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Cod Art 0012 | Rev 01 del 25 Mar 2013 | Data 15 Ott 2006 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

In un precedente articolo dedicato agli ambienti dunali, abbiamo descritto brevemente quelli che sono i processi morfologici responsabili della formazione delle dune. Se una duna embrionale riesce ad evolversi (bilancio specifico della duna positivo, indipendentemete da quello sedimentario della spiaggia -modello di Psuty-) allora la stessa duna diviene una foredune. L'ambiente tra la battigia e le foredune (tralasciamo per ora le dune più antiche e lontane dalla costa) costituisce l'ecosistema dunale oggetto della presente trattazione. Consiglio per integrare le informazioni presenti in questa pagina, la lettura dell'articolo sulle alofite. Buona Lettura.

LA VEGETAZIONE DEGLI AMBIENTI DUNALI

Nel 1934 Raunkiaer propose un modello per la classificazione delle forme viventi responsabili della produzione primaria. Suddivise le fanerofite (phanerophytes) in quattro classi distinte (nano-, micro-, meso-, mega-fanerofite), e utilizzò come elemento di distinzione l'altezza raggiunta dalle piante. Si trattò di un primo tentativo atto a classificare e anche a valutare l'entità della produzione primaria in ambienti differenti. Nei sistemi dunali le piante che colonizzano le dune, sopratutto quelle mature e che hanno avuto la possibilità di evolversi, appartengono a numerose specie, e possono formare praterie e/o boscaglie più o meno aperte. Ma cerchiamo brevemente di descrivere, ambiente per ambiente, le caratteristiche vegetazionali (fitosociologiche, questo termine ha in realtà un significato più vasto che esula dagli scopi di questo scritto) tipiche delle nostre spiagge.

