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Cod Art 008 | Rev 00 | Data 25 Ago 2006 | Autore Pierfederici Giovanni

 

LE DIATOMEE COME BIOINDICATORI DELL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE CORRENTI - seconda parte -

Nota: il testo del presente articolo (parte uno) è tratto dal Manuale APAT "L'indice diatomico di eutrofizzazione/polluzione (EPI-D) nel monitoraggio delle acque correnti" di Antonio Dell'Uomo, febbraio 2004. Le fotografie sono state realizzate presso la struttura ARPA Marche di Ancona, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Marina Moroni.

Diatoma elongatum

Diatoma elongatum, lago salmastro infradunale di Marotta, località Le Vele. Microscopio rovesciato 1000x Olympus IX70, telecamera CCD AV_TECH. Software ACUMAX Plus V200.

Ecologia delle diatomee

Generalità

Le diatomee colonizzano con un gran numero di specie, di volta in volta differenti, le acque dolci (sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi, paludi, torbiere, ecc.), le acque salmastre e quelle salate (mari ed oceani). Esse possono essere suddivise, in base all’habitat, in due principali categorie: bentoniche e planctoniche. Le diatomee bentoniche sono quelle che vivono aderenti a vari substrati. Se questi sono rappresentati da pietre e ciottoli si parla di diatomee epilitiche; se da idrofite fanerogamiche o muschi o alghe macroscopiche si parla di diatomee epifitiche; se, infine, il substrato è costituito da depositi di limo, in acque tranquille o lentamente fluenti, si hanno le diatomee epipeliche. Le diatomee del benthos sono tipicamente le Pennate, provviste per lo più di rafe; esse si trovano in tutti gli ambienti acquatici fin dove c’è penetrazione di luce: rocce stillicidiose, alveo e sponde di un fiume, torbiere e paludi, rive lacustri e marine, ecc. Le diatomee Centriche, invece, sono presenti quasi esclusivamente nel plancton, sia lacustre che marino. Le diatomee, assieme alle Dinoficee, rappresentano la componente decisamente più importante del plancton marino, le prime dominando nelle acque fresche primaverili ed autunnali, le seconde nelle acque calde e calme della stagione estiva. In un metro cubo d’acqua di mare sono state contate fino a otto milioni di diatomee, da cui anche la denominazione di “foraggio del mare”. Le diatomee, insieme a tutta la frazione del plancton rappresentata dalle alghe, costituiscono il fitoplancton, che si trova al primo anello della catena trofica nei bacini ed è alimento indispensabile per lo zooplancton, secondo anello di questa catena. Sono talmente sensibili alle variazioni della salinità e della temperatura che la loro distribuzione permette di stabilire con precisione il percorso delle correnti marine. I frustuli delle diatomee si conservano inalterati dopo la loro morte e, accumulandosi in grande quantità sul fondo dei bacini, formano depositi conosciuti con il nome di diatomite o farina fossile. Questi depositi sono talora molto vasti e di notevole spessore. Molte specie che si rinvengono nelle rocce sedimentarie possiedono i requisiti di fossili guida ed assumono importanza in stratigrafia. Altre, più numerose, rivestono grande interesse in paleoecologia. E’ facile, ad esempio, dopo aver esaminato al microscopio ottico un campione di farina fossile, dire se la deposizione è avvenuta in bacino lacustre o alla foce di un fiume oppure in mare aperto. Il grande accumulo sul fondo dei bacini di materiale organico dovuto alle diatomee ha contribuito, nel corso delle ere geologiche, alla formazione degli ingenti giacimenti di petrolio. A conclusione di queste breve considerazioni di carattere generale, si vuole tuttavia ricordare che le forme maggiormente coinvolte nel monitoraggio fluviale, oggetto del presente studio, sono quelle bentoniche (soprattutto le Pennate), che possiedono meccanismi per aderire o fissarsi al substrato; nelle acque correnti le diatomee planctoniche (vale a dire le Centriche) sono invece rappresentate da pochi generi, ed ognuno con un numero limitato di specie. Lo sviluppo e le variazioni stagionali delle diatomee dipendono da numerosi fattori: velocità di corrente, temperatura, pH, luce, composizione chimica del corpo idrico. Segue una breve rassegna dei parametri che maggiormente influenzano la distribuzione delle Diatomee, con particolare riferimento alle forme reofile. Si rimanda a Round (1981) per un approfondimento delle conoscenze per quanto concerne l’ecologia delle alghe d’acqua dolce.

08Licmophora

Sopra, Licmophora sp, Fiume Misa (Senigallia, AN). Microscopio rovesciato 1000x Olympus IX70, telecamera CCD AV_TECH. Software ACUMAX Plus V200.

