quantità di rifiuti industriali riciclati durante il periodo dell'11esimo Piano quinquennale (2006-2010)». Il ministero afferma che «Entro 5 anni, la Cina si sforzerà di bonificare 350.000 mu (23.333 ettari) di terre precedentemente utilizzati come discariche di rifiuti industriali, il che permetterà di migliorare considerevolmente lo stato dell'ambiente». Inoltre, secondo il piano, «Entro il 2015, la quantità di rifiuti industriali riciclati dovrà raggiungere 1,6 miliardi di tonnellate, cioè la metà della quantità prodotta». Nel suo 12esimo Piano quinquennale pubblicato a fine 2010, la Repubblica popolare cinese ha fissato l'obiettivo «Per i prossimi 5 anni di svilupparsi in maniera scientifica e di edificare una società che risparmi energia e rispettosa dell'ambiente», ma a quanto pare la strada da fare è ancora molta: oggi Wu Xiaoqing, il vice-ministro per la protezione del'ambiente ha detto che due terzi delle città cinesi «Non possono rispondere alle nuove norme di qualità dell'aria», cioè il nuovo indice per le PM2,5 e l'ozono (03) approvato ieri dal governo, «Il controllo dell'inquinamento sarà un compito arduo per il Paese". Fonte: GreenReport.
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RIPRODUZIONE: LA TERZA VIA DEI CORALLI
Due biologi marini dell’Australian Institute of Marine Science(AIMS), stanno scrivendo un nuovo capitolo sulla riproduzione dei coralli che metterà in crisi le convinzioni di molti esperti. La loro scoperta, pubblicata su Science, è stata presentata alla stampa con l’accattivante titolo che avrebbe lusingato il grande fumettista Charles Monroe Schulz (e il suo Snoopy): "La vita segreta dei coralli nelle notti buie e tempestose".
Sì, perché quando le tenebre avvolgono la Grande Barriera Corallina, una catena di minuscoli organismi che si estende per 2.600 chilometri al largo delle coste australiane (visibile anche dallo Spazio) e le acque si agitano per effetto dei venti, i coralli adottano una insospettata strategia riproduttiva: l’embrione si 'sbriciola' in vari frammenti che, continuando a dividersi, riproducono cloni perfetti delle cellule di partenza, solamente un poco più piccoli.
Andrew Heyward e Andrew Negri, che hanno ricreato in laboratorio le condizioni di quelle "dark and stormy nights" vissute dalla più grande struttura vivente del pianeta, invitano quindi tutti i biologi a correggere le teorie fino a oggi accreditate sulla riproduzione dei coralli. I piccoli organismi polipoidi, infatti, per assicurarsi una prole numerosa anche quando l’ambiente che li circonda è ostile, sfruttano tutte le possibilità che la natura gli mette a disposizione, avvalendosi di un efficace sistema misto: la consueta via sessuata (fino a oggi la sola ipotizzata) e l’anomala via asessuata (clonazione).
Ecco come funziona l’ingegnoso stratagemma. Le uova fecondate dei coralli si comportano come gli embrioni di qualunque altro animale nelle prime fasi del loro sviluppo, ossia si dividono dando origine a un gruppo di cellule via via più numeroso. E fin qui il processo rispetta le regole della riproduzione sessuata. Ma da questo momento in poi le cose possono prendere una piega diversa: in presenza di forti correnti il "grappolo" di cellule può sfaldarsi e perdere alcuni dei suoi elementi. Questi frammenti di embrione danno velocemente forma a copie perfette, ma in scala ridotta, del "fratello maggiore" da cui si sono staccate. "Così i coralli possono contare sui benefici sia della riproduzione sessuata sia di quella asessuata", spiega Negri che, insieme al suo collega, ha osservato in laboratorio il comportamento degli embrioni di corallo riuscendo anche a comprenderne il vantaggio evolutivo.
Gettando una manciata di uova di corallo fecondate da trenta centimetri di altezza in un contenitore pieno di acqua marina, in modo da simulare gli impeti delle onde, i due ricercatori australiani hanno potuto seguire al microscopio quel rapido sgretolamento che dà origine al processo di clonazione. Uno spettacolo suggestivo come i movimenti delle figure in un caleidoscopio. La fragilità di questi embrioni è dovuta alla mancanza di una membrana protettiva, presente nella maggior parte degli animali. Ma, sostengono i ricercatori, i coralli hanno trasformato questo difetto in un’opportunità, perché è proprio l’assenza dell’involucro protettivo che permette all’embrione di sopravvivere alle intemperie disgregandosi e moltiplicandosi in tante copie di se stesso. Fonte: GalileoNet.
