LA PALUDE BRABBIA (VA)
Proseguiamo, con questo articolo, il nostro viaggio tra le zone umide continentali di interesse non solo naturalistico ma anche etnografico e storico. Più in dettaglio, questa volta voglio descrivervi un ecosistema fra i più importanti della provincia di Varese e sicuramente fra i più interessanti della Lombardia. Il luogo di cui faccio menzione è la palude Brabbia, zona umida che si estende per ben 459 ettari circa, ubicata fra il lago di Varese e quello di Comabbio.
La palude Brabbia interessa essenzialmente vari territori situati nei comuni di Cazzago Brabbia, Casale Litta, Biandronno, Ternate, Varano Borghi e Inarzo. La zona umida si trova ad una quota altimetrica di 240-242 metri sul livello del mare ed è posta su una zona collinare intermorenica che affonda le sue origini geologiche nell’ultima glaciazione (Wurm) quando, a causa del ritiro dell’imponente ghiacciaio del Verbano, si formarono i vari bacini lacustri, tra i quali anche il lago di Varese, di Comabbio e quello di Biandronno (ricordo, a proposito, che l’antico ghiacciaio del Verbano, ai tempi della sua massima espansione, arrivava a lambire la zona pianeggiante del Gallaratese). Sicuramente il sistema lacustre che si formò dopo l’arretramento del fronte glaciale era molto più vasto di quello che vediamo oggi e univa in una e grande laguna tutti i laghi descritti pocanzi comperesa l’attuale palude Brabbia. questa situazione perdurò fino ai tempi della comparsa dell’uomo preistorico; infatti, all’interno della riserva e nel territori circostante la palude sono stati rinvenuti numerosi resti di manufatti archeologici, tra essi ricordiamo a titolo di esempio punte di frecce e resti di imbarcazioni risalenti al periodo Neolitico.
Questa zona è ora una riserva naturale protetta sia dal punto di vista naturalistico che archeologico. Con l’uscita della Legge 86 del 30 Novembre 1983, la palude Brabbia ricevette la sua definitiva consacrazione come Riserva naturale regionale e successivamente, nel 1984, il Ministero dell’ambiente inserì questo luogo nell’elenco delle zone umide di importanza internazionale, ai sensi della Convenzione di Ramsar del 1971.
A livello internazionale, la Palude Brabbia è stata inoltre designata Important bird area-IBA (Birdlife International), Zona di protezione speciale-ZPS (Direttiva Uccelli 79/409/CEE) e Sito di importanza comunitaria-SIC (Direttiva Habitat 92/43/CEE).
Il piano di gestione della riserva, che è stata affidata alla provincia di Varese e alla LIPU (Lega italiana protezione uccelli), prevede la suddivisione di tale area in tre zone ben definite:
La zona A, è quella di maggior pregio naturalistico,infatti in essa sono presenti le fasce di vegetazione più rare,come ad esempio le sfagnete .All’interno di questa zona,nei pressi dell’abitato di Bernate è presente un’importante stazione di inanellamento per uccelli e un capanno d’osservazione galleggiante,il cui accesso al pubblico è tuttavia consentito soltanto durante le visite guidate effettuate periodicamente dai responsabili della riserva.
La zona A, di maggior pregio naturalistico; infatti in essa sono presenti le fasce di vegetazione più rare, come ad esempio le sfagnete. All’interno di questa zona, nei pressi dell’abitato di Bernate, è presente un’importante stazione di inanellamento per uccelli e un capanno d’osservazione galleggiante, il cui accesso al pubblico è tuttavia consentito soltanto durante le visite guidate effettuate periodicamente dai responsabili della riserva.
La zona B, ove sono presenti oltre a zone di elevato valore naturalistico, anche luoghi che presentano i segni dell’attività umana, soprattutto invasi artificiali denominati Chiari, legati all’estrazione della torba, che fino al secolo scorso era utilizzata come combustibile (leggi qui). A questo proposito voglio ricordare che la torba è un materiale combustibile di formazione geologicamente assai recente ed è costituito da un accumulo e della conseguente sedimentazione di vari resti vegetali, depositati in ambienti acquitrinosi in atmosfera riducente (cioè con scarsa ossigenazione); i vegetali che possono concorrere alla formazione della torba sono molteplici, tra questi i più importanti sono gli sfagni (Sphagnum spp), le canne di palude (Phragmites australis), i carici (Carex spp) e i giunchi (Scirpus spp).
