BiologiaMarina.eu

 

 

Cod Art 0679 | Rev 00 | Data 06 Mag 2015 | Autore Ottavio Luoni

 

L'ANTICO BACINO LIGURE - PIEMONTESE

Quella che stò per descrivervi è la storia di un antico bacino e ciò che resta di esso, un tempo ubicato ove ora si estende gran parte della pianura lombarda. Questo antico mare lambiva i contrafforti delle Alpi Liguri (comprendeva le zone orientali delle Langhe e dell'alto Monferrato) e si spingeva fino alle attuali colline che circondano la città di Torino.

Per meglio comprendere l'origine di questo antico mare, è necessario ripercorrere i più importanti eventi geologici che hanno interessato questa zona degli ultimi 300 milioni di anni.

In quel periodo, la configurazione delle terre emerse era completamente diversa da quella attuale, visto che erano riunite in un unico supercontinente chiamato Pangea; i continenti iniziarono a separarsi e a cambiare posizione solo successivamente, formando nel tempo nuovi mari e oceani. Il continente Africano (in verde chiaro in figura 1), ad esempio, era separata dall'Eurasia da un mare chiamato Tetide. Questo bacino era molto esteso verso est (attuale oceano Indiano).

Paleotetide

Fig1. Configurazione delle terre emerse all'inizio del Triassico. Credit immagine: Stampfli e Borel, 2002. Modificato. (Da Wikipedia).

Il primitivo oceano tetideo, nella figura qui sopra, è suddiviso in Neotetide (con crosta oceanica in espansione) e Paleotetide (originatasi nel Palozoico e ora in fase di chiusura). La Pangea appare bordata, a nord e a est, da zone di subduzione attive (linee rosse) della crosta oceanica, sotto la placca continentale euro-asiatica.
L'espansione della Neotetide prosegue e le micro-placche cimmeriche si avvicinano al margine settentrionale della Paleotetide (immagine qui sotto, figura 2), ormai molto ridotta. Nel settore nord-occidentale della Tetide si individuano nuovi piccoli bacini oceanici in fase di espansione. Un sistema di rift attivo interessa l'area corrispondente alla micro-placca Adria, almeno dal Triassico Medio.

Paleotetide

Fig2. Configurazione delle terre emerse dal medio al tardo Triassico. Credit immagine: Stampfli e Borel, 2002. Modificato. (Da Wikipedia).

Successivamente si attiva il rift del nord Atlantico e inizia la separazione tra Laurasia e Gondwana (figura 3); la micro-placca Adria è attivamente interessata da fasi tettoniche distensive in conseguenza dell'incipiente apertura della Tetide.

Paleotetide

Fig3. Configurazione delle terre emerse nel Giurassico inferiore. Credit immagine: Stampfli e Borel, 2002. Modificato. (Da Wikipedia).

Durante il Giurassico (190 milioni di anni fa), la placca africana si spostò verso est relativamente alla placca europea (presa come riferimento stabile). Questi movimenti produssero uno stiramento con conseguente assottigliamento della crosta nell'area della Tetide sud-occidentale (distensione crostale permo-mesozoica). Da quel momento, la Tetide meridionale si estese verso occidente tra i due futuri continenti Africa ed Europa ed il mare incominciò ad invadere i loro margini, rispettivamente settentrionale e meridionale (trasgressione marina).
Con il procedere della trasgressione, i primi bacini costieri (acque poco profonde) furono sostituiti da depositi di mare via via più profondo (sedimenti di piattaforma e di bacino) che formeranno le sequenze mesozoiche dei futuri domini appenninici di pertinenza continentale africana. Grazie a questi "spostamenti" iniziò a formarsi l'oceano Ligure-Piemontese (Fig 4), che a est lambiva i confini di quelle due placche, mentre a ovest era in contatto con l'oceano Atlantico, anch'esso in fase di formazione.

Bacino Ligure Piemontese

Fig4. Configurazione delle terre emerse al termine del Giurassico. Credit immagine: Stampfli e Borel, 2002. Modificato.