La velocità di corrente

E’ questo un fattore che condiziona molteplici aspetti del metabolismo delle diatomee, come la respirazione o l’assorbimento delle sostanze disciolte. Di norma le acque rapide sono anche molto bene ossigenate. Si possono distinguere in proposito:

Il pH

E’ questo un altro fattore di notevole importanza nel determinare la distribuzione delle diatomee. Le acque a reazione acida, alcalina o neutra danno insediamento a differenti comunità di diatomee. La suddivisione che tiene conto della loro sensibilità al pH, le distingue nelle seguenti classi:

La temperatura

E’ uno dei parametri più problematici da mettere in correlazione diretta con le diatomee, perché le sue variazioni influenzano tutta una serie di fattori chimici e biologici, come la solubilità e la diffusione dei composti chimici, l’ossigenazione e la viscosità dell’acqua, la solubilità dell’anidride carbonica, il metabolismo e la riproduzione delle diatomee. Queste alghe, tuttavia, mostrano una decisa predilezione per le acque fresche primaverili ed autunnali e sembrano non tollerare, se non per breve tempo, temperature superiori a 40°C. Prendendo in considerazione la loro tolleranza alle variazioni di temperatura, le diatomee possono essere distinte in:

Se invece si prendono in considerazione i valori assoluti della temperatura le diatomee possono essere suddivise in:

L’ossigeno disciolto

Rispetto alle loro esigenze nei confronti dell’ossigeno disciolto, Van Dam (1994) suddivide le Diatomee in cinque classi:

La silice

Le diatomee hanno bisogno di silice per la costruzione della loro parete cellulare (frustulo); pertanto il loro sviluppo è condizionato dal tenore in silice del corpo idrico. Ogni specie possiede un proprio optimum per quanto riguarda la concentrazione della silice, che viene assunta in forma solubile, come Si (OH)4. Le necessità variano inoltre nel corso del ciclo vitale dell’alga e con le condizioni chimico-fisiche del mezzo ambiente. Il frustulo risulta di quarzite, o silice amorfa idrata, cui possono essere associate piccole quantità di alluminio, magnesio, ferro e titanio; questa componente inorganica è avvolta da una componente organica costituita da aminoacidi e zuccheri, ma nei diversi generi di Diatomee vengono prodotte anche altre secrezioni extracellulari.

La sostanza organica

All’inizio del secolo appena trascorso Kolkwitz e Marsson (1902, 1908, 1909) hanno potuto dimostrare, dopo tutta una serie di osservazioni sui corsi d’acqua della Germania, che esiste una chiara relazione tra organismi acquatici e corpi idrici sottoposti ad inquinamento organico. Era così nato il “sistema degli organismi saprobi” o “sistema saprobico” che, per successive elaborazioni (tra gli altri: Liebmann, 1962; Fjerdingstad, 1964, 1965; e soprattutto Sládeček, 1973, 1986), ha portato alla suddivisione degli organismi acquatici in vari livelli, o gradi, che manifestano un’affinità o una tolleranza crescente per la sostanza organica. Le diatomee, che sono alghe ben integrate nel sistema saprobico, possono essere suddivise nei seguenti cinque livelli:

I principali parametri coinvolti nel sistema saprobico sono il BOD5, che aumenta progressivamente passando dal primo (BOD5 < 2 mg/l) al quinto livello (BOD5 > 10 mg/l), l’ossigeno disciolto, che invece va diminuendo, ed il popolamento batterico che diviene via via più importante. La stretta gamma di relazioni che intercorre tra la sostanza organica e gli organismi acquatici è molto complessa. Si può tuttavia ricordare brevemente che la sostanza organica disciolta contiene:

La salinità

La capacità di adattamento delle diatomee alle variazioni della concentrazione salina ed in particolare ai cloruri (NaCl, MgCl2) è talora molto limitata (forme stenoaline), altre volte la loro capacità di osmoregolazione è decisamente elevata (forme eurialine). Le prime si trovano tipicamente in acqua dolce (fiumi, laghi) o, con specie ben differenziate, in acqua salata (mari ed oceani, al largo della zona costiera); le seconde in acqua salmastra, dove le condizioni di salinità sono molto variabili (acque costiere, foci di fiumi). Vari autori hanno tentato di eleborare un “sistema di salinità” o “sistema alobico” riferito espressamente alle diatomee; tra questi: Kolbe (1927), Hustedt (1956), Van Dam et al. (1994). Si propone e si riporta di seguito una classificazione in cinque livelli delle diatomee che popolano i corsi d’acqua, rielaborata rispetto agli autori citati:

Fin qui le diatomee che si possono incontrare nei fiumi. Questa classificazione è parte integrante dell’indice diatomico EPI-D in quanto esprime la polluzione minerale del corpo idrico. Se, per completare l’argomento, si vuole estendere la classificazione alle forme che tollerano quantitativi di sali via via più elevati (ma che non interessano l’indice diatomico), si possono aggiungere:

I sali nutritivi

Al sistema trofico, che mette in relazione organismi viventi e contenuto in nutrienti (soprattutto nitrati e fosfati) del corpo idrico, hanno contribuito i lavori di numerosi autori, impossibili da riassumere sia pure sinteticamente in questa sede. Tra gli ultimi che si sono occupati espressamente dei rapporti tra diatomee e sali nutritivi figurano Hofmann (1994) e Van Dam et al. (1994). Semplificando le varie proposte, possiamo qui suddividere le diatomee che popolano i corsi d’acqua in:

Si è soliti definire questi cinque livelli sulla base della concentrazione in fosforo totale, assumendo per il primo livello un valore inferiore a 4-5 µg/l; tale valore aumenta progressivamente nei livelli successivi. Sarebbe tuttavia più opportuno, per quanto concerne le Diatomee, definire questi livelli sulla base del contenuto in ortofosfati. Anche questa classificazione costituisce parte integrante dell’indice diatomico e ad essa si farà riferimento più oltre. Volutamente non sono stati qui inseriti gli ambienti distrofi, ricchi in acidi umici, perché tali ambienti, come ad esempio le torbiere a sfagni, non sono di regola presenti lungo i corsi d’acqua.

Fine della 2° Parte

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