DIDATTICA PER LE SCUOLE
SQUALI PELAGICI E SQUALI BENTONICI
Esistono oltre 450 specie di squali al mondo, e ognuna di esse ha delle caratteristiche e particolarità che le rende uniche. Alcune specie sono conosciute da tutti, come lo squalo bianco e lo squalo tigre, altre invece sono sconosciute anche agli studiosi. La specie più grande è lo squalo balena (Rhincodon typus, Smith, 1828), mentre la specie più piccola è lo squalo lanterna (Etmopterus virens, Bigelow, Schroeder & Springer, 1953), lungo al massimo 23 cm, in perenne lotta per il primato con Eridacnis radcliffei (Smith, 1913) che non supera i 25 cm. Molte specie sono carnivori, e si nutrono di pesci, mammiferi marini, molluschi, crostacei, mentre altre sono planctofaghe, vale a dire che si nutrono di plancton, come il gia citato squalo balena, oppure Megachasma pelagios (Taylor, Compagno & Struhsaker, 1983) e Cetorhinus maximus (Gunnerus, 1765) o squalo elefante.
Possiamo suddivedere, a grandi linee, gli squali in due grandi categorie, ovvero gli squali pelagici e gli squali bentonici, rispettivamente, e provocatoriamente, squali “veloci” e squali “pigri” anche se la definizione è impropria, perchè anche il gruppo degli squali bentonici annovera abili e forti nuotatori, capaci di affrontare correnti impetuose e compiere scatti importanti durante le fasi della predazione.
I due gruppi si collocano in ambienti dell'ecosistema marino molto diversi. Gli squali pelagici, dal greco pèlagos, che significa del mare, vivono appunto in alto mare, e non hanno o intrattengono rapporti con il fondale. Possono avvicinarsi alle coste e frequentare in qualche caso le scogliere sommerse. La caratteristica principale dei pelagici è quella di avere un corpo altamente idrodinamico e affusolato, sostenuto da pinne robuste utili a sostenere la loro massa e agevolarne il continuo movimento; possiedono solitamente un muso appuntito e una testa grande per penetrare l'acqua e spendere meno energia per il nuoto. Il caso degli squali martello è diverso, e torneremo su tale argomento.
Gli squali bentonici, dal greco benthos, che significa profondità marine, vivono prevalentemente a contatto con il fondale marino, che si presenta estremamente eterogeneo (può avere caratteristiche fangose, sabbiose, rocciose o essere ricoperto da alghe). Alcuni possono raggiungere profondità abissali. Il loro corpo differisce dai pelagici principalmente nella pinna caudale e nella forma del corpo, spesso si presenta infatti depresso e appiattito, sottile ed allungato per meglio affrontare la morfologia dei fondali.
Entrambe i gruppi hanno il corpo rivestito da placche dermiche disposte in maniera tale da creare il minimo attrito possibile con l’acqua. Lo scopo di questi dentelli, detti scaglie placoidi, è quello di ottimizzare i flussi, abbassando il numero di Reynolds (un parametro adimensionale usato in fluidodinamica, che permette di valutare se il flusso di scorrimento di un fluido è in regime laminare o turbolento).
La scaglia placoide che riveste la pelle dello squalo si forma e si sviluppa per gradi. Da una papilla dermica si origina la piastra basale, si forma una spina che viene spinta nell’epidermide e si erge man mano rivestendosi di smalto. La papilla dermica si espande formando la parte interna della spina composta da polpa ricca di vasi sanguigni e da dentina.
Il senso più utilizzato e sollecitato negli squali è quello del tatto. Per meglio affrontare l'ambiente, hanno sviluppato caratteristiche diverse nelle scaglie. Le scaglie placoidi rivestono il corpo intero dello squalo, e assumono forme differenti a seconda della collocazione, e non soltanto per una questione idrodinamica ma anche per meglio proteggere determinate parti, come l’area attorno agli occhi e le branchie. La forma delle scaglie è differente anche in base al sesso dell’animale, le femmine hanno un tessuto dermico più spesso in corrispondenza delle pinne pettorali e nel peduncolo caudale, parti che subiscono i morsi dei maschi durante le fasi di accoppiamento.