Come tutti gli oceani, anche quello Ligure-Piemontese aveva una dorsale medio-oceanica, attraversata da parecchie faglie. Durante la formazione di questo bacino, la crosta terrestre, che rappresentava il fondo di quell'oceano, si assottigliò molto e in alcuni punti si lacerò, permettendo alle lave vulcaniche, provenienti dal mantello terrestre, di fuoriuscire. È noto che quando si formano vulcani sottomarini, le lave che ne fuoriescono sono tendenzialmente basiche e, solidificando rapidamente, assumono aspetti particolari (pillows, figura 5). È in questo momento, quindi, che si formarono le rocce ofiolitiche e basaltiche. Tra la fine del Giurassico e l'inizio del Cretacico (circa 140 milioni di anni fa) l'oceano Ligure-Piemontese divenne sempre più grande, grazie proprio all'allontanamento della placca africana da quella europea. Nel fondo di quell'oceano, sopra ai depositi lavici, iniziarono a depositarsi altri sedimenti, depositi di mare estremamente profondo, "calcari a calpionelle" (cretacico basale) e "argille a palombini" (cretacico superiore).

  Basalti a pillows In Italia, formazioni basaltiche a pillows, antiche lave provenienti da vulcani sottomarini solidificatesi rapidamente per effetto della pressione e della temperatura dell'acqua, sono visibili in diverse località dell'Appennino centrale. Per esempio, nelle province di Parma e Piacenza, sono visibili presso il monte Maggiorasca, il monte Penna e il monte Ragola; si tratta delle cime che fanno da spartiacque tra il mar Ligure e la pianura Padana.
Altre aree a pillows sono presenti nella media val Trebbia (Bobbio), nella media val Taro (tra Berceto e Borgotaro), nell'Appennino reggiano a Rossena, nell'Appennino modenese a Boccassuolo e, infine, nell'Appennino bolognese presso Sasso di Castro, presso il Passo della Futa. Quest'ultima località è interessantissima poiché è possibile osservare un raro esempio di antica crosta oceanica giurassica, completa in tutte le sue componenti litologiche.
    Tratto da: Poli Giancarlo - Geositi: testimoni del tempo.
Fig5. Basalti a pillows della cava di Rossena (RE).

Ad un certo punto, circa 75 milioni di anni fa, termina il processo di distensione e la zolla africana prese a muoversi con una lentissima rotazione antioraria, tanto da avvicinarla sempre di più, fino alla definitiva collisione con la zolla euroasiatica. Questo continuo movimento, generò una nuova catena montuosa dal nome a noi famigliare: le Alpi.

Nell'incavo dell'arco alpino in formazione, si delineò un braccio di mare in cui si depositarono molti sedimenti provenienti dalla giovane catena montuosa, che furono successivamente deposti in una zona corrispondente all'attuale Monferrato. Questa zona rimase per lungo tempo sommersa, mentre quella corrispondente alle Langhe era in parte emersa. Successivamente, nell'oligocene medio, nella stessa zona, avvenne un'altra importante trasgressione marina, la quale determinò la progressiva riconquista delle terre emerse in precedenza.

Si formò un ampio golfo, denominato appunto Bacino terziario ligure piemontese. In questo mare oligocenico, si potevano distinguere un'area costiera a sud ovest, con profili molto frastagliati e bordata da gruppi di piccole isole e zone di mare aperte e profonde, tanto più ci si spostava verso nord.

Ricapitolando, il Piemonte e parte della Liguria attuale, corrispondevano ad un bacino di sedimentazione marina, mentre nelle zone costituite da terre emerse, che attorniavano questo tratto di mare, si formarono dei depositi continentali.

Questa successione di strati, nella sua parte inferiore, erano costituite da rocce detritiche grossolane (per esempio formazione di Molare), il cui contenuto era caratterizzato da conglomerati e arenarie, tipiche di depositi di ambienti continentali e marini costieri. A questi sedimenti, seguirono più tardi formazioni fangose sedimentarie caratteristici di mari molto più profondi.

Formazione di Molare e lago Tana
Fig6. Formazione di Molare e lago Tana.

Fra i depositi continentali di questo periodo (Oligocene), possiamo ricordare i giacimenti di Cadibona, Bagnasco e Cassinelle; tra questi il più importante è senza ombra di dubbio quello di Cadibona, il quale è ubicato in provincia di Savona, nei pressi dell'omonimo colle. Questo livello fossilifero risulta posizionato alla base di una sedimentazione di ambiente fluviolacustre, in corrispondenza di uno dei piccoli bacini lignitiferi, ove si instaurarono dapprima condizioni atte alla formazione di accumuli di torba ove vennero inglobati i resti di vari vertebrati. In seguito, il suddetto bacino venne progressivamente colmato da sedimenti arenacei-marnosi, che hanno protetto i fossili presenti dalle trasgressioni marine.

