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Cod Art 00Vid220413 | Rev 00 | Data 22 Apr 2013 | Autore: -- -- -- -- -- --

 

   

 

VIDEO: How the oceans can clean themselves: Boyan Slat at TEDxDelft - Pacific Plastic Vortex

 


Traduzione e sottotitoli video a cura di Elena Montrasio. Translated into Italian by Elena Montrasio.

Avete presente il famoso vortice di plastica del Pacifico, altrimenti denominato North Pacific Gyre? Si tratta, in realtà, non di un vortice, ma di più vortici (anche il Mediterraneo ha il suo), ovvero di correnti marine chiuse che intrappolano al loro interno ogni sorta di rifiuti. Tra questi, i più rappresentati sono quelli non biodegradabili, ovvero la plastica, da cui il nome di Pacific Plastic Vortex.
Si cominciò a parlare diffusamente del North Pacific Gyre nel 2007, quando comparve in rete una foto di un uomo in canoa completamente circondato da ogni sorta di rifuto di plastica. In realtà quella famosa fotografia fu scattata nel porto di Manila, da tutt'altra parte, anche se in uno scenario non meno drammatico. Il vero Pacific Plastic Vortex e i suoi simili sono però più subdoli, più insidiosi, infatti sono decisamente più estesi e quasi invisibili; si tratta infatti di microframmenti di materiale plastico concentrati su un'area di oltre 5.000 km quadrati di oceano. E sono proprio le dimensioni di tali frammenti che permettono loro di entrare nella complessa rete alimentare del mare. Il video sopra spiega bene cosa accade e come la plastica venga trasferita (biomagnificata) da un livello trofico ad un altro, da un pesce più piccolo ad uno più grande.

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Sopra, animazione tratta da GreenPeace.org [Pacific Plastic Vortex].

La Goldstein, biologa marina che da anni studia il fenomeno, afferma: "I detriti microplastici nel nord Pacifico sono aumentati di due ordini di grandezza tra il 1972-1987 e il 1999-2010, sia quantitativamente che nella densità".
Tim Silverwood, ambientalista australiano, afferma invece: "È sempre più preoccupante pensare a cosa questo possa significare per noi, perché queste particelle, che contengono costanze chimiche tossiche e cancerogene, vengono consumate da ogni forma di vita, comprese le specie che fanno parte del nostro cibo".
I frammenti plastici sono stati, negli anni, insediati anche da diverse comunità microbiche. Durante la International Marine Debris Conference, tenutasi a Honolulu il il 24 e il 25 marzo 2011, Tracy Mincer, del Woods Hole Oceanographic Institution, insieme al suo gruppo di ricerca, ha presentato la prima relazione sui batteri trovati nelle microparticelle di plastica; il team di ricerca ha scoperto che le microcavità delle particelle plastiche ospitano microrganismi che potrebbero, il condizionale è d'obbligo, metabolizzare i rifiuti plastici.
Come detto, anche il Mediterraneo ha il suo vortice di spazzatura. L’Italia è un paese doppiamente esposto a questo problema. Lo è perché è stato il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta (in Italia si consumavano il 25% degli shopper non biodegradabili commercializzati in tutta Europa) e perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come tutti i mari del resto del pianeta dall'inquinamento da plastica. È, anche e soprattutto per quest,o che il nostro Paese ha adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili, entrato in vigore con tante peripezie a partire dal 1 gennaio 2011.
Il 9 marzo 2011 Legambiente presentò un dettagliato rapporto sull'impatto della plastica in generale e delle shopper in particolare; nella prima parte del rapporto è stata riportata una panoramica dell'ampia letteratura scientifica sulla presenza in mare dei rifiuti plastici in generale e più in particolare dei sacchetti. In particolare, da segnalare il rapporto UNEP Marine Litter: a global challenge, dell’aprile 2009.
La seconda parte del rapporto, curata da ARPA Toscana, propose i dati rilevati dall'Agenzia su queste tematiche, nell'ambito del monitoraggio marino costiero e della balneazione, effettuato dal 1996, utilizzando, per il primo caso, il suo battello oceanografico Poseidon.
La terza parte del rapporto, curata da ARPA Emilia Romagna, illustrò, invece, la situazione dei rifiuti plastici nel Mare Adriatico. L'ultima parte, infine, evidenziò i danni causati dalla plastica agli animali in ambiente acquatico, secondo i principali studi effettuati nel mondo.
Il rapporto completo sulla plastica in Mediterraneo, pubblicato dell'ARPA Toscana, è disponibile sia in html che in formato pdf. La possibilità che la plastica negli oceani sia sottostimata, deriva dal fatto che migliaia di tonnellate giacciono sul fondo marino, come documentato da uno studio di Lazan e Gracar, ricercatori dell’Università di Zagabria. Per approfondimenti vedere Rifiuti sul fondo dell’Adriatico.
Qui una news tratta da GreenReport che introduce ad un progetto olandese per ridurre la plastica in mare.

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