GLI UOMINI SALMONE
Lungo le coste del Pacifico, al confine tra gli attuali Stati Uniti e Canada, vivono tuttora gli ultimi discendenti di popolazioni appartenenti alla cultura del legno e dedite alla pesca.
La stretta lingua di terra a ovest delle catene montuose nord americane, con le alte vette che a volte si gettano sino al mare, ricche di baie e di isole, divenne sin dai tempi remoti un ambiente ideale per gli abitanti indigeni, grazie ai fiumi Colombia e Fraser eccezionalmente ricchi di salmoni.
L’asperità dei luoghi, geograficamente isolati dal resto del continente, era ed è in parte attenuata dalla ricchezza di risorse e dalla clemenza del clima, umido e ventoso, grazie alla presenza della corrente calda del Giappone.
La corrente del Giappone infatti, a contatto con le coste della piattaforma continentale, origina nebbie e nubi molto estese che sospinte dai venti, si scontrano con le alte vette della vicina catena montuosa, dando così luogo a precipitazioni anche intense e durature, frequenti su tutte le isole prospicienti la costa. I freddi venti continentali invece, detti williwaw, sono bloccati dalla stessa catena montuosa e raramente portano precipitazioni nevose sin sulla costa.
Nello stato di Washington, grazie al clima esistente, vi è l’unico esempio al mondo di foresta umida boreale, ricca di vita e impervia come una foresta dei tropici.
La corrente calda del Giappone richiama anche acque fredde oceaniche, che contribuiscono a mantenere fredde le acque costiere anche durante la stagione estiva. La morfologia delle coste, i cambi repentini del clima e gli scontri tra masse di aria calde e fredde, contribuiscono a rendere pericolose le coste; non sono rari temporali improvvisi, che possono agitare il mare repentinamente, con onde alte anche dodici metri. Notevoli anche le escursioni di marea, spesso di oltre quattro metri.
L’area costiera, come detto, è isolata rispetto al continente. Le alte vette che non di rado superano i 3.000 metri, si estendono da ovest verso est anche per oltre 180 Km e solo le profonde valli scavate dai fiumi permettono e permettevano alle popolazioni locali, di inoltrarsi all’interno.
Tra i fiumi più importanti, il Colombia e il Fraser a sud, il Nassm, lo Skeena e lo Stikine a nord.
Non esistono dati certi relativi alla comparsa delle popolazioni indigene lungo le coste della British Columbia e dello stato di Washington, è certo tuttavia che circa 4.000 anni fa si verificò un cambio culturale importante: la sostituzione delle armi in pietra con arpioni e punte in osso, adatte alla pesca in mare. Si sviluppò così una cultura del mare e della naviazione ben superiore anche a quella degli europei, che giunsero nella zona solo nel XVIII secolo.
Il primo gruppo che venne in contatto con gli europei fu quello dei Tlingit, il gruppo linguistico stabilitosi più a nord, anche a causa dei contrasti con le popolazioni del sud, in particolare con il gruppo Tsimshian, dislocato nell’area di Prince Rupert, un tempo posseduta dai Tlingit e poi scacciati. Il gruppo Tsimshian, comprendeva nove tribù appunto nell’area di Prince Rupert e altre cinque dislocate presso lo stretto di Milbanke.
Un altro gruppo linguistico tsimshian era quello dei Niska, che viveva lungo il fiume Nass e quello dei Gitskan, che invece viveva lungo le sponde dello Skeena.
Sulle isole Regina Carlotta vivevano gli Haida, i famosi costruttori di pali totemici, dai quali si staccò un gruppo che popolò l’isola Prince of Galles e che prese poi il nome di Kaigani – Haida.
A est del territorio Tsimshian, viveva il gruppo linguistico dei Kwakiutl, che comprendeva anche sparute popolazioni rivierasche come quelle dei Bella Bella noti anche come Helitsuk.
