LO SQUALO GOBLIN
Per gentile concessione di Marco Angelozzi - www.prionace.it
Uno squalo rosa con le pinne blu che nuota a 1000 m di profondità? Non è immaginazione ma realtà, quella che descrive un animale particolarissimo, conosciuto per la prima volta nel 1898 e che prende il nome di squalo goblin o squalo folletto (Mitsukurina owstoni). Il nome del genere (Mitsukurina) deriva da quello dello zoologo giapponese K. Mitsukuri, che diede il primo esemplare conosciuto a D. Jordan per la descrizione ed identificazione. Il nome della specie (owstoni) invece viene da A. Owston, un collezionista che acquistò il primo esemplare da un pescatore giapponese.
Lo squalo goblin ha il muso allungato e appiattito, a forma di lama, con occhi piccoli privi di membrana nittitante (nota 1).
L'intero corpo ha una colorazione rosa diffusa, dovuta ai vasi sanguigni che si trovano sotto la pelle che presenta, situazione unica tra gli squali, uno spessore minimo, quasi trasparente. Anche la rigidità del corpo è minima, addirittura molle e flaccido e la pelle tende a rovinarsi e lacerarsi con facilità. Le pinne hanno una colorazione bluastra, le pettorali sono corte e larghe, le due dorsali arrotondate e più piccole delle ventrali e della pinna anale, anche questa arrotondata. Gli spiracoli sono presenti e sono di piccole dimensioni (nota 2).
Dai primi elementi descrittivi, si può intuire che lo squalo goblin probabilmente non è un gran nuotatore, dotato di scatti poderosi e grande velocità, come altri squali appartenenti all'ordine Lamniformes (es: squalo bianco, Carcharodon carcharias e squalo mako, Isurus oxyrinchus). Anche la conformazione della pinna caudale, con il lobo superiore sviluppato e quello inferiore praticamente assente, insieme alla dimensione ridotta delle aperture branchiali, suggeriscono che questo animale tende a muoversi soprattutto in prossimità dei fondali marini, con brevi e lenti spostamenti.
I denti anteriori dello squalo goblin sono lunghi, lisci e sottili (quindi abbastanza fragili) mentre quelli posteriori tozzi e più robusti. Questa disposizione fa pensare che le sue prede siano costituite soprattutto da piccoli pesci, cefalopodi e crostacei, prede catturate e trattenute dai denti anteriori e poi frantumate da quelli posteriori. Lo squalo goblin sembra essere aiutato nella ricerca e cattura delle prede dal suo muso allungato, che può contenere un numero elevato di Ampolle di Lorenzini (nota 3), e da un sistema di estrema protrusione della mascella.
Durante l'attacco, infatti, il goblin spinge in avanti la mascella in maniera molto evidente, più che nelle altre specie di squalo, quasi come una catapulta, che fa chiudere le sue fauci in poche frazioni di secondo, come una trappola mortale. Dopo aver catturato la preda, l'attacco termina e la mascella viene ritratta attraverso dei legamenti delle articolazioni mandibolari.
Il meccanismo di protrusione della mascella viene filmato per la prima volta nel 2008: nel video, che viene qui sotto riproposto, si vede un piccolo squalo goblin che viene stimolato a mordere l'avambraccio di un subacqueo, per mettere appunto in risalto i movimenti completi (si precisa che, in condizioni normali, lo squalo goblin non è considerato pericoloso per l'uomo e non si è mai verificato alcun attacco).
Lo squalo goblin è presente in alcune aree dell'Oceano Atlantico, nelle acque che bagnano l'Africa del Sud, il Portogallo e la Francia, nell'Oceano Pacifico, dal Giappone all'Australia fino alla Nuova Zelanda. È una creatura abissale, nuota a profondità medie comprese tra 270 e 950 metri, fino ad arrivare a 1300 metri. Raramente è stato avvistato a basse profondità.
Le dimensioni massime di questo squalo sembrano arrivare fino a 400 cm, mentre quelle medie sarebbero di 200-300 cm. Non ha importanza commerciale, qualche esemplare viene pescato accidentalmente da reti di alto fondale.
Non è pericoloso nei confronti dell’uomo.
La riproduzione è, probabilmente vivipara aplacentata, anche se non è stata mai catturata una femmina gravida di squalo goblin. (nota 4).
NOTE
nota 1: la membrana nittitante è una palpebra che si chiude sopra l'occhio. Gli squali che non la possiedono possono ruotare gli occhi all'indietro. (es: squalo bianco Carcharodon carcharias e squalo mako Isurus oxyrinchus);
nota 2: lo spiracolo è un piccolo foro posto dietro l'occhio di alcuni squali la cui apertura/chiusura è collegata all'azione di un muscolo involontario;
nota 3: nelle profondità abissali, dove nuota lo squalo goblin, la luminosità è praticamente assente ed infatti i piccoli occhi fanno capire che la vista di questo squalo non è l'arma vincente per la predazione. È l'elettro-recezione ad esserlo, attraverso le Ampolle di Lorenzini, disposte nell'ampia superficie del muso allungato. Ricordiamo che le Ampolle di Lorenzini sono degli organi che prendono contatto con l'esterno attraverso piccoli e numerosi forellini, presenti soprattutto nella regione del capo, pieni di una sostanza gelatinosa conduttrice, in comunicazione con terminazioni nervose. In questo modo lo squalo ha la capacità di percepire i campi elettrici generati dagli animali (quindi individuare anche prede sotto la sabbia o in assenza di luce) e probabilmente riconoscere la propria posizione rispetto al campo magnetico terrestre. Dopo aver individuato la preda anche con l’aiuto delle Ampolle di Lorenzini, lo squalo goblin tenta di catturarla con il veloce movimento di estensione (protrusione) della mascella, come già descritto;
nota 4: circa il 30% degli squali ha una riproduzione ovipara, cioè la femmina depone le uova nell'ambiente esterno, racchiuse da una capsula cornea protettiva; circa il 50% ha una riproduzione vivipara aplacentata, cioè la femmina trattiene le uova all'interno degli uteri e i piccoli, dopo essersi nutriti del sacco vitellino, escono all'esterno completamente formati; il rimanente 20% ha una riproduzione vivipara placentata, dove il piccolo squalo è in contatto con la madre attraverso una primitiva placenta e dopo aver completato lo sviluppo esce all'esterno. Anche in questo ultimo caso è presente un piccolo sacco vitellino che, una volta riassorbito, contribuisce a formare la placenta.
Nella riproduzione vivipara aplacentata possono manifestarsi due situazioni particolari:
- 1) oofagia, quando i piccoli di squalo, nell'utero materno, una volta utilizzato il sacco vitellino, si nutrono di uova non fecondate che la madre continua a produrre;
- 2) adelfofagia, quando i piccoli di squalo, uno per ogni utero materno, si nutrono dei "fratelli" (cannibalismo intra-uterino) e quindi nascono soltanto due piccoli.
BIBLIOGRAFIA
- Sharks & Rays, Elasmobranch Guide Of The World". Ralf M. Hennemann.
- Sharks of the world, Leonard Compagno, M. Dando, S. Fowler.
- Florida Museum of Natural History, Dipartimento di ittiologia.
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- vedi Archivio sezione Squali
SITOGRAFIA
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