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17 MAGGIO 2014

DEEPWATER HORIZON, LENTO IL RECUPERO AMBIENTALE

Il monitoraggio a lungo termine delle acque del Golfo del Messico rivela che l'ossidazione del metano rilasciato dal disastro della Deepwater Horizon da parte dei batteri marini è molto più lenta di quanto si è sperato all'inizio. L'efficienza dei microganismi, molto elevata nelle settimane immediatamente successive all'incidente, è infatti poi crollata, diminuendo di quasi mille volte

Il risanamento delle aree marine colpite da importanti fuoriuscite di idrocarburi leggeri potrebbe essere molto più lento di quanto finora stimato, perché i microrganismi marini che ossidano il metano si sono dimostrati molto meno efficienti di quanto si sperava. A dimostrarlo è uno studio condotto da ricercatori dell'Università della Georgia ad Athens e del NOAA Atlantic Oceanographic and Meteorological Laboratory a Miami, e pubblicato su Nature Geoscience, sui risultati del monitoraggio dello stato delle acque marine nei dieci mesi successivi al disastro della Deepwater Horizon, avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010.
Il 20 aprile 2010, l'esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon e il suo successivo collasso provocarono il riversamento nelle acque del Golfo del Messico di almeno 4 milioni di barili di petrolio prima che si riuscisse a bloccare la fuoriuscita, ben 83 giorni dopo. Insieme al petrolio, il pozzo emise anche 500.000 tonnellate circa di metano, potente gas serra, che si temeva potesse liberarsi in atmosfera.
I primi prelievi dopo il blocco della perdita evidenziarono che la maggior parte del metano era concentrata negli strati marini adiacenti al pozzo, a profondità fra gli 800 e i 1300 metri. Il confronto di campioni di quelle acque prelevati a luglio e ad agosto 2010 con campioni prelevati prima della catastrofe mise in evidenza una intensa fioritura di batteri in grado di ossidare il metano, alimentando la speranza che potesse essere degradato in tempi relativamente brevi.
In seguito tuttavia vi è stato un improvviso, drammatico crollo dell'attività batterica. Dalle precedenti 5900 nanomoli (la mole è l'unità di misura della quantità di sostanza in chimica) di metano ossidate al giorno per ogni litro di acqua, si è bruscamente passati prima a 50 nanomoli per litro e infine, a dicembre 2010, a sole 3-5 nanomoli al giorno.
Il crollo non era dovuto all'esaurimento del metano – che nelle aree monitorate era rimaso a livelli 5000 volte superiori a quelli del fondo maturale - ma, come hanno scoperto i ricercatori, a una serie di vincoli ambientali, fisici e di fisiologia dei batteri, che hanno reso difficile o impossibile ai microrganismi un consumo efficiente del gas.
"I batteri nel Golfo probabilmente sono stati in grado di consumare circa la metà del metano rilasciato, ma ipotizziamo che l'assenza di altri nutrienti essenziali e la dispersione del gas in tutta la colonna d'acqua abbia impedito il completo consumo del metano scaricato", ha detto Samantha B. Joye, che ha coordinato la ricerca. "È solo una questione di tempo prima che ci troviamo ad affrontare un altro grave incidente come quello della Deepwater Horizon", ha aggiunto, sottolineando che è necessario comprendere meglio il comportamento di questi microbi, in modo da valutare con maggiore precisione l'impatto ambientale di simili eventi catastrofici, e studiare possibili interventi di recupero ambientale. Fonte: Le Scienze.


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