La zona C, è invece un’area di riqualificazione ambientale e fascia di rispetto, presenta meno valenze ecologiche e naturalistiche, ma la sua importanza sta nel fatto che è legata ad un moderato sfruttamento agricolo,questa zona denominata "cuscinetto" permette una protezione adeguata per altri habitat di più elevato interesse naturalistico e con una più spiccata e diversificata biodiversità.
Dopo questa breve introduzione, iniziamo ora il nostro viaggio all'interno di questa zona umida molto importante e caratteristica. Noi (io e Walter) di Biologiamarina.eu abbiamo visitato questo luogo una mattina del mese di Maggio (2016) e quello che segue è una breve descrizione di ciò che abbiamo potuto osservare in quell’occasione. Giunti ad Inarzo e superato il paese e il centro visite della riserva, imbocchiamo una strada sterrata che in breve diventa inaccessibile alle auto; qui ci incamminiamo e dopo aver lambito prati e piccoli campi coltivati giungiamo all’ingresso principale dell’oasi, ove un comodo sentiero che costeggia il torrente Riale - dove tra l’altro non è difficile scorgere fra le sue fresche e chiare acque specie interessanti come i gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes) e piccoli pesci in risalita - ci conduce ad un primo bivio sulla destra, alla presenza di alcuni stagni didattici artificiali, creati e predisposti per riprodurre su scala ridotta lo stato faunistico dell’oasi.
Riprendiamo di nuovo il sentiero principale che costeggia il torrente e il bosco e arriviamo così all’ultimo capanno di osservazione dedicato a "Stefano Bigi" e che confina con la zona di protezione più integrale della riserva; anche questa struttura, come le precedenti, si affaccia su un invaso molto più esteso e protetto da una fascia di vegetazione ripariale, tra cui spicca il giallo dei gladioli d’acqua (Iris pseudoacorus). Abbastanza nutrita, anche in questo luogo, è la presenza di animali come folaghe, tuffetti (Tachybaptus ruficollis) e gallinelle d’acqua; osserviamo in lontananza anche una nutria (Myocastor coypus), che nuota velocemente verso la riva opposta. Questo mammifero alloctono, chiamato volgarmente castorino, è stato introdotto in Europa dagli allevatori di animali da pelliccia e come spesso succede, alcuni animali fuggirono dall’allevamento e si insediarono in vari ambienti naturali. In Italia, ad esempio, si diffuse in natura approfittando degli straripamenti verificatisi in alcuni fiumi, dove era intensamente allevato. Ora è abbastanza comune in tutti quei luoghi che presentano una fitta vegetazione ripariale, prediligendo fiumi lenti, canali d’irrigazione ma anche laghi e paludi.
Ritorniamo di nuovo sul sentiero che in breve ci porta verso l’uscita principale della riserva; nei pressi di un torrente abbiamo modo di osservare molti esemplari di zigotteri (libellule di piccole dimensioni) che volano sulla superficie dell’acqua; tra questi le più numerose sono le Calopteryx splendens; un’ultima emozione ci aspetta sulla via del ritorno: alto, nel cielo, un’esemplare adulto di nibbio bruno (Milvus migrans), volteggia maestoso sopra di noi, probabilmente in cerca di prede.
La nostra visita a questo straordinario ecosistema finisce qui ed è giunta l’ora di ritornare a casa; un ultimo sguardo all’ambiente che ci circonda, ripromettendoci di ritornare ben presto in questo luogo, vero scrigno di biodiversità animale e vegetale.
PS: sono state descritte solamente le specie incontrate, rappresentative ma non esaustive della fauna e della flora della palude Brabbia.
Sopra, l'amico e fotografo Walter Tessari
TESTO E IMMAGINI: LUONI OTTAVIO & TESSARI WALTER
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