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12 FEBBRAIO 2013

SHARK FINNING ALLE GALÀPAGOS
Le popolazioni di squalo sono in forte declino ormai in tutto il mondo: il degrado degli habitat, la pesca incontrollata, il bracconaggio e, più in generale, le attività antropiche, sono i maggiori responsabili del decremento di elasmobranchi nelle acque dell’intero pianeta. La pesca illegale è ormai diffusa su scala globale, arrivando a intaccare persino quelle aree geografiche inserite nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Le isole Galàpagos, rese famose dagli studi di Charles Darwin, ne sono un'importante testimonianza.
Gli squali hanno cicli vitali molto lenti e manifestano una bassa resilienza alle variazioni ambientali: questi fattori, abbinati alle incalzanti fonti di stress prodotte dall’uomo, stanno portando al collasso le popolazioni di questi predatori marini. La cruenta pratica del finning, che prevede la cattura e la rimozione delle pinne dorsali, pelviche e pettorali da questi animali, per soddisfare le richieste di "zuppa di squalo", sta prendendo inoltre sempre più piede.
La recente crescita economica della Cina, che risulta essere il maggior consumatore di questi prodotti, giustifica quanto detto. Uno studio pubblicato recentemente su Marine Policy da Carr A. e collaboratori, ha preso in considerazione il carico di squali pescati illegalmente all’interno della riserva marina delle isole Galàpagos, ritrovato a bordo della nave Fer Mary I.
La composizione delle specie di elasmobranchi pescati è risultata essere molto varia, annoverando: squali volpe (Alopias superciliosus), squali seta (Carcharhinus falciformis), verdesche (Prionace glauca), squali martello (Sphyrna zygaena), squali tigre (Galeocerdo cuvier), squali delle Galàpagos (Carcharhinus galapagensis) e squali mako (Isurus oxyrinchus). I ricercatori hanno stimato la biomassa degli squali trovati a bordo della Fer Mary I in oltre 22 tonnelate. Inoltre, la maggior parte degli esemplari catturati erano di sesso femminile e giovani. Questo sbilanciamento della sex-ratio negli esemplari pescati, e l’abbondante presenza di forme giovanili, potrebbe essere dovuto alle modalità di pesca e condurre gli animali in oggetto a serie problematiche riproduttive. Il caso Fer Mary I è un concreto esempio di come la pesca illegale e l’overfishing vengano espletati anche all’interno di Aree Marine Protette (AMP); questo studio, in particolare, dimostra l’urgente necessità di migliorare la gestione delle AMP e di aumentare la conservazione della biodiversità marina, soprattutto nelle zone ricche di specie (Biodiversity Hotspots). È necessario prendere coscienza che dallo stato di salute dei nostri mari dipende il futuro dell’intero pianeta e che i principi di salvaguardia degli ecosistemi dovrebbero essere la principale eredità da tramandare ai nostri figli. Vivere con la consapevolezza di essere una specie inserita all’interno di complicate interazioni ecologiche deve essere lo scopo e il fine comune della nostra generazione e di quelle che verranno. Fonte: Pikaia, a cura di Stefano Magni.
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