LE DIATOMEE COME BIOINDICATORI DELL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE CORRENTI - seconda parte -
Nota: il testo del presente articolo (parte uno) è tratto dal Manuale APAT "L'indice diatomico di eutrofizzazione/polluzione (EPI-D) nel monitoraggio delle acque correnti" di Antonio Dell'Uomo, febbraio 2004. Le fotografie sono state realizzate presso la struttura ARPA Marche di Ancona, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Marina Moroni.
Diatoma elongatum, lago salmastro infradunale di Marotta, località Le Vele. Microscopio rovesciato 1000x Olympus IX70, telecamera CCD AV_TECH. Software ACUMAX Plus V200.
Ecologia delle diatomee
Generalità
Le diatomee colonizzano con un gran numero di specie, di volta in volta differenti, le acque dolci (sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi, paludi, torbiere, ecc.), le acque salmastre e quelle salate (mari ed oceani). Esse possono essere suddivise, in base all’habitat, in due principali categorie: bentoniche e planctoniche. Le diatomee bentoniche sono quelle che vivono aderenti a vari substrati. Se questi sono rappresentati da pietre e ciottoli si parla di diatomee epilitiche; se da idrofite fanerogamiche o muschi o alghe macroscopiche si parla di diatomee epifitiche; se, infine, il substrato è costituito da depositi di limo, in acque tranquille o lentamente fluenti, si hanno le diatomee epipeliche. Le diatomee del benthos sono tipicamente le Pennate, provviste per lo più di rafe; esse si trovano in tutti gli ambienti acquatici fin dove c’è penetrazione di luce: rocce stillicidiose, alveo e sponde di un fiume, torbiere e paludi, rive lacustri e marine, ecc. Le diatomee Centriche, invece, sono presenti quasi esclusivamente nel plancton, sia lacustre che marino. Le diatomee, assieme alle Dinoficee, rappresentano la componente decisamente più importante del plancton marino, le prime dominando nelle acque fresche primaverili ed autunnali, le seconde nelle acque calde e calme della stagione estiva. In un metro cubo d’acqua di mare sono state contate fino a otto milioni di diatomee, da cui anche la denominazione di “foraggio del mare”. Le diatomee, insieme a tutta la frazione del plancton rappresentata dalle alghe, costituiscono il fitoplancton, che si trova al primo anello della catena trofica nei bacini ed è alimento indispensabile per lo zooplancton, secondo anello di questa catena. Sono talmente sensibili alle variazioni della salinità e della temperatura che la loro distribuzione permette di stabilire con precisione il percorso delle correnti marine. I frustuli delle diatomee si conservano inalterati dopo la loro morte e, accumulandosi in grande quantità sul fondo dei bacini, formano depositi conosciuti con il nome di diatomite o farina fossile. Questi depositi sono talora molto vasti e di notevole spessore. Molte specie che si rinvengono nelle rocce sedimentarie possiedono i requisiti di fossili guida ed assumono importanza in stratigrafia. Altre, più numerose, rivestono grande interesse in paleoecologia. E’ facile, ad esempio, dopo aver esaminato al microscopio ottico un campione di farina fossile, dire se la deposizione è avvenuta in bacino lacustre o alla foce di un fiume oppure in mare aperto. Il grande accumulo sul fondo dei bacini di materiale organico dovuto alle diatomee ha contribuito, nel corso delle ere geologiche, alla formazione degli ingenti giacimenti di petrolio. A conclusione di queste breve considerazioni di carattere generale, si vuole tuttavia ricordare che le forme maggiormente coinvolte nel monitoraggio fluviale, oggetto del presente studio, sono quelle bentoniche (soprattutto le Pennate), che possiedono meccanismi per aderire o fissarsi al substrato; nelle acque correnti le diatomee planctoniche (vale a dire le Centriche) sono invece rappresentate da pochi generi, ed ognuno con un numero limitato di specie. Lo sviluppo e le variazioni stagionali delle diatomee dipendono da numerosi fattori: velocità di corrente, temperatura, pH, luce, composizione chimica del corpo idrico. Segue una breve rassegna dei parametri che maggiormente influenzano la distribuzione delle Diatomee, con particolare riferimento alle forme reofile. Si rimanda a Round (1981) per un approfondimento delle conoscenze per quanto concerne l’ecologia delle alghe d’acqua dolce.
Sopra, Licmophora sp, Fiume Misa (Senigallia, AN). Microscopio rovesciato 1000x Olympus IX70, telecamera CCD AV_TECH. Software ACUMAX Plus V200.