Esistevano numerosi gruppi autonomi (se ne conoscono quasi 30), sparsi su territori relativamente vasti che parlavano la lingua kwakiutl o comunque varianti dialettali. Alcuni gruppi che parlavano un dialetto meridionale vivevano tra Rivers Inlet e Knight Inlet, altri vivevano lungo la costa settentrionale dell’isola di Vancuover, la più grande isola del nord America con ben 32.500 Km2 di superficie. Essa era popolata anche da poplazioni di lingua Salish e Nootka.
I Nootka popolavano la costa ovest dell’isola di Vancouver con circa 20 gruppi locali, più un altro gruppo, quello dei Makah, stanziato a Capo Flattery, dall’altra parte dell’isola sullo stretto di Juan de Fuca.
I Salish invece, erano stanziati lungo i litorali ovest dell’isola di Vancouver, nonché lungo i litorali dello Stretto di Georgia e, seppur con popolazioni frammentate, anche lungo le coste dello Stretto di Puget. Un altro gruppo Salish, noto come Bella Cola, viveva a est del territorio Kwaiutl, disponendo solo di una ristretta area prospiciente la costa.
Ed è proprio sulla popolazione Salish che intendiamo soffermarci in questo articolo. Erano decisamente più scuri di ogni altra popolazione del luogo e decisamente di statura inferiore. Forse i Salish derivano da ceppi mongoloide, a differenza degli altri gruppi, discendenti da ceppi paleosiberiani, come affermò anche il famoso antropolog francese Lévi-Strauss. A favore di questa ipotesi la frammentazione dell’immagine, una forma d’arte che prevede la divisione di un oggetto in vari elementi poi ricomposti secondo determinate regole. Le rappresentazioni animali erano per esempio tagliate in due, con i profili uniti nel mezzo.
Le credenze e le abitudini tribali dei Salish nonché quelle di altre popolazioni limitrofe, vertevano in larga misura sui salmoni.
Era credenza generale che i salmoni vivessero in Cinque Villagi mitici sotto il mare. Cinque villaggi che ospitavano altrettante tribù: ovvero le cinque specie del genere Oncorhynchus, gia note presso i Salish.
Ognuna di queste popolazioni aveva le sue abitudini e i propri luoghi di morte e rinascita.
Solo in particolari momenti dell’anno i rappresentanti del Popolo dei Salmoni si trasformavano in pesci e risalivano i fiumi. I Salish credevano che un capo guidasse l’intero banco in fase di risalita e, quando catturato, dovevano essergli riservati gli onori spettanti ad un capo.
Rappresentazione di un salmone. Stile kwakiutl.
In altri gruppi Salish, era diffusa la credenza che il Popolo dei Salmoni inviasse in avanscoperta degli esploratori, per cui questo dovevano essere trattati con cortesia e rispetto, altrimenti gli altri salmoni non li avrebbero seguiti. A dare il benvenuto ai salmoni vi erano poi petroglifici scoperti presso le foci dei due principali fiumi, il Colombia e il Fraser.
Nelle credenze di allora, le acque dei fiumi dovevano rimanere inalterata. Presso i Bella Cola era uso vietare il varo di nuove imbarcazioni in cedro, se non dopo dieci giorni dal'ultimazione, mentre chi sporcava i fiumi poteva essere punito con la morte.
Durante il periodo di risalita, la vita dei villaggi cambiava radicalmente: le donne abbandonavano la fabbricazione delle stuoie e i bambini i loro giochi, poiché anche i loro alter ego del Popolo dei Salmoni abbandonava tutto per trasformarsi e risalire le acque dolci. Gli uomini pescavano, le donne pulivano e affumicavano immediatamente il pescato.
Alcuni gruppi, dopo la cattura dei primi quattro salmoni della stagione, rientravano al villaggio, macellavano gli esemplari lasciando testa e pinna caudale attaccati allo scheletro, che veniva affumicato sino a quando gli occhi non si annerivano completamente. Dopodiché seguiva una preghiera e alla fine i resti erano gettati nelle acque del fiume, con la speranza che le anime dei pesci tornassero ai rispettivi villaggio sotto l’oceano, informando gli altri abitanti del degno trattamento ricevuto.
