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Cod Art 0654 | Rev 00 | Data 07 Ago 2014 | Autore Ottavio Luoni

 

I LAGONI DI MERCURAGO

Laghi di Mercurago

Ultimamente abbiamo notato un crescente interesse da parte di alcuni utenti del nostro sito verso tematiche riguardanti le acque dolci e le zone umide (le pagine dedicate ai laghi e ai fiumi risultano tra quelle più cliccate). Per questo motivo, ho pensato di scrivere questo breve articolo dedicato ad un'area umida che è anche sito di interesse archeologico. Quest'area è ubicata poco lontano dal centro della città di Arona, in Piemonte, sulle colline che circondano il lago Maggiore o Verbano.
Questa bellissima zona naturale, protetta sin dal 1980 (nel giugno del 2011 è entrata a pieno titolo a far parte del patrimonio dell'Unesco), si estende per 473 ettari; comprende una varietà di ambienti eterogenei, prati, boschi e torbiere.

La formazione di questo particolare territorio è stata possibile grazie all'azione di trasporto di detriti rocciosi, operata dall'avanzata del ghiacciaio del lago Maggiore. Questo evento, di origine pleistocenica (era Quaternaria) ha plasmato l'intera area, creando una tipica formazione a cerchie moreniche, che tra l'altro caratterizza la forma collinare di tutta la zona del Verbano. Due di questi tratti concentrici, chiamati localmente Motti, costituiscono l'ossatura principale della zona del Parco dei Lagoni.
Lungo i percorsi di depositi delle acque di scioglimento dell'antico ghiacciaio, in ambiente di torbiera, si sono formati una decina di piccole zone umide molto particolari e interessanti, grazie anche alla presenza di una flora e di una fauna unica.
Tutta l'area è attraversata da una fitta rete di sentieri tematici, ben segnalati, che consentono all'eventuale visitatore o al semplice curioso di percorrerla in tutta sicurezza e tranquillità. Tra i vari percorsi presenti, consiglio, per la loro peculiarità, il Percorso delle zone umide, quello dei Boschi, quello Archeologico e quello delle Attività produttive.
Cerchiamo di analizzare nel dettaglio questi percorsi, iniziando dal più rappresentativo, quello delle zone umide.
Esso rappresenta il 'cuore' del parco stesso. Dal punto di vista più strettamente naturalistico è costituito da paludi, stagni, zone umide e da prati allagati, caratterizzati dalla presenza di una flora e di una fauna tipica di questi ecosistemi.
Tra la flora presente, spettacolare è la fioritura nei periodi estivi delle ninfee (Nymphaea alba), che colonizzano quasi tutti gli specchi d'acqua presenti, sulle rive vi è da segnalare inoltre la presenza delle canne di palude (Phragmites communis o P. australis) e della mazzasorda (Typha latifolia), di giunchi (Juncus spp) e carici (Carex spp); tra la fauna presente, numerosi sono gli anfibi che qui, in questi ambienti di vitale importanza per loro, si trovano a loro agio, ricordiamo la rana verde (Rana synklepton, "esculenta"), la rana rossa (Rana dalmatina), la raganella (Hyla intermedia), il rospo (Bufo bufo) e Rana latastei. Pinus strobus
Numerosi sono anche le specie dell'avivafauna (ben 113 censite fino ad ora, tra stanziali e svernanti) e degli uccelli che nidificano nei canneti che circondano i laghetti, tra questi ricordiamo il germano (Anas platyrhynchos), la folaga (Fulica atra) e la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus). Si segnala la presenza del martin pescatore (Alcedo atthis) che, tra l'altro è anche il logo ufficiale del parco.
I laghetti ospitano una nutrita fauna ittica.
Molto interessante è anche il Percorso dei Boschi, quest'ultimo è caratterizzato dalla presenza di piante autoctone, come ad esempio la farnia (Quercus robur), il rovere (Quercus petraea), la betulla (Betula alba), il carpino (Carpinus betulus), il frassino (Fraxinus excelsior), l'ontano nero (Alnus glutinosa), il nocciolo (Corylus avellana) ecc...
Purtroppo, vi è da segnalare la presenza di essenze arboree invasive e alloctone, che rappresentano un'emergenza biologica per le specie autoctone, tra queste segnaliamo l'ominipresente robinia (Robinia pseudoacacia), il pino rigido (Pinus rigida) e il pino strobo (Pinus strobus); di quest'ultimo, tra l'altro, nell'area descritta esiste una piantumazione artificiale (foto a lato), collocata alcuni anni fa, forse a scopo di rimboschimento.
Molti sono anche i funghi presenti nel sottobosco, tra questi si segnala una curiosità micologica, infatti proprio in questa zona vi è l’unico posto in Italia dove è possibile osservare il Crepidotus roseornatus. Questo particolare fungo lignicolo-corticicolo, dalla caratteristica forma di ventaglio, dal bel colore rosa intenso, soprattutto quando è giovane, è stato ritrovato casualmente nel 1983 dal Sig. Erminio Ferrari di Verbania, durante uno dei tanti sopralluoghi nella zona.