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CRISI PESCA: CONFRONTO TRA ARMATORI, COOPERAZIONE E LAVORATORI
Le sette sigle italiane più rappresentative della pesca italiana (Agci-Agrital, Federcoopesca-Confcooperative, Lega Pesca, Federpesca-Confindustria, Flai-CGIL, Fai Cisl, Uila Pesca), si sono incontrate ieri a Roma presso il Palazzo della Cooperazione per discutere del momento di crisi che sta attraversando tutto il comparto. "Per la prima volta nella storia della pesca - si legge nella nota unitaria - i rappresentanti degli armatori, delle cooperative e dei lavoratori hanno fatto fronte comune per affrontare l’emergenza e delineare nuovi scenari, che consentano ad aziende ed operatori, non solo di superare il forte momento di empasse, ma anche di guardare al futuro con minore preoccupazione". Tra i temi al centro del confronto la riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, i dossier ancora aperti in sede comunitaria come la riforma della Pcp e il nuovo fondo europeo per il settore, nonché una serie di altre "emergenze" che stanno fiaccando le marinerie. "Il difficile scenario in cui versa la pesca italiana richiede coesione e la massima attenzione; per questo diviene ormai irrinunciabile l'elaborazione di strategie che consentano di progettare un futuro diverso e migliore per questo settore. È il momento giusto per dare vita ad una nuova conferenza nazionale della pesca italiana, che possa consentire di voltare pagina per imboccare la strada del rilancio di un'economia, altrimenti destinata a soccombere sotto i colpi sempre più agguerriti della concorrenza internazionale, sempre meno leale, e delle architetture giuridiche ideate in modo indiscriminato dall'Unione europea - proseguono le associazioni e le organizzazioni sindacali - per questo occorre pure un deciso cambio di passo della politica che sappia finalmente dar vita ad un dialogo serio e costruttivo con le rappresentanze di un settore sempre più in affanno". In questa ottica è in via di elaborazione una proposta unitaria dalla quale far ripartire con rinnovato slancio il confronto politico con le Istituzioni. Fonte: Agci-Agrital, Federcoopesca-Confcooperative, Lega Pesca, Federpesca-Confindustria, Flai-CGIL, Fai Cisl, Uila Pesca.

01 MARZO

SQUALI: LA UE RESPONSABILE DELL'ECATOMBE
Nonostante la Cina sia sempre additata come la responsabile dell’ecatombe di squali, non sono loro i primi al mondo ad ucciderli. C’è la zuppa, ma la caccia, o meglio la pesca, è saldamente in mano ad altri paesi. Quelli della UE, ad esempio, con la Spagna in prima linea seguita da Francia, Portogallo e Regno Unito. Tutti in deroga, dal momento in cui formalmente in Europa vige il divieto del finning. In pratica l’Unione Europea deroga rifornendo quel 95% di mercato mondiale di pinne di squalo, che ogni anno sbarca in Cina.
Sulla vicenda interviene ora l’europarlamentare Andrea Zanoni (IdV), relatore del parere per la Commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza Alimentare (ENVI) dell’ Unione Europea. "L’Unione Europea – ha dichiarato l’On.le Zanoni – deve al più presto vietare tutte le deroghe previste nell’attuale legislazione UE che non permettono il rispetto del divieto del finning". Zanoni ha pertanto presentato in sede di Commissione Ambiente, il suo progetto di parere "sulla proposta di Regolamento relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci", sostenendo così fortemente la proposta della Commissione di vietare ogni ricorso alle deroghe.
"L’Europa è al secondo posto a livello mondiale per numero di catture di squali – afferma Zanoni –. Secondo i dati FAO gli Stati UE hanno dichiarato nel 2009 di aver sbarcato ben 111.916 tonnellate di razze e squali, equivalenti al 16% degli sbarchi mondiali. Si tratta spesso di specie a rischio estinzione, particolarmente vulnerabili alla pesca intensiva".
L’intervento di Zanoni è rafforzativo della proposta della Commissione. In particolar modo si propone l’allargamento dei controlli a tutti i pescherecci attivi nelle acque marittime dell’Unione e non solo, come è ora, a quelli europei.
