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Cod Art 0242 | Rev 01 del 19 Mar 11 | Data 08 Gen 2010 | Autore Pierfederici Giovanni

 

   

 

CONDANNATI ALL'ESTINZIONE

Condannati all'estinzione è il titolo di un libro pubblicato nel 2001 per i tipi dell'Edagricole. Zerunian, l'autore del testo, evidenzia la drammatica situazione dei pesci delle acque dolci italiane. Da allora la situazione è ulteriormente precipitata, complice il completo disinteresse nei confronti degli ambienti lotici (le acque correnti) e lentici (le acque ferme). L'importanza attribuita in Italia ai sistemi fluviali si limita solamente a considerare vetusti aspetti di ingegneria idraulica, in altri termini il fiume è considerato come un collettore, adatto a convogliare nel più breve tempo possibile l'acqua in eccesso (per esempio durante una piena), oppure per essere utilizzato come fonte di acqua per l'agricoltura. Per questo i fiumi vengono rettificati, arginati, sbarrati, cementificati e privati della vegetazione ripariale, senza poi considerare le captazioni abusive, gli scarichi fognari e industriali.

Ancora oggi le amministrazioni e gli enti locali provvedono ogni anno a "ripulire" gli argini e il letto dei fiumi dalla vegetazione, poiché considerata di ostacolo al normale flusso dell'acqua. Queste operazioni vengono solitamente fatte a fine estate, con funzione preventiva. Ma favorire il deflusso dell'acqua significa aumentarne la velocità e quindi l'energia cinetica, con conseguente erosione degli argini e lo straripamento del fiume in aree molto spesso fortemente urbanizzate. In altri termini, quella che è considerata normale manutenzione e che dovrebbe sollevare e prevenire un problema, lo amplifica. La vegetazione infatti rallenta il deflusso delle acque e preserva gli argini del fiume; nel caso del fiume Serchio, straripato il giorno di Natale del 2009, gli argini erano appunto concepiti secondo vetuste tecniche di canalizzazione, totalmente privi di vegetazione che, con il loro apparato radicale, avrebbero certamente contenuto i danni, ingentissimi, per la popolazione residente e per l'agricoltura. Ricordiamo inoltre che il taglio a raso della vegetazione ripariale altera anche le caratteristiche chimiche e fisiche del corso d'acqua, per esempio aumenta la temperatura e cambia il pH.
Ricordiamo alcuni punti importanti per il corretto mantenimento dei corsi d'acqua:

Introduzione

Fino a 40 anni fa molti fiumi in Italia godevano di buona salute. Nelle loro acque si potevano vedere pressoché tutte le specie autoctone e non esisteva ancora il bussines della cosiddetta pesca sportiva. La situazione cambia poi gradualmente all'inizio degli anni '70 del '900. L'agricoltura inquina le falde acquifere e le industrie scaricano senza alcun controllo direttamente nei corsi d'acqua. Molti fiumi vengono rettificati e sbarrati con chiuse, briglie e quant'altro. Proprio negli anni '70 si nota il calo della biodivesità. Scompaiono gli insetti che un tempo pullulavano lungo le sponde dei fiumi e scompaiono le specie bentoniche di fondo (questi organismi, come tricotteri e plecotteri sono oggi detti organismi bioindicatori, poiché la loro presenza è indice di buona qualità delle acque). Di conseguenza scompaiono molte specie di pesci.

Cenni storici

L’immissione di specie ittiche alloctone ebbe inizio in Italia verso la seconda metà dell’800 allo scopo di aumentare la pescosità di alcuni laghi, poiché gia all’epoca l’inquinamento causato dalla presenza dei primi opifici, dislocati sui principali immissari dei laghi, penalizzò fortemente la riproduzione della trota al punto che gia all’epoca si parlava di fecondazione artificiale.