I resti fossili più importanti ritrovati in questo giacimento appartengono quasi esclusivamente a Anthracotherium magnum, un suide di grandi dimensioni, probabile antenato dei cinghiali e da alcuni artiodattili primitivi, come il Bachitherium insigne e l'Hyracodontherium filholi.

Antracoterum magnum
Fig7. Anthracotherium magnum.

Nella parte ubicata più ad est, che corrispondeva all'attuale Monferrato, il clima tropicale favorì la formazione e l'estensione di scogliere coralline brulicanti di vita e di organismi bentonici come molluschi, foraminiferi, briozoi, echinoidi e nummuliti, mentre negli ambienti deltizi si formarono colonie di organismi marini che potevano sopportare forti diminuzioni della salinità (animali eurialini). In questi sedimenti detritici abbondavano molluschi ceratidi (generi Tympanotonus, Cerithium, Potamides, ecc...).

granchio decapode antico bacino Ligure Piemontese
Fig8. Fossile granchio decapode

Tra i fossili marini più caratteristici di questo giacimento oligocenico, vi sono vari decapodi legati al fondo marino; ricordiamo i generi Calappa e Ranina, mentre tra gli organismi animali nuotatori, ricordiamo i generi Portunus e Coeloma. Questi fossili caratterizzano i famosi giacimenti di Ovada, Molare e Ciglione, in provincia di Alessandria.


Fig9. Tavola porzione occidentale dell'antico bacino ligure-piemontese. Oligocene.

Sempre nell'ambito della sedimentazione del bacino Ligure – Piemontese, dobbiamo ricordare anche il giacimento di Sassello, in provincia di Savona. In quest'area (località Maddalena-Ponteprina), era presente un'antica e piccola scogliera corallina, ove sono stati ritrovati, oltre a molti resti di alghe calcaree rosse (Corallinales), anche un esemplare completo di un mammifero marino, appartenente al gruppo dei Sirenidi, parente degli attuali dugonghi.

L'Oligocene (32-23 m.a.) rappresenta un'epoca molto importante per i mutamenti climatici ma non solo, infatti questo periodo è caratterizzato anche dall'affermazione delle angiosperme (piante provviste di "fiori evidenti"), sulle gimnosperme (piante con "fiori nascosti") e dal grande sviluppo evolutivo dei mammiferi che, differenziandosi e specializzandosi sempre di più, occuparono molte nicchie ecologiche, a volte anche con forme gigantesche. A questo proposito famoso è il giacimento di Stella Santa Giustina, ubicato sempre nel territorio Savonese. Questo sito paleontologico, circa 30 milioni di anni fa, era una piana alluvionale con corsi d'acqua e piccoli laghi ed era ricoperta da una florida vegetazione molto simile a quella delle attuali foreste tropicali.

Nelle filliti (strati con resti vegetali) presenti sul luogo, sono stati rinvenuti molti resti di specie ormai scomparse dalle flore europee come felci arboree e grandi palme. Nel complesso sono stati identificate 17 generi di Pteridofiti, 7 di Gimnosperme, 90 di angiosperme dicotiledoni e 30 di monocotiledoni. Da segnalare anche la presenza di resti di tartarughe palustri (Tryonix pedemontana) e di un piccolo coccodrillo.

Fillite San Giustina
Fig10. Fillite San Giustina.

Alla fine dell'Oligocene, il mare continuò la sua avanzata ricoprendo completamente tutta questa zona e divenne sempre più profondo; si depositarono per milioni di anni strati di fanghiglie calcaree, destinate a trasformarsi in marne, che ricoprirono quello che un tempo era un paesaggio diversificato, ricco di isole e penisole, ma questa è tutta un'altra storia che ci porta direttamente al successivo periodo Miocenico, periodo nel quale si realizzò una nuova configurazione paleogeografica del Mediterraneo occidentale, dovuta alla rotazione del blocco continentale sardo-corso, con l'apertura di un nuovo bacino marino, chiamato Bacino Algero-Provenzale, ma con caratteristiche totalmente diverse dal bacino appena descritto.

