ANTICHI COSTRUTTORI DI SCOGLIERE CORALLINE
Oggi, parlando di scogliere, il nostro immaginario collega tale definizione alle maestose scogliere coralligene presenti nei caldi mari tropicali, con tutti i colori e le miriadi di forme viventi che lì vi abitano; in effetti, le barriere coralline costituiscono un ecosistema senza pari al mondo, nessun altro ambiente, nemmeno quello della più fitta foresta pluviale tropicale, riesce a trasmettere l'impressione di ricchezza e di vitalità.
La biodiversità delle barriere coralline è tale che, pur occupando solamente lo 0.3% della superficie degli Oceani, ospitano ben il 25% di tutte le specie marine conosciute.
Esistono tre differenti tipi di scogliere coralline, che abbiamo descritto in un precedente articolo, dedicato alla morte (per sbiancamento) dei coralli delle isole Andaman.
Sopra, evoluzione geologica delle strutture coralligene, dai fringing reef alle barriere coralline - Immagine Pinet Paul R., Jones & Bartlett Learning.
Un primo tipo di scogliere coralline sono quelle dette a frange (fringing reef); attenzione, spesso in italiano è riportato il termine "scogliere a frangente", tuttavia come gia spiegato, esso non è del tutto corretto. Le scogliere a frange, dette anche scogliere marginale e scogliere areale, sono a diretto contatto con la costa; ai margini delle isole tropicali, in questa forma la barriera stessa dà origine ad una laguna interna, con un fondale detritico separato dal mare aperto da una striscia di coralligeno a bassa profondità (es: reef del Mar Rosso). Oltre il 50% delle barriere coralline del mondo sono fringing reef.
Un secondo tipo di coralligeno è rappresentato dalle barriere coralline di piattaforma (barrier reef), caratterizzate da una piattaforma continentale che si allontana della terraferma, pur però continuando ad offrire condizioni tali da garantire lo sviluppo delle colonie madreporiche (es: Grande Barriera Corallina, Papua Nuova Guinea e gran parte dei Caraibi);
Altro tipo di barriera corallina è quello formato dagli atolli corallini, costituiti dalla progressiva scomparsa di un'isola vulcanica che, pur lasciando integre le barriere a frange che la circondavano in epoche remote, ha poi generato una laguna interna, attorniata da un anello corallino più o meno regolare (es: isole delle Maldive e atolli Polinesiani).
Gli artefici di queste meraviglie biologiche sono, come tutti sanno, i polipi dei *coralli o, più precisamente, le colonie madreporiche. Esistono coralli ermatipici (in grado di costituire barriere a man mano che le colonie si espandono e si propagano) e coralli aermatipici, la cui struttura flessibile non da origine a strutture complesse (es: gorgonie, il cui scheletro è costituito da una sostanza cornea, oppure i cosiddetti coralli molli); al primo gruppo viene generalmente associata, ma non sempre, la presenza di zooxantelle, alghe unicellulari simbionti, che vivono all'interno delle cellule dei polipi; esse forniscono al corallo le sostanze energetiche, come zuccheri e aminoacidi, rimuovendo composti dannosi per la colonia come l'anidride carbonica che, altrimenti, trasformandosi in acido carbonico, dissolverebbe lo scheletro calcareo dell'intera colonia.
I coralli sono organismi marini che appartengono al phylum degli Cnidari (ex Celenterati), per intenderci, a tale phylum appartengono anche le meduse. Gli Cnidari sono carnivori e immobilizzano o uccidono le loro prede mediante speciali cellule urticanti dette nematocisti, che sono posizionate in genere nei loro tentacoli. In particolare, a tale phylum sono associati gli Antozoi che ora esaminiamo brevemente.
Gli Antozoi si suddividono in due ordini: ottocoralli o alcionari, caratterizzati da un polipo provvisto di otto tentacoli pinnati e di otto setti gastrici, il cui sviluppo avviene tramite una larva chiamata planula; tra gli appartenenti a questo gruppo ricordiamo, ad esempio il famoso corallo rosso (Corallium rubrum).
Gli alcionari o zoantari, che sono caratterizzati da setti e tentacoli semplici in numero di sei o multipli di sei, presentano uno scheletro esterno calcareo, come nelle madrepore, ma possono anche esserne privi, come invece avviene ad esempio nel pomodoro di mare (Actinia equina) o in generale nelle attinie.
ANTICHE BARRIERE
Le formazioni coralline attuali sono sviluppate in massima parte tra la superficie e i trenta metri di profondità, ma soltanto in acque la cui temperatura non scende mai sotto i 20° C; altri fattori che limitano la crescita e la diffusione delle barriere coralline sono la salinità dell'acqua, che deve essere costante, l'intensa della radiazione luminosità dell'ambiente in cui vivono e infine, il tasso di sedimentazione.
