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18 DICEMBRE 2013
NEL PESCE CHE PERSE GLI OCCHI UN MECCANISMO CHIAVE DELL'EVOLUZIONE
Anche perdere gli occhi può essere un adattamento evolutivo all'ambiente se, per esempio, una popolazione di pesci si trova a vivere nella completa oscurità di una caverna. Sulla rivista Science, Nicolas Rohner della Harvard Medical School di Boston e colleghi di una collaborazione statunitense, dimostrano che questo peculiare processo evolutivo, osservato nella specie Astyanax mexicanus - un piccolo pesce di acqua dolce che vive nel Messico nordorientale - si deve a una proteina denominata HSP90.
Secondo gli autori, è la prima dimostrazione sperimentale dell'esistenza della cosiddetta variabilità genetica permanente, che permette agli organismi di adattarsi rapidamente agli stress ambientali. Nella visione classica dell'evoluzione, il patrimonio genetico di ogni specie va incontro a mutazioni casuali che producono nuovi caratteri, alcuni vantaggiosi per la sopravvivenza in uno specifico ambiente e altre no. La selezione naturale favorisce poi la sopravvivenza dei caratteri più adatti, che vengono trasmessi alle generazioni successive. Questo meccanismo, basato sull'emergere di mutazioni de novo, per quanto efficiente, è però estremamente lento: forse troppo per gli organismi che devono affrontare condizioni ambientali in rapida mutazione. L'ipotesi di alcuni evoluzionisti è quindi che qualche altro meccanismo consenta una risposta adattativa molto più veloce.
Un caso esemplare è quello di una popolazione A. mexicanus che migliaia di anni fa si trasferì dal corso d'acqua in cui viveva a uno specchio d'acqua sotterraneo. Per adattarsi al nuovo ambiente, il pesce ha perso la pigmentazione e sviluppato un sofisticato sistema sensoriale per individuare le prede rilevando le minime variazioni della pressione dell'acqua. Ma la variazione più evidente è che, in risposta alle condizioni di completa oscurità, i pesci di caverna hanno perso gli occhi.
L'assenza della vista può essere considerata dunque un tratto adattivo vantaggioso? Sì, nel caso specifico, poiché mantenere un apparato sensoriale complesso e inutile è molto costoso dal punto di vista metabolico: per l'organismo è più vantaggioso riallocare le risorse verso funzioni biologiche molto più utili in un'oscura caverna.
Il processo osservato in A. mexicanus depone a favore di un concetto evoluzionistico noto come variabilità genetica permanente, secondo cui in una data popolazione esisterebbe un pool di mutazioni genetiche - o variazioni criptiche - che normalmente sono silenti, ma possono manifestarsi in condizioni di stress.
Ma quale può essere l'interruttore in grado di attivarle? In un recente studio, la biologa molecolare Susan Lindquist, coautrice dell'articolo apparso su Science, da tempo impegnata nello studio delle proteine del gruppo HSP e del loro coinvolgimento nel ripiegamento delle altre proteine, aveva dimostrato il ruolo fondamentale della HSP90, in condizioni normali presente in notevoli quantità nella cellula. In condizioni di stress fisiologico invece i suoi livelli calano drasticamente: la diminuita attività della molecola permette alle variazioni fenotipiche di manifestarsi rapidamente.
Sulla base di queste conoscenze, i ricercatori hanno progettato una serie di esperimenti su popolazioni di superficie e di caverna di A. mexicanus, allevate in un ambiente ricco di un farmaco in grado d'inibire la HSP90 in modo da riprodurre le condizioni ambientali stressanti. Nella popolazione di superficie, l'esposizione all'inibitore ha aumentato la variabilità delle dimensioni oculari, dimostrando il ruolo cruciale della proteina in questo tratto fenotipico. Al contrario, i pesci di caverna non hanno mostrato alcuna differenza nella variabilità delle dimensioni delle orbite oculari (ancora presenti, nonostante la mancanza degli occhi). Ciò non significa che l'inibitore della proteina non abbia avuto effetti: gli individui in questa popolazione avevano infatti orbite tendenzialmente più piccole.
I ricercatori hanno scoperto infine che il parametro ambientale che influenza l'azione della HSP90 è la salinità dell'acqua, che si riflette sulla conducibilità termica (le proteine HSP, che sta per heat shock protein, sono sensibili al calore).
"La chiave molecolare di tutto il processo è il ripiegamento delle proteine di regolazione genica", ha spiegato la Lindquist. "Moderate variazioni ambientali influenzano l'attività della HSP90, che a sua volta governa il ripiegamento di molti fattori di regolazione genica: per questo la HSP90 può essere considerata un importante fulcro di trasformazioni evolutive". Fonte: LeScienze.
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