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Cod Art 0005 | Rev 01 del 05 Apr 2013 | Data 04 Ago 2006 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

UN MONDO DI COLORI

Chi si immerge per la prima volta in un atollo corallino, o in qualsiasi altro ambiente di barriera, rimane sicuramente stupito dall'enorme varietà di colori che contraddistinguono questi ecosistemi. Sono moltissimi gli organismi marini vivacemente colorati che, nel corso dell’evoluzione, hanno sviluppato una varietà straordinaria di livree, alcuni per sfuggire alla predazione, altri per essere ben visibili.

Nel primo caso si parla di mimetismo (mimicry), che tuttavia risulta funzionale nella predazione e nella difesa. Tra i tanti, descriviamo un esempio di mimetismo criptico, ovvero quello dello scorpionide Rhinopias aphianes (merlet's scorpionfish), un pesce del Pacifico che si associa a Crinoidi che presentano la sua stessa livrea, così da risultare perfettamente nascosto alla vista delle sue potenziali prede. Invece, separato dalla specie a cui è associato, Rhinopias risulta perfettamente visibile.
Quello del mimetismo è un fenomeno per cui una specie, detta mimic nella letteratura anglosassone, evolve in funzione di un'altra specie, detta model o specie modello. In tal modo le due specie associate, sono considerate come una specie unica da una terza parte, o specie ricevente (receiver species).
Le forme di mimetismo sono classificate nel seguente modo:

 

 

TABELLA

 

A - specie moderatamente velenosa

B - specie velenosa e letale

C - specie innocua

il predatore può salvarsi e acquisire esperienza

il predatore non si salva e non acquisisce esperienza

il predatore statisticamente non attacca se ha avuto esperienza con la specie A

model

mimic

mimic

Il termine aposemantico è comunemente usato come sinonimo di colorazione di avvertimento, caratteristica questa ampiamente diffusa tra gli invertebrati. Le vivaci colorazioni ostentate da alcune specie sono tali da scoraggiare l'azione dei predatori potenziali, quindi risultano essere un vantaggio per la preda e il predatore. Come si sia evoluto un simile meccanismo adattativo è ancora da spiegare. Per esempio se compare un segnale visivo ben visibile in una preda, questa sarà quasi immediatamente catturata, e con essa scomparirà il gene che gli ha conferito per un tempo breve la sua particolare caratteristica. Alternativamente, se alla colorazione vivace è associata qualche altra caratteristica difensiva, allora le probabilità di sopravvivenza sono e saranno maggiori, con la conseguente diffusione del gene responsabile della colorazione. Forse alcuni antenati degli attuali invertebrati con colorazioni aposemantiche, presentavano caratteristiche ora perdute ma rimaste integre nella memoria comportamentale dei predatori. La maggior parte degli articoli pubblicati sull’argomento, evidenziano le particolare relazioni preda-predatore, in particolare in biologia marina sono studiati da tempo gli opistobranchi e le spugne tropicali. Ciò che è stato evidenziato, è che le colorazioni sono associate a prede che risultano velenose, inappetibili, ma anche difficile da catturare. La tossicità è spesso dovuta ad un gran numero di composti organici (isonitrili, furani), o a composti inorganici come l’acido solforico. Le colorazioni si sono evolute in modo tale da essere ben visibili per il predatore (nelle acque poco profonde i colori brillanti più diffusi sono il giallo, il rosso, il bianco, spesso associati con il nero), devono essere in altre parole un ottimo deterrente, cosa ben evidente tra i nudibranchi e le spugne.

In molte specie sono diffuse le colorazioni dette di avvertimento (advertisement colours). Nei pesci, i maschi adulti esibiscono colori sgargianti in certi periodi dell'anno per attrarre una compagna, oppure maschi immaturi espongono livree riconoscibili dai maschi sessualmente maturi, così questi ultimi evitano di sprecare energie per allontanarli dal loro areale, dal momento che non sono competitori. Altre colorazioni indicano, per esempio in certi molluschi come i polpi, un possibile stato d'animo, un polpo in pericolo spesso vira la sua livrea verso il nero.

Anche nel criptismo (crypsis), la colorazione gioca un ruolo fondamentale, poiché si tratta di un meccanismo evolutosi per rendere maggiormente efficienti le strategie di predazione. Il criptismo può essere omocromico, cioè imitare la colorazione del substrato nell’intorno, questo a sua volta può essere permanente o effimero. Per esempio nel caso dei cefalopodi, capaci di cambiare rapidamente la colorazione del mantello, il criptismo è di tipo omocromico ed effimero. In altri casi il criptismo può essere omomorfico (tipico del pesce ago che imita le alghe, o di molti cavallucci marini tropicali che imitano crinoidi e altri organismi arborescenti). Spesso il criptismo omomorfico è associato a quello omocromico. Altre tipologie di criptismo sono le colorazioni disruptive (disruptive colouration) e il camuffamento (camouflage). Il primo caso è tipico sia di animali terrestri che marini. Pensate alle zebre in fuga che creano con le loro striature bianche e nere confusione tra i loro predatori. In ambiente marino gli esempi sono tanti, ma è interessante evidenziare un tipo di colorazione disruptiva detta countershading in lingua inglese. Esempio classico è quello dello squalo bianco, che presenta una colorazione bianca nella zona ventrale e più scura in quella dorsale. Così se visto dalle prede dal basso verso l’alto, il suo profilo risulta poco dettagliato e confuso con la luce solare. All'opposto, se visto dalla superficie verso il basso, il suo profilo è poco distinguibile perchè si confonde con l'oscurità del fondo marino. In alcune zone del Sud Africa, alcune popolazioni di squali bianchi predano alcuni mammiferi marini proprio in questo modo, puntandoli dal basso verso l'alto. Anche alcune specie di mammiferi marini hanno evoluto colorazioni bicolori (generi Delphinus, Stenella, Lagenorhynchus), con striature laterali, al di sotto della pinna dorsale che mimano la superficie del mare. Così da una certa distanza non è facile scorgere una comune stenella che fuoriesce dall'acqua per respirare.

Molti invertebrati marini sono trasparenti (meduse, cnidari, alcuni policheti e ascidie), e riflettono tutte le lunghezze d'onda della luce visibile. A proposito delle meduse (Scyphozoa), nel 1976 è stato pubblicato un interessante articolo di Chapman, ove fu messo in dubbio il fatto che la trasparenza "non conferisce un vantaggio selettivo nei riguardi dei predatori". Chi volesse approfondire l’argomento, può far riferimento all'articolo di quest'autore riportato in bibliografia. In ogni caso le specie di meduse pigmentate, soprattutto di acque profonde, sono davvero tante.

Nel camuffamento (spesso in alcuni testi è inteso come sinonimo di mascheramento), gli organismi marini si contornano o si ricoprono di sassolini, piccole alghe e frammenti di gusci per appunto nascondersi alla vista dei loro predatori. Un esempio sono i granchi del genere Maya.

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