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Cod Art 0028 | Rev 00 | Data 28 Aprt 2007 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

ECOTOSSICOLOGIA - seconda parte -
Biomarkers di esposizione e Biomarkers di effetto

I biomarkers sono specifici parametri di misura che permettono di quantificare l'esposizione e le conseguenze di una sostanza xenobiotica. È possibile distinguere tra biomarkers di effetto e biomarkers di esposizione. Alcuni autori parlano anche di biomarker di suscettibilità, ma non tutti concordano su queste distinzioni così nette.

Quando uno xenobiotico entra in contatto con un organismo (fase di esposizione per inalazione, assorbimento cutaneo, alimentazione), questo presenta un tropismo verso organi particolari che sono detti organi bersaglio o organi target. Gli effetti dello xenobiotico possono essere reversibili o irreversibili, e possono evolvere in modificazioni fisiologiche e/o patologiche dell'organo interessato, a breve e a lungo termine. Solitamente le modificazioni che si riscontrano più spesso sono alterazioni morfologiche, fisiologiche, biochimiche, rallentamento della crescita dell'organismo, arresto e alterazioni dei meccanismi riproduttivi. La presenza di uno xenobiotico o di un suo metabolita, o il prodotto dell'interazione tra xenobiotico e cellule dell'organo target, misurabili (quantificabili,) all'interno di un compartimento di un organismo, è appunto quello che viene definito biomarker di esposizione.

Classico esempio di biomarker di esposizione è il sistema del citocromo P450, che comprende la superfamiglia delle monoossigenasi citocromo P450-dipendenti. Sono note 14 famiglie e oltre 40 isoforme. Il nome di questa classe multienzimatica si spiega con il fatto che le forme ridotte che legano la CO2 assorbono la luce a 450 μm. I geni che codificano per questi enzimi, localizzati sul reticolo endoplasmatico, sono conservati in tutti gli organismi, e il loro ruolo è quello di metabolizzare substrati endogeni come ormoni steroidei, acidi biliari, estrogeni e composti con strutture aromatiche. Quando uno xenobiotico con una struttura molecolare simile a quella che sono i normali substrati endogeni degli enzimi, penetra nell'organismo, gli stessi enzimi cominciano a metabolizzarli, per cui si ha competizione tra substrati endogeni e substrati esogeni (xenobiotici). Nel caso del TCDD (Tetra-cloro-di-benzo-diossina), questo viene metabolizzato al posto del testosterone, per cui quest'ultimo si accumula nell'organismo, in particolare nell'organo target del TCDD. Nei vertebrati quando il TCDD penetra nell'organismo forma un complesso con il fattore di trascrizione AH (Aromatic Hydrocarbon). Senza entrare nei dettagli, in breve il complesso TCDD-AH (legato ad altre molecole), viene trasportato entro il nucleo della cellula dell'organo target, qui si forma un eterodimero che attiva la trascrizione del gene codificante per il citocromo P450 A1. L'attività dell'enzima prevede trasporto di elettroni e ossigeno, con conseguenti fenomeni tossici dovuti all'eccessiva espressione del gene suddetto, a causa dell'eccessiva presenza di radicali liberi.

Negli organismi marini la distribuzione del sitema delle monoossigenasi non è uniforme. Tale sistema è ben sviluppato nei pesci, quindi l'induzione da parte degli inquinanti è rapida (dipende comunque dal tipo di xenobiotico). Negli invertebrati invece le monoossigenasi sono meno rappresentate, e quindi resistono molto meglio all'inquinamento. Questo perchè se l'inquinante non è metabolizzato (quindi viene accumulato) genera meno danni all'organismo. Tuttavia gli xenobiotici accumulati dagli invertebrati vengono biomagnificati, ovvero trasmessi lungo la catena alimentare.

Altri biomarkers di esposizione sono i livelli di metallotioneine, alcuni metaboliti aromatici della bile e, in passato, erano considerati, tra i b. di esposizione, anche i livelli dell'acetilcolinesterasi. I biomarkers di effetto, detti anche biomarker di risposta, sono indicatori di effetti tossici veri e propri (Buschini A.). Si palesano come cambiamenti fisiologici, biochimici o altri cambiamenti direttamente verificabili, a breve termine. In tal caso è certo e senza errori che l'organismo è stato contaminato o sta subendo dei danni. Non è possibile risalire alla quantità o alla natura dell'inquinante. Tra i b. di esposizione ricordiamo la destabilizzazione del sistema lisosomiale, i danni, di varia natura sul DNA (test della cometa), l'induzione di fenomeni apoptici, lo stress ossidativo e le degenerazioni ormonali. I biomarkers di suscettibilità sono spesso riferiti a studi di medicina del lavoro. Alla data della stesura del presente articolo, non risultano articoli che fanno riferimento a organismi dell'ambiente marino correlati ai biomarcatori di suscettibilità.

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BIBLIOGRAFIA