La velocità di corrente
E’ questo un fattore che condiziona molteplici aspetti del metabolismo delle diatomee, come la respirazione o l’assorbimento delle sostanze disciolte. Di norma le acque rapide sono anche molto bene ossigenate. Si possono distinguere in proposito:
- diatomee reobionti: colonizzano esclusivamente le acque correnti, in particolare i torrenti di alta e media montagna; possiedono appositi adattamenti per l’adesione al substrato;
- diatomee reofile: hanno una netta predilezione per le acque correnti, ma si incontrano anche in quelle stagnanti;
- diatomee limnofile: prediligono le acque stagnanti (laghi) o lentamente fluenti, come sono tipicamente quelle del tratto terminale dei fiumi;
- diatomee limnobionti: vivono esclusivamente nelle acque tranquille (laghi, paludi, ecc.);
- diatomee indifferenti alla corrente: sono ugualmente rappresentate nelle acque correnti (ambienti lotici) ed in quelle stagnanti (ambienti lentici).
Il pH
E’ questo un altro fattore di notevole importanza nel determinare la distribuzione delle diatomee. Le acque a reazione acida, alcalina o neutra danno insediamento a differenti comunità di diatomee. La suddivisione che tiene conto della loro sensibilità al pH, le distingue nelle seguenti classi:
- diatomee alcalibionti: esigono ambienti a reazione alcalina (es. Anomoeoneis sphaerophora, Campylodiscus hibernicus, Diatoma vulgaris, Gomphonema olivaceum, Gyrosigma acuminatum, Navicula pygmaea, Navicula tuscula);
- diatomee alcalifile: prediligono un pH superiore a 7 (es. Achnanthes lanceolata, Amphora ovalis, Caloneis amphisbaena, Cyclotella meneghiniana, Cymatopleura elliptica, Meridion circolare, Nitzschia clausii, Rhoicosphenia abbreviata); insieme alle precedenti, popolano corsi d’acqua che solcano terreni di natura calcarea;
- diatomee neutrofile: hanno uno sviluppo ottimale a valori di pH prossimi a 7 (es. Aulacoseira granulata, Cymbella amphicephala, Diatoma moniliformis, Fragilaria arcus, Gomphonema productum, Navicula mutica, Neidium dubium, Nitzschia dubia, Surirella linearis); possono essere qui incluse anche le forme che da alcuni autori vengono chiamate indifferenti al pH;
- diatomee acidofile: prediligono un pH inferiore a 7 (es. Anomoeoneis exilis, Eunotia praerupta, Eunotia glacialis, Pinnularia major, Pinnularia subcapitata, Tabellaria flocculosa); si trovano più frequentemente in corsi d’acqua che scorrono su substrati silicei;
- diatomee acidobionti: si sviluppano sempre a pH inferiore a 7, hanno pH ottimale attorno a 5, prediligono le acque decisamente acide delle torbiere a sfagni; non sono molte le forme che si incontrano negli ambienti lotici, tra queste si possono ricordare Eunotia exigua, Frustulia rhomboides var. saxonica, Pinnularia brauniana.
La temperatura
E’ uno dei parametri più problematici da mettere in correlazione diretta con le diatomee, perché le sue variazioni influenzano tutta una serie di fattori chimici e biologici, come la solubilità e la diffusione dei composti chimici, l’ossigenazione e la viscosità dell’acqua, la solubilità dell’anidride carbonica, il metabolismo e la riproduzione delle diatomee. Queste alghe, tuttavia, mostrano una decisa predilezione per le acque fresche primaverili ed autunnali e sembrano non tollerare, se non per breve tempo, temperature superiori a 40°C. Prendendo in considerazione la loro tolleranza alle variazioni di temperatura, le diatomee possono essere distinte in:
- stenoterme, se tollerano solo piccole oscillazioni di temperatura, dell’ordine di 10°C;
- euriterme, quando sopportano oscillazioni di temperatura di maggiore ampiezza.
Se invece si prendono in considerazione i valori assoluti della temperatura le diatomee possono essere suddivise in:
- oligoterme, quando si incontrano solo a basse temperature, inferiori a 15°C;
- mesoterme, se vivono a temperature comprese tra 15 e 30°C;
- euterme o politerme, quando esigono acque calde, con temperature superiori a 30°C.
L’ossigeno disciolto
Rispetto alle loro esigenze nei confronti dell’ossigeno disciolto, Van Dam (1994) suddivide le Diatomee in cinque classi:
- specie che esigono una ossigenazione del corpo idrico molto elevata (100% di saturazione), es. Achnanthes flexella, Diatoma hyemalis, Surirella spiralis;
- specie che necessitano comunque di una forte quantità di ossigeno (saturazione > 75%), es. Gomphonema olivaceum, Meridion circolare, Navicula radiosa;
- specie che si sviluppano in presenza di una moderata ossigenazione (saturazione >50%), es. Caloneis amphisbaena, Cymatopleura solea, Diatoma tenuis;
- specie per le quali è sufficiente una bassa quantità di ossigeno (saturazione > 30%), es. Anomoeoneis sphaerophora, Navicula gregaria, Surirella ovalis;
- specie che riescono a vivere in ambienti con una quantità di ossigeno molto bassa (circa 10% di saturazione); sono molto poche, tra queste Navicula accomoda e Nitzschia umbonata.
