LE DIATOMEE COME BIOINDICATORI DELL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE CORRENTI - terza parte -
Nota: il testo del presente articolo (parte uno) è tratto dal Manuale APAT "L'indice diatomico di eutrofizzazione/polluzione (EPI-D) nel monitoraggio delle acque correnti" di Antonio Dell'Uomo, febbraio 2004. Le fotografie sono state realizzate presso la struttura ARPA Marche di Ancona, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Marina Moroni.
Diatomee e monitoraggio fluviale
Le diatomee, le cui caratteristiche biologiche, sistematiche ed ecologiche sono state brevemente descritte nei capitoli precedenti, rivestono un ruolo decisamente importante nel biomonitoraggio fluviale perché possiedono tutti i requisiti che contraddistinguono gli indicatori d’eccellenza. Infatti:
- sono presenti tutto l’anno in tutti i corsi d’acqua ed in tutti gli ambienti fluviali, ovviamente con generi e specie differenti a seconda delle condizioni ambientali, della stagione e della tipologia del corso d’acqua;
- sono molto sensibili alle variazioni dei parametri chimici e fisici del mezzo ambiente;
- sono completamente immerse in acqua, fisse al substrato, facili da campionare;
- sono ben conosciute sia dal punto di vista sistematico che ecologico;
- possiedono un breve tempo di resilienza (2-4 settimane); una comunità di Diatomene danneggiata o distrutta ha una elevata capacità di ricostituirsi una volta cessato il fattore di disturbo.
Per tutte queste ragioni le diatomee trovano oggi largo impiego nella valutazione della qualità biologica e nella sorveglianza dei reticoli idrografici di molti paesi europei. Da quanto sopra, le diatomee che vengono prese qui in considerazione sono quelle bentoniche, quasi le sole che popolano le acque correnti; esse possono essere suddivise, in base all’habitat, in tre differenti categorie:
- diatomee epilitiche, formanti sottili rivestimenti brunastri sui massi sommersi, sulle pietre e sui ciottoli;
- diatomee epifitiche “sensu lato”, quelle che trovano il loro spazio vitale sulle o tra le macrofite acquatiche (muschi, idrofite fanerogamiche) o sulle alghe macroscopiche;
- diatomee epipeliche, adagiate sul limo di fondo dell’alveo fluviale, nei tratti in cui le acque fluiscono lentamente.
Tra tutte, quelle che si lasciano decisamente preferire nel monitoraggio fluviale sono le diatomee epilitiche, che vengono prelevate nel vivo della corrente con un raschietto o con uno spazzolino a setole rigide, come si vedrà meglio in seguito. I campionamenti possono variare da due a quattro o più nel corso dell’anno in dipendenza della tipologia del corso d’acqua e degli obiettivi della ricerca. In laboratorio, poiché la sistematica delle diatomee riposa quasi esclusivamente sulle caratteristiche del frustulo siliceo, è necessario distruggere la sostanza organica mediante ossidanti forti e quindi montare i frustuli puliti in una resina ad elevato indice di rifrazione.
L’indice diatomico di eutrofizzazione/polluzione o EPI
L’indice diatomico elaborato per i fiumi d’Italia dopo un lungo periodo di ricerche sulle alghe e le comunità algali dei corsi d’acqua dell’Appennino centrale in particolare, ma anche con verifiche e confronti relativi ad ambienti lotici alpini ed appenninici meridionali, è l’Indice Diatomico di Eutrofizzazione/Polluzione o EPID (Eutrophication/Pollution Index – Diatom based) (Dell’Uomo 1996, 1999). Questo indice si basa sulla sensibilità (affinità/tolleranza) delle diatomee ai nutrienti, alla sostanza organica ed al grado di mineralizzazione del corpo idrico, con particolare riferimento ai cloruri, che possono rappresentare un potente fattore di polluzione delle acque interne. L’indice qui proposto si basa, come la maggior parte degli indici diatomici utilizzati in Europa, sulla formula matematica di Zelinka e Marvan (1961):
dove:
EPI-D = indice globale di eutrofizzazione/polluzione della stazione considerata;
aj = abbondanza della specie j; si parlerà più avanti delle modalità per attribuire i valori di abbondanza;
rj = affidabilità (dall’inglese “reliability”) della specie j, inversamente proporzionale al suo “range” ecologico; valori utilizzati: 5 per un indicatore ottimo, 3 per un indicatore buono, 1 per un indicatore solo sufficiente; si vedrà più avanti come questi valori vengono attribuiti;
ij= indice integrato ponderato di sensibilità della specie j; i valori attribuiti vanno da 0 (per un specie che indica un ambiente di ottima qualità) a 4 (specie che indica un corpo idrico completamente degradato).
