RIFORMARE I SUSSIDI EUROPEI ALLA PESCA
di Dario Piselli, coordinatore Greening USiena - Tratto da Greening USiena.Manca poco meno di un mese al 22 ottobre, data (ancora indicativa) in cui il Parlamento Europeo si riunirà in seduta plenaria per esaminare in prima lettura la proposta di regolamento relativa alla sostituzione dell'attuale Fondo Europeo per la Pesca (FEP), lo strumento (che rientra nel più generale quadro normativo conosciuto come Politica Comune della Pesca) con cui l'Unione disciplina l’allocazione dei sussidi comunitari all’industria ittica. Il nuovo Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), destinato a succedere al FEP attraverso la procedura legislativa ordinaria della UE, è stato peraltro già oggetto di svariati dibattiti, sia in sede di negoziato tra Consiglio e Parlamento che all'interno della Commissione per la Pesca di quest'ultimo. Prendendo le mosse dall’intervento che ho tenuto durante la conferenza internazionale di lancio del network MED Solutions, svoltasi presso la Certosa di Pontignano nel luglio scorso (vedi qui), intendo sottolineare le criticità principali della proposta di riforma, che pure si propone di compiere dei sostanziosi passi avanti rispetto ad una situazione ancora disastrosa degli stocks ittici europei (ed in particolare, di quelli del mar Mediterraneo) ed a porre rimedio al problema di una ancora insufficiente riduzione della capacità di pesca della flotta comunitaria, come noto sproporzionata rispetto agli stocks medesimi. Sia detto en passant, il seguente post non prende in considerazione il regolamento sulla riforma della Politica Comune della Pesca, che pure presenta numerosi profili di interesse, e si concentra invece sulla questione dei sussidi comunitari.
Introduzione: lo stato degli stocks del Mediterraneo
Negli ultimi decenni, il Mar Mediterraneo ha visto le sue risorse ittiche assottigliarsi ad un ritmo spaventoso. Secondo la FAO, le catture in quest'area sono diminuite del 15% dal 2007 (nota 1), mentre durante lo stesso periodo l'Europa nel suo complesso ha assistito ad una crescita esponenziale della domanda di prodotti ittici, con un deficit tra importazioni ed esportazioni che, nel 2010, ammontava a 10 miliardi di dollari (nota 2) (l’anno successivo, il 62% del pesce consumato dagli europei proveniva da paesi terzi (nota 3)).
Secondo la Commissione Europea, l'82% degli stocks del Mediterraneo sono sovra-sfruttati (le stime dell'Agenzia Europea per l'Ambiente parlano di un 50-78% di stocks 'fuori dai limiti biologici di sicurezza' (nota 4)), mentre per la FAO il 50% sono sovra-sfruttati ed il 33% sfruttati completamente (nota 5). Con riferimento alla singole specie, tutte le riserve di merluzzo europeo (Merluccius merluccius) e di triglia di fango (Mullus barbatus) sono considerate sovra-sfruttate nell'ultimo report SOFIA 2012 (nota 6), mentre i principali stocks di piccolo pesce pelagico (sardine e acciughe) vengono definite alternativamente come sovra-sfruttati o sfruttati completamente.
I sussidi comunitari al settore ittico nell’Asse 1 del FEP e in futuro
La Politica Comune della Pesca dell'Unione Europea e lo Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP), in vigore dal 1994 al 2006, sono stati in passato oggetto di critiche per quello che la Commissione stessa identificava come "un conflitto tra priorità nel finanziamento, come il supporto per la riduzione dello sforzo di pesca e della capacità da un lato, e l'aiuto alla modernizzazione e al rinnovo dei vecchi segmenti della flotta europea dall’altro" (nota 7). Con l’introduzione del Fondo Europeo per la Pesca (FEP), che elenca tra i suoi obiettivi principali (il cosiddetto Asse 1) il supporto al bilanciamento tra capacità di pesca della flotta europea e risorse ittiche disponibili, l'Unione Europea ha provato a cambiare strada, ma nel Quinto Rapporto Annuale sull'Implementazione del FEP, pubblicato nel 2011, la Commissione ha sottolineato gli insuccessi nell'implementazione delle misure, come nel caso dell'aiuto finanziario per la cessazione permanente o temporanea delle attività di pesca:
"le valutazioni successive del FEP e del suo predecessore (SFOP) hanno evidenziato un problema ricorrente nel modo in cui la cessazione permanente dell’attività è usata nella pratica. Essa è incoraggiata non tanto dal bisogno di adattare la flotta alle risorse disponibili, ma dalle difficoltà economiche delle flotte, indipendentemente dalla situazione degli stocks. Il requisito, previsto dal FEP, di elaborare piani di bilanciamento dello sforzo di pesca prima di cessare l’attività non ha risolto il problema. Al contrario, in alcuni di tali piani la cessazione permanente è esplicitamente presentata come uno strumento per compensare la riduzione delle opportunità di pesca e migliorare le prospettive economiche dei pescherecci rimanenti. Di conseguenza, la cessazione permanente è spesso utilizzata non da quei pescherecci che esercitano la pressione maggiore sugli stocks, ma da quelli con le peggiori prospettive finanziarie, fatto questo che limita l’efficacia del bilanciamento generato" (nota 8).
Secondo la Corte Europea degli Auditori (ECA), nonostante il supporto per la dismissione dei pescherecci, si stima che l'effettiva capacità di pesca della flotta europea nel periodo 1992-2008, "se si considera l’impatto dell’innovazione tecnologica, sia aumentata del 14%"(nota 9).
La stessa Commissione Europea ha descritto la capacità di pesca dell'Unione come ancora "troppo alta" (nota 10).
Il pacchetto di riforme oggetto di discussione da parte delle istituzioni europee intende ridurre ulteriormente o eliminare i sussidi che aumentano la capacità di pesca (ad es., aiuti per l’acquisto di carburante e per la modernizzazione delle navi), inserendo nel nuovo FEAMP una previsione espressa di esclusione per (a) operazioni che aumentano la capacità di pesca dei pescherecci, (b) costruzione di nuovi pescherecci, decommissioning o importazione di pescherecci; (c) cessazione temporanea delle attività di pesca". Nelle parole di T. Markus, "laddove i sussidi aumentano o mantengono una capacità eccessiva, il denaro pubblico sta fondamentalmente finanziando le inefficienze del settore ittico e danneggiando l’ambiente marino" (nota 11); ciò rende una riforma della PCP e dei fondi europei necessaria ed urgente, ma suggerisce anche il bisogno di un enforcement efficace e di un controllo capillare sul rispetto delle misure adottate.
Cosa fare?
1. Riservare il supporto alla piccola pesca
Per rompere il circolo vizioso tra richiesta crescente di prodotti ittici, sovra-sfruttamento e depressione delle comunità costiere (l'occupazione nel settore ittico è diminuita del 31% dal 2002, non per la modestissima riduzione delle flotte ma piuttosto per lo sviluppo tecnologico, il declino delle riserve e la diminuzione dei prezzi causata dalla domanda di mercato), la Politica Comune della Pesca deve essere radicalmente ripensata: invece di proporre alcune misure specifiche ed un livello di sussidi più alto per la piccola pesca (mi riferisco qui ai drafts preliminari del regolamento FEAMP che sarà discusso in Parlamento), i legislatori comunitari dovrebbero guardare all'obiettivo di una riduzione graduale di tutti i sussidi ai grandi pescherecci e di una destinazione degli stessi alla prima categoria, come mezzo di tutela dei piccoli pescatori e delle comunità costiere. In particolare, i sussidi all'innovazione tecnologica dovrebbero essere consentiti soltanto a questi ultimi e soggetti al più severo controllo; inoltre, all’interno del concetto di "innovazione tecnologica consentita" i policymakers non dovrebbero includere aiuti per l’efficienza energetica dei motori, che rischierebbero di trasformarsi in sussidi che aumentano la capacità di pesca, e permettere solo investimenti su sicurezza, selettività delle reti e degli strumenti, igiene e meccanismi di controllo. Un incentivo finanziario sull'efficienza energetica potrebbe essere ancora supportato soltanto se unito ad un parallelo investimento sulla riduzione della capacità di pesca. Non dovrebbe infatti essere dimenticato che, come sottolineato dalla Corte Europea degli Auditori, pescherecci con motori efficienti hanno comunque un incentivo ad aumentare il loro sforzo di pesca, per esempio rimanendo più ore in mare (nota 12).
2. Controllo sui sussidi al carburante
I sussidi al carburante sembrano essere esclusioni dalle previsioni dell'art.27 della proposta di regolamento FEAMP, che stabilisce che "i costi di funzionamento non possono essere oggetto di sussidio se non dove espressamente previsto". Tuttavia, si dovrà evitare che, negli investimenti sull’ efficienza energetica, gli Stati Membri siano tentati di includere misure che potrebbero essere incentivi per il carburante "mascherati".
3. Fondi per i servizi di consulenza
Secondo l’art.29 della proposta della Commissione, sono possibili finanziamenti per studi di fattibilità riguardanti i progetti oggetto di sussidi europei oppure per servizi professionali di consulenza e di definizione di strategie di mercato. Questi fondi dovrebbero essere sostituiti da un servizio di consulenza più ampio, che riguardi i potenziali impatti ambientali e socio-economici a lungo termine dei progetti elaborati dai pescatori e dalle organizzazioni di pescatori, oppure utilizzati per aumentare il supporto già allocato per la creazione di partnerships tra pescatori e scienziati (art.30).
4. Porti, siti di sbarco e rifugi
Il supporto per l'innovazione, l'efficienza energetica, la protezione ambientale attraverso l'investimento in infrastrutture portuali (art.41) dovrebbe essere oggetto di un controllo capillare per evitare l'elargizione di sussidi ad operazioni non coerenti con gli obiettivi summenzionati, rischio che con riguardo alle opere marittime è purtroppo sempre presente.
5. Acquacoltura
Il supporto all'acquacoltura sembra fuori posto nella riforma della Politica Comune della Pesca; essa rappresenta infatti il settore dell'industria ittica a crescita più rapida, il che rende la previsione di sussidi per l'acquacoltura off-shore controproducente e non economica. Inoltre, il Capitolo II della proposta di regolamento FEAMP sembra, nella sua interezza, estremamente sbilanciata con riferimento al supporto per l’acquacoltura sostenibile; in particolare, non fa menzione alcune del potenziale impatto dell’acquacoltura off-shore sugli stocks ittici selvatici, e nessuna distinzione tra l'allevamento di specie carnivore e non-carnivore.
Le previsioni del FEAMP riguardo all’acquacoltura dovrebbero escludere esplicitamente i sussidi per le pratiche del primo tipo, ed investire nel controllo dei siti già esistenti. Ancora, il fondo dovrebbe eliminare gli aiuti per l'acquisto di farmaci veterinari e non dovrebbe coprire le perdite derivanti dalla diffusione di malattie tra gli animali allevati quando queste sono dipendenti da una gestione non sostenibile dei siti. Infine, dovrebbe chiaramente escludere il supporto, e probabilmente addirittura scoraggiare, pratiche quali l’allevamento di salmone e l’ingrasso in gabbia di tonni selvatici , che presentano il costo ambientale più alto tra tutte le attività di acquacoltura.
In generale, i sussidi FEAMP all'acquacoltura dovrebbero essere interamente ripensati, specialmente perché le Strategic Guidelines proposte dalla Commissione non affrontano le criticità che ho sottolineato. Desterebbe grande preoccupazione l'adozione di un simile meccanismo di sussidio in mancanza di regole appropriate e, soprattutto, il supporto europeo per maggiore una qualità ambientale dell'acquacoltura non dovrebbe essere perseguito su base volontaria, attraverso l’incentivo economico, ma piuttosto essere reso oggetto di una obbligazione di protezione ambientale gravante sui produttori.
Una postilla
Dopo il mio intervento di Luglio, da cui, ripeto, è tratto questo post, è cambiato qualcosa: il 25 luglio, durante una riunione della Commissione per la Pesca del Parlamento Europeo, i legislatori comunitari hanno apportato alcune modifiche alla proposta, ri-ammettendo i sussidi per le seguenti operazioni:
- il rinnovo della flotta teso a rimpiazzare pescherecci che hanno più di 35 anni (con obbligo di ridurre contestualmente la capacità del 40%, secondo il relatore Alain Cadec);
- sostituzione dei motori per tutti i pescherecci (e non solo per la piccola pesca, con lo stesso obbligo di cui sopra, sempre secondo Alain Cadec);
- trasferimento di proprietà di un'impresa;
- cessazione temporanea delle capacità di pesca.
Come si può intuire dall'esempio appena riportato, il risultato dell’esame di ottobre appare tutt'altro che scontato (per tacere delle questioni "quote di cattura" e "discards", sulle quali mi riprometto di tornare a breve).
PS: per chi volesse leggersi l'intera presentazione (in inglese), cliccare qui.
NOTE
1 Food and Agriculture Organization, The State of World Fisheries and Aquaculture 2012 (p.21);
2 Food and Agriculture Organization, The State of World Fisheries and Aquaculture 2012 (p.76);
3 AIPCE–CEP, Fin Fish Study 2012;
4 European Environment Agency, The European Environment State and Outlook 2010. Marine and Coastal Environment (p.35);
5 Food and Agriculture Organization, The State of World Fisheries and Aquaculture 2012 (p.59);
6 Food and Agriculture Organization, The State of World Fisheries and Aquaculture 2012 (p.59);
7 European Commission, The Common Fisheries’ Policy – A user's guide (2008);
8 European Commission, Fifth annual report on implementation of the European Fisheries Fund (2011), COM(2012)747;
9 ECA, Special Report of December 2011 on how EU measures have contributed to adapting the capacity of the EU fishing fleet;
10 European Commission, Report to the European Parliament and the Council on Member States’ efforts during 2011 to achieve a sustainable balance between fishing capacity and fishing opportunities;
11 T.Markus,Towards sustainable fisheries subsidies: Entering a new round of reform under the Common Fisheries Policy – Marine Policy 34 (2010);
12 European Court of Auditors, Special Report n°12/2011
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