La silice
Le diatomee hanno bisogno di silice per la costruzione della loro parete cellulare (frustulo); pertanto il loro sviluppo è condizionato dal tenore in silice del corpo idrico. Ogni specie possiede un proprio optimum per quanto riguarda la concentrazione della silice, che viene assunta in forma solubile, come Si (OH)4. Le necessità variano inoltre nel corso del ciclo vitale dell’alga e con le condizioni chimico-fisiche del mezzo ambiente. Il frustulo risulta di quarzite, o silice amorfa idrata, cui possono essere associate piccole quantità di alluminio, magnesio, ferro e titanio; questa componente inorganica è avvolta da una componente organica costituita da aminoacidi e zuccheri, ma nei diversi generi di Diatomee vengono prodotte anche altre secrezioni extracellulari.
La sostanza organica
All’inizio del secolo appena trascorso Kolkwitz e Marsson (1902, 1908, 1909) hanno potuto dimostrare, dopo tutta una serie di osservazioni sui corsi d’acqua della Germania, che esiste una chiara relazione tra organismi acquatici e corpi idrici sottoposti ad inquinamento organico. Era così nato il “sistema degli organismi saprobi” o “sistema saprobico” che, per successive elaborazioni (tra gli altri: Liebmann, 1962; Fjerdingstad, 1964, 1965; e soprattutto Sládeček, 1973, 1986), ha portato alla suddivisione degli organismi acquatici in vari livelli, o gradi, che manifestano un’affinità o una tolleranza crescente per la sostanza organica. Le diatomee, che sono alghe ben integrate nel sistema saprobico, possono essere suddivise nei seguenti cinque livelli:
- diatomee xenosaprobie: non tollerano la sostanza organica. Ne sono esempi: Achnanthes flexella, Diatoma hyemalis, Pinnularia divergens;
- diatomee oligosaprobie: tollerano solo piccole quantità di sostanza organica. Esempi: Cymbella affinis, Neidium binode, Navicula radiosa;
- diatomee β-mesosaprobie: si sviluppano bene in presenza di una moderata quantità di sostanza organica, che viene completamente degradata. Esempi: Diatoma vulgaris, Melosira varians, Cymatopleura solea;
- diatomee α-mesosaprobie: si trovano in ambienti con elevate quantità di sostanza organica, la cui demolizione è solo parziale, si arresta quando l’ossigeno disponibile risulta tutto consumato. Esempi: Caloneis amphisbaena, Navicula cuspidata, Nitzschia hungarica;
- diatomee polisaprobie: sopportano una polluzione organica molto forte, in ambienti dove i processi riduttivi dominano su quelli ossidativi, formazione di composti tossici. Esempi: Navicula accomoda, Navicula goeppertiana, Navicula saprophila.
I principali parametri coinvolti nel sistema saprobico sono il BOD5, che aumenta progressivamente passando dal primo (BOD5 < 2 mg/l) al quinto livello (BOD5 > 10 mg/l), l’ossigeno disciolto, che invece va diminuendo, ed il popolamento batterico che diviene via via più importante. La stretta gamma di relazioni che intercorre tra la sostanza organica e gli organismi acquatici è molto complessa. Si può tuttavia ricordare brevemente che la sostanza organica disciolta contiene:
- alcuni principi nutritivi (soprattutto amminoacidi liberi);
- importanti mediatori chimici che svolgono azione per lo più oligodinamica nei confronti degli organismi viventi. Tra questi: la vitamina B1 (o tiamina), la vitamina B12 (o cianocoblammina) essenziale per l’accrescimento di molte diatomee e la vitamina H (o biotina);
- fattori ad azione antibiotica prodotti soprattutto da batteri, cianoprocarioti (alghe azzurre), Dinoficee e funghi, che agiscono eterospecificamente a tutti i livelli della catena trofica. L’affinità/tolleranza delle diatomee per la sostanza organica è parte integrante dell’indice EPI-D. Gli altri parametri che influenzano direttamente questo indice sintetico sono la polluzione minerale ed il grado trofico, dei quali si parla in successione.
