GLI INUIT, UN POPOLO, TANTI POPOLI - parte uno
Tags: Inuit, Eschimesi, Eskimo, Dorset, Saqqaq, Tunit, Thule, Sadlermiut, Inuktitut, Yup'ik, Inupiat, Avatak, utoq, kiviàq.Dormi, non piangere, tuo padre è a caccia e non vuole rumori. Non piangere, non spaventare le foche. Dormi, mio piccolo futuro grande cacciatore
Ninna Nanna Inuit
Nei nostri precedenti articoli abbiamo gia descritto alcune civiltà e alcune popolazioni dipendenti, per il loro sostentamento, dalle risorse del mare. Oggi molti di questi popoli non esistono più oppure sopravvivono in bilico tra tradizione e modernità. È il caso degli Inuit, nome con cui si identificano popolazioni eterogenee dell'artico e del subartico del nord America. Alcolismo e problemi sociali colpiscono gli Inuit esattamente come tutte le altre popolazioni indigene delle due americhe e, purtroppo, sono in costante aumento malattie moderne legate alla sedentarietà e allo stile di vita che, vedremo, è profondamente mutato. Per fortuna, nel caso degli Inuit qualcosa sta cambiando, un mutamento e un'inversione di rotta iniziate negli anni '90 e che prosegue anche oggi, tra enormi difficoltà; inevitabilmente, tradizioni e moderne esigenze economiche si scontrano, dunque sarà compito degli Inuit affrontare (e vincere) la sfida con il futuro.
Occhiali Inuit spalmati di nerofumo. Il sole, nell'artico, può accecare anche per molti giorni e la vista, in tale ambiente, è fondamentale. Gli Inuit erano dotati di una vista eccezionale ed erano in grado di leggere l'ultima riga di una tabella da oculista, da una distanza doppia rispetto a quella normalmente utilizzata. Senza la vista, un cacciatore inuit era condannato alla morte (vedere il film "Dersu Uazala").
Gli Inuit vivono in un ambiente estremo e impossibile per la maggior parte degli altri uomini. Il loro ambiente è dominato da due colori, il bianco della neve e del ghiaccio e l'azzurro del mare e del cielo, elementi che rendono questa parte dell'estremo nord un paradiso o un inferno, a seconda di come lo si desidera osservare.
Probabilmente gli attuali Inuit (da Inuktitut che significa uomini-umanità, o popolo degli uomini, o ancora uomini vivi adesso) discendono da antiche popolazioni dell'Asia centrale che, circa trentamila anni fà, cominciarono ad attraversare i trecento chilometri della Beringia, la terra oggi coperta dal mare di Bering.
Secondo gli studiosi gli Inuit, dalle abitudini nomadi, migrarono in tutta l'area artica e subartica sino a raggiungere a est la Groenlandia, circa 5000 anni fa. A sud si diffusero sino alla baia di Hudson, a nord nell'odierno Quebec e Labrador. Ancora più a sud le vette montuose impedirono agli Inuit di diffondersi ulteriormente e non si inoltrarono mai nelle vallate del fiume Mackenzie, via ghiacciata e percorribile per 8 mesi all’anno, perchè i territori circostanti erano gia abitati da alcune etnie di lingua Nadenè.
Secondo gli storici, gli Inuit migrarono nell'area artica canadese a più riprese tra il 2200 a.C. e l'800 a.C.; questo periodo è noto come periodo paleo-eschimese che non comprende unicamente l'omonima cultura, ma anche quella denominata cultura dei piccoli utensili artici e Saqqaq. La civiltà Saqqaq occupava la parte meridionale della Groenlandia, mentre la parte settentrionale era occupata, nello stesso periodo, dalla civiltà Indipendenza I.
Quest'ultima scomparve attorno al 1300 a.C., dunque prima della scomparsa della civiltà Saqqaq, ma venne sostituita da quella denominata Indipendenza II. Tutte, comunque, scomparvero misteriosamente dalla Groenlandia.