Nel 1861 De Filippi realizzò le prime introduzioni di coregone lavarello o coregone bianco (Coregonus sp). Il tentativo fu realizzato con avanotti "Blaufenchen" (Coregonus wartmani coeruleus) provenienti dal lago di Costanza. La specie all’epoca era diffusa oltralpe e le Alpi costituivano il limite sud dell'originario areale di distribuzione. Questo primo tentativo fu tuttavia infruttuoso e solo nel 1885 furono di nuovo immessi nel lago Maggiore e nel lago di Como avanotti "Blaufenchen" e "Weissfelchen" (Coregonus schinzii helveticus). Poi, nel 1891 e nel 1894, la stessa operazione fu ripetuta nel lago di Bolsena, nei laghi di Albano, nei laghi di Bracciano e Martignano e infine presso Lugano e il lago di Iseo. Nel lago di Garda l’immissione ebbe luogo nel 1918. Dopo il 1920 le introduzioni continuarono nei laghi di Vico, Nemi, Scanno e, poi nel 1949, nei laghi di Resia, Campotosto e Cecita, per poi proseguire nei piccoli laghi di pianura (Pusiano, Varese, Monate, Viverone). Tuttavia queste operazioni fallirono, perchè ancora non erano ben note le caratteristiche e le esigenze delle specie immesse, tipicamente ossifile e stenoterme fredde. La specie sopra citata sopravvive oggi solo presso Monate e Viverone. Così nel 1950 l’esperimento venne di nuovo avviato dal Dipartimento di Caccia e Pesca utilizzando il coregone "Bondelle" (Coregonus macrophthalmus) proveniente dal lago Neuchatel. Questa specie non ha eliminato la precedente e ancora le due popolazioni coesistono, seppur Coregonus macrophthalmus è numericamente più importante.

Anche il salmerino (Salvelinus alpinus), specie pelagica, fu introdotto negli anni '50. Tuttavia la sua introduzione non ebbe successo, per cause ancora poco chiare.

La responsabilità delle attività alieutiche

Le immissioni intenzionali di specie estranee nei corsi d'acqua italiani, ha segnato profondamente la qualità degli ecosistemi fluviali. Le responsabilità dei garisti sono indubbie. Il bussines della pesca sportiva ha prodotto in tempi relativamente brevi dei danni difficilmente quantificabili e ha condannato all'estinzione molte delle specie autoctone italiane. L'immissione di specie alloctone è la seconda causa, dopo l’inquinamento, dell'alterazione degli ecosistemi di acqua dolce. Il problema interessa praticamente tutte le entità tassonomiche e le specie ittiche a rischio sono numericamente rilevanti. Quando viene introdotta una nuova specie, essa deve disporre di una nicchia ecologica vuota da poter occupare, oppure scalzare dalla stessa nicchia una specie esistente, altrimenti l’introduzione non avrà successo. Nel caso in cui la specie neointrodotta ha successo, si hanno alterazioni spesso drammatiche nella struttura comunitaria preesistente. In Italia il mercato della pesca amatoriale è pure instabile, segue le mode del momento e tutto questo comporta degli squilibri ecologici che tendono a favorire i Ciprinidi, meno sensibili al decadimento qualitativo degli ambienti fluviali e lacustri e meno soggetti al prelievo, a discapito dei Salmonidi, molto più sensibili e oggetto di pesca assidua.

In Italia manca una legislazione appropriata, mancano i controlli e non vengono applicati criteri scientifici per la salvaguardia degli ambienti fluviale e lacustri. In altre parole sono proprio i garisti e i loro criteri opportunistici a determinare quel decadimento qualitativo degli ambienti di acqua dolce. Il principio sui cui si basano è quello del put and take, che significa semplicemente "più pesce immetti in un ambiente, più pesci puoi pescare". Ovvio che coloro che mettono in atto tale tipo di comportamento non dispongono delle conoscenze elementari dell'ecologia e della biologia delle specie.