Ogni usanza e gesta diversi da quelle degli indiani era ritenuta deleteria per i salmoni, per cui i primi esploratori bianchi, che derisero le usanze tribali, furono accolti con diffidenza e ostilità. Per esempio MacEnzie, nel 1793, rischiò la vita per aver trasportato carne di cervo sulla sua canoa e per aver fatto bollire l’acqua dentro un catino.
Del resto, quando era di scena il salmone, pescarlo, tagliarlo, affumicarlo, servirlo e mangiarlo comportava l’osservanza di regole ben precise. Oggi alcune osservanze degli indiani della costa ovest del nord America sembrano appartenere alla superstizione, ma allora regolavano la vita stessa dei diversi clan, il che dimostra l’estrema importanza che gli appartenenti volgevano al salmone, unico alimento che permetteva loro di sopravvivere durante i lunghi inverni.
Ecco allora che presso i Salish i bambini non potevano toccare i salmoni prima della pulitura altrimenti avrebbero cominciato a rantolare; presso i Tsimshian le persone considerate impure (coloro che avevano un famigliare morto di recente o alla nascita), nonchè i bambini, non potevano toccare e mangiare salmone fresco, i salmoni infatti si sarebbero offesi interrompendo la rimonta; presso i Nootka il pesce doveva essere scaricato singolarmente, uno per mano e non dentro delle più pratiche ceste; presso i Kwakiutl infine, gli intestini dei salmoni dovevano essere eliminati (eviscerazione) all’altezza della pinna anale se pescati con le fiocine, altrimenti queste ultime si sarebbero rotte al prossimo lancio, mentre se il pesce era preso all’amo, l’intestino doveva essere solo tagliato, per evitare la rottura della lenza al prossimo lancio.
Per lungo tempo le abitudini dei popoli della costa del Pacifico non subì grandi cambiamenti, se non con l’arrivo in massa dei bianchi che costruirono i famosi trading post. Qui, gli indigeni, barattavano i salmoni affumicati con perline, tabacco, bottoni e rhum. Ma poi, durante l’inverno successivo, i salmoni erano riscattati con le pelli degli animali della foresta, anche perchè ermellini e volpi mai entrarono nella dieta delle popolazioni locali e, dunque, a guadagnarci erano sempre gli astuti commercianti bianchi.
Se un tempo, i lunghi inverni erano passati all’interno delle grandi case comuni, con gli anziani impegnati a tramandarsi tradizioni e conoscenze, oppure a costruirsi attrezzi da pesca, con l’avvento del commercio con gli europei, gli indiani dovettero cominciare a cacciare gli animali da pelliccia.
Dopo il 1900 il patrimonio ittico subì un tracollo, le cannaries costiere lavoravano per un mercato internazionale e, impotenti, gli indiani della costa rimasero inattivi e passivi. Solo nel 1965 fu realizzata la prima cannery indiana, presso Port Simpson e, nel 1977, erano ben 814 le imbarcazioni di loro proprietà, permettendo agli appartenenti delle comunità di inserirsi e lavorare nel mondo della pesca.
Tuttora i discendenti degli antichi navigatori indiani rivestono un ruolo attivo nella società canadese, lavorando nel settore ittico e soprattutto con i salmoni. Oggi, le loro imbarcazioni hanno motori potenti, che permettono di risalire le forti corrente di marea che un tempo, poco più di un secolo fa, i loro avi superavano con la sola forza delle braccia.
A lato, attrezzo per la pesca del Dentalium, invertebrato marino molto importante nell'economia di sostentamento dei Nootka. Difficilissimo da usare, permetteva la cattura dei molluschi anche in acque relativamente profonde.
GLI ANIMALI MARINI E IL SOPRANNATURALE
Presso le popolazioni della costa ovest nord americana, ogni aspetto della vita quotidiana era permeato da forze soprannaturali, che si manifestavano in vari modi e che si credeva svolgessero funzioni diverse.