Crepidotus roseornatus

Altra "chicca" presente in questo territorio è il percorso Archeologico; trattasi di un intrigante itinerario che conduce alla scoperta di alcune necropoli antiche; in questo luogo, già nella metà del 1800 furono rinvenuti alcuni reperti, la cui datazione risale ad un periodo che parte dall'età del Neolitico all'età del Bronzo (XVIII-XIII sec. a.C.); tra questi reperti, oltre ad oggetti di uso quotidiano, come ad esempio corde, vimini ecc..., spiccano, per importanza, due canoe e tre ruote di carro, di cui ora si conservano solo i calchi in gesso. Le ruote si contraddistinguono per due tipologie differenti: la prima tipologia era probabilmente utilizzata per un carro pesante da trasporto, l'altra tipologia era forse adatta ad un carro più leggero.

Ruota Mercurago a raggi eccentrici Ruota arcaica di Mercurago

Per quanto riguarda l'età del ferro, essa è documentata dal ritrovamento di una necropoli golasecchiana che è ubicata su una collina morenica denominata "Motto Lagone". In questo luogo sono state ritrovate una decina di tombe, i cui corredi funebri erano costituiti da urne, scodelle, bicchieri, vasi, anelli, fibule e addirittura parti di monili in vetro e ambra.
In un'altra collina, nei pressi del Rio Caneva, sono invece stati ritrovate delle sepolture di epoca romana, datate tra il I e il IV secolo d. C.
Tutti i reperti ritrovati al parco dei Lagoni di Mercurago sono ora custoditi nei musei archeologici di Torino e di Arona.

Canoa lago Mercurago

Sopra, sezione della canoa dei lagoni di Mercurago. Immagine tratta da Robert Munro, Les Stations Lacustres d'Europe. parigi, 1908.

Il percorso dedicato alle attività produttive è caratterizzato da estesi pascoli, utilizzati per l'allevamento di cavalli purosangue, di centenaria tradizione che risalgono a Federico Tesio, creatore della famosa razza equina Dormello Olgiata; a questo proposito voglio ricordare che il famoso cavallo da corsa Ribot, vincitrice di vari trofei ippici del secolo scorso, apparteneva a questa razza.

Attualmente l'intera area è ben gestita dall'Ente Parchi del Lago Maggiore, che coordina sia le ricerche naturalistiche che quelle archeologiche. Varie sono le iniziative atte a valorizzare la conoscenza del luogo, coinvolgendo tramite uscite didattiche le scuole presenti sul territorio.
Presso il centro didattico, situato a Mercurago, si possono trovare informazioni molto dettagliate sul Parco (depliant, riviste, cartine, vademecum del regolamento interno del parco etc.).
L'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore, con sede a Cameri, gestisce oggi ben cinque aree protette: il parco naturale del Ticino (parte Piemontese), la riserva naturale dei Canneti di Dormelletto, la riserva naturale di Fondotoce, la riserva naturale di Bosco Solivo, oltre ai Lagoni di Mercurago, sopra descritti.

Laghi di Mercurago

Testi di Luoni Ottavio.
Credit immagini: le immagini dei reperti archeologici sono stati tratti dal libro "Archeologia Storia, Geologia, Itinerari Mineralogici, edito dal G,A.S.M.A. (Gruppo Archeologico Storico Mineralogico Aronese), Numero Unico del 1976.
Ringraziamo l'Archivio Sopraintendenza alle antichità di Torino, per quanto riguarda le foto delle ruote.
La foto della canoa è stata tratta da Robert Munro "Les Stations lacustres d’Europe", Parigi 1908.
La foto del fungo Crepidotus roseornatus è tratta dal libro "I funghi dal vero, vol.5, di Bruno Cetto, edizione Saturnia 1987.

Luoni Ottavio

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