Ma le differenze tra le scaglie placoidi sono anche interspecifiche. Curiosamente le scaglie degli squali che vivono in acque più fredde e profonde sono più appuntite rispetto a quelli che vivono in acque più calde, il motivo di questa differenza non è ancora chiaro agli studiosi, probabilmente per esporre una minor superficie del corpo a contatto con l’ambiente esterno.
Scaglie placoidi eterogenee per forma e dimensione in una stessa specie di squalo. La prima scaglia, in alto a sinistra, ricopre la parte del muso in un Carcarino; la seconda, in alto a destra, ricopre la parte centrale e dorsale del corpo; infine la terza, in basso, ricopre la parte ventrale dell’animale.
In sostanza la consistenza e la forma delle scaglie placoidi insieme alla struttura corporea, rappresentano la formula vincente degli squali. Se analizziamo la struttura del corpo di uno squalo tipico, osserviamo, nei pelagici, che la parte anteriore si presenta (in sezione trasversale), come un ellisse, mentre se si prosegue verso al posizione mediana si ha un sollevamento ed un arrotondamento del corpo, in corrispondenza della pinna dorsale. Proseguendo verso la porzione posteriore, si osserva una sezione identica a quella anteriore, ma di dimensioni assai inferiori. Il peduncolo caudale ha una sezione tale da ottimizzare al meglio la penetrazione nell’acqua, allo scopo di favorire i movimenti a zig zag della pinna caudale, per far si che lo squalo possa avanzare con il minimo dispendio di energia.
Il derma degli squali bentonici deve far fronte all’usura e agli sfregamenti, e le scaglie placoidi si presentano più robuste e spesse. Anche in queste specie le scaglie si presentano diverse a seconda della zona del corpo. Per esempio nello squalo nutrice e nello squalo Port Jackson, i dentelli dermici sul muso sono arrotondati, quelli sul dorso sono allungati, quelli dei fianchi sono provvisti di carene, mentre quelle ventrali sono a forma di scudo con costolature in rilievo, tutte forme che garantiscono una maggior protezione per contrastare l'abrasione con il sedimento dei fondali.
In alto, 1: sezione trasversale subcircolare della parte anteriore dell’animale, leggermente schiacciata in direzione dorso-ventrale. Ciò consente allo squalo di avere una maggiore spinta ascensionale mentre nuota; 2: sezione trasversale subcircolare della porzione centrale del corpo dell’animale. Risulta più compressa ai lati per opporsi con maggior efficacia agli spostamenti orizzontali; 3: sezione trasversale terminale del peduncolo della pinna caudale, più piccola e schiacciata in direzine dorso-ventrale, per agevolare i movimenti e l'idrodinamismo.
IL NUOTO
Quando si parla del nuoto nei pesci, si introduce un argomento complesso e dibattuto da tempo. In sintesi, e con la promessa di ritornare sull'argomento, occorre distinguere tra moto ondulatorio e moto oscillatorio. Nel primo caso un'onda passa lungo l'organo propulsore, ovvero lungo la struttura che fornisce la spinta. Tale struttura è rappresentata dal corpo e dalla pinna caudale, che agiscono come due unità indipendenti, e dalle pinne, che si trovano lungo la linea mediana della superficie dorsale e di quella ventrale. Nel caso degli squali pelagici, essi sono spinti in avanti dai movimenti ondulatori del corpo e della pinna caudale, mentre le pinne fungono da stabilizzatori. Il corpo di uno squalo pelagico contribuisce in minor misura all'avanzamento, è infatti la pinna caudale a svolgere il lavoro maggiore. Invece, il moto oscillatorio è tipico di molti pesci ma non degli squali, in tal caso sono le pinne a base corta a contribuire maggiormente alla spinta. Se entriamo nel dettaglio, il moto ondulatorio tipico degli squali, permette di ottenere una propulsione periodica e una propulsione transitoria. La prima è sfruttata per il nuoto da crociera e lo scatto, la seconda per le accelerazioni. Ma su questo, come detto, ritorneremo.
Lo squalo non ha capacità di nuotare all'indietro, come nel caso dei pesci ossei, che hanno invece la capacità di muovere le pinne pettorali e di fletterle di modo da poter invertire lai marcia, muovendosi all’indietro senza doversi girare di 180°.
In questa immagine si vede la posizione di planata che uno squalo effettua a seguito della spinta della pinna caudale, con il controllo delle pinne pettorali distese a mantenere tale posizione. In genere tale posizione è mantenuta durante la perslustrazione del territorio.
Sopra, il movimento ondulatorio della pinna caudale e del corpo, generano e permettono l'avanzamento
Sopra, la parte frontale leggermente schiacciata e depressa, e a seguire la porzione centrale più alta nella porzione centrale del corpo, determina lo scivolando dell'acqua verso la pinna caudale, che fa avanzare lo squalo con il minimo sforzo.
Le pinne assumono un ruolo fondamentale e danno la stabilità, la direzione e la spinta all’animale
Le pinne anali e dorsali evitano al corpo di capovolgersi sul fianco (rollio), invece le pinne pettorali e quelle pelviche, presenti in coppia, sono utilizzate per risalire la colonna d’acqua e per controllare i movimenti. Il galleggiamento invece non è dato da un organo pneumatico (vescica natatoria) come negli osteitti, ma dal fegato che aumenta la galleggiabilità dell’animale, esso contiene sostanze oleose che risultano essere più leggere dell’acqua, e determinano la riduzione del peso specifico dell'animale. Alcuni squali inglobano anche aria nello stomaco come lo squalo toro, capace di risalire in superficie, aprire la bocca ed ingoiare aria nello stomaco che agisce come una sorta di GAV, per rimanere poi sospeso e immobile nella colonna d'acqua.
Squalo toro (Eugomphodus taurus)
La prima pinna dorsale è come la deriva di una imbarcazione, si utilizza per la stabilità e impedisce una eccessiva instabilità lungo il suo asse longitudinale. Le pinne pettorali, agiscono come timoni di profondità e danno anche la possibilità allo squalo di invertire la rotta, possono variare la loro angolazione e agiscono in maniera indipendente ed hanno una discreta mobilità, collaborando con la coda, che è il vero e proprio motore di spinta.
La pinna caudale assume un ruolo fondamentale per i pelagici. Il confronto ci offre la possibilità di capire le differenze tra squali pelagici e bentonici. Se prendiamo come esempio la pinna caudale di uno squalo bianco o di uno smeriglio, vediamo che hanno una pinna caudale con lobi quasi uguali, come quella di altri veloci predatori pelagici, quali per esempio i tonni. La caratteristica principale è quella di avere entrambi i lobi con pari altezza, lunghezza e spessore (pinna caudale omocerca), che garantisce una spinta molto efficace anche con limitati spostamenti laterali. Squali diversi che si nutrono di plancton, ad esempio come lo squalo balena, hanno una pinna caudale che presenta un allungamento maggiore del lobo superiore (pinna caudale eterocerca). Gli squali bentonici hanno esigenze differenti e devono avere strutture atte a farli rimanere adagiati al fondale senza difficoltà. Spesso il lobo inferiore della pinna caudale è appena accentuato proprio per agevolare il contatto con la superficie dei fondali.
LE PINNE CAUDALI DEGLI SQUALI PELAGICI
Pinna caudale di squalo bianco (Carcharodon carcharias), a sinstra, e pinna caudale di squalo smeriglio (Lamna nasus), a destra.
Pinna caudale di squalo mako (Isurus oxyrinchus), a sinstra, e pinna caudale di verdesca (Prionace clauca), a destra
Pinna caudale di squalo volpe (Alopias vulpinus), a sinstra, e pinna caudale di squalo balena (Rhincodon typus), a destra
LE PINNE CAUDALI DEGLI SQUALI BENTONICI
Pinna caudale di notidano grigio (Hexsanchus griseus), a sinstra, e pinna caudale di palombo (Mustelus punctulatus), a destra
Pinna caudale di gattuccio maggiore (Scyliorhinus stellaris), a sinstra, e pinna caudale di squalo moretto (Etmopterus spinax), a destra.
Pinna caudale di lemargo (Somniosus rostratus), a sinstra, e pinna caudale di squalo angelo (Squatina squatina), a destra.
I grossi predatori pelagici, spesso vanno alla ricerca del cibo da soli, raramente si ritrovano in più individui, come fanno gli squali di barriera o come nel caso degli squali martello durante le loro migrazioni.