Nell’area mediterranea, oltre il limite superiore dell’alta marea si trovano spesso ammassi di detriti legnosi, e solo in alcune zone è ancora possibile vedere i talli e i frutti di Posidonia oceanica, una vera fanerogama marina, riadattatasi all’ambiente marino insieme alle altre specie, come Zostera marina, Zostera nana e Cymodocea nodosa. Le fanerogame sono piante vere e proprie con radici, fiori, frutti e foglie. Detriti legnosi e residui algali costituiscono ecosistemi in miniatura, che ospitano una comunità di decompositori, tra cui sicuramente funghi alotolleranti, che risultano purtroppo mal conosciuti. Se la spiaggia è ghiaiosa, le berme di tempesta formatesi a causa del mare in burrasca, possono rimanere come tali per molto tempo ed ospitare, immediatamente verso monte, depressioni naturali con specchi d’acqua salmastra effimeri o permanenti. Questo è vero anche per le dune, che tuttavia se non consolidate dalla vegetazione pioniera, tendono a spostarsi a causa del vento. Poco oltre la zona di marea, in condizioni di elevata salinità, possono essere presenti briofite (muschi) quali Tortella flavovirens, Tortella inclinata e Pleurochaete squarrosa. Prima fitocenosi, alofila-nitrofila, anche se instabile e irregolare verso la battigia è il salsolo-cakileto, comprendente la specie Salsola kali, alta anche 60 cm, la Cakile maritima una piccola crucifera e Xanthietum italici. Dove le onde non riescono più ad arrivare, se non in condizioni eccezionali, crescono le piante psammoalofite (che vivono sulle sabbie salate). Non raggiungono mai densità elevate, e sono caratterizzate da tutti gli adattamenti tipici delle alofite (vedere articolo alofite). Alla base delle prime dune o sui pendii si trova spesso la gramigna delle spiagge Agropyron junceum (sin. Elymus farctus), una graminacea cespitosa che costituisce l’agropireto (o sporobolo-elymetum, da Elymus) tipico delle dune embrionali. Essa svolge un ruolo di consolidamento ben maggiore poiché genera una estesa rete di rizomi che limita i movimenti delle sabbie. Presenti anche Eryngium maritimum e Calystegia soldanell. Le basi delle dune primarie sono arricchite nel tempo di materia organica, così è favorito l’insediamento di altre specie più esigenti, nonché l’insediamento di alcuni rari funghi che si sviluppano sulla sabbia (Geopora arenosa (Lév.) Kers, Hydnocystis piligera Tulasne & C.Tulasne, Xerula mediterranea (Pacioni & Lalli), il raro Gyrophragmium dunalii (Fr.) Zeller, Inocybe_rufuloides ( ) e poi ancora Melanophyllum eyrei, Clitocybe leucodiatreta, Marasmiellus mesosporus, Melanoleuca cinereifolia e Rhodocybe clemenconii). Le piante pioniere per eccellenza sono lo sparto pungente Ammophila arenaria (sin. Ammophyla littoralis) e il ravastrello Cakile maritima, che sono le piante guida di un associazione detta ammofileto (o ammofileto-cakileto, o anche echinophoro-ammophyletum). Non sempre le associazioni sono cosi schematizzabili o rigorose. Per esempio sulle coste albanesi, ancora in gran parte integre, si trova l’associazione pionieristica Cakilo-Xanthietum italici. Quest’ultima, detta volgarmente nappola, è una pianta epizoocoria, perchè il frutto formato da spine uncinate si attacca al vello degli animali ed è così trasportato lontano dalla pianta madre. In ogni caso l’associazione fitosociologica descritta, pur coprendo solo sporadicamente le prime dune, anche perchè si tratta di piante annuali, contribuisce con le profonde radici al consolidamento dei terreni sabbiosi. La comunità dell’ammofileto comprende anche il finocchio delle spiagge Echinophora spinosa, l’erba medica marina Medicago marina dagli inconfondibili fiori gialli, l’eringio Eryngium maritimum, il giglio di mare Pancratium maritimum, il convolvolo delle spiagge Calystegia soldanella, l’elicrisio Helichrysum stoechas, l’euforbia delle sabbie Euphorbia paralias che se recisa produce un lattice biancastro tossico, contenente forbolesteri e acido euforbico. L’Ammophila littoralis è comunque la graminacea esclusiva e caratteristica di questa comunità pioniera. Forma cespugli alti anche un metro che sono distanziati quasi regolarmente, uniti da una fitta rete di sottili rizomi. Si ritiene che questo ambiente raggiunga lo stadio di climax quando A. littoralis conquista le sommità delle dune. Le specie citate sono tipiche dell’ammofileto maturo. Le continue opere di semplificazione delle spiagge (stabilimenti balneari, prelievi di sabbia, costruzioni di infrastrutture ecc..) determinano una regressione del cakileto verso l’agropireto e l’ammofileto, costipando in spazi poco estesi le tre associazioni. La porzione più alta delle dune e la parte retrodunale, sono occupate da una comunità detta tortuleto-scabioseto dominata da un muschio, Tortula ruralis, e da una Dipsacacea, Scabiosa argentea. Qui si possono insediare specie come Fumana vulgaris, Hippophae rhamnoides (l'olivello spinoso) e Juniperus communis (il ginepro), grazie alla scarsa pearmibilità del suolo che trattiene le acque di percolazione. Alle spalle dell’ammofileto, segue la fitocenosi dei prati terofitici, ove possiamo trovare Ononis variegata, Vulpia membranacea, Silene colorata, Medicago littoralis, Cutandia maritim, Lophochloa pubescens. Nelle depressioni infradunali delle spiagge pianeggianti, era possibile un tempo osservare lungo la maggior parte delle nostre coste una comunità alo-igrofila che solitamente è detta salicornieto. Si tratta di ambienti difficili, le cui condizioni possono variare molto durante l’anno, durante le stagioni e durante lo stesso giorno. Dopo un periodo di siccità per intensa evaporazione le acque salmastre di questi ambienti possono superare in termini di salinità anche il 40 °/°°, mentre dopo un improvviso acquazzone si può scendere anche al 15-10 °/°°. Inoltre gli ambienti salmastri sono spesso in comunicazione con il mare, anche quando in apparenza non sembra, per cui risentono delle fluttuazioni della marea. Le prime vere piante terrestri delle velme e degli stagni salmastri sono le salicornie, la più comune è Salicornia europea, poi segue la salicornia fruticosa Arthrocnemum fruticosum, l’enula grassa Inula erithmoides, il limonio Limonium serotinum e la suaeda Suaeda maritima. Varie specie del genere Salicornia dominano vaste estensioni di velme emerse durante la bassa marea, precluse alle altre piante superiori. Si tratta di basse piante carnose, spesso riunite a gruppi, e per questo capaci di trattenere il limo intorno a loro fusti. Di conseguenza, esse provocano un lentissimo innalzamento del livello del suolo e rendono infine possibile la formazione della comunità successiva - quella dominata da Graminacee del genere Puccinellia. Esistono molte specie di salicornie, tutte molto simili e difficili da identificare, anche per gli esperti. Sono piante annuali e alcune arrossano in autunno dando all'ambiente delle velme una colorazione caratteristica. Specie arbustive nane, strettamente affini, sono le salicornie perenni, Arthrocnemum perenne A. fruticosum e A. glaucum, che caratterizzano le velme costiere dell'Europa meridionale e occidentale. Sulle coste dell'Europa nord occidentale un'altra pianta, lo sparto di Townsend, Spartina x townsendii dal 1927 circa divenuta un colonizzatore molto efficiente delle velme marginalmente interessate dalle maree. Poiché si tratta di un specie robusta che forma gruppi sparsi, accumula sedimento e innalza il livello del suolo. Una volta impiantata è capace di formare una densa copertura erbosa in circa 25 anni. Può tollerare un'elevata salinità e può diffondersi mediante semi e rizomi, ma il progressivo accumulo dei propri resti è spesso il fattore che ne limita la persistenza. Spartina x townsendii si è originata per ibridazione spontanea tra una specie nordamericana (S. alterniflora) e una specie europea (S. maritima). E' largamente utilizzata in molte parti del mondo per favorire la stabilizzazione e il consolidamento delle velme costiere. La comunità successiva, situata ad un livello un poco più elevato rispetto a queste due comunità parzialmente sommerse, è rappresentata dalle praterie dominate da Puccinellia maritima. Queste praterie, i puccinellieti, coprono un ambito relativamente ampio di habitat salmastri, tollerano una sommersione periodica ed una salinità elevata e, come le praterie a Spartina, accumulano limo con elevata velocità, fino a 5 cm all'anno. Questa specie si diffonde vegetativamente, e negli stadi pionieri può formare stoloni lunghi sino a 50 cm. I puccinellieti si sviluppano generalmente in una zona situata all'incirca tra 15 cm al disotto e 25 cm al disopra del livello medio dell'alta marea. Sono spesso intensamente pascolati, e di conseguenza formano un tappeto erboso compatto, simile ad una stuoia, alto poco più di 1 cm. Specie tipiche sono:

