23 APRILE 2014
PERCHÉ LO SQUALO NON È UN FOSSILE VIVENTE
Lo squalo non è affatto un pesce arcaico dal punto di vista anatomico come si pensava finora. Lo ha dimostrato l'analisi di un suo antenato fossile denominato Ozarcus mapesae, in cui l'anatomia della struttura ossea che sostiene le branchie è risultata molto specializzata e frutto di un lungo processo evolutivo
Guai a chiamarlo fossile vivente: lo squalo che vive oggi negli oceani è frutto di un lungo processo evolutivo, nonostante alcune caratteristiche anatomiche piuttosto arcaiche possano far pensare il contrario. Lo ha dimostrato una ricerca pubblicata su Nature da Alan Pradel dell'American Museum of Natural History di New York, e colleghi, che hanno analizzato la struttura scheletrica a sostegno delle branchie e della mandibola di un antico antenato fossile dello squalo, vissuto 325 milioni di anni fa. I risultati ottenuti dagli scienziati hanno mostrato che questa struttura somiglia più a quella di pesci ossei che a quella degli squali moderni.
La maggior parte dei pesci attuali appartiene alla classe degli osteitti, cioè dei pesci dotati di uno scheletro osseo, che si sviluppa a partire da uno scheletro cartilagineo embrionale. Gli squali, invece, sono classificati come condroitti, perché hanno uno scheletro di cartilagine anche nell'età adulta. Questa caratteristica, insieme ad altre, è ritenuta un tratto arcaico dal punto di vista evoluzionistico, al punto da far ritenere che gli squali si siano evoluti direttamente da una classe di vertebrati simile ai pesci ormai estinta e comparsa sulla Terra circa 450 milioni di anni fa. Un'occasione per verificare quanto sia diretta questa discendenza si è presentata con la disponibilità di un particolare fossile, appartenente alla specie Ozarcus mapesae: si tratta di un lontano antenato dello squalo, scoperto in Arkansas, in un'area anticamente occupata da un ecosistema marino assai diversificato. L'eccezionale stato di conservazione del reperto ha permesso a Pradel e colleghi di analizzare le strutture ossee che sostengono le branchie e la mandibola, denominate archi.
Queste particolari strutture raccontano molto dell'evoluzione dei vertebrati. Quelli più primitivi, denominati agnati, sono infatti privi di mascelle e quindi dotati di bocca fissa (ne fanno parte, per esempio, le lamprede). Pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi fanno invece parte degli gnatostomi, cioè dei vertebrati dotati di mascella mobile. I primi gnatostomi, comparsi sulla Terra circa 450 milioni di anni fa, furono proprio i placodermi.
"Questo fossile offre per la prima volta l'opportunità di osservare in un antenato dello squalo tutti gli archi branchiali e le strutture a essi associate", aggiunge John Maisey, sempre dell'American Museum of Natural History di New York. "Lo spessore del campione permette di effettuare una scansione e sezionare lo scheletro cartilagineo in digitale".
Grazie alla collaborazione con l'European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, la più potente sorgente di raggi X costruita in Europa, Pradel e colleghi hanno analizzato il campione fossile con scansioni ad alta risoluzione, ottenendo così immagini dettagliate della forma e dell'organizzazione anatomica di ogni singolo arco. In questo modo hanno scoperto che queste strutture sono molto più simili a quelle dei pesci ossei moderni che a quelle dello squalo. La ovvia deduzione dei ricercatori è stata che la struttura anatomica degli archi dello squalo è molto specializzata ed evoluta, tutt'altro che primitiva. Fonte: LeScienze.
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