La salinità
La capacità di adattamento delle diatomee alle variazioni della concentrazione salina ed in particolare ai cloruri (NaCl, MgCl2) è talora molto limitata (forme stenoaline), altre volte la loro capacità di osmoregolazione è decisamente elevata (forme eurialine). Le prime si trovano tipicamente in acqua dolce (fiumi, laghi) o, con specie ben differenziate, in acqua salata (mari ed oceani, al largo della zona costiera); le seconde in acqua salmastra, dove le condizioni di salinità sono molto variabili (acque costiere, foci di fiumi). Vari autori hanno tentato di eleborare un “sistema di salinità” o “sistema alobico” riferito espressamente alle diatomee; tra questi: Kolbe (1927), Hustedt (1956), Van Dam et al. (1994). Si propone e si riporta di seguito una classificazione in cinque livelli delle diatomee che popolano i corsi d’acqua, rielaborata rispetto agli autori citati:
- diatomee alofobe: forme di acqua dolce che non tollerano i cloruri, se non in concentrazione inferiore a 20 mg/l. Esempi: Achnanthes flexella, Diatoma hyemalis, Neidium alpinum;
- diatomee oligoalobie esigenti: tollerano solo una piccola quantità di cloruri (20-50 mg/l). Esempi: Achnanthes minutissima, Amphora inariensis, Fragilaria capucina;
- diatomee oligoalobie tolleranti: hanno uno sviluppo ottimale a valori di salinità compresi tra 50 e 200 mg/l. Esempi: Cocconeis pediculus, Cocconeis placentula, Gomphonema parvulum;
- diatomee alofile: forme per le quali un moderato contenuto in sali (cloruri) risulta stimolante; salinità compresa tra 200 e 500 mg/l. Esempi: Caloneis amphisbaena, Entomoneis paludosa, Cyclotella meneghiniana; la loro presenza è il segnale di un moderato inquinamento minerale di origine antropica, se non dovuto, come talvolta può verificarsi (affioramenti di rocce evaporitiche), a cause naturali;
- diatomee β-mesoalobie: forme d’acqua oligosalmastra, con salinità che oscilla tra 0,5 e 5 g.l-1. Esempi: Bacillaria paradoxa, Navicula halophila, Nitzschia lorenziana; queste specie, ed altre dal medesimo comportamento ecologico, segnalano un forte inquinamento minerale.
Fin qui le diatomee che si possono incontrare nei fiumi. Questa classificazione è parte integrante dell’indice diatomico EPI-D in quanto esprime la polluzione minerale del corpo idrico. Se, per completare l’argomento, si vuole estendere la classificazione alle forme che tollerano quantitativi di sali via via più elevati (ma che non interessano l’indice diatomico), si possono aggiungere:
- diatomee α-mesoalobie: forme di acqua salmastra con salinità compresa tra 5 e 20 (-30) g/l;
- diatomee eualobie; forme tipicamente marine, salinità compresa tra 30 e 40 g/l;
- diatomee polialobie (o iperalobie): tollerano valori di salinità superiori a 40 g/l.
I sali nutritivi
Al sistema trofico, che mette in relazione organismi viventi e contenuto in nutrienti (soprattutto nitrati e fosfati) del corpo idrico, hanno contribuito i lavori di numerosi autori, impossibili da riassumere sia pure sinteticamente in questa sede. Tra gli ultimi che si sono occupati espressamente dei rapporti tra diatomee e sali nutritivi figurano Hofmann (1994) e Van Dam et al. (1994). Semplificando le varie proposte, possiamo qui suddividere le diatomee che popolano i corsi d’acqua in:
- specie caratteristiche di ambienti ipotrofici (o ultraoligotrofi), come Achnanthes flexella, Amphora inariensis e Diatoma hyemalis;
- specie caratteristiche di ambienti oligotrofi, come Diatoma mesodon, Diploneis elliptica ed Ellerbeckia arenaria;
- specie caratteristiche di ambienti mesotrofici, come Diatoma vulgaris, Melosira varians e Navicula viridula;
- specie caratteristiche di ambienti eutrofi, come Navicula capitata, Navicula goeppertiana e Nitzschia hungarica;
- specie caratteristiche di ambienti ipertrofici, come Navicula accomoda, Navicula seminulum e Nitzschia capitellata.
Si è soliti definire questi cinque livelli sulla base della concentrazione in fosforo totale, assumendo per il primo livello un valore inferiore a 4-5 µg/l; tale valore aumenta progressivamente nei livelli successivi. Sarebbe tuttavia più opportuno, per quanto concerne le Diatomee, definire questi livelli sulla base del contenuto in ortofosfati. Anche questa classificazione costituisce parte integrante dell’indice diatomico e ad essa si farà riferimento più oltre. Volutamente non sono stati qui inseriti gli ambienti distrofi, ricchi in acidi umici, perché tali ambienti, come ad esempio le torbiere a sfagni, non sono di regola presenti lungo i corsi d’acqua.
Fine della 2° Parte
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