Vediamo ora come si è proceduto per attribuire ad ogni taxon il valore di “i”. Nella Tabella 1, con riferimento ai sistemi saprobico, alobico e trofico, di cui si è detto in precedenza e tutti e tre articolati in cinque livelli, sono stati messi in correlazione i corrispondenti livelli di questi sistemi. E’ stato poi assegnato alle diatomee caratteristiche di questi livelli, un valore numerico che esprima sinteticamente la loro sensibilità (da 0, molto sensibile a 4, molto tollerante) nei confronti dei parametri considerati. Più precisamente, questi valori, ripartiti su cinque livelli, sono stati attribuiti come segue:
- i = 0 alle specie xenosaprobie, alofobe e caratteristiche di ambienti ipotrofici (o ultraoligotrofi), che indicano quindi una eccellente qualità del corpo idrico;
- i =1 alle specie oligosaprobie, oligoalobie esigenti e tipiche di ambienti oligotrofici che testimoniano una buona qualità del corpo idrico, solo di poco inferiore alla precedente;
- i = 2 alle specie β-mesosaprobie, oligoalobie tolleranti e caratteristiche di ambienti mesotrofici che attestano una mediocre qualità del corpo idrico;
- i = 3 alle specie α-mesosaprobie, alofile e che si sviluppano tipicamente in ambienti eutrofi; queste contraddistinguono una qualità biologica del corpo idrico ormai alquanto compromessa;
- i = 4 alle specie polisaprobie, β-mesoalobie e che popolano ambienti ipertrofici; esse segnalano un deterioramento molto spinto del corpo idrico.
Il valore di “i” così attribuito è pertanto l’indice “integrato” di sensibilità della specie, che tiene conto della reattività della specie alla polluzione organica, alla polluzione minerale ed al grado trofico del corpo idrico. Si tratta, in tutti questi casi, di diatomee che rivestono un ruolo di “indicatori eccellenti”, in quanto possiedono una valenza ecologica molto ben definita, ovvero un “range” molto stretto nei riguardi dei parametri considerati. Esse hanno un grado di affidabilità, o peso indicatore, molto elevato nella diagnosi di qualità biologica del corpo idrico, quindi r = 5.
Tabella 1. Schema teorico della corrispondenza tra i vari tipi di approccio all’ecologia delle diatomee e metodo pratico per attribuire a ciascuna di esse un indice integrato di sensibilità “i” (da 0 molto sensibile a 4 molto tollerante) nei confronti dei fenomeni di eutrofizzazione e polluzione; “r” esprime il grado di affidabilità del bioindicatore ed è inversamente proporzionale al suo “range” ecologico: r = 5 indicatore eccellente (ie), r = 3 indicatore buono (ib), r = 1 indicatore sufficiente (is). (Da: Dell’Uomo, 1996, modificato).