Gli squali bentonici amano rimanere adagiati sul fondale, e possono rimanere appostati per ore ed ore semi sepolti dai sedimenti nell'attesa di una preda, o semplicemente per riposare, attivandosi maggiormente all’imbrunire.
Notoriamente gli squali pelagici devono continuare a muoversi per far defluire l’acqua attraverso le branchie, e asssorbirne l’ossigeno disciolto per distribuirlo agli organi del corpo. Gli squali bentonici al contrario, possono rimanere adagiati al fondo, aspirando attivamente l'acqua; solitamente anche lo spiracolo, che funge da ausilio alla respirazione (una sorta di pompa) è più grande ed è utilizzato in maniera ottimale. A volte può essere invisibile perchè nascosto.
ALCUNE IMMAGINI DI SQUALI PELAGICI.....
Squalo di scogliera dalla coda nera (Carcharhinus wheeleri)
Banco di squali martello festonato (Sphyrna lewini). Foto di Pinuccio&Doni
Squalo grigio (Carcharhinus amblyrhynchos)
Squalo longimano (Carcharhinus longimanus)
Squalo bianco (Carcharodon carcharias)
.... E SQUALI BENTONICI
Squalo dalle punte bianche di scogliera (Triaenodon obesus)
DA IDENTIFICARE
Squalo zebra (Stegostoma fasciatum)
Gattuccio (Scyliorhinus canicula)
Squalo nutrice (Ginglymastoma cirratum)
LA PESCA SPORTIVA E LA SCOMPARSA DEI PELAGICI
Nel nostro Mar Mediterraneo vivono circa 45 specie di squali pelagici, divisi in 13 famiglie.
Il bacino del Mediterraneo è uno tra i più affollati al mondo, e la pesca incide in maniera impattante sulle popolazioni ittiche, con importanti problemi per la popolazione degli squali. Spesso rimangono impigliati nelle reti dei pescatori e nei palangari. Gli squali in questo caso sono definiti ”pesca accessoria”. Il fatto sta che molti squali rimangono vittima di pesca involontaria.
Uno splendido esemplare adulto di verdesca preso purtroppo all’amo.
Diverso il caso della cosidetta pesca sportiva. Le foto riportate, mostrano la fine di alcuni squali vittime di un sistema che nulla ha di alieutico, mostrano invece il “trofeo”. I danni provocati da tale attività sono incalcolabili, e oltretutto infliggono gravi perdite tra gli altri predatori pelagici, come il pesce spada, il marlin, il pesce vela o il tonno. Negli Stati Uniti d’America, la pesca sportiva è molto attiva, e per far fronte al problema della tutela di questi predatori marini, numerose associazioni ed enti preposti allo studio degli squali, scendono in campo sensibilizzando i pescatori, cercando di coinvolgerli e convincerli perlomeno a rilasciare le loro prede.
I pescatori meglio di altri potrebbero contribuire alla tutela delle specie, monitorando la situazione, e addirittura potrebbero, appoggiati dagli enti preposti, censire gli animali, applicando dei tag per poi rilasciarli. Tale operazione in Italia non è permessa, se non per studi scientifici.
Uno squalo dalla coda macchiata (Carcharhinus sorrah).
Gli squali pelagici si nutrono di una varietà infinita di pesce azzurro, di molluschi e di altri predatori pelagici. Nell’alto Adriatico è stata individuata una zona di nursery della verdesca, anche se negli ultimi anni la specie si è ulteriormente rarefatta. Un'altra zona, importante per lo squalo bianco, è situata nel Canale di Sicilia. Nei due casi, si tratta di zone fondamentali nel Mediterraneo. per la possibilità di riproduzione delle specie. Di recente sono state inserite nella lista della Convenzione di Barcellona cinque specie mediterranee, e sono: lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), lo squalo elefante (Cetorhinus maximus), la verdesca (Prionace glauca), il mako (Isurus oxyrinchus) e lo smeriglio (Lamna nasus). L’Italia è in procinto di ratificare tali accordi internazionali anche per altre specie, quelle elencate sono già inserite nella lista del C.I.T.E.S. con l’ultimo ingresso dello squalo smeriglio nel mese di Marzo 2010.
Uno squalo volpe (Alopias vulpinus), vittima della pesca sportiva. Una femmina gravida probabilmente.
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