LE ORCHE - prima parte -
È di qualche settimana fa, la notizia della tragica scomparsa dell’addestratrice Dawn Brancheau, che lavorava al Sea World di Orlando. La ragazza è stata probabilmente vittima di un comportamento aggressivo e impetuoso messo in atto dall’orca Tilikum.
Le orche, con la loro enorme mole, sono in grado di portare attacchi a qualsiasi animale marino. Lo stesso nome anglosassone, killer whale, significa balena assassina, nome appioppato dai balenieri all’orca perchè uccideva balene e balenottere e sottraeva quindi loro una preziosa fonte di ricchezza, come se i balenieri stessi non fossero dei killer. Sono stati documentati attacchi da parte dell’orca ad altri cetacei, a squali compreso il temibilissimo squalo bianco (probabilmente per difesa), a otarie, a trichechi, a pinguini e naturalmente ad un numero imprecisato di specie di pesci e invertebrati, sopratutto cefalopodi. Sono noti anche attacchi ad animali terrestri come l’alce (Alces alces). Nessun attacco è stato mai apportato all’uomo, se non in sei casi e tutti in cattività e uno dubbio, risalente al 1972 in mare aperto.
In natura le orche hanno avvicinato spesso l’uomo, ma non vi è mai stato nessun caso documentato di attacco. Eppure continuiamo a relegare le orche dentro vasche piccolissime, ben 41 nel corso del 2009 (fonte wikipedia) e i media continuano a chiedersi del perchè accadono tragedie come quelle della povera Brancheau, e tralasciano il fatto che un’orca in una vasca non dovrebbe affatto esserci. Un orca in un ambiente confinato, pur nata in cattività, non potrà mai soddisfare alcune delle caratteristiche etologiche, fisiologiche ed ecologiche che le appartengono. Il tasso di mortalità in cattività varia, a seconda delle fonti, tra il 6 e l’8% all’anno.
L’orca (Orcinus orca), è un mammifero appartenente alla famiglia dei delfinidi, ed è diffuso praticamente in tutti i mari, sebbene la sua distribuzione sia frammentata. La maggior parte degli individui si trova infatti nelle fredde acque del nord Pacifico. A volte si trova negli estuari e può risalire i fiumi.
La sua socialità è notevolmente sviluppata, si tratta infatti di un animale che vive in gruppi numerosi chiamati pod, che possono contare anche 100-150 individui. All’interno di questi pod gli individui tra loro imparentati, detti clan, sono capaci di sviluppare un proprio dialetto. Durante gli spostamenti i pod possono rimanere uniti o disperdersi su aree abbastanza vaste. I pod più piccoli sono tipici delle cosiddette "orche di passaggio o transienti", a differenza delle "orche residenti", che formano pod più numerosi. Queste due distinzioni sono nate in seguito a delle osservazioni effettuate soprattutto nelle fredde acque del nord America, e sembra che vi siano differenze sia morfologiche che comportamentali tra gli individui che compongono questi due distinti gruppi. Le "orche residenti" effettuano immersioni non più lunghe di 4-5 minuti, si nutrono prevalentemente di pesce, hanno una pinna dorsale più arrotondata e vocalizzano molto, mentre le "orche di passaggio" si immergono per tempi più lunghi, sino a 15 minuti, si nutrono prevalentemente di mammiferi marini, vocalizzano poco e i pod effettuano repentini cambi di direzione. La loro pinna dorsale è decisamente più appuntita.
La loro socialità e la loro cooperazione si manifesta soprattutto durante la caccia. Alcuni pod sono estremamente specializzati per l’attacco a determinate prede, per cui quest’ultime spesso si associano ad orche che hanno abitudini alimentari diverse mentre ovviamente si allontanano dalle orche potenzialmente pericolose. Istintivamente o per qualche ragione ancora sconosciuta, le prede come delfini, balene e pinnipedi sono in grado di discriminare tra pod pericolosi e non pericolosi. Sono stati osservati pure dei leoni marini di Steller intenti ad allontanare delle orche dal loro territorio senza che queste attaccassero.