La loro distribuzione è notevolmente variata nel corso del tempo; si sono alternate fasi di grande espansione geografica ad altre di contrazione, in seguito ai continui mutamenti climatici; ma le scogliere coralline che oggi conosciamo sono strutture relativamente recenti. Nelle ere geologiche passate ve ne erano molte altre, composte e costituite da organismi differenti da quelli che oggi conosciamo.
Le prime scogliere erano composti da organismi semplicissimi e risalgono a ben due miliardi di anni fa.
Durante il Precambriano medio, erano costituite dalle Stromatoliti (ancora oggi si possono ritrovare in alcune zone del nostro pianeta), formate da concrezioni calcaree di dimensione variabili da qualche mm a più metri, sviluppate attorno ad alghe azzurre (cianoficee) dall'aspetto mucillaginoso, che erano capaci di fissare selettivamente i sali calcarei.
Queste scogliere stromatolitiche, sono state arricchite circa 600 milioni di anni fa, da animali simili alle spugne chiamate archeociatidi (termine formato da due parole di etimologia greca, archeos = antico e cyathis = coppa); quest'ultimi erano un gruppo di particolari organismi marini caratterizzati, come suggerisce il termine stesso, da uno scheletro calcareo a forma di coppa rovesciata, con parete doppia o semplice. Erano alti circa 10 cm, tutta ricoperta da pori. Tappezzavano e colonizzavano i bassi fondali e scomparvero quasi improvvisamente, 540 milioni di anni fa, per cause ancora poco chiare.
Durante i successivi 60 milioni di anni, le alghe hanno continuato la loro semplice attività costruttiva senza altri "collaboratori", poi circa 480 milioni di anni fa, accanto alle alghe si diffusero anche dei briozoi coloniali che "aiutarono" quest'ultime alla costituzione delle barriere.
I briozoi coloniali sono minuscoli organismi morfologicamente simili ai muschi (ma decisamente diversi dai muschi), che secernevano scheletri calcarei dalle forme variegate. Assieme ai briozoi si svilupparono anche alcune spugne calcaree primitive e alghe rosse coralline (Corallinae), oltre a coralli molto primitivi. Questo tipo di comunità, perdurò per circa 130 milioni di anni e poi, circa 350 milioni di anni fa, si verificò un secondo collasso, che interessò tutti questi organismi di barriera tranne le alghe stromatolitiche; occorsero altri 13 milioni di anni prima che lo sviluppo delle scogliere ricominciasse.
Allora le stromatoliti si unirono ad altri tipi di briozoi e di spugne particolari munite di cavità. Circa 225 milioni di anni fa, nel periodo Triassico, si verificò un terzo devastante collasso biologico che colpì non solo gli organismi di scogliera, ma anche la metà degli animali e delle piante marine e terrestri, che si estinsero.
Altre scogliere, superata anche questa crisi biologica, riapparvero 10 milioni di anni dopo; allora le barriere erano costituite da coralli arcaici che appartenevano a ben 6 famiglie del gruppo delle sclerattinie, i discendenti degli attuali coralli.
Durante i successivi 120-130 milioni di anni, le scogliere si diffusero in molte parti del mondo e furono, all'epoca, costituite anche da particolari molluschi chiamati Rudiste, i quali grazie alla loro larga diffusione, soppiantarono in larga misura i primitivi coralli. Questi organismi erano costituiti da gusci cilindrici e conici che cementandosi tra loro, crearono degli aggregati molto compatti.
Essi si fissavano al substrato per mezzo di una delle due valve che cresceva a dismisura, assumendo una forma da spiralata a conica, alta sino a due metri, mentre l'altra valva si trasformava in un opercolo e presentava un guscio molto spesso e dotato di una cerniera di tipo pachiodonte (tipo di cerniera di molluschi lamellibranchi, formata da dentelli poco numerosi ma molto robusti); grazie alla loro struttura anatomica, essi erano adattati a vivere in ambienti di scogliera ad alta energia.
Ma le crisi biologiche che le nostre scogliere dovettero affrontare non erano di certo concluse, infatti improvvisamente, circa 65 milioni di anni fa (fine Cretaceo), si verificò una quarta estinzione; le rudiste scomparvero assieme ai 2/3 delle famiglie coralline (questa estinzione è famosa tra l'altro anche per la scomparsa dei dinosauri, dei rettili marini e volanti); ci vollero circa 10 milioni di anni, dopo questa catastrof , affinché le scogliere ricominciassero a formarsi di nuovo, crescendo in modo vigoroso e rapido. Esse erano formate, questa volta, da generi e specie di coralli di tipo "moderno", molto simili a quelli che ancora oggi incontriamo quando ci immergiamo in questi ambienti eccezionalmente ricchi di vita.
