VIAGGIO A ZANZIBAR
Un dhow, imbarcazione tipica di Zanzibar
Siamo partiti da Milano per Zanzibar con tanto entusiasmo, rassicurati dalle immagini esotiche presenti sui cataloghi delle Agenzie di viaggio, del resto per tanti anni è stato descritto come un arcipelago ricco, forte del suo primato mondiale di produzione di spezie, in particolare i chiodi di garofano.
Il tempo in aereo sembra non passare mai, quasi si fosse fermato, ma improvvisamente, dopo molte ore di volo ecco che appare in tutta la sua maestosità il Kilimangiaro, una montagna enorme in mezzo a una distesa sconfinata. Questo significa che siamo quasi arrivati, e infatti poco dopo, ecco che ci apprestiamo all'atterraggio. Il tempo è incerto, e comincia a piovere appena i motori si spengono.
La prima sorpresa. L'aeroporto è fatiscente, il tetto in lamiera è pieno di buchi e l'acqua ci cade in testa da tutte le parti. Non fa nulla, nessuno pretende il massimo del confort. Da li a poco ci dirigiamo verso il nostro villaggio, che appare ben tenuto, proprio come ci era stato descritto.
Il giorno dopo ecco che ci apprestiamo a visitare Stone Town. L'impatto non è positivo. Tutto è fatiscente e nel degrado più totale, la povertà si respira nell'aria, e la si vede nei volti dei bambini, che litigano per una semplice caramella. E sono proprio le caramelle a rovinare la salute dei più piccoli, e soprattutto i loro denti. Consigliamo a chi volesse regalare qualcosa, di donarlo al capovillaggio locale, sarà lui poi a ridistribuire (leggere trattenere per se) le cose ricevute.
Anche la famosa Casa delle Meraviglie o Beit-El-Ajab (a lato) è fatiscente. Si tratta di un palazzo edificato nel 1883 per il sultano Barghas, che abolì la schiavitù, emulando l'ostentata bellezza dei palazzi dell'India. Ebbene si, Zanzibar è l'arcipelago delle tre S, spezie, swahili e schiavitù. In passato erano gli arabi a gestire il mercato degli schiavi, e la dimora di uno dei più temuti negrieri, Hemed bin Mohammed El-Marjebi, è ancora li, a ricordarci quel tragico passato. Barghash abolì la schiavitù 12 anni dopo gli Stati Uniti, probabilmente per non dare un pretesto agli Inglesi di far guerra, ma non servì. Qualche anno dopo gli stessi inglesi rasero al suolo, in poco più di mezz'ora metà della Beit-El-Ajab, e iniziò così l'era coloniale. I nomi cambiarono. Al mercato di Darajani il pili pili (il pepe) divenne hoho. La storia di Zanzibar è complessa ed è passata di mano in mano. Dal Portogallo (1502-1729), all'Oman (1799-1861), e dalla Gran Bretagna (1884-1963). Nel 1964 dopo 12 mesi dall'indipendenza si unì al Tanganica dando vita alla Tanzania.
Il sultano Barghas. Abolì la schiavitù
Ma torniamo al presente.
L'arcipelago è formato da due isole principali, Unguja (la vera Zanzibar) e Pemba, oltre ad una cinquantina di isolotti, che nel complesso coprono poco meno di 2.500 Km2. La maggior parte della popolazione vive a Unguja. Nella parte sud occidentale, a kizimkazi, vi è la più antica moschea dell'Africa occidentale, che risale al 1107. Questa zona è famosa anche per i tanti avvistamenti di tursiopi. Il tratto di mare della zona è poco profondo e sbarrato da una barriera corallina che comunica con l'oceano attraverso un unico varco, che rifornisce grazie alla forte corrente, la baia stessa di calamari e altre prede abituali dei tursiopi.
A nord ovest sorge
il villaggio di Kizimbani, dove si coltivano tutte le specie di spezie, escluso, stando a quello che ci hanno riferito, lo zafferano. Vi sorgono bellissimi esemplari di quella pianta originaria delle Mollucche che a Zanzibar chiamano mkarafuu oppure karafuu, introdotta nell'arcipelago nel 1820, grazie ad un mercante arabo, un certo Salih bin Haramil El-Abry. I boccioli di tale pianta sono i chiodi di garofano esportati in tutto il mondo.
Presso la spiaggia di Nungwi i locali costruiscono i tradizionali barconi del posto, i dhow, realizzati con robusti tronchi delle casuarine. Le spiagge che si estendono lungo la costa est sono sommerse da imponenti maree con escursioni sino a 4 metri, due volte nell'arco delle 24 ore. Tale andirivieni leviga continuamente i granelli di sabbia, piccolissimi, che rendono uniche le spiagge del luogo. Le maree inoltre depositano molluschi e invertebrati di ogni tipo, fonte di cibo per migliaia di uccelli.
Ma Zanzibar
è anche la patria della lingua swahili, poi diffusasi in altri paesi Africani, come il Kenya, l'Uganda, parte del Congo, dello Zambia, le Comore, e in alcune zone dello Yemen e dell'Oman.
Purtroppo molti dei paesaggi di un tempo sono scomparsi, e le famigerate palme da cocco arrivate dall'India hanno anche qua preso il posto delle bellissime e verdissime foreste. Solo un minuscolo pezzetto di manto verde sopravvive. E' la foresta di Jozani, dimora del raro colobro rosso, che contava 2350 esemplari, almeno secondo le ultime stime documentate che abbiamo trovato e che risalgono al 2001.
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