Halimione portulacoides (Porcellana di mare); Suaeda marina (Carbone marino annuale); Spergularia media; Cochlearia anglic; Glaux marino; Limonium vulgar (Limonio comune); Plantago maritima (Piantaggine marina ); Aster tripolium (Astro marino); Artemisia marino (Artemisia marittima); Triglochin marino (Giuncastrello marino). Superiormente a queste praterie vi può essere una zona a giunchi, oppure i giunchi possono insediarsi allo stesso livello dei puccinellieti. Il giunco delle lagune, Juncus gerardii, è generalmente dominante. Per lo più è accompagnato dalle specie:

Glaux maritima; Armeria maritima (Spillone marittimo); Limonium vulgare (Limonio comune); Plantago maritima (Piantaggine marina); Triglochin maritima (Giuncastrello marino); Festuca rubra (Festuca rossa); Agrostis stolonifera (Capellini comuni). Questa comunità è generalmente sviluppata da circa 10 a 30 cm sopra il livello medio dell'alta marea. Su suoli sabbiosi, in aree sommerse dall'acqua marina solo durante le mareggiate, può essere dominante Artemisia maritima. Il giunco marittimo, Juncus maritimus, è un'altra specie tipica e dominante in questa zona più elevata situata nelle parti più interne rispetto al mare, circa 20-40 cm sopra il livello medio dell'alta marea. In questo giuncheto a Juncus maritimus vivono molte specie già viste nel giuncheto a Juncus gerardii, compreso lo stesso Juncus gerardii; in più sono spesso presenti l'atriplice comune, Atriplex hastata, e il sedano selvatico, Apium graveolens. Il salicornieto spesso è ulteriormente suddiviso in schoeneto-erianteto (o erianto-giuncheto), così chiamato per la dominanza di Schoenus nigricans e di Erianthus ravennae, in tal caso la depressione intradunale è di scarsa entità. Presente spesso anche Juncus litoralis, il giuncho litorale o di Tommasini. A volte la suddivisione è in salicornieto perennante, terofitico ecc.. sulla base della specie dominante, che è Sarcocornia fruticosa nel primo caso e Salicornia patula nel secondo caso rispettivamente. Oltre comincia la garigia (o gariga) l’avamposto della più nota macchia mediterranea. Si tratta di vegetazione a cespugli bassi, spesso assente o non distinguibile perchè portata a formare mosaici con la macchia. Le forme più comuni sono i cisti Cistus creticus e il rosmarino Rosmarinus officinalis. Segue la macchia vera e propria, il bosco misto e il bosco idrofilo. Nel primo caso troviamo il ginepro Juniperus oxycedrus, il ginepro fenicio Juniperus phoenicea, il lentisco Pistacia lentiscus, l’asparago selvatico Asparagus acutifolius, l’alaterno Rhamnus alaternus, le filliree o olivastri Phillyrea media, P. latifolia e P. angustifolia. Questa formazione è nota come lentisceto o oleo-lentisceto se presente l’oleastro (Olea europea var sylvestris), si tratta di una vegetazione termofila che resiste e ben sopporta temperature elevate. Le specie non sono tuttavia proprie di questo avamposto e possono essere trovate in altri ambienti anche con altri portamenti, che possono essere arbustivi o compatti ed eretti. Oltre questo allineamento compaiono le specie di transizione come l’ erica (Erica multiflora, E. arborea, E. lusitanica, E. terminalis, E. scopari), il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa), il cisto giallo (Halimium halimifolium), il mirto (Myrtus communis), lo smilace (Smilax aspera), l’ emero (Coronilla emerus), la voltaggine (Viburnun tinus) e il leccio (Quercus ilex) in forma arbustiva. Il bosco misto rappresenta lo stadio ultimo e terminale delle sucessioni ecologiche, il climax. Nel mediterraneo sono prevalenti le sclerofille sempreverdi come il leccio o le caducifoglie termofile come il carpino orientale (Carpinus orientalis), l’orniello (Fraxinus ornus), varie specie di aceri (Acer campestre, A. monspessulanum). Da ricordare anche forme lianiformi come Smilax aspera e Lonicera amplexa.