La scarsa familiarità con le grandi foreste costiere era evidente anche nei racconti, ove i protagonisti delle storie e delle leggende erano esseri malefici molto temuti,
come Tsonoqa, la Donna-Selvatica-dei-Boschi e divoratrice di bambini, oppure Baxbbakualanuxsiwae, il Cannibale-dell'Estremo-Nord-del-Mondo, che disponeva di tre alleati famelici, un uccello dal becco enorme, un orso grigio soprannaturale e una donna che attirava gli uomini che poi erano uccisi.
A queste figure temute, che impedivano ai membri dei diversi clan di
addentrarsi nelle estese foreste, si contrapponevano figure mitologiche più affabili e più facili da domare, ovvero quelle dei fiumi e dell'oceano.
Calamari giganti, mostri, squali soprannaturali e orche erano temibili, ma la familiarità con l'ambiente acquatico rendeva meno timorose le popolazioni
che, come detto, vivevano grazie alle risorse del mare e dei fiumi.
Sono giunti sino a noi numerose preghiere e riti cerimoniali praticati all'inizio della stagione di pesca o più raramente, di frinte alla carcassa di una balena spiaggiata. Ecco alcune preghiere, rivolte, ricordiamo, non tanto all'animale, ma alla sua anima.
Preghiera del Pescatore di Salmoni
Benvenuto, Nuotatore,
Ti ringrazio perchè sono ancora vivo durante questo periodo dell'anno, quando tu fai ritorno al nostro buon posto;
perchè la ragione del tuo ritrono
è che noi si possa giocare con i miei strumenti di pesca, Nuotatore.
Ora vai a casa e racconta ai toui amici che hai avuto fortuna qui e che vengano con il loro portatore di ricchezze,
in modo che io possa avere un pò della tua ricchezza, Nuotatore,
Amico,
Essere Soprannaturale
Tratta da Boas, Etnology of the Kwakiutl, pag 1319.
Preghiera del pescatore di halibut (recitata prima del colpo di mazza)
Inverno, questo non è fuori posto sulla tua testa,
Vecchia, Tu Pelle Floscia in Bocca,
Nata per Essere Donata nella Casa,
dato che io sono venuto per fare così
con la mia mazza, Vecchia.
Vai ora, e riferisci a tuo Padre, tua Madre, tuo zio, tua zia, i tuoi fratelli maggiori e monori che hai avuto fortuna,
perchè ti sei imbattuta in questa, la mia canoa da pesca.
Tratta da Boas, Etnology, pag 1319.
DIZIONARIO
Akhlut, pronuncia Yup’ik, l'orca marina, trasformatasi in lupo per cacciare sulla terra;
Baxbbakualanuxsiwae, Baxbakualanuxsiwae o Bakbakwakanooksiwac, spirito cannibale delle società Hamatsa;
Qanekelak, l'orca tramutata in essere umano nella cultura dei Bella Bella;
Tsonoqua, Tsonoqa o Dzonokwa, la Donna-Selvatica-dei-Boschi. Rappresenta l'archetipo della donna-madre-canibale presente nei miti di ogni parte del mondo. Nel caso specifico dei popoli della costa est, pesonifica i pericoli della foresta e dei territori esterni non conosciuti.
Rappresentazione di
Qanekelak (immagine Peter Roan/Creative Commons License).
BIBLIOGRAFIA
- Boas - Ethnology of Kwakiutl, 35° Annuario del Bureau of American Ethnology, Smithsonian Institution, 1913-1914. Washington 1921.
- Von Aderkas E. - American Indians of the Pacific Northwest. Osprey Publishing, 2005.
- Articolo di Bernini G. F. - rivista senza nome. Novembre 1993.
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Prima Pubblicazione 31 Lug 2006 - Testi e immagini riproducibili secondo le specifiche Creative Commons. Le immagini dei Collaboratori detentori del Copyright © sono riproducibili solo dietro specifica autorizzazione.
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