Ma non tutte le diatomee possiedono un “range” ecologico così ben definito, molte altre hanno un comportamento intermedio tra due livelli successivi, per cui anche il loro indice di sensibilità assumerà un valore intermedio. Ad esempio, se una specie è β.α-mesosaprobia, da oligoalobia ad alofila e tipica di ambienti mesoeutrofici, essa assumerà un valore di “i” intermedio tra 2 e 3, cioè 2,5. Specie con questo comportamento sono indubbiamente buoni indicatori, ma un po’ meno affidabili dei precedenti, quindi r = 3. Il valore intermedio fra due successivi livelli, inoltre, può collocarsi un po’ più in basso o un po’ più in alto del valore centrale (ad es. 2,3 o 2,7, invece di 2,5) a seconda che la specie tenda ad avvicinarsi con il suo comportamento ecologico all’uno o all’altro di questi livelli. Ancora più tolleranti, o meno sensibili, sono infine le diatomee la cui valenza ecologica abbraccia tre successivi livelli. Ad esempio, se una specie è xeno-β- mesosaprobia, da alofoba ad oligoalobia tollerante e si trova in ambienti da ipotrofici a mesotrofici, il suo valore di “i” sarà intermedio tra 0 e 2, cioè 1, ma allora il valore di r sarà basso (r = 1) perché in questo caso la specie considerata, data la sua ampia valenza ecologica, è un indicatore meno affidabile dei precedenti. In questo modo, se anche due specie possiedono lo stesso valore di i, come ad esempio Cocconeis pediculus e Gomphonema augur (i = 2), esse risultano tuttavia molto ben differenziate se si va a vederne il valore di r (Allegato 1). La prima, infatti, con r = 1 è un indicatore solo sufficiente, mentre la seconda, con r = 5, risulta un indicatore eccellente del corpo idrico in cui viene rinvenuta. Quelli appena descritti sono altrettanti esempi di come si è proceduto al calcolo dei valori di i ed r, secondo quanto schematizzato nella Tabella 1. Questi parametri, indispensabili per il calcolo dell’indice diatomico, sono riportati accanto ad ognuno dei taxa dell’ Allegato 1 del testo di Antonio Dell'Uomo, dove figurano tutte le specie, comprese le loro più comuni sinonimie, che sono state prese in considerazione fino a questo momento per il calcolo dell’EPI-D.
Altra precisazione importante: non sempre le diatomee hanno un comportamento univoco, come parrebbe dagli esempi sopra esposti, nei confronti dei tre sistemi di riferimento, vale a dire i sistemi saprobico, alobico e trofico. Una specie, ad esempio, potrebbe avere un indice di sensibilità 0 nei confronti della salinità, un indice 1 per quanto riguarda la sostanza organica e un indice 2 se si considerano i nutrienti. In casi come questi i valori di i che troviamo nell ’Allegato 1 “mediano”, seppure in maniera ponderata, non aritmetica, fra le sensibilità della specie ai vari parametri ambientali. Quindi l’indice i risulta, oltre che “integrato”, anche “ponderato”. Tra i tre valori di i, la media ponderata tiene sempre in maggior conto quello più elevato. Per l’assegnazione dell’indice i a ciascuna delle specie riportate nell’Allegato 1 si è tenuto conto dei numerosi dati sull’ecologia delle diatomee presenti in letteratura, in particolare quelli dovuti a Van Dam et al. (1994) e Hofmann (1994), ma anche e soprattutto dell’esperienza personale relativa ai corsi d’acqua italiani, in particolare appenninici. Infatti, ad ogni regione geografica corrisponde anche una ben definita regione ecologica dove si sviluppano caratteristici ecotipi, ciascuno portatore di un proprio messaggio ecologico e di questi ecotipi è necessario tenere conto nella messa a punto degli indici biologici.