Richiesto, inoltre, l’obbligo per gli Stati membri di fornire, nelle loro relazioni annuali destinate alla Commissione, informazioni più dettagliate sugli sbarchi di squali, ovvero l’identificazione delle specie catturate, la quantità di esemplari, il peso totale per ogni specie e le zone di pesca. Tutti provvedimenti volti non solo alla immediata protezione degli squali, ma anche al fornire un quantitativo di dati certo, che agevolerebbe un più corretto monitoraggio delle diverse specie di squali e pertanto nuove misure di protezione.
"I fortissimi interessi legati al mercato di pinne di squalo destinate principalmente al mercato di Hong Kong e della Cina - ha dichiarato l’ON.le Zanoni - non devono essere la causa della scomparsa di questi animali dalle nostre acque – conclude il leader animalista - la loro sopravvivenza non ha prezzo". Fonte: GeaPress [modificato].
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LA VOCE DELLE BALENE E I RUMORI DELL'UOMO
Alla luce del crescente livello di rumore di origine umana in mare, biologi ed etologi hanno da tempo sollevato il problema che l'alta intensità di questo rumore, possa avere un impatto sulla comunicazione tra le balene e i relativi comportamenti.
Gran parte degli studi condotti finora in proposito, tuttavia, si è concentrata sullo studio delle situazioni in cui le frequenze dei richiami degli animali e il rumore di origine antropica si sovrappongono. L'impatto del rumore al di fuori di tali bande di sovrapposizione non aveva ricevuto altrettanta attenzione. A porre rimedio a questa lacuna, arriva ora un articolo pubblicato sulla rivista on line PLoS One, in cui viene descritto uno studio condotto da ricercatori della Scripps Institution of Oceanography, che hanno cercato di determinare se rumore di origine umana nella gamma di media frequenza (1-8 kHz) provocassee una risposta comportamentale nelle balenottere azzurre e, in caso affermativo, se vi fosse un particolare momento della giornata in cui gli animali erano più inclini a reagire a queste fonti antropiche. News integrale su LeScienze.
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UN DOCUMENTARIO SUL FIUME (MALATO) DI PALERMO
Un po' come un reporter della National Geographic, il giovane Igor D’India, palermitano di 27 anni, ripercorre a ritroso il letto del fiume Oreto e ci descrive tutto quel che vede lungo il corso d’acqua della sua città durante le diverse stagioni: copertoni, lavatrici, carcasse d’ auto, schiume inquinanti. Come sfondo la natura con i suoi colori, i suoi profumi, piccoli anfibi, tartarughe, anatre, agrumeti e cascate. Il film-documentario dura ben 9 ore e racchiude oltre 40 ore di risalita del lungo fiume. Le riprese sono state girate in quattro momenti dell’anno, dall’autunno del 2010 all’estate del 2011 e ripercorrono quattro tappe del fiume: dallo sbocco sul mar Tirreno a Sant’Erasmo fino a Pioppo, frazione di Monreale.
Come racconta il giovane videomaker: "Ho trovato di tutto. Con le carcasse delle auto e i copertoni si potrebbe fare un museo, perché sono davvero pezzi d’epoca. È almeno dagli anni Sessanta che la gente lascia qui ogni cosa: mobili, veicoli, elettrodomestici. Molti scaricano sul fiume che é inquinato anche dai concimi chimici e in molti tratti ci sono larghe chiazze gialle e grandi cumuli di schiuma. Ho trovato anche tante siringhe. News integrale su Ecologiae.
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FIRMATO IL DECRETO "ANTI-INCHINO"
Il ministro dell'Ambiente ha annunciato, all'isola del Giglio, di aver firmato il decreto anti-inchini insieme al suo collega allo Sviluppo Economico, Corrado Passera. Il provvedimento vieterà il passaggio delle navi a due miglia dalle coste dei parchi e dalle aree marine protette, e impone regole più stringenti per il trasporto di carichi all'interno del Santuario Internazionale Pelags dei Mammiferi Marini: il decreto prevede che i carichi siano ben fermati, per evitare incidenti come quello della Gorgona. La nuova normativa vieta anche alle grandi navi di accedere al Canale della Giudecca e al bacino di san Marco a Venezia, ma solo da quando l'autorità portuale avrà reso praticabili altri percorsi. Parlando della Costa Concordia, naufragata sugli scogli del Giglio, Clini ha detto che "non deve rimanere qui come un monumento lugubre" e che il suo ministero farà tutto quanto possibile perché non ci siano "danni ambientali importanti per un patrimonio così raro. Quindi continueremo ad approfondire non solo per il risarcimento dei danni ambientali ma anche per prevenirne di ulteriori. Non ci possiamo permettere di aspettare il danno ambientale in attesa che si facciano le valutazioni del caso".
