IL PLANCTON E LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ORGANISMI ACQUATICI
Il termine plancton significa "vagante, errante" e comprende organismi animali e vegetali viventi, con limitate capacità motorie e dipendenti dall’idrodinamismo per opporsi e muoversi nell'ambiente acquatico. Questi organismi sono capaci di eseguire movimenti orizzontali e verticali nella colonna d’acqua, come descritto per le migrazioni nictemeriali in un precedente articolo. Sono esclusi dalla definizione di "plancton" i frammenti e le componenti degli organismi in questione.
Sulla base delle capacità di movimento, gli organismi marini sono classificati come segue:
- plancton, gia descritto;
- il benthos, che comprende tutti quegli organismi insediati sui fondali o che hanno rapporto con essi;
- il necton, termine che indica tutti gli organismi capaci di movimento attivo e capaci di opporsi ai flussi delle correnti. Vivono generalmente nella colonna d’acqua;
- il pleuston ( o pleiston), ossia gli organismi che vivono sulla superficie dell'acqua e che sono sospinti dal vento (es. Velella velella, fisaria, ecc...). Gli organismi non galleggianti ma che vivono entro i primi 10 cm. nella colonna d'acqua sono indicati con il termine neuston;
- il seston, che comprende l’insieme delle particelle viventi (bioseston) e non viventi (abioseston) sospese in acqua.
Necton, pleuston e neuston costituiscono nel complesso tutti gli esseri viventi che vivono lontani dal fondo e che non hanno con questo nessun rapporto. L’intero gruppo è indicato con il termine di pelagos, e si contrappone all’insieme degli organismi costituenti il benthos. Invito a non considerare con un significato assoluto le definizioni date, poiché esistono numerose eccezioni. Infine da ricordare il termine tripton, non indica un gruppo di organismi viventi, bensì materiale non vivente e inorganico sospeso in acqua.
CLASSIFICAZIONE DEL PLANCTON
La classificazione del plancton si basa su una serie di paramentri relativamente eterogenea, per esempio la tassonomia, abbiamo gia visto che si ha il plancton vegetale o fitoplancton, autotrofo, e il plancton animale o zooplancton, eterotrofo. Nel caso di cellule procariote (prive di nucleo), da ricordare che si possono avere cellule batteriche autotrofe, eterotrofe e miste, cioè con un grado di eterotrofia o autotrofia più o meno spinto. Vedremo in un altro articolo l’enorme diversità metabolica che caratterizza le cellule batteriche degli ambienti acquatici. In tal caso si parla di batterioplancton. Vi è poi il viroplancton, che comprende virus acquatici che hanno un importante ruolo ecologico sul controllo del ciclo microbico (microbial loop), e il micoplancton che comprende funghi e licheni marini, gli organismi degli ambienti acquatici meno conosciuti in assoluto. Infine con il termine protozooplancton si intendono tutti quei protozoi (cellule eucariote), spesso ciliati, che in passato erano collocati nello zooplancton. La tassonomia degli organismi è in continua revisione, ad opera dei sistematici che si basano sulla morfologia degli organismi, e sopratutto ad opera dei biologi molecolari che si occupano di filogenesi molecolare e cercano attraverso l’analisi del DNA di stabilire le reali relazioni di parentela tra i vari organismi.
LO ZOOPLANCTON
Nel complesso lo zooplancton comprende una gran varietà di organismi, anche se in mare l’80% di questi risultano essere copepodi, ossia crostacei appartenti al Phylum degli artropodi, che abbondano sopratutto nei mari più freddi. Lo zooplancton è ulteriormente suddiviso in oloplancton (“olon” significa “tutto”) che comprende organismi che conducono vita pelagica permanente, e meroplancton (“meron” significa “parte”) con organismi che conducono solo in parte vita pelagica. In tal caso si parla anche di plancton temporaneo che comprende larve o uova pelagiche di numerosi pesci, uova di poriferi ecc... L’oloplancton comprende sopratutto protozoi (organismi protozooplanctonici come dinoflagellati, zooflagellati, foramminiferi, radiolari, tintinnidi, coanoflagellati e ciliati), cnidari (varie meduse), e metazoi come ctenofori, chetognati, anellidi, molluschi, artropodi (molti crostacei) e urocordati. A volte si incontra il termine metazooplancton, che indica appunto metazoi che possono far parte dell’oloplancton ma anche del meroplancton.
Il meroplancton comprende come detto specie che svolgono almeno una fase del loro ciclo vitale nel plancton, poi questa viene abbandonata in favore di una vita nel benthos oppure nel necton. Tali organismi sono soggetti a elevata mortalità (da 1 su 100 a 1 su 1000, sono quindi r strateghi) e sensibili alle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Consideriamo come esempio la trocofora (un tipo di larva che poi descriveremo), essa è sensibile a:
- luce, percepita da strutture sensoriali dette ocelli, che rende possibile il mantenimento della posizione;
- salinità;
- profondità, pressione;
- correnti;
- predazione.
Se la larva sopravvive a tutto questo, potrà insediarsi nel benthos e avere una certa probabilità di successo nell’insediamento stesso, che dipende da un fattore densità-dipendente. Sono varie le tipologie larvali degli organismi acquatici, in breve esse sono:
- echinopleurus (echinodermi);
- bipinnaria, brachiolaria (echinodermi, stelle di mare);
- auricolaria (oloturie);
- cifonauta (briozoi);
- actinotroca;
- trocofora (policheti);
- veliger (molluschi);
- megalopa, zoea (decapodi);
- nauplius o nauplio (cirripedi);
- pillidium (nemertin);
- larve di echiuridei (es. Bonellia).
LA CLASSIFICAZIONE RELATIVA ALLA BATIMETRIA
In questo caso la classificazione è basata sul valore batimetrico (la profondità), alla quale gli organismi preferenzialmente vivono. Si utilizzano i seguenti termini:
- pleuston, comprende gli organismi che vivono entro i primi 10 cm. di acqua;
- epiplancton, generalmente comprende organismi compresi tra 20-100 m. di profondità, ma tale valore risulta abbastanza variabile a seconda delle zone del globo che si considerano;
- mesoplancton, 50-200m. in media (ma fino a 300 m);
- infrapalncton, da 200 a 500-600 m;
- batoplancton, 500-2.500 m;
- abissoplancton, 2.500-7.000 m. (fino a 6.000 m. secondo alcuni autori);
- adoplancton, da 7.000 m. fino alle massime profondità.
Tali definizioni sono relative, nel senso che le posizioni batimetriche possono per una stessa specie cambiare per effetto della corrente. Per esempio nel Mediterraneo la corrente Laurentina che si forma tra Cipro e la Turchia per raffreddamento delle acque superficiali, forma tra 200-600 m. di profondità un “fiume” che dalla superficie per differente densità sprofonda nella fossa Ionica, trascinando con se gli organismi da una batimetria inferiore ad una superiore. Da ricordare che la suddivisione del plancton su base batimetrica trae origine dalla zonazione degli ambienti marini, proposta da diversi autori negli anni '60.
LA CLASSIFICAZIONE RELATIVA ALLA TAGLIA
- fetmoplancton, 0.02-0.2 μm. Virus e batteri;
- picoplancton, 0.2-2 μm. Batteri e cianobatteri;
- nanoplancton, 2-20 μm. Coanoflagellati, fitoflagellati;
- microplancton, 20-200 μm. Diatomee, tintinnidi, radiolari;
- mesoplancton, 200-20.000 μm. Copepodi, eufasiacei;
- macroplancton, 2-20 cm. Meduse, salpe;
- megaloplancton, 20-200 cm. Colonie di meduse e tunicati.
Il gruppo del pico e nanoplancton è racchiuso nel più vasto gruppo dell’ultraplancton. Tralasciamo la classificazione basata sulla massa. La classificazione degli organismi fitoplanctonici verrà trattata in un prossimo capitolo, lo stesso dicasi per i protozoi (ciliati, radiolari, foramminiferi) e i batteri.