La cultura meglio definita è quella pre-Dorset, caratterizzata dall'utilizzo di racchette da neve, archi, arpioni, punte di lancia utilizzate per la caccia (soprattutto uccelli marini) e per la pesca. I cani erano utilizzati per la caccia e il trasporto ma non per trainare slitte, perchè non ancora conosciute. Non erano noti gli arpioni basculanti mentre erano utilizzati il trapano e l'arco.
Dall'800 a.C. all'anno 1000 d.C. cambiarono le tecniche di caccia e le tipologie di prede cacciate. Non è chiaro cosa accadde ma i cambiamenti climatici di questo periodo, detto periodo Dorset, portarono alla perdita delle conoscenze pregresse. Scomparve l'utilizzo del trapano e scomparve l'arco. Forse il clima spinse queste antiche popolazioni a cacciare prede più grandi come foche e altri mammiferi marini (balene, beluga ecc...), dunque alcune tecnologie vennero abbandonate e finirono per essere dimenticate (si assistete al passaggio dalla caccia terrestre a quella marina). Queste antiche popolazioni sono appunto chiamate Dorset ma gli Inuit dell'artico le chiamavano Tunit.
I Tunit usavano coltelli da neve, racchette, scarpe da sci in avorio, scivolatori da neve anch'essi in avorio, piccole sculture sciamaniche; i cani erano usati per la caccia e il trasporto ma non conoscevano le slitte. Lo stile Dorset o Tunit era particolare, diverso da ogni altro stile dell'artico. Scolpivano l'avorio in modo egregio e le prime scoperte risalgono al 1925 su materiale ritrovato a Capo Dorset (stretto di Hudson).
Il periodo dal 1000 al 1600 circa, è noto come periodo Thule. I Thule sono considerati i progenitori degli attuali Inuit. Come detto, l'anno 1000 vede l'instaurarsi di notevoli cambiamenti climatici, i quali portarono alcune popolazioni a spostarsi in luoghi più sicuri, dal momento che la presenza dei ghiacci, a causa del clima più mite, non divenne così facilmente prevedibile come in epoche anteriori.
I Thule erano gia presenti in Alaska dal 500 d.C., ma poi attorno all'anno 1000 cominciarono a migrare verso est. Il mare glaciale Artico, con sempre meno ghiacci, isolò da una parte i Dorset nella Greonlandia nord occidentale e nell'artico canadese e, dall'altra, nel Labrador, nella punta settentrionale del Quebec e nella zona di Terranova.
L'ultima Thule | ||
L'ultima Thule è la mitica terra dei ghiacci a cui Pitea, cartografo greco della colonia di Marsiglia, diede il nome dopo una spedizione verso nord oltre lo Stretto di Gibilterra, nel IV secolo a. C. L'espressione fu poi resa celebe da un verso delle Georgiche di Virgilio. Non sappiamo dove sia arrivato Pitea, forse in Islanda o, forse, anche in Groenlandia. Sappiamo però, che Pitea è stato il primo a descrivere un iceberg. |
In epoche successive, i Thule si sostituirono ai Dorset, dapprima nella regioni artiche canadesi e della Greonlandia nord-occidentale (1300 d.C.) e successivamente nel resto dei loro territori (1500 d.C.). Tra i Dorset e i Thule non sembrano esserci state mescolanze genetiche, tuttavia i primi probabilmente sostennero e aiutarono i Thule a spostarsi, nell'arco di una sola generazione o due, da un estremo all'altro del nord America, precisamente dall'Alaska alla Groenlandia. Non si sa nulla del tipo di interazioni tra i Dorset e i Thule, sostegno a parte, potrebbero esserci stati rapporti commerciali, amichevoli e di libero scambio, oppure il contrario. Di fatto per i Dorset iniziò il declino e con loro si perse una complessa cultura fatta di forme artistiche raffinate e abiti particolari e vistosi sconosciuti agli Inuit moderni.
Sopra, lancia Inuit in legno, con punte di avorio e legacci in canapa, utilizzata per la caccia agli uccelli marini.
I Thule vivevano in villaggi anche molto grandi, che potevano ospitare sino a 100 persone, in case sotterranee o semi sotterranee, con il tetto fatto di ossa di balena. Tecnologicamente erano più avanzati dei Dorset, utilizzavano infatti il kayak, le slitte trainate dai cani e gli umiak (immagine sotto, a lato), grosse barche fatte di pelle di tricheco, comunemente chiamate "women’s boats". Disponevano di strumentazione specializzata per la caccia e la pesca. Lo stile Thule era semplice: decorazioni di linee rette su punte di arpione ed altri utensili di uso quotidiano.
Ed eccoci arrivati all’ultimo periodo che gli storici chiamano periodo degli Inuit moderni e che va dal 1600 ad oggi. I Thule mutano le loro tecniche di caccia, orientate maggiormente verso prede più piccole come foche, trichechi e caribou. Inoltre accentuano i loro spostamenti nell'arco dell'anno, coprendo anche notevoli distanze, divenendo nomadi e spostandosi in piccoli gruppi. Ecco che si diffusero gli igloo, che un abile costruttore era in grado di realizzare nel giro di poche ore.
RIASSUNTO E CRONOSTORIA (BREVE) DELL'ARTICO
2200 a.C. - 800 a.C., "cultura dei piccoli utensili artici".
2200
a.C. - 1900 a.C., radiazione della "cultura dei piccoli utensili" nell'area artica e subartica americana.
2000 a.C., separazione della lingua Aleutina dalla lingua Inuit.
800 a.C. - 1000 d.C., cultura Dorset.
300-325 a. C., il navigatore greco Pitea raggiunge l'isola di Thule (non è noto se si tratta dell'islanda o della Groenlandia), di fatto Pitea è il primo a descrivere un iceberg.
500 d.C., cultura Birnik del nord dell'Alaska.
982-985 d.C., Erik il Rosso stabilisce alcune colonie in Groenlandia dopo due viaggi presso le coste da lui battezzate Gron-Land; nel secondo viaggio porta con se 1500 persone che originano due insediamenti: Osterbyr (baia dell'est) e Vesterbygd (baia dell'ovest). Il figlio di Erik il Rosso si spinge, successivamente, sin verso le coste settentrionali del Canada.
1000 d.C., i Thule si spostano dall'Alaska verso il Canada e la Groenlandia.
1000 - 1500, contatti tra i Thule e i Dorset.
1300-1700, notizie incerte; il vescovo di Gardar che risiede a Roma non ha notizie dei fedeli in Groenlandia. Forse i coloni sono stati uccisi da alcuni gruppi Inuit oppure sono stati decimati dalla peste (1348-1349). Notizie di una piccola era glaciale che rese impraticabile l'intera isola.
1500, declino dei Dorset.
1576, primo viaggio di Martin Frobisher, dall'Inghilterra all'isola di Baffin, alla ricerca del Passaggio a nord-ovest. Tornò in patria con tre uomini Inuit. Uno di loro fu rapito nel 1577, non si hanno dettagli degli altri due cacciatori Inuit.
1600 - 1700, adattamento della cultura Thule a quella dei moderni Inuit.
1721, Hans Egede, missionario luterano, sbarca in Groenlandia con la moglie, quattro figli e quaranta seguagi. Nasce il villaggio di Godhåb.
1728, Vitus Bering parte dalla penisola della Kamchatka per le isole del mare di Bering, islands of King, Saint Lawrence e le piccole Diomede.
1737,
Hans Egede scopre l'insediamento di Sermermiut e costruisce una chiesa, un magazzino e le prime capanne di legno; è l'inizio della fine per la comunità locale.
1730, seconda spedizione di
Vitus Bering.
Novembre 1741, Vitus Bering naufraga alle isole Commander e perde la vita. Nel 1742 alcuni superstiti riescono a tornare a Petropavlosk, base di partenza della spedizione.
1773, seconda spedizione di
Hans Egede sostenuta dal re di Danimarca. Fonda altri insediamenti quali Christianshåb e Jakobshhavn.
1845, i danesi inaugurano un college per gli Inuit in Groenlandia.
1850, reintroduzione del kayak presso Devon Island, Smith Sound
e nel nord della Groenlandia ad opera di Qillaq e del suo gruppo partito da Pond Inlet.
1860, la Groenlandia viene divisa in 13 distertti.
1863, Isaac Hayes esplora l'Inlandiss groenlandese per un centinaio di Km.
1867, Edward Wimper
esplora l'Inlandiss (=il nulla), dopo la conquista del Cervino. Wimper scala anche alcune vette della Groenlandia.
18 Ottobre 1867, l'Alaska è annessa agli Stati Uniti, venduta dai Russi per 7.200.000 dollari.
1871, Samuel Kleinschmidt pubblica un testo, rimasto l'unico sino al 1970, sulla grammatica e l'ortografia Kalaallisut.
1878 - 1879, epidemia presso Saint Lawrence Island, ove perirono diverse centinaia di Yup'ik.
31 Luglio 1880, il Canada prende possesso dei territori dell'arcipelago Artico dalla Gran Bretagna.
1883, Gustav Holm, cartografo danese, scopre Iit.
1888, il norvegese Fridtjof Nansen compie la prima traversta con gli sci della Groenlandia, percorrendo 500 Km in 12 giorni.
1889, inizia il commercio delle balene nel mare di Beaufort.
1890, gli Iñupiat accompagnano i balenieri nella regione del delta del Mackenzie.
1891, il missionario presbiretiano Sheldon Jackson
comincia ad avviare l'economia interna degli Inuit.
1892, Edwin Peary attraversa la Groenlandia ad una latitudine di 82° dimostrando l'insularità, rimasta in dubbio sin a quel momento.
1895, l'esploratore Robert E. Peary rimuove le meteoriti The Dog and The Woman utilizzate dagli Inughuit di Cape York come fonte di ferro. Le due meteoriti saranno portate presso l'American Museum of Natural History. Una terza meteorite, nota come The Tent, sarà rimossa nel 1897.
1900, devastazione degli Inuit del delta del fiume
Mackenzie da parte dei balenieri.
1914, prima pubblicazione di un testo Inuit Kalaallisut, ad opera di Mathias Storch, intitolata The Dream.
1922, viene realizzato Nanook of the North, primo film etnografico sugli Inuit.
1925, scoperta delle sculture in avorio Dorset (Capo Dorset).
1930-1931, Alfred Wegener, padre della teoria della deriva dei continenti, installa una stazione meteorologica a 3000 metri di quota, in Groenlandia, ma perisce durante una terribile bufera di neve, durante il viaggio di ritorno a Umanak.
1939, scoperta della cultura Ipiutak a Point Hope. vennero trovate oltre 600 abitazioni in legno a base qudrangolare /arrotondata, con focolare centrale, pavimento ribassato rispetto al suolo e giacigli su piccole piattaforme.
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I primi anni dell'ottocento furono quelli delle grandi esplorazioni. Jhon Ross, esploratore artico, giunse nella baia di Baffin nel 1818 alla ricerca del mitico Passaggio a Nord-Ovest. Suoi i resoconti delle tre spedizioni a nord del Canada: A Voyage of Discovery Inquiring into the Probabily of a North-West Passage del 1819, seguita dal Narrative of a Second Voyage of Discovery...1829-1833. Rischiò pure la vita, quella del nipote sir James Clark Ross e quella del suo equipaggio, rimanendo intrappolati dai ghiacci. Nel 1850 condusse anche un'altra spedizione con il nipote, fallimentare, alla ricerca di sir John Franklin, presso la penisola di Boothia nel 1829. James Clark Ross individuò, il 1º giugno 1831, a Capo Adelaide, sulla Penisola di Boothia, il polo nord magnetico. I due Ross vennero a contatto con gli Inuit in più occasioni.
Sir John Franklin fu anch'esso un esploratore artico dedito alla ricerca del mitico passaggio. La sua ultima spedizione, a bordo dell'Erebus e del Terror si concluse in modo disastroso. La moglie, vedova, organizzò una spedizione di soccorso dove furono trovati dei documenti che attestavano che il passaggio era stato trovato. Perirono tutti i 134 membri dell'equipaggio, molti dei quali, probabilmente, avvelenati dal piombo con cui erano stati fatti i contenitori del cibo. Alcuni di essi, non molti anni fa, furono ritrovati mummificati nel ghiaccio, portati in laboratorio per essere sottoposto alle analisi e riposti nelle loro eterne dimore dell'Artide.
Più recentemente, dall'inizio del secolo scorso, abbiamo avuto notizie più dettagliate degli abitanti dei ghiacci, grazie a Knud Rasmussen, nato nel 1879 a Ilulissat, Groenlandia. Di stirpe inuit-danese, nel 1910 con il suo amico Freuchen impiantarono a Thule una stazione commerciale, che divenne la base di sette grandi spedizioni. Rasmussen divenne un etnografo autodidatta. Durante una delle sue spedizione, cartografò le zone più importanti della Groenlandia, attraversando su di una slitta trainata da cani, centinaia di chilometri di ghiaccio, per giungere qualche anno dopo al polo Nord e a Nome, in Alaska.
Durante il suo girovagare, prese attentamente nota delle usanze e dei costumi delle popolazioni che incontrava. Si fece apprezzare col tempo dagli indigeni; dapprima diffidenti (era visto come un demone) divenne in seguito grande amico e confidente nonché il maggior conoscitore degli Inuit. Grazie ai suoi appunti e alle sue osservazioni, per primo ci fece conoscere in maniera diversa la vita di questa civiltà millenaria di cacciatori e pescatori.
A distanza di un secolo, un altro esploratore di origine italiana, Robert Peroni, grande appassionato degli ambienti alpini di alta quota, rimase affascinato dall'ambiente artico e scelse di vivere in Groenlandia, a stretto contatto con le popolazioni Inuit. Qui fondò la Casa Rossa, struttura ecosostenibile che diede lavoro agli Inuit in difficoltà. Ben presto, divenne, inconsapevolmente, punto di riferimento importante e venne considerato alla pari di uno sciamano. Peroni ha pubblicato numerosi libri sugli Inuit e si impegna da tempo alla divulgazione dei temi e delle problematiche del popolo dei ghiacci.
La "scoperta" dei Sallirmiut - da Wikipedia | ||
Nel 1824 la baleniera Griper, al comando del capitano George Francis Lyon, gettò l'ancora a capo Pembroke sull' isola di Coats nella baia di Hudson, scoprendo un gruppo di Eschimesi che parlavano uno "strano dialetto" e che venivano chiamati "Sadlermiut" (in moderno eschimese Sallirmiut, da Salliq, il nome eschimese per l'insediamento di Coral Harbour).Questa popolazione viveva quasi completamente isolata sull'isola di Southampton o nelle sue vicinanze, e conservava una cultura distinta da quella degli Inuit. I contatti con gli occidentali continuarono anche dopo la scoperta e i Sadlermiut contrassero malattie occidentali. Entro il 1896 rimanevano solo 70 individui. Nella primavera del 1902 alcuni di loro ebbero contatti con la baleniera Active, che si era fermata nell'isola di Southampton, e contrassero una malattia da un marinaio infermo, probabilmente una febbre tifoide e l'intera comunità morì entrò qualche settimana.Nel 1954 e 1955 Henry B. Collins dello Smithsonian Institution studiò le rovine delle case eschimesi nel Canada artico e stabilì che quelle dei Sadlermiut erano caratteristiche della loro cultura e che questa un tempo avrebbe avuto una diffusione molto maggiore. Rinvenne inoltre le prove che i Sadlermiut erano gli ultimi resti delle genti della cultura Dorset e recenti ricerche genetiche hanno definito una continuità tra i Sadlermiut e la cultura Dorset. |
USI E COSTUMI DEGLI ESCHIMESI
I popoli indigeni dell'artico e del subartico sono genericamente chiamati eschimesi. Il termine deriva dalla parola, in lingua Cree, aayaskimeew, che significa "fabbricante di racchette da neve". Oggi è utilizzato per indicare sistematicamente gli Inuit, gli Yup'ik stanziali dell'Alska sud-occidentale, gli Inupiat stanziali dell'Alaska settentrionale (divisi nei due gruppi Taġiuġmiut o popolo del mare, e gli Nunamiut o Nunatamiut, il popolo della terra) e a volte pure gli Aleutini. Il significato della parola eschimese = mangiatori di carne cruda è da considerarsi una paraetimologia, ovvero errato.