Dopo gli incontri istituzionali e prima di quello con la popolazione del Giglio, il ministro dell'Ambiente incontrerà una delegazione delle principali associazioni ambientaliste, formata da Alessandro Giannì responsabile campagne Greenpeace, Stefano Ciafani e Angelo Gentili vicepresidente Legambiente e Segreteria Nazionale Legambiente, Rosalba Giugni presidente Marevivo e Gaetano Benedetto, direttore delle politiche ambientali del Wwf Italia, proprio per parlare della rimozione della nave e dei nuovi regolamenti marittimi e del futuro del Parco dell'Arcipelago Toscano.
In una nota comune, le associazioni rivendicano quel che clini ha già (in parte) annunciato: "chiediamo che venga realizzato al più presto un decreto sulle rotte delle grandi navi, che stabilisca la distanza da tenere rispetto alle aree marine e alle isole minori, con maggiori ed efficaci controlli sulla navigazione. Allo stesso tempo bisogna istituire concretamente, e non solo sulla carta, il Santuario dei Cetacei e l'Area Marina Protetta nell'Arcipelago Toscano, almeno là dove è possibile realizzarla. Chiediamo anche che si proceda con l'iter per l'individuazione del nuovo presidente e dei nuovi organismi del Parco dell'Arcipelago Toscano". Per quanto riguarda la messa in sicurezza e la rimozione della nave la strada da seguire deve essere soltanto quella di rimuoverla integralmente. "Dopo lo svuotamento con urgenza dei serbatoi il relitto della nave non deve essere frammentato perché questo comporterebbe la messa in atto di un cantiere gigantesco che potrebbe paralizzare l'intera isola, con il rischio di inquinare notevolmente il mare. Si deve invece mettere in sicurezza la nave e definire rapidamente un percorso chiaro ed efficace per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi all'interno della stessa, potenziando e stabilizzando anche il servizio anti-inquinamento del Ministero dell'Ambiente". Fonte: GreenReport.
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TONNO ROSSO, ITALIA VINCE IL RICORSO
Il Tribunale della UE, con un’ordinanza pubblicata oggi a Lussemburgo, ha riconosciuto "che l’Italia ha conseguito il risultato perseguito", contro la decisione della Commissione Europea che nel giugno 2008 aveva intimato lo stop alla pesca del tonno rosso alle tonniere di Italia, Francia, Grecia, Malta e Cipro, permettendo a quelle spagnole di continuare a pescare. Quel regolamento infatti è stato intanto giudicato dalla Corte UE "integralmente non valido perché viola il principio di non discriminazione".
L’ordinanza del Tribunale UE riguarda quindi la vicenda che vide i pescatori di tonno italiani ribellarsi contro la decisione, presa il 12 giugno 2008 dell’allora Commissione Europea, di vietare la pesca al tonno rosso per le tonniere con reti a circuizione nell’Oceano Atlantico e nel Mediterraneo, a partire dal 16 giugno 2008 per gli Stati Membri del Sud Europa, con la sola esclusione della Spagna, che ha potuto continuare a pescare fino al 23 giugno 2008. Contro questa decisione unilaterale, l’Italia ha fatto ricorso l’11 agosto 2008, chiedendo al Tribunale UE di annullare il regolamento di Bruxelles.
Nel frattempo, la Corte di giustizia, a cui si era rivolto il Tribunale di Malta per le conseguenze del blocco di pesca al tonno rosso, ha dichiarato invalido il regolamento della Commissione. Il tribunale maltese si era rivolto ai giudici europei, dopo che una società di allevamento maltese chiedeva il risarcimento del danno subito perché non aveva potuto acquistare il quantitativo di tonno rosso previsto dai pescatori italiani e francesi. Alla luce di quella sentenza, il Tribunale UE ricorda che "con il suo ricorso, l’Italia mira sostanzialmente ad annullare il regolamento della Commissione del 2008 in modo che non produca più effetti. Poiché la Corte UE ha dichiarato invalido il regolamento nella sentenza maltese, l’Italia ha conseguito il risultato perseguito". Fonte: ConIPiediInTerra.