Interpretazione dei risultati
Il risultato fornito dall’indice EPI-D, che si ottiene estendendo la sommatoria a tutte le specie della stazione considerata, è un valore compreso tra 0 e 4, dove i valori prossimi allo 0 indicano acque pulite, mentre quelli via via più elevati stanno a significare acque sempre più compromesse. Per cogliere anche piccole, ma significative variazioni dell’indice diatomico lungo un corso d’acqua, il calcolo va effettuato alla seconda cifra decimale. L’interpretazione del risultato è stata proposta inizialmente in otto classi di qualità (Dell’Uomo, 1996, 1999; Dell’Uomo et al., 1999), come mostrato in Tabella 2.
Tabella 2. Interpretazione, in otto classi di qualità, del risultato fornito dall’indice EPI-D.
Tuttavia, allo scopo di mettere in correlazione i risultati forniti dall’EPI-D con quelli derivanti da altri indici diatomici e biotici in generale (es. IBE), ma anche chimici (es. LIM = Livello di Inquinamento da Macrodescrittori) (Cavalieri e Mazzoni, 2000), tutti articolati in cinque classi, viene qui proposto anche per l’EPI-D un giudizio in cinque classi di qualità (Tabella 3).
Tabella 3. Giudizio, espresso in cinque classi di qualità, dei risultati ottenuti con l’indice EPI-D.
I risultati che si collocano attorno ai valori soglia (1.0 ± 0.05; 1.7 ± 0.05; 2.3 ± 0.05; 3.0 ± 0.05) vanno interpretati come classi di passaggio. Ad esempio, per valori compresi tra 0.95 e 1.05 si può ben parlare di passaggio da una I ad una II classe (qualità da ottima a buona, colore blu-verde). Il tipo non lineare d’interpretazione proposta, con le classi di qualità più ampie alle estremità e progressivamente più strette verso il centro, rappresenta un correttivo al comportamento ecologico delle diatomee ed al loro modo di riunirsi in comunità composite. Diatomee ad ampia valenza ecologica, infatti, si associano solitamente, sia in acque decisamente “pulite” che in acque molto pollute, alle specie che sono caratteristiche di queste due situazioni limite. Alcuni esempi: a Diatoma hyemalis, che contraddistingue inequivocabilmente acque di ottima qualità, si associa spesso Cymbella minuta. Insieme a Navicula accomoda, che caratterizza acque molto deteriorate, si può trovare Nitzschia paleacea. La presenza di specie come Cymbella minuta e Nitzschia paleacea, che sono organismi ad ampio “range” ecologico e indicatori (con r = 1) decisamente meno importanti degli altri due (r = 5), comporta una certo addensamento dei risultati, data la struttura dell’indice EPI-D, verso i valori centrali e di questo si è tenuto conto in Tabella 2 e Tabella 3. L’indice diatomico esprime giudizi globali sulla qualità del corpo idrico, sommando eutrofizzazione naturale ed eutrofizzazione di origine antropica, polluzione naturale e polluzione dovuta alle attività umane. Per rilevare l’impatto nel corso d’acqua dovuto ad una industria, ad un allevamento, ad un centro abitato, sarà però sufficiente confrontare i valori dell’indice diatomico rilevati a monte e a valle dell’insediamento, ovviamente adottando in entrambi i casi la stessa metodica di campionamento. Sicuramente, però, c’è ancora del lavoro da fare in questa direzione per trovare dei valori di riferimento, o di qualità attesa. Un errore da evitare è quello di considerare come inquinamento antropico quello dovuto, talora, alla natura geologica del terreno, come ad esempio la presenza di evaporiti fossili ricche in cloruri nel bacino idrografico di un fiume. In questo caso l’indice diatomico sale pur non essendoci riscontri oggettivi nella situazione reale. E’ sempre opportuno consultare la carta geologica in cui è compreso il bacino idrografico di un fiume. Per la stessa ragione, come si dirà più avanti, si deve assolutamente evitare di effettuare campionamenti in prossimità della foce di un corso d’acqua, potendosi avere la risalita del cono salino.