Come detto, con il termine Inuit si identificano diversi gruppi che abitano le sconfinate regioni artiche e subartiche del nord America. Uno sguardo superficiale potrebbe far pensare ad un popolo unico, in realtà differenze regionali e piccole variazioni climatiche e di risorse, implicano profonde differenze nelle strategie di sopravvivenze. Un'unica cosa unisce le comunità Inuit: la quotidiana lotta con un ambiente estremo, dove sopravvivere vuol dire ingegnarsi per riuscire a sfruttare al meglio quel che fornisce una natura straordinariamente parca (Domenici D, 1997). Tecniche ed utensili hanno raggiunto, tra gli Inuit, l'apice della funzionalità, non esistono strumenti e tecnologie migliori di quelle messe a punto dagli Inuit, esistono solo materiali migliori, quelli moderni che gli stessi Inuit reputano, ovviamente, superiori e più facile da mantenere e reperire.
Nelle figure sottostanti sono riportati i principali gruppi dell'Artico canadese, della Russia e dell'Alaska (a sinistra) e gli Inuit del nord America (a destra):
Sopra, a sinistra, mappa completa delle popolazioni dell'artico canadese, russo e della Greonlandia.
Sopra, a destra dislocazione dei vari gruppi Inuit: 1 Inuit siberiani; 2 Inuit di Saint Lawrence; 3 Inuit Nuaivak; 4 Aleuti (non visibili nella mappa); 5 Inuit del Pacifico; 6 Inuit dell'Alaska occidentale; 7 Inuit dello Stretto di Bering; 8 Inuit del Kotzebue Sound; 9 Inuit dell'Alaska settentrionale; 10 Inuit della costa dell'Alaska settentrionale; 11 Inuit del delta del fiume MacKenzie (Delta Eskimo); 12 Copper Inuit; 13 Netsilik; 14 Caribou Inuit; 15 Sallimiut o Sallirmiut; 16 Iglulik; 17 Inuit della Terra di Baffin; 18 Inuit polari; 19 Inuit della Groenlandia orientale; 20 Inuit della Groenlandia occidentale; 21 Inuit del Labrador; 22 Inuit del Quebec. La mappa a destra è tratta dall'articolo Nunavut, Il Nostro Artico, di Domenici Davide (vedi bibliografia).
Ogni comunità Inuit aveva le sue tradizioni, i suoi usi e i suoi costumi. Una prima categorizzazione riguarda le comunità che vivevano sul mare e quelle dell'interno. Le prime, soprattutto quelle dell'Alaska, erano dedite alla pesca e alla caccia ai grandi mammiferi marini; quelle della Greonlandia erano maggiormente dedite alla pesca e alla caccia delle foche. Quelle dell'interno erano dedite unicamente alla caccia al caribou (Rangifer tarandus) (immagine qui sotto). Tra cacciatori marini e terrestri vi sono stati sempre degli scambi e dei veri e propri sodalizi che, a volte, prevedevano pure lo scambio delle rispettive mogli, usanza che ha dato inizio alla diceria sulla leggerezza dei costumi sessuale degli Inuit. A parte questo caso, sono false tutte le altre storie sulle "mogli" messe a disposizione ad ogni ospite che si presentasse presso la comunità.
Gli Inuit dell'artico Canadese e della Groenlandia cacciavano le foche. La caccia mutava con le stagioni. Durante l'inverno si praticava un foro nella banchisa per poi attendere l'emersione della preda che veniva immediatamente arpionata o stordita con un colpo in testa. D'estate le foche erano cacciate sulla terraferma libera dai ghiacci o in mare aperto a bordo del kayak. Durante l'inverno, la fiocina che aveva trafitto la foca, veniva successivamente avvicinata al fuoco; gli Inuit pensavano che l'anima dell'animale prendesse dimora sulla punta dell'arma e dunque era necessario riscaldarla. Con le foche si ottenevano calzari (in pelle), coperture per le capanne estive, galleggianti chiamati avatak e utilizzati per la caccia ai mammiferi marini. Il grasso era utilizzato come combustibile in lampade realizzate in steatite, che fornivano luce e calore durante il lunghissimo inverno artico.
L'igloo, la famosa abitazione di ghiaccio degli Inuit, era diffuso solamente nei gruppi dell'artico canadese. Tutte gli altri Inuit utilizzavano altre tipologie di abitazioni. Per esempio gli Inuit dell'Alaska e della baia di Hudson disponevano di abbondante legname, per cui le loro case erano in legno. Altri costruivano ripari con le ossa dei grandi cetacei.
L'igloo, dalla tipica forma a cupola, era realizzato interamente con blocchi di ghiaccio autoportanti, cementati e ricoperti con la neve, che fungeva da sigillante. Gli igloo delle comunità transitorie erano più spartani ma egualmente funzionali, mentre quelli dei villaggi permanenti erano collegati da corridoi sotterranei, dunque per passare da un igloo all'altro non era necessario uscire all'aperto. Durante l'inverno, la temperatura all'interno dell'igloo non superava 0 / 1 °C.
Oggi l'igloo è praticamente un ricordo e gli ultimi Inuit nati nella "casetta di ghiaccio" sono quelli nati prima del 1970.
Nei mesi estivi la residenza tipica era la tenda. Nelle tende si viveva per lo più nudi e ci si scaldava con olio ricavato dal grasso dei mammiferi marini.
Le slitte venivano costruite con due lunghe stanghe ricavate da ossa e ricoperta da torba ghiacciata; il rivestimento esterno era fatto da pelli di foca.
Oggi le uniche slitte utilizzate dagli Inuit sono quelle a motore.
Il kayak, unico vocabolo Inuit presente anche nella lingua italiana, non è, a differenza di quello che si pensa, la classica imbarcazione dell'Artico, anche se gia nota ed utilizzata dai Dorset. Quello delle popolazioni che vivevano a sud e a ovest della Greonlandia era lunghissimo, stretto e veloce. Serviva per navigare nelle acque della brevissima estate artica per cacciare le foche. Il kayak, in passato, non era molto utilizzato a nord della Groenlandia, poiché le estati erano rigidissime e le acque rimanevano sempre occupate dai ghiacci, praticamente per tutto l'anno. Poi nel 1860 un gruppo Inuit in esilio raggiunse alcune popolazioni polari segnalate da alcune baleniere, reintroducendo, sembra, l'uso del kayak. In effetti il kayak della Groenlandia è molti simile a quello utilizzato a Pond Inlet, nell'isola di Baffin, piuttosto che a qualsiasi altra imbarcazione della Groenlandia stessa. Comunque sia andata, il kayak era una imbarcazione efficiente e funzionale. Era costruita su misura: lunghezza corrispondente a tre volte l'altezza del cacciatore, larghezza del pozzetto pari alla distanza tra gomito e dito medio, più tre dita. Mediamente, un kayak dei primi del '900 era lungo circa 5 metri. Oggi gli Inuit sono più alti e i kayak sono lunghi 6 metri. Lunghezza a parte, le proporzioni non cambiano.
Dapprima erano legati gli assi, che rendevano flessibile la struttura del kayak. Nel frattempo le pelli di foca erano lasciate per molti giorni in acqua di mare per poi essere cucite sulla struttura di buon ora per evitare che il debole sole estivo le seccasse. Le pelli erano cucite con fili ricavati dai tendini dei mammiferi marini; oggi si usa nylon e... filo interdentale, economico e duraturo.