PATCHINESS DEL PLANCTON
Come varia la distribuzione del plancton nello spazio e nel tempo? Per la seconda questione abbiamo visto la relazione esistente tra bloom e stagionalità, latitudine e clima (vedere l'articolo la Produzione Prmaria). Ciò che vogliamo esaminare in questo paragrafo è l’andamento della distribuzione nel tempo e nello spazio su scale dimensionali differenti. Tradizionalmente la distribuzione è classificabile come segue:
- megascala, > 3000 Km;
- macroscala, 1000-3000 Km;
- mesoscala, 100-1000 Km;
- scala inferiore, 1-100 Km;
- scala fine, 1-100 m;
- microscala, < 1 m (sono influenti in tal caso fattori biologici e turbolenza).
Su mega e macroscala la distribuzione è influenzata da fattori fisici naturalmente predominanti, come venti, correnti di marea o correnti di risalita nelle aree di upwelling. Quando il vento per attrito sposta acque superficiali in una data direzione, l’acqua appena spostata è sostituita da acqua subsuperficiale o profonda, creando una circolazione ad anello che influenza anche la distribuzione del plancton. La corrente prevalente provvede inoltre a spostare la massa fitoplanctonica superficiale da un punto iniziale lungo la direzione della stessa corrente. Un noto caso di anomalia su macroscala è El Niño. Senza entrare nei dettagli, la conseguenza ultima di questa corrente calda è che provoca l’abbassamento del termoclino, impedento la risalita di acque di upwelling ricche di nutrienti, con conseguente abbattimento della PP (Produzione Primaria) e del tenore di ossigeno, cui seguono danni notevoli all’economia della pesca lungo le coste del Perù. Altri effetti manifesti su macroscala sono la divergenza (upwelling) e la convergenza (sinking). Per divergenza si intende acqua in risalita da zone profonde, spesso molto ricche di nutrienti. L’acqua in superficie tende ad allontanarsi dal punto di affioramento, mentre il termoclino è spinto dalle acque di risalita verso la zona superficiale della colonna d’acqua. La convergenza è l’opposto, si tratta cioè di un moto discendente che trascina verso il fondale i nutrienti contribuendo a rendere la zona interessata poco o modestamente produttiva. Anche il termoclino viene abbassato nella colonna d’acqua. I due moti di divergenza e convergenza hanno velocità modeste di pochi metri al giorno e interessano fronti che vanno da pochi Km negli ambienti costieri fino a migliaia di Km negli oceani. Zone di upwelling sono quelle delle coste del Perù, del Sud Africa o dello stretto di Messina, mentre zone di sinking sono quelle del mar dei Sargassi, continuamente impoverito dei nutrienti e con il fitoplancton trasportato ben oltre la profondità di compensazione. Tra i più noti fattori climatici che agiscono su mega e macroscala, oltre all’ ENSO (El Niño Southern Oscillation), vi è il NAO (North Atlantic Oscillation). Per quasi trent’anni è stata monitorata l’andamento della densità del Calanus finmarchicus in funzione dell’ indice NOA e della temperatura, e si è dimostrato un buon accoppiamento (cupling) tra i tre indici presi in considerazione. La temperatura oltre a influenzare l’andamento stagionale della PP, agisce ovviamente anche sulla distribuzione del plancton, poiché durante l’estate la stratificazione conseguente la comparsa del termoclino impedisce il rimescolamento e quindi anche la distribuzione del plancton. Per definizione si parla di termoclino se risulta Δt (la differenza di temperatura) maggiore o uguale a 0.1 °C / m. I grandi vortici oceanici (> 1000 Km) sono noti con il termine di Gyres, e determinano il confine tra biomi differenti. Nell’oceano questi biomi sono appunto regolati dai grandi gyres associati a maggior o minor trofia. Un esempio di gyres è quello dislocato a 70° di latitudine che forma una gigantesca barriera verticale generata dallo scontro tra acque fredde e acqua temperate, oppure quello del Mar dei Sargassi.