Attualmente, questo ecosistema delicato, è un'altra volta in pericolo e rischia di scomparire, per innumerevoli motivi. La principale causa della rarefazione dei reef sembra essere legata ai cambiamenti climatici e all'inquinamento.
Il bleaching, cioè lo sbiancamento dei coralli, è un fenomeno che consiste nell'espulsione delle alghe zooxantelle, che normalmente vivono in simbiosi nei tessuti dei coralli stessi; senza di esse il corallo sbianca e lasciando intravedere la struttura scheletrica biancastra, rendendolo fragile e portandolo così alla morte.
Tale fenomeno, come ho citato poco sopra è la conseguenza di un forte stress dovuto ad un forte riscaldamento delle acque circostanti, forse associato, come detto, al progressivo cambiamento del clima globale; ciò è dovuto anche all'azione combinata della massiccia attività antropica.
La seconda causa, intimamente legata alla prima, è associata allo sregolato sviluppo delle attività costiere e di deforestazione dei mangrovieti e delle foreste pluviali, che determinano un apporto eccessivo di sedimenti e nutrienti nelle acque oceaniche, spesso accompagnato da fenomeni di inquinamento chimico e, non ultima (terza causa), la brutta abitudine di prelevare in natura i coralli tropicali, per farne dei souvenir, a volte di dubbio gusto.
In conclusione quindi, dobbiamo e dovremmo adottare degli atteggiamenti più consoni e misurati verso queste comunità animali, allo scopo di tutelare questi ecosistemi così delicati, per far si che le generazioni future possano anch'esse vedere, studiare e conoscere la meravigliosa biodiversità presente in questi luoghi.
DIFFERENZA TRA CORALLI ERMATIPICI, AERMATIPICI, ZOOXANTELLATI, AZOOXANTELLATI | ||
I termini "ermatipico" e "aermatipico" sono stati introdotti da Veron nel 1986, che intervenne su una precedente definizione di Wells che per primo introdusse il termine "coralli ermatipici" nel lontano 1933, proprio per descrivere i coralli edificatori dei grandi reef ospitanti le zooxantelle. Al contario con il termine "aermatipico" indicò i coralli non costruttori e privi di zooxantelle. Con il termine "zooxantellati" invece si indicano le associazioni simbionti con zooxantelle, per cui i due termini (ermatipico e zoxantellato) divennero ben presto sinonimi. Per far luce sulla questione intervennero Schuhumacher e Zibrowius (1985) che precisarono il fatto che non necessariamente i coralli ermatipici ospitano zooxantelle, e che non necessariamente i coralli zooxantellati sono costruttori di reef. Attualmente quindi con il termine "ermatipico" si indicano solo i coralli e altri organismi capaci di edificare un reef, dove per reef si intendono strutture topografiche e biogeniche positive, capaci di resistere all'azione del moto ondoso e persistenti per un lungo periodo di tempo (Guilcher 1988). Quindi il significato non è associato alla presenza o meno delle zooxantelle, anche se è vero che la maggioranza dei coralli ermatipici sono anche zooxantellati. Così come è vero che la maggioranza dei coralli aermatipici sono anche azooxantellati. Esempi di coralli azooxantellati ma ermatipici sono stati trovati a 500 m di profondità, in assenza di luce nonché anche in acque molto fredde. | ||
* Il il termine "corallo" di norma si utilizza solamente quando ci si riferisce al genere Corallium. Tuttavia per motivi pratici in questa sede utilizziamo il termine "Corallo" per indicare anche altri organismi, come Madreporari e altri Antozoi.
AGGIUNGI UN COMMENTO [Se non desideri visualizzare il tuo commento sul tuo profilo Facebook, ricordati di togliere la spunta della ceckbox]
GALLERY
ARTICOLI CORRELATI
- IL CORALLO ROSSO
- LE GORGONIE ALLA PORTA DEL MEDITERRANEO
- I CORALLI ERMATIPICI
- MUORE IL CORALLO DELLE ISOLE ANDAMAN
Questo articolo è protetto da Copyright © e non può essere riprodotto e diffuso tramite nessun mezzo elettronico o cartaceo senza esplicita autorizzazione scritta da parte dello staff di BiologiaMarina.eu.
Ideazione: Pierfederici Giovanni - Progetto: Pierfederici Giovanni, Castronuovo Motta Nicola.
Prima Pubblicazione 31 Lug 2006 - Le immagini dei Collaboratori detentori del Copyright © sono riproducibili solo dietro specifica autorizzazione.
Si dichiara, ai sensi della legge del 7 Marzo 2001 n. 62 che questo sito non rientra nella categoria di "Informazione periodica" in quanto viene aggiornato ad intervalli non regolari
XHTML 1.0 Transitional – CSS