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Cod Art 0561 | Rev 01 del 06 Mag 2013 | Data 09 Nov 2012 | Autore: Pierfederici Giovanni

 

   

 

LO SQUALO, CHI È COSTUI?

Squalo di Spielberg

Lo squalo rimane ancora un animale ignoto, vittima di un pregiudizio atavico inesorabilmente legato alla paura che esso incute, alla paura di essere mangiati. I film che lo hanno visto come protagonista lo hanno dipinto come una formidabile macchina da guerra, infallibile e assassino. Ma i tempi cambiano, così timidamente, qualcuno, molti anni fa ha cominciato a prendere le sue difese. Probabilmente perchè i mari, un tempo ricchi di questi splendidi animali, ora stanno divenendo terribilmente vuoti. Negli anni '30 del secolo scorso l'enciclopedia Treccani scriveva che lo squalo bianco era comune in Mediterraneo e in particolare in Adriatico. In effetti era proprio così. I grandi banchi di tonni che migravano sino al Golfo di Trieste erano inseguiti dal terribile predatore, così al loro seguito vi erano molti esemplari, spesso avvistati e ammirati dai pescatori di un tempo.
Ma poi qualcosa è cambiato. La pesca sconsiderata da parte dell'uomo ha drammaticamente segnato l'inizio del declino degli squali. Solo dalla Spagna, dal 1991 al 2001 sono partite per Hon Kong ben 800 tonnellate di pinne di squalo. 800 tonnellate di pinne corrispndono a migliaia e migliaia di esemplari di squali. E vengono pescati esemplari giovani e sessualmente immaturi, femmine gravide, poi sventrate per mostrare senza ritegno i poveri piccoli ai curiosi, come si può vedere nell' immagine più in basso.

  IL FINNING  
  Letteralmente la parola finning, significa “spinnamento”. Si tratta di una pratica in uso soprattutto nei paesi asiatici, come Hong Kong, Cina, Taiwan, Giappone, Singapore, che uccide milioni di squali ogni anno e con il solo intento di ricavarne le pinne, utile nella “tradizionale zuppa di pinne di pescecane”, che in alcuni ristoranti alla moda arriva a costare anche 100$ americani a porzione. Lo squalo, rigettato in mare senza pinne, muore per annegamento. Non potendo più nuotare viene meno il passaggio dell'acqua attraverso le branchie, con conseguente compromissione dei valori di emogas (ossigeno) nel sangue! Si tratta di un inutile spreco di risorse che in alcuni casi potrebbero sfamare migliaia di persone. Anche se dal punto di vista etico e soprattutto ecologico la pesca degli squali per scopi alimentari non sarebbe comunque sostenibile. In molti paesi per fortuna è stato bandito questo brutale massacro ma i controlli sono di difficile attuazione per molteplici ragioni.
In molti paesi la carne di squalo non viene consumata, ma la pesca è ugualmente praticata per rifornire i paesi asiatici con guadagni cospicui, spesso in modo illegale, con conseguenze disatrose sull' ecosistema marino. Lo squalo è all’apice della rete alimentare insieme ad altri pesci importanti come i tonni, il pesce spada e altri grandi predatori. Se gli squali di barriera per esempio (gia in preoccupante calo numerico - leggi qui -), smettessero di predare i pesci pappagallo, voraci divoratori dei polipi del corallo, questi ultimi distruggerebbero vaste aree della barriera corallina. Fortunatamente gli Stati membri della Comunità Europea ultimamente si sono riuniti per discutere di eventuali azioni da intraprendere per la difesa dello squalo, sensibilizzando in primo luogo i pescatori, che sono i principali responsabili delle catture, ed in secondo luogo ma non meno importante, iniziare ad attuare campagne informative per far conoscere il ruolo dello squalo nel proprio ambiente naturale, sensibilizzando i consumatori, in modo tale da incidere sulle abitudine alimentari dei singoli. Nel mare sono molteplici le specie ittiche che non consumiamo solo per un’errata cultura e conoscenza e che possono contribuire a dare quella quiete di cui molti animali necessitano per potersi riprodurre e ristabilire un reale equilibrio dell’intero ecosistema marino. Noi di BiologiaMarina, con i nostri articoli desideriamo contribuire a questi progetti di informazione e conoscenza, auspicandoci che nel tempo si inverta il trend negativo a cui è sottoposto il nostro amico squalo. Il finning è attualmente proibito in Stati Uniti, Canada, Brasile, Australia e Oman. L'Italia, dati ufficiali alla mano, non lo pratica.
 
     

LO SQUALO ATTACCA L'UOMO?

Molto si è detto e scritto su questo argomento. Le statistiche esistenti, ben dettagliate e affidabili, indicano che gli attacchi di squali nei confronti dell'uomo ci sono state e ci sono ancora, tuttavia risultano essere in declino a causa della rarefazione delle specie. In assoluto comunque, gli attacchi di squali sono sempre stati bassi, piuttosto è il sensazionalismo della notizia che colpisce, mentre si rimane indifferenti di fronte ai migliaia di morti all'anno a causa di incidenti stradali.
Tuttavia ancora oggi esistono da una parte coloro che vorrebbero sterminare gli squali perchè ritenuti pericolosi, e dall'altra, chi li protegge. Nei primi è ancora impressa e ben radicata la Teoria di Coppleson, elaborata negli anni '50 dall'australiano Victor Coppleson e ripresa anche dal famoso film di Steven Spielberg. Secondo tale teoria, degli individui detti "squali vagabondi" avendo attaccatto delle persone nel corso della predazione, si sarebbero talmente "affezionati" alla carne umana da ricercarla per sempre. E questo spiegherebbe l'alto numero di attacchi in certe regioni del mondo (Australia, Pacifico). La teoria è chiaramente ripresa da quella della "tigre mangiatrice di uomini". In India infatti certi esemplari dopo aver sperimentato la carne umana, continuano a predare e a ricercare l'uomo, facile preda per felini così forti e possenti. Tuttavia la Teoria di Coppleson è discutibile e, riteniamo, ormai superata. Nel corso degli anni sono state esposte teorie ben più convincenti, seppur meno affascinanti. Le ragioni degli attacchi sono diverse. Si tratta nella maggior parte dei casi di errori, di reazioni mirate ad allontanare l'intruso nel territorio di caccia dello squalo, di interferenza da parte dell'uomo nella normale attività dell'animale.
Al di fuori di stimoli particolari, gli squali mostrano nei confronti dell'uomo interesse, curiosità, ma anche timore, e spesso così come si sono avvicinati, velocemente si allontanano.
L'argomento sarà comunque senz'altro ripreso.

LESIONI DA MORSO DI SQUALO
(questa parte è un riassunto di uno scritto del dott. Ferruccio Chiesa, autore del testo Animali Marini Pericolosi, Ireco edizioni, testo da noi gia recensito).

Nelle rare volte in cui accade di essere attaccati da uno squalo, soprattutto se è di grandi dimensioni, le conseguenze possono essere devastanti. Oltre all'azione meccanica del morso, interviene lo scuotimento che l'animale imprime solitamente alla preda appena catturata, per cui agiscono in sinergia costrizione, taglio e strappo. Nel caso di esemplari più piccoli il morso spesso non ha nessuna conseguenza, a volte non si riscontra neanche perdita di sostanza. A volte lo squalo attua il cosidetto bite and spit, ossia "mordi e sputa", viene meno lo scuotimento e rimane solo una lesione trafittiva circolare.
Tuttavia nei casi più gravi, con mutilazioