BiologiaMarina.eu

 

 

Cod Art 0285 | Rev 01 del 26 Mar 2013 | Data 01 Giu 2010 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

IL CALAMARO GIGANTE

Kraken Il Kraken delle leggende Scandinave

La grande piovra dei miti, descritta da Melville nel suo Moby Dick, è anche la protagonista delle leggende Scandinave che narravano del Kraken, enorme essere che non esitava ad attaccare i marinai che si spingevano oltre il mondo conosciuto.
Aristotele indicò la grande piovra con il nome di Teuthos, e nel corso dei secoli venne sempre descritta come un mostro marino divoratore di equipaggi. La prima descrizione realistica risale al 1639, quando vennero trovati dei resti spiaggiati. Ma fu Japetus Steenstrup nel 1850 ad associare i resti che ogni tanto il mare depositava sulle spiagge, ad un enorme calamaro. Anche il principe Alberto I di Monaco, che fondò l'Istituto e Museo Oceanografico di Monaco, descrisse nel 1895 presso le Azzorre, i frammenti di un enorme calamaro espulsi da un capodoglio.
La prima cattura di un calamaro gigante documentata è del 1861, quando l’equipaggio di una nave da guerra francese ne catturò un esemplare e lo issò a bordo, presso Tenerife.

Stampa I teutologi, ovvero gli studiosi di Cefalopodi hanno classificato il calamaro gigante come appartenente al genere Architeuthidae, ma a tutt’oggi non è noto quante siano le specie che vi appartengono, poiché ad ogni ritrovamento, anche di parti di animale come tentacoli o frammenti di tentacoli, vi era in passato la tendenza a creare una nuova specie. Molti autori ritengono che le specie siano solo tre e rispettivamente Architeuthis sanctipauli che vive nell’emisfero meridionale, A. japonica del Pacifico settentrionale e A. dux dell’Atlantico settentrionale. Poi ci sarebbe Mesonychoteuthis hamiltoni, un “calamaro colossale" rinvenuto nel 2007 e pesante ben 450 Kg, la cui esistenza era comunque stata ipotizzata gia nel 1925. Nel 2004 fu ritrovato intatto un esemplare femmina immatura di 150 Kg, nelle acque del Mare di Ross.

LA SPEDIZIONE DI CLYDE ROPER

Clyde Roper dello Smithsonian Institue partecipò tra il 1994 e il 1997 ad una famosa spedizione alla ricerca di uno dei più elusivi ed enigmatici animali marini, il calamaro gigante. Due navi attrezzate con sonar, tra cui la Tanekaha, e con a bordo attrezzature, biologi e scienziati, sondarono le acque antistanti la penisola Kaikoura, in Nuova Zelanda. Le acque del luogo, secondo Roper "sono il nirvana dei capodogli, e sono proprio questi cetacei ad offrire le migliori possibilità di osservazione di un calamaro gigante". Circa il 10% della dieta dei capodogli è costituita proprio da calamari, e quindi dove ci sono capodogli ci sono i calamari giganti. Per la cronoca, nello stomaco di un solo capodoglio sono stati trovati circa 30.000 becchi chitinosi e indigeribili di piccoli calamari, e anche resti di calamari giganti.
Per la ricerca la spedizione disponeva della sonda Odyssea III, equipaggiata con strumenti per la misurazione della salinità, della temperatura, e soprattutto con una “crittercam” sviluppata dalla Nationa Geographic TV, e con l’immancabile sonar. Le campagne di ricerca di Roper, purtroppo, non ebbero successo, e occorrerà attendere sino al 2005, quando venne filmato per la prima volta il calamaro gigante della specie Tanigia danae, ad opera di una equipe nipponica. Per ulteriori informazioni vedere qui!

Sopra, l'equipagio della corvetta francese issa a bordo il calamaro gigante, presso Tenerife (stampa dell'epoca).

ANATOMIA DEL CALAMARO

Clyde Roper rimane uno dei maggiori esperti mondiali di calamari giganti, e pubblicò nel 1982 un articolo sul Scientific American tradotto anche in italiano e pubblicato sul numero 166 della rivista Le Scienze, nel 1982. Parte di questo paragrafo è tratta quindi da quell'articolo, uno dei pochi articoli scientifici disponibili in lingua italiana.

I dati riportati di seguito, si riferiscono principalmente ad un esemplare di Architeuthis ritrivato spiaggiato nel 1980 a Plum Island del Massachusetts. Il calamaro gigante presenta un capo lungo 1 metro, connesso al resto del corpo mediante un "collo" dotato di un collare cartilagineo. La bocca si presenta circondata da otto braccia molto spesse e robuste, e da due tentacoli sottili e molto allungati. Le braccia sono lunghe circa tre metri e hanno una circonferenza alla base di 50 cm circa. Sulla superficie interna delle braccia si trovano due file di ventose, orlate da membrane protettive frastagliate, più grandi nella porzione prossimale delle braccia, e via via più piccole nella porzione distale. Le ventose più grandi hanno un diametro di poco più di 5 cm (da sfatare misure eccezionali di ventose di 20 cm di diametro). I bordi delle ventose sono orlati da dentelli chitinosi, e la stessa ventosa è unita al tentacolo da una struttura muscolare (un peduncolo), che l'animale può muovere. Così armato, un calamaro anche di piccole dimensioni, procura o può procurare delle ferite diffuse e profonde ai tessuti delle sue potenziali prede. Tali ferite sono state trovate sui corpi di capodogli e anche nel loro stomaco.
Nei maschi le due braccia in posizione ventrale sono ectocotilizzate, ovvero specializzate per la fecondazione, poiché utilizzate per il trasferimento delle spermatofore e fecondare le uova delle femmine.
I due tentacoli sono usati principalmente per la cattura delle prede e terminano con una struttura che ricorda per la sua forma delle pinze o delle cesoie. I tentacoli hanno un diametro alla base di 25 cm e possono essere lunghi anche 10 metri. Si presentano quasi "spogli" di ventose, soprattutto alla base, poi in posizione mediana e distale sono presenti alcune ventose e qualche bottone adesivo. L'apice appiattito e appuntito invece, presenta quattro file di ventose finemente dentellate (vedi figura sottostante).

Calamaro gigante

Sopra, Architeuthis con particolare della parte terminale dei due tentacoli, su cui sono disposte le 4 file di ventose (in basso) e particolare delle stesse con le orlature dentellate (al centro). Fonte Le Scienze, modificato.


Il mantello del calamaro gigante si presenta a forma di cono, che si restringe man mano che ci si avvicina alla coda dell'animale, che si presenta appuntita. Ventralmente è presente l'imbuto, organo che deriva dalla trasformazione del piede dei molluschi ancestrali che hanno dato vita nel corse dell'evoluzione alla classe dei Cefalopodi. L'imbuto è estremamente mobile, è orientabile e attraverso un getto d'acqua permette all'animale di muoversi in ogni direzione, sfruttando il principio di azione e reazione. Una valvola impedisce il ritorno dell'acqua tra un getto e il successivo.
La struttura interna nota con il nome di gladio o penna, non è altro che una struttura calcarea che funge da sostegno. E' ciò che rimane della conchiglia ancestrale degli antenati dei Cefalopodi. Il gladio è inserito in una tasta muscolare del mantello, e si estende per tutta la lunghezza del mantello stesso. Oltre che da sostegno, funge anche da struttura per l'inserzione di alcuni gruppi muscolari.
Il mantello e tutto il corpo dell'animale si presenta pluristratificato, di colore variabile tra il marrone e il porpora, ricco di pigmenti e di speciali cellule dette cromatofori, che rendono possibile la modificazione del colore del tegumento, in seguito a espansioni e contrazioni repentine, sotto il controllo del sistema nervoso centrale. In Architeuthis non si conoscono fotofori, ma in altre specie di dimensioni più contenute, come Taningia danae (Joubin, 1931), è noto il fenomeno della bioluminescenza.
Gli occhi del calamaro gigante sono enormi, quasi 25 cm di diametro, e sono quindi i più grandi di tutto il regno animale. E' assente la cornea ed è presente un grande cristallino regolabile.
La bocca presenta due grandi mascelle chitinose (becco) capaci di ruotare e portarsi in avanti, sminuzzando la carne delle prede in modo tale da poter essere ingoiata.

Becco calamaro gigante Le mascelle chitinose del calamaro gigante. La mascella superiore dispone di un rostro appuntito, e forma un margine tagliente con la mascella inferiore, che presenta invece un rostro corto e smussato.

I becchi chitinosi sono tipici di ogni specie di calamaro, ed è possibile risalire alla specie di appartenenza e definire quindi la dieta dei capodogli, che eliminano le mascelle indigeribili attraverso l'ambra grigia.
La radula, organo caratteristico dei molluschi, è lunga circa 10 cm e presenta dei dentelli chitinosi tricuspidati (denti faringei), rivolti verso l'interno, che aiutano a trasportare il cibo verso il canale alimentare. In proporzione, la radula di Architeuthis è molto piccola, se pensiamo alle dimensioni dell'intero animale, ma è molto più grande di qualsiasi altro mollusco. Le ghiandole salivari sono enormi, e producono grandi quantità di enzimi digestivi. A livello dello stomaco, dotato di spesse pareti, è presente una ghiandola digestiva, anch'essa deputata alla produzione di enzimi digestivi. Lo stomaco prosegue con un cieco e qui avviene l'assimilazione del cibo. I prodotti indigesti attraversano un breve intestino e vengono poi espulsi nella cavità del mantello, e ivi da qui attraverso l'imbuto. Al retto è collegata anche la tasca del nero, grande e allungata, che produce grandi quantità di inchiostro, utilizzato probabilmente in una reazione di fuga.
Le due branchie, allungate, dispongono di oltre 100 lamelle e offrono un'estesa superficie di scambio tra il corpo dell'animale e l'acqua nella cavità palleale.
Un unico ovaio costituisce l'apparato riproduttivo delle femmine, dislocato tra le viscere, posteriormente, in posizione mediana. Degli ovidotti consentono alle uova di essere espulse nella cavità palleale, ove sono avvolte da una massa gelatinosa prodotta dalle ghiandole nidamentali. Nelle femmine di Architeuthis sono assenti (perlomeno negli esemplari studiati), le tasche per le spermatofore localizzate nelle altre specie al di sotto della bocca. Nei maschi, come detto, sono presenti due braccia ectocotilizzate. Il testicolo è immerso nella massa viscerale, e si presenta come una massa biancastra e filamentosa. L'organo di Needham o apparato spermatoforale, produce le spermatofore, ovvero lunghi e sottili tubicini pieni di sperma. La grande tasca spermatoforale, lunga anche un metro, contiene centinai e forse migliaia di spermatofore, disposte parallelamente l'una all'altra. In natura la fecondazione e l'utlizzo (presunto) degli ectocotili non è stato mai osservato.

I muscoli del mantello, del capo e delle braccia presentano elevate concentrazioni di ioni ammonio, la cui densità è inferiore a quella dell'acqua e che aiutano l'animale nel galleggiamento. Questo spiega il galleggiamento post-mortem che porta poi molti esemplari a spiaggiarsi. Non è noto come mai finiscano così pochi esemplari nelle reti dei pescherecci di profondità. Probabilmente, come altri Cefalopodi, sono in grado di avvertire l'avvicinarsi delle imbarcazioni o delle stesse reti, e quindi anzitempo si danno alla fuga. Oppure vivono in zone molto profonde o poco battute. Tuttavia alcuni esemplari vivi sono stati visti nuotare anche in superficie, per esempio a largo di Terranova, presso i Grand Banks. Altri invece sono stati segnalati alle Hawai, dove non esiste la piattaforma continentale e il fondale degrata rapidamente a migliaia di metri di profondità.
In ogni caso, la speranza è che questi enigmatici animali, di cui non si conoscono neanche le abitudini alimentari (molti esemplari spiaggiati avevano lo stomaco vuoto), rimangano indisturbati ancora per molto, e possano così tranquillamente scorazzare nelle profondità oceaniche.

Per chi volesse approfondire l'argomento consigliamo, in italiano, l'articolo de Le Scienze riportato in bibliografia.

ARTICOLI CORRELATI

BIBLIOGRAFIA