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15 NOVEMBRE 2013
MEDUSE ALLA CONQUISTA DEGLI OCEANI
Le meduse si stanno riprendendo gli oceani dove regnavano sovrane mezzo miliardo di anni fa, belle, pericolose, potenti e a volte immortali. Minuscole o immense, fanno chiudere centrali nucleari, ultima quella svedese di Oskarhamm sul Baltico, distruggono risorse e allevamenti ittici, mettono in fuga i turisti nella Grecia già impoverita dalla crisi (mentre gli italiani sarebbero abituati e farebbero il bagno lo stesso, stando a Jellywatch). La loro proliferazione – delle cubomeduse sopratutto – è una conseguenza dell’inquinamento, dell’acidificazione e del riscaldamento degli oceani; della pesca industriale che ne ha eliminato i predatori e i rivali come le acciughe che contendono loro lo stesso cibo, certo, ma anche di una fitness eccezionale.
Le Mnemiopsis leydii - che negli anni '80 avevano invaso il Mar Nero sterminandone gli storioni - disperdono 10 mila uova al giorno da quando compiono due settimane. Se si tagliano a pezzettini, ognuno riforma un adulto in tre giorni appena. Le Turritopsis dohrnii muoiono e si disintegrano, però le cellule ancora vitali si aggregano per formare un polipo, il primo stadio, e in una settimana ne cresce un individuo. Organismi singoli o compositi, si riproducono in tutti i modi che riusciamo a immaginare (e forse altri, ma sono poco studiate). Alcune dispongono di tre o quattro metodi e li usano a seconda delle circostanze. Nel corso dell’evoluzione le altre specie marine si sono organizzate, si sono alleate per creare ecosistemi che le tengono a bada. Ora che li abbiamo depredati, quelle se ne approfittano.
Lisa-ann Gershwin è una biologa del CSIRO specializzata in meduse velenose (stinger) come le minuscole Irukandji ormai arrivate dal Queensland nel Mar Rosso. In Stung! racconta episodi quasi da fantascienza. Meduse che ribaltano un peschereccio giapponese quando le gru tentano di sollevare una rete che ne è piena; che bloccano la portaerei nucleare USS Ronald Reagan; che costruiscono un muro di muco lungo chilometri e profondo anche centinaia di metri per recintare pesci e altre prede. Anche quando sono sazie uccidono e poche prede riescono a sfuggire a un loro attacco. Il perché è stato spiegato di recente da Brad Gemmell et al. sui PNAS (link aggiunto): "hanno un meccanismo unico di ricattura dell’energia passiva che consente loro di percorrere un 30% di distanza in più a ogni ciclo di nuoto, riducendo così l’energia metabolica necessaria ai muscoli. Tenuto conto delle grandi differenze nel tasso metabolico netto delle varie specie, contrariamente all’opinione prevalente, la medusa quadrifoglio (Aurelia aurita) ha una delle propulsioni energeticamente più efficienti del pianeta".
Sono inarrestabili, a meno che meduse cannibali non ne frenino il boom demografico, com'è successo nel Mar Nero nel 2000-2002, anche se troppo tardi per salvare l’economia delle città costiere in tre paesi. Scrive Lisa-ann Gershwin: "Ora credo sinceramente che è solo questione di tempo prima che gli oceani, così come li conosciamo, diventino molto diversi. Niente più barriere coralline che pullulano di vita. Niente più balene e pinguini, aragoste e ostriche… Adattatevi".
Il pessimismo potrebbe essere dovuto alla visione australo-centrica dell’autrice, alle sue ricerche nelle barriere coralline devastate o fra i pinguini antartici ai quali le meduse sottraggono il cibo. Va detto che sono campionesse di adattamento: lontane dal mare e prive di predatori, quelle del lago di Palau non pungono più e i turisti pagano per nuotarci in mezzo. Ma su Nature, la breve segnalazione di Stung! non era rassicurante: "Come rivelano montagne di evidenze, i cambiamenti umani degli ecosistemi oceanici stanno producendo le condizioni perfette per mari dominati dalle meduse".
La cassiopea mediterranea – detta uovo al tegame in inglese – abbonda nei mari del sud Italia da questa primavera. Le condizioni sono "perfette"per tormentare i disperati che tentano di raggiungere Lampedusa e per gli scienziati, che a Lecce fanno ricerca sulle proprietà terapeutiche di alcune sue molecole. Ci stiamo adattando. Fonte: OggiScienza a cura di Sylvie Coyaud .
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