Al termine, la struttura ricoperta di pelli di foca era lasciata al sole; seccandosi, le pelli aderivano perfettamente e al termine venivano cosparse con grasso di balena. Il kayak era prezioso e veniva gelosamente custodito, ma non era raro che il forte vento invernale lo trascinasse via dalla rastrelliera o i cani o altri animali ne mangiassero il rivestimento.
Una volta terminato, il kayak era pronto alla navigazione. Il cacciatore portava con se tutto l'occorrente: l'arpione con la punta in osso o in avorio e l'asse di lancio erano alla destra, tenuti fermi da angolari anch'essi in avorio. Una cordicella era legata alla punta mobile dell'arpione, ed era avvolta a prua per poi continuare a poppa, legata ad un galleggiante fatto con pelle di foca (chiamata utoq) rivoltata e gonfio di aria, chiamato avatak (vedi figura). Oggi è sostituito da un bidone di plastica. A fianco del galleggiante spesso era posizionato un fornello alimentato con olio di foca e una lancia; in tempi più recenti vi collocavano la fodera in canapa per il fucile. Oggi usano imbarcazioni a motore oppure kayak in vetroresina, perché la caccia al narvalo è vietata alle imbarcazioni a motore. Torneremo a descrivere nel detaglio la caccia al narvalo. La caccia alle foche era condotta sempre a bordo del kayak, ma era decisamente più semplice. Il cacciatore se ne stava alla deriva per ore, poi all'apparire della preda, non doveva far altro che far rumore. Le foche, notoriamente curiose, si avvicinavano e venivano mortalmente colpite.
La classica ribaltata con il kayak, detta eskimo, oggi messa in pratica con tanta semplicità, era in realtà molto pericolosa nelle gelide acque dell'Artico. Causa immediata ipotermia, il cacciatore poteva annegare quasi all'istante, tanto che manovre pericolose come il lancio dell'arpione a lato o dietro l'imbarcazione, non venivano quasi mai praticate.
Quali specie erano cacciate? La foca groenlandese (Pagophilus groenlandicus), la foca dagli anelli (Pusa hispida), il tricheco (Odobenus rosmarus) e diverse specie di uccelli marini tra cui le gazze marine (Alca torda) e l'edredone (Somateria mollissima). La pietanza nota come kiviàq era considerata una leccornia. Si realizzava svuotando una foca delle interiora riempendola sino all'orlo di gazze marine, tanto di piume e becco. Poi il tutto era messo sotto una roccia al riparo della luce e il tempo faceva il resto: il grasso sottocutaneo della foca rallentava la decomposizione degli animali all'interno dando alla pietanza il caratteristico sapore acre, probabilmente insopportabile per noi occidentali.
LA LINGUA
la lingua Inuit è ricca di declinazioni e coniugazioni. Esistono solamente tre vocali il che conferisce alla lingua stessa una sonorità particolare. Si parla solo al presente perchè non esiste la coniugazione dei verbi al passato (non esiste neanche l'infinito). La particolarità più evidente è che ogni nome può trasformarsi in verbo e viceversa. Non esiste il genere maschile e femminile. C'è povertà di espressione per quanto riguarda le idee astratte, mentre uno stesso animale può avere decine di nomi diversi (la ricchezza del linguaggio, in tal caso, è correlata all'importanza delle attività necessarie al sostentamento: per esempio il caribou è molto importante per gli Inuit dell'entroterra, per questo è noto con molti nomi diversi.
Una parola può avere più di cento infissi che sono importantissimi per capirne il significato: ogni infisso modifica quello che lo precede ma mai quello che segue. Per esempio, pissukpok significa "egli cammina" ma, trasformato in pissualayok il significato muta in "egli cammina svelto" e ulteriormente cambiato in pissuinnarpok il significato diviene "egli passeggia".
FINE PRIMA PARTE
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BIBLIOGRAFIA
- Domenici Davide, NUNAVUT, il nostro Artico. Airone 195, luglio 1997. Bellissimo articolo dedicato al popolo Inuit che consigliamo vivamente.
- Vidotto Daniela. Il popolo dei ghiacci. Ottimo articolo pubblicato su Scienza 2000 n.12, dicembre 1986.
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SITOGRAFIA
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