SARDEGNA, ALTRO GIRO ALTRA ALLUVIONE
Lo avevamo scritto circa due anni fà "Arrivederci alla prossima alluvione"...e così è!! Fortunatamente, questa volta non ci sono state vittime ma le persone che due anni fà hanno perso tutto sono le stesse. Ad Olbia sono state allagate le stesse zone: via Lazio, via Fiumi d'Italia, via dell'Ambra e via Di Cambio (un impluvio sul quale si è costruito negli anni, per questo è sempre allagato). Ma il protagonista assoluto dei media italiani, quest'anno, è stato il ponte sul rio Siligheddu, il quale ha cominciato ad esondare la mattina del 1 Ottobre, nei pressi di via V. Veneto.
Il famoso ponticello a più campate (se così vogliamo chiamarle), è stato abbattuto per far defluire l'acqua che minacciosa e velocissima scendeva verso il mare. Il ponte avrebbe fatto "da tappo" all'enorme volume d'acqua limacciosa. Questa, almeno, l'opinione di tanti ospiti passati in tv in questi giorni e, dispiace scriverlo, è anche l'opinione della maggior parte della gente. Ma siamo qui per questo, per informare quante più persone possibile su argomenti ostici e contornati da luoghi comuni diffusi senza scrupoli dai media della stampa e della televisione.
La prima domanda che dovremmo porci è la seguente: perché un rio così piccolo, apparentemente innocuo, trasporta così tanta acqua? Sarebbe banale affermare che è caduta tanta, troppa acqua in una regione geografica limitata e per un periodo di tempo molto ma molto breve. In realtà, il problema del rio Siligheddu nasce a monte; inutile nascondersi dietro al fatto che è piovuto tanto, anche in passato, per esempio negli anni '50 e '60 del secolo scorso sono stati registrati eventi simili ma con meno danni. Il problema del rio Siligheddu è nella sua morfologia completamente alterata. Il fiume è stato rettificato ed arginato (immagine sottostante).
Sopra, il rio Siligheddu. Completamente arginato e rettificato, sarà sempre pericoloso per chi vive lungo le sue sponde. Il fiume andrebbe completamente rinaturalizzato con anse e meandri, gli argini in cemento abbattutti e ripristinata la vegetazione ripariale.Se analizziamo le immagini satellitari del corso d'acqua che attraversa la città, si può notare facilmente che l'intero corso è completamente rettificato ed arginato con il cemento. Questo significa velocità della massa d'acqua elevatissima che esonderà facilmente nel primo punto a disposizione. In altre parole, un corso d'acqua rettificato ed arginato trasporta in tempi molto brevi l'intera massa d'acqua caduta al suolo, quasi in tempo reale. Invece di ritardare il deflusso di acqua a valle, qualsiasi opera di arginatura e rettificazione lo accellera. Privare un corso d'acqua delle sue anse (il che significa accorciarne il tragitto), significa aumentare l'energia cinetica della massa d'acqua che si dissiperà, appunto, su un'area limitata e, inevitabilmente, trascinerà via ogni cosa, come accaduto recentemente in Costa Azzurra.
Arginare e rettificare significa dunque:
- accorciare il tragitto del fiume;
- aumentare l'energia cinetica della massa d'acqua;
- accelerare i tempi di deflusso dell'acqua verso valle;
- alterare il regime sedimentario del fiume;
- alterare l'ecologia del fiume.
Diffidate, dunque, da tutti coloro che parlano e scrivono di:
- mancata pulizia degli argini (gli argini dovrebbero essere sempre alberati - vegetazione ripariale-);
- mancata escavazione dell'alveo (operazione costosa, inutile, atta a giustificare la politica dell'emergenza. Ogni escavazione viene colmata sempre alla prima piena);
- rettificazione (un fiume ricco di anse disperde la sua energia cinetica lungo un tratto molto lungo, quindi è meno pericoloso);
- innalzamento degli argini (più si "chiude" e più un fiume diventa pericoloso).
Quindi era davvero necessario abbattere il ponte sul rio Siligheddu? Probabilmente si, ma non per le motiviazioni espresse dai tecnici e dal sindaco di Olbia. Il problema del rio Siligheddu, lo ripetiamo, è a monte del ponte stesso ed è a monte dell'intero abitato di Olbia.
In Italia siamo culturalmente arretrati per affrontare problemi di tale portata. L'ingegneria idraulica e la geologia tecnica non sono in grado di fornire strumenti adeguati atti a colmare un danno causato dai loro stessi fautori che, come afferma il nostro amico Andrea Trevalli, sono gli unici ad essere interpellati, escludendo a priori tecnici di altra estrazione (sedimentologi, tecnici esperti nella riqualificazione fluviale) i quali hanno egregiamente svolto il loro compito nelle, purtroppo, poche occasioni in cui sono stati invitati ad intervenire.
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