COMPORTAMENTO
Le orche effettuano il breaching, lo spyhopping, il lobtailing e il logging. Il breaching consiste in un salto con il corpo completamente fuori dall’acqua. Si ritiene che tale comportamento sia utile per svariate ragioni, per esempio durante la caccia per raggruppare i pesci, oppure per liberarsi dai parassiti, o ancora semplicemente come attività ludica. Lo spyhopping consiste nell’emersione completa della testa ma non del resto del corpo, come per osservare un area sopra la superficie del mare. Il lobtailing o tail slapping indica un forte "schiaffo" dato sull’acqua con la pinna caudale mentre il resto del corpo rimane sott’acqua. Infine il termine logging indica uno "schiaffo" sulla superficie dell’acqua effettuato con la pinna dorsale, per cui l’animale ruota il proprio corpo su un fianco. Spesso più individui di un pod lo effettuano contemporaneamente.
ECOTIPI
La regione nord-ovest del Pacifico ospita le due popolazioni distinte in precedenza come "orche di passaggio" (mammal hunting transients) e "orche residenti" (fish fedding residents), che risultano essere isolate anche dal punto di vista riproduttivo. Secondo alcuni ricercatori si tratta di due sottospecie o di specie incipienti. Nei mari dell’Antartide si trovano tre distinti ecotipi denominati Tipo A, Tipo B e Tipo C, distinguibili sulla base della morfologia, della colorazione e della dieta. Per i tipi B e C negli anni 80 alcuni ricercatori russi proposero rispettivamente i nomi di O. nanus e O. glacialis (Mikhalev et al. 1981; Berzin e Vladimirov 1983) , ma mai accettati dalla comunità scientifica. Tra il 1979 e il 1980 l'analisi del contenuto stomacale di un'orca di Tipo A rivelò la presenza di pesce (98.5%), calamari (1.5%) e mammiferi marini (0.5%), mentre le orche di Tipo C cacciano prevalentemente Dissostichus mawsoni. Quest'ultimo ecotipo, difuso anche nelle acque della Nuova Zelanda, forma pod da 15 a 150 esemplari, ma in media i pod sono composti da 40-45 individui. Nel 2007 grazie all’utilizzo di fotografie aeree è stato dimostrato che le orche Tipo C sono in media più piccole del 50% rispetto alle orche Tipo A, per cui la possibilità che si tratti di sottospecie è da considerare seriamente. Nel 1988 in mare aperto è stato scoperto un nuovo tipo di popolazione detto Offshore, che viaggia in gruppi di circa 60 esemplari, distinto geneticamente dai transienti e dai residenti. È poco conosciuto, anche se le femmine Offshore si riconoscono perché hanno strisce che circondano le pinne. Diffuse dal Messico all'Alaska.
Sopra, da sx a dx gli ecotipi Tipo A, Tipo B e Tipo C. Notare le differenze relative alle dimensioni, alla forma e al colore della macchia retroculare (Fonte Perrin, W. F., B. Würsig and J. G. M. Thewissen).
DISTRIBUZIONE
Le orche sono cosmopolite, si trovano sia in acque fredde che temperate, in particolar modo in zone altamente produttive. La loro densità è massima lungo le coste del Nord America, attorno alle Isole Aleutine e nelle acque Norvegesi. Molto comune nelle acque Antartiche, mentre è più difficile avvistarle nelle acque dell’Oceano Artico. Scarsi rimangono gli avvistamenti in acque tropicali. Sono segnalati sporadici avvistamenti nel Golfo del Messico. Molto comune lungo le coste dell’Australia, della Nuova Zelanda e del Giappone. Sono noti avvistamenti anche lungo le coste della Cina. Comune nel nord Atlantico, mentre sono sporadici gli avvistamenti in Mediterraneo.
Sopra, distribuzione delle orche nei mari del mondo. R = rare, U = uncommon, C = common. La densità va da un minimo (bianco) ad un massimo (nero). Fonte: James A., Estes.
EVOLUZIONE E TASSONOMIA
L’orca appartiene alla famiglia Delphinidae, che comprende oltre al genere Orcinus anche altri generi come Pseudorca, Globicephala, Orcaella, Peponocephala, Delphinus, Lissodelphis, Sotalia, Sousa, Stenella, Steno, Tursiops e altri. Tuttavia le analisi di filogenesi molecolare la collocano vicino al genere Globicephala, in particolare alla specie Globicephala melas. In Italia sono stati trovati diversi resti fossili pliocenici che sono stati successivamente classificati come appartenenti a parenti stretti delle orche. Alcuni resti fossili sono stati descritti da Sarra (1933), altri da Cappellini (1833), in quest’ultimo caso sono stati rinvenuti un cranio e la regione postcraniale ben conservati e classificati come appartenenti alla specie Orcinus citoniensis. Recenti studi hanno permesso di stabilire che l’esemplare poteva essere lungo circa 4 metri (Bianucci, 1997).