Quanto le correnti giungono in prossimità della platea continentale, subiscono a causa delle improvvise variazioni della profondità dei fondali modificazioni in termini di velocità e turbolenza abbastanza significative, che influenzano la distribuzione dei nutrienti e del plancton. Si parla in tal caso di fronti di platea e fronti di bacino. Per fronte (dimensioni di qualche centinaio di Km) in generale si intende un’area caratterizzata da masse di acque stratificate a causa della temperatura e della salinità, che possono generare turbolenze e vortici (eddy, vedere anche i rings della corrente del Golfo). I fronti di platea o di bacino sono visibili per la presenza massiva di fitoplancton, e si tratta di zone ad elevata PP.
Su scale inferiori fronti più piccoli, quali i fronti a piuma (plume), si trovano in prossimità delle foci dei fiumi dove spesso è possibile osservare masse fitoplanctoniche all’interfaccia acqua dolce-acqua salata, correlate alla presenza di acque ricche di nutrienti, quali sono quelle convogliate in mare dai corsi d’acqua. Un sistema peculiare di circolazione sono le correnti o celle di Langmuire (da pochi a circa un centinaio di metri), che si generano in determinate condizioni quando il vento soffia verso la costa. Si tratta di microzone di upwelling con zone di convergenza ben visibili in mare per l’accumulo in linee parallele di ogni sorta di detrito galleggiante, che spesso costituiscono una fonte di nutrimento per la presenza di composti inorganici adatti al fitoplancon. Anche i fronti termici su scala inferiore concentrano schiuma e detriti in zone ben precise, e si formano quando acque stratificate del largo incontrano acque mescolate della zona costiera. Le acque stratificate superficiali sono meno dense mediamente delle acque costiere mescolate, così quando entrano in contatto, queste ultime poco più dense “scivolano” sotto le altre generando microzone di sinking, che però non sono in grado di trascinare oggetti e schiuma galleggiante, che rimane ben visibile in superficie. Anche qui gli organismi fitoplanctonici hanno a disposizione materiale inorganico e vengono trasportati (rafting) lungo il fronte. Molto interessanti sono i biomi all’interno degli anelli (rings oppure eddies, si tratta di vortici di mesoscala o scala inferiore) della corrente del Golfo. Durante il suo tragitto verso est, il percorso della corrente è tale da generare meandri da cui si staccano rings sia a sud che a nord della corrente. I meandri rivolti a nord intrappolano al loro interno acque calde del mar dei Sargassi per cui sono più caldi e meno ricchi di ossigeno rispetto a quelli che si staccano a sud, i cui meandri intrappolano al loro interno acque più fredde della platea continentale nord americana. Così i primi sono detti vortici a nucleo caldo e i secondi vortici a nucleo freddo. I vortici caldi per effetto della rotazione terrestre sono tutti anticiclonici, si muovono verso ovest, hanno un diametro di circa 100-150 Km, sono profondi mediamente 1500 m e presto finiscono contro la platea americana, quindi hanno vita abbastanza breve. I vortici freddi al contrario sono tutti ciclonici e si muovono verso est, sono mediamente più grandi, con un diametro fino a 300 Km, e più profondi, fino a 4000-5000 m. Avendo vita maggiore hanno anche maggior possibilità di evolversi. Le biocenosi di questi anelli sono complesse e isolate dal resto dell’oceano, date le caratteristiche chimico-fisiche differenti rispetto al resto delle acque, lo stesso dicasi per altri rings che si originano da correnti come la corrente Somala, del Brasile e la corrente di KuroShiwo.
Nel complesso tutti quei fattori che influenzano la patchiness (distribuzione) del plancton sono sia biologici (stagionali) che fisici (correnti di qualsiasi tipo, maree, vortici, temperatura e salinità) e nell’insieme determinano quella che viene definita distribuzione a patch (macchia o chiazza). Questo termine si contrappone alla distribuzione random (casuale), non correlata all’insieme dei fattori fin qui esaminati, e alla distribuzione uniforme o regolare, abbastanza rara nell’ambiente marino.
scala (Km) |
fattore fisico |
fattore biologico |
Durata (giorni) |
> 1000 |
Gyres |
|
> 1000 |
Tab.1 Processi e scale temporali (riassunto)
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