Confronto con altri indici diatomici utilizzati in Europa
In molti paesi d’Europa vengono ormai utilizzati indici diatomici per la valutazione della qualità biologica degli ambienti lotici. Questi indici, messi a punto per le varie realtà geografiche (ecoregioni), sono anche proposti in scale differenti. Tuttavia, al fine di uniformare e poter facilmente confrontare i risultati da essi forniti, possono tutti essere ricondotti ad una scala 1-20 tramite il software OMNIDIA (Lecointe et al., 1993 e successivi aggiornamenti). Per quanto riguarda più precisamente l’EPI-D, la conversione dei valori ottenuti in scala 0-4 (EPI-D0-4) a quelli in scala 1-20 (EPI-D1-20) si effettua con la seguente formula:
EPI-D1-20 = (-4,75 x EPI-D0-4) + 20.
Nella Tabella 4, che deriva direttamente dalla Tabella 3, i valori dell’EPI-D che definiscono le cinque classi di qualità sono stati trasformati, con qualche arrotondamento, in quelli in scala 1-20.
Tabella 4. I giudizi di qualità ottenuti con l’indice EPI-D in scala 0-4, ed espressi in cinque classi, vengono trasformati in scala 1-20 per consentire di comparare questo indice con gli altri indici diatomici utilizzati in Europa.
In questa trasformazione, come mostra la Tabella 4, i valori prossimi a 20 significano acque “pulite” mentre i valori prossimi a 1 segnalano ambienti via via più compromessi; qundi l’interpretazione dei valori si inverte rispetto a quella che si ottiene con l’EPI-D in scala 0-4, pur restando identico, ovviamente, il giudizio finale. Il calcolo dell’ EPI-D1-20 si effettua alla prima cifra decimale. Anche con questo tipo di interpretazione è opportuno considerare come classi di passaggio quelle i cui i risultati sono a cavallo dei valori soglia; si può assumere come intervallo di passaggio un ± 0.5. Le principali differenze tra gli indici diatomici europei sono dovute alla presenza di caratteristici ecotipi nelle diverse realtà territoriali, alle differenti liste di specie prese in considerazione, al metodo (alcuni indici considerano solo o soprattutto la sensibilità delle Diatomee alla sostanza organica). Applicando la matrice di correlazione di Pearson ad un gran numero di campioni (160) provenienti da vari corsi d’acqua appenninici nel loro percorso dalla sorgente alla foce, è stata messa in evidenza, pur nella diversità dei valori assoluti, una correlazione altamente significativa (Torrisi, 2003) tra l’EPI-D e alcuni tra i più utilizzati indici diatomici europei presenti nel software OMNIDIA, tra cui IPS, IBD, CEE e SLA.
Parametri chimici correlati con l’EPI-D
I più importanti parametri chimici che influenzano l’indice EPI-D che, si ribadisce, prende in considerazione la sensibilità delle diatomee al carico organico, al grado di mineralizzazione del corp idrico ed alla concentrazione in nutrienti, sono i seguenti:
- ossigeno disciolto e percentuale del valore di saturazione (%V.S.),
- BOD5,
- COD,
- fosforo totale e soprattutto ortofosfati,
- azoto ammoniacale
- azoto nitrico,
- cloruri,
- solfati,
- durezza totale,
- conducibilità.
La correlazione, data la natura dell’indice (integrato, ponderato) non avviene di regola con un singolo fattore, ma con l’insieme degli stessi, che interagiscono nel corpo idrico.
Chi volesse approfondire l'argomento può trovare le metodiche di campionamento e le specie rappresentative delle 5 classi di qualità sul testo liberamente scaricabile L'indice diatomico di eutrofizzazione/polluzione (EPI-D) nel monitoraggio delle acque correnti" di Antonio Dell'Uomo, febbraio 2004.
Fine della 3° e ultima parte
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- LE DIATOMEE COME BIOINDICATORI 1° Parte
- LE DIATOMEE COME BIOINDICATORI 2° Parte
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