Casi di studio

La trota padana (Salmo trutta marmoratus, Cuvier 1817) è un subendemismo della zona padana ed era ampiamente distribuita in quasi tutta l’ Italia settentrionale. Tende a distribuirsi a valle dei corsi d’acqua, mentre la trota fario (Salmo trutta trutta, Linneo 1758), è distribuita a monte. Esiste però una zona di contatto ove i due Salmonidi vivono associati e questo da luogo ad ibridazioni che hanno portato nel corso degli anni alla pressoché scomparsa della trota padana. Esistono anche allevamenti che seppur con difficoltà sono giunti alla sua riproduzione. Tuttavia il problema più grande, oltre all’ibridazione, è quello dell’impoverimento idrico dei corsi d’acqua, soprattutto a valle che come detto è l’ambiente preferito della trota marmorata, che è anche oggetto di pesca assidua da parte dei pescatori.

Il pesce gatto (Ictalurus melas, Rafinesque, 1820), è un pesce di fondo di acque a corso lento o stagnanti. È originario del Nord America e del Messico, ma è stato introdotto ovunque in Europa. In Italia si è adattato a situazioni ambientali molto ampie e colonizza maggiormente ambienti eutrofici (lago di Mantova, lago di Candia). La specie praticamente non ha predatori, neanche nella fase giovanile, essendo munito di spine sulla pinna dorsale e pettorali. Inoltre le cure parentali e la sua capacità di sopravvivere a tenori di ossigeno vicini allo zero ne fanno una specie di successo, che ha determinato, nel corso degli anni, un impoverimento della biodiversità degli ambienti di acqua dolce italiani. La specie infatti, pur adattandosi a qualsiasi fonte di cibo, preda le uova di altri pesci. L’Unità di Ittiologia ed Acquacoltura dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese ha condotto presso il lago omonimo in collaborazione con la Provincia, uno studio al fine di programmare interventi di biomanipolazione, poiché in tale zona le popolazioni di pesce gatto hanno subito nel corso degli anni un incremento notevole. La campagna terminata nel 2003, ha proposto come possibile soluzione l’overfishing mirato, adottando metodi di pesca selettivi al fine di rimuovere i riproduttori ed il novellame, per ottenere una riduzione nella capacità riproduttiva della popolazione. Questa tecnica venne già applicata al carassio (Carassius carassius) sin dal 2000 e per tre anni consecutivi e, gia nel 2003, si videro i primi risultati. In quell’anno la pesca del carassio diminuì di un 15% circa.

Altro caso famoso è quello del siluro (Silurus glanis), specie indigena di molte zone dell'Europa centrale e orientale e dell'Asia minore. Vive prevalentemente in acque ferme o a corso lento, sia nei laghi che nei fiumi. Nel Po fu segnalato per la prima volta negli anni '50 e gia negli anni '70 la specie si era acclimatata e diffusa. Si tratta di un predatore crepuscolare e notturno che si nutre di pesci, piccoli uccelli e roditori. Può raggiungere i 2.5 m. di lunghezza e i 300 Kg di peso. Le femmine possono deporre sino a 30.000 uova, per cui le popolazioni sono cresciute rapidamente, ancor più rispetto ai luoghi di origine. L’impatto sulla fauna ittica locale è risultato devastante e nel basso corso del fiume Po sono quasi scomparse le popolazioni di Ciprinidi, come alborelle, cavedani, triotti, savette e carassi.

Spesso responsabili dei danni provocati dall'immissione di specie alloctone sono le stesse amministrazioni che dovrebbero invece preservare e tutelare il territorio. Tra i tanti esempi citiamo quello della Province di Latina e Frosinone, entrambe infatti nel 1981 gestirono il prelievo di specie ittiche dell’Italia settentrionale che furono immesse poi nel fiume Amaseno. Risulta, dopo 15 anni di osservazioni, che la specie autoctona (la rovella) è fortemente diminuita nei tratti a corso lento del fiume, a discapito della specie estranea (il triotto).

Etica della pesca sportiva

Di seguito proponiamo alcuni consigli da applicarsi alle attività alieutiche. Dalle esperienze sul campo è possibile notare che molti pescatori sono del tutto privi delle conoscenze di base dell’ecologia e della biologia delle specie oggetto di pesca. Di seguito alcune indicazioni e suggerimenti:

FINE PRIMA PARTE

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BIBLIOGRAFIA