Fillite San Giustina
Fig11. Fillite San Giustina.


UN ESEMPIO: GENESI DEL MONTE ROSA
Come detto, le Alpi nascono quando, nel Giurassico superiore, la placca euroasiatica a nord e quella africana a sud (che spinge a sua volta la placca austroalpina) entrano in collisione, deformando gradatamente le rocce magmatiche del fondale oceanico e quelle sovrastanti, di tipo sedimentario. Nell'attuale Val d'Aosta e Piemonte, l'acme della fase orogenetica produsse enormi pressioni e le massime temperature che, trasformarono non solo le rocce preesistenti (metamorfismo), ma anche deformazioni dei litotipi (piegamenti, accavallamenti e impilamenti di masse rocciose - falde di ricoprimento), nonché la messa in posto di una serie di plutoni. La situazione geologica delle Alpi, pertanto, non è di semplice lettura. Nel caso del monte Rosa, che prendiamo come esempio, la maggior parte delle rocce metamorfiche è costituita da gneiss (graniti trasformati e altre rocce ignee). I graniti si consolidarono attorno a 310 milioni di anni fa, in rocce sedimentarie o ignee, in ogni caso gia metamorfosate in paragneiss, marmi e anfiboliti. In alcune zone del monte Rosa, come a Macugnaga, gli gneiss sono detti "occhiadini", poiché il feldespato è distribuito nella roccia sottoforma di granelli o masserelle ghiandolari allungate e parallele. Il Rosa, come altri massicci cristallini (monte Bianco e Gran Paradiso), erano ubicati al margine meridionale del continente europeo e probabilmente subirono più "smembramenti" a causa dell'orogenesi alpina, prodotta dall'avvicendamento tra la placca Africana e quella Europea. Le rocce che circondano il massiccio del monte Rosa, testimoniano l'antica presenza di bacini sedimentari sommersi dalle acque marine: i marmi del Triassico e i calcescisti del Triassico. Questi ultimi sovrastavano le serpentine costituenti il fondale oceanico, specialmente nella parte a sud del massiccio, interessata da episodiche effusioni basaltiche, ora trasformate in prasiniti. La successiva orogenesi impilò questi strati, che finirono per costituire le falde di ricoprimento del monte Rosa.
Le calcescisti, per inciso, sono costituite da mescolanze di argille e sabbie che il metamorfismo ha trasformato in mica e clorite, che conferiscono un aspetto lucido alle rocce (schistes lustrés, in francese).
Praticamente, tutte le rocce del monte Rosa, dalla più antica alla più recente, sono state metamorfosate. Ed è proprio il metamorfismo che contribuisce a chiarire la complessa storia delle rocce e sul tempo in cui si sono verificate le cpmlesse vicende del nostro territorio.
Da un articolo di Pompeo Casati, 1987.


___________________________________________________________________

Note: tutti i siti paleontologici citati in questo articolo sono protetti da vincoli geologici e paleontologici.
Parte del testo sulla paleotetide è tratta dal sito: http://homepage.hispeed.ch/GBeatrizotti/Appennini.html.
Le immagini della paleotetide (fig.1, 2 e 3), sono tratte da Wikipedia.
La figura 4 è tratta da Stamp G.M., Borel G.D. (vedere bibliografia).
L'immagine della figura 5 è tratta da Poli Giancarlo - Geositi: testimoni del tempo.
Le immagini (fig. 7 e successive) provengono dal sito ParcoBeigua.it.
La foto della formazione di Molare (fig. 6) proviene dal sito www molare.net.

BIBLIOGRAFIA

 

AGGIUNGI UN COMMENTO [Gentile utente, puoi manifestare liberamente la tua opinione all'interno di questo thread. Ricorda che la pubblicazione dei commenti è sospesa al di fuori del consueto orario lavorativo; il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500, se superi questo limite il tuo intervento sarà annullato. Solo i commenti provenienti da utenti verificati andranno direttamente online, quelli non verificati vedranno i propri messaggi sostare in pre moderazione per pochi minuti. Inoltre, è necessario attenersi alla Policy di utilizzo del sito: evita gli insulti, le accuse senza fondamento e mantieniti in topic. Grazie. BiologiaMarina.eu].
comments powered by Disqus

 

ARTICOLI CORRELATI