NOMI COMUNI
Il nome orca deriva dal latino Orcus. In Inghilterra è spesso chiamata blackhfish, kasatka o kosatka in Russia, sakamata o shachi in Giappone e hahyrna, sverdifscur o huyding nella lingua eskimese.
SINONIMI
Sono numerosissimi i sinonimi che contraddistinguono Orcinus orca. L'elenco completo è riportato di seguito:
Delphinus duhameli Lacépède, 1804 - Delphinus gladiator Bonnaterre, 1789 - Delphinus grampus Blainville, 1817 - Delphinus orca Linnaeus, 1758 - Delphinus orca ensidoratus Kerr, 1792 - Delphinus serra Borowski, 1780 - Delphinus victorini Grill, 1858 - Grampus orca Iredale & Troughton, 1933 - Grampus rectipinna Scheffer, 1942 - Ophysia pacifica Gray, 1870 - Orca africana Gray, 1871 - Orca antarctica Fischer, 1876 - Orca ater Cope, 1869 - Orca ater fusca Dall, 1874 - Orca atra Gray, 1871 (misspelling) Orca capensis Gray, 1846 - Orca eschrichtii Reinhardt, 1866 - Orca glacialis Berzin & Vladimirov, 1982 Orca gladiator Van Beneden & Gervais, 1869-1880 - Orca gladiator arcticus Gervais, 1869-1871 - Orca gladiator australis Gervais, 1869-1871 - Orca gladiator europaeus Gervais, 1869-1871 - Orca gladiator tasmaniensis Cabrera, 1961 - Orca latirostris Gray, 1870 - Orca megellanica Burmeister, 1866 - Orca minor Malm, 1871 - Orca orca Lahille, 1914 - Orca orca megallanicus - Orca pacifica Gray, 1870 - Orca rectipinna Cope, 1869 - Orca schlegelii Lilljeborg, 1866 - Orca stenorhyncha Gray, 1870 - Orca tasmanica Gray, 1871 - Orcinus glacialis Berzin & Vladimirov, 1982 - Orcinus nanus Mikhalev, Ivashin, Savusin & Zelenaya, 1981 - Orcinus orca capensis Trouessart, 1904 - Orcinus orca eschrichti Trouessart, 1904 - Orcinus orca megallanicus Trouessart, 1904 - Physeter microps Fabricius, 1780 (Fonte: marinespecies.org).
FOTOGALLERY, a cura di Orques Sans Frontieres (di Pierre Robert de Latour)
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BIBLIOGRAFIA
- Bianucci, G. 1997. Hemisyntrachelus cortesii (Cetacea, Delphinidae) from the Pliocene sediments of campore Quarry (Salsomaggiore Terme, Italy). Bollettino della Società Paleontologica Italiana 36: 75-83.
- Bianucci, G. 1997. Arimidelphis sorbinii, a new small killer whale-like dolphin from Pliocene of Marecchia River and a phylogenetic analysis of the Orcininae (Cetacea: odontoceti). Rivista italiana di Paleontologia e Stratigrafia 111(2):329-344.
- Cappellini. Di un’orca fossile scoperta a Cetona in Toscana. Memoria dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna Series IV 4: 665-687.
- James A. Estes - Whales, whaling, and ocean ecosystems. University of California Press
- Jefferson, T. A., M. A. Webber and R. L. Pitman (2008). Marine mammals of the world. Academic Press.
- Mead, J. G. and R. L. Brownell, Jr. (2005). Cetacea. Pages 723--743 in Wilson, D.E. & D.M. Reeder (eds). Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference (3rd ed), Johns Hopkins University Press, 2,142 pp
- Perrin, W. F., B. Würsig and J. G. M. Thewissen (2009). Encyclopedia of marine mammals. Academic Press.
- Sam H. Ridgway, Richard John (1999). Handbook of Marine Mammals.
- Sarra (1933). Denti di pesci del Cretaceo e di mammiferi del Pliocene rinvenuti in Basilicata. Riv. Ha. Paleontol. 39: 29-34.
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