IMMAGINI: Alcune specie citate sono visibile al sito http://forum.funghiitaliani.it/ che riporta oltre ad alcune specie di funghi delle dune, anche numerose foto digitali di piante ad alta definizione realizzate dai lettori del forum. Altre fotografie, con descrizione dei principali siti in Italia, sono reperibili al sito http://astro.df.unipi.it/Dune/

VOCABOLARIO

Lofila o Alofita (halophyta), pianta adattata a suoli salini e ad ambienti aridi con bassi potenziali idrici.

Camefita (chamaephyta), pianta perenne o biennale con gemme persistenti durante la stagione sfavorevole ad altezze fino a 25 cm. eliofita (eliophyta), pianta che si sviluppa preferibilmente solamente in zone sempre soleggiate.

Elofita (helophyta), pianta che si sviluppa su suoli saturi di acqua per la maggior parte dell’anno (Spartina spp. oppure Phragmites australis). La parte aerea risulta emersa, mentre l’apparato radicale è immerso.

Emicriptofita (hemicryptophyta), specie perenne o biennale, erbacea, con gemme protette a livello del suolo da foglie vive o foglie morte. Comprendono piante protoemicriptofite (protohemicryptophytes o HR) come Ammophila arenaria e semi-rosette emicriptofite (semi-rosette hemicryptophytes o HS) come Puccinellia maritima. In generale negli ambienti dunali, le emicriptofite insieme alle terofite sono le piante dominanti, mentre risultano scarse le idrofite e le elofite. I rapporti tra le varie tipologie sono comunque variabili in ogni ambiente dunale.

Epizoocoria, pianta con frutti che possono attaccarsi al vello degli animali per poi essere trasportati lontano dal luogo di origine.

Fanerogame, piante con radici, fusto e foglie ben differenziate. Comprendono angiosperme e gimnosperme. Sono note anche come spermatofite, perchè si riproducono tramite seme.

Geofita, pianta erbacea perenne che nella stagione sfavorevole perde la parte aerea e accumula sostanze di riserva in bulbi, rizomi e tuberi. Esempio classico Juncus maritimus.

Glicofita pianta sensibile a concentrazioni più o meno elevate di sali.

Idrofita (hydrophyta) pianta con gemme sommerse che vive in ambienti ove l’acqua è sempre disponibile. Si suddividono in natanti e radicate.

Megafanerofita, pianta legnosa con germogli ad oltre 30m da terra (Rhizophora mangle o mangrovia rossa, Salix spp.).

Mesofanerofita, pianta legnosa con germogli tra 8 e 30 m da terra.

Mesofita, pianta che si sviluppa in ambienti con disponibilità irregolare di acqua.

Micorrizie (mycorrizia) comunità fungine plurispecie associate alle radici delle piante.

Microfanerofita, pianta legnosa con germogli tra 2 e 8 m da terra.

Nanofanerofita, pianta legnosa con germogli tra 0.25 e 2 m da terra.

Psammofila (psammophyta), pianta (o fungo) adattata/o a terreni sabbiosi.

Spermatofita, vedere fanerogame.

Suffrutici, piante perenni che presentano le parti prossimali di fusti e rami legnose, mentre le parti apicali sono erbacee e si rinnovano ogni anno.

Terofita, pianta annuale che durante il periodo sfavorevole sopravvive solo allo stato di seme. Sono tipiche delle comunità aperte di dune sabbiose di ambienti soggetti a stagionalità.

Xerofita pianta che vive in ambienti con scarsa disponibilità di acqua.

RIASSUNTO SUCCESSIONI VEGETAZIONALI

zona intertidale, salsolo-cakileto (la spiaggia), agropireto o sporobolo-elymetum (la zona anteduna), ammofileto o ammofileto-cakileto, o anche echinophoro-ammophyletum (duna mobile), tortuleto-scabioseto (retroduna), prati terofitici e salicornieto (zona infradunale), segue la duna consolidata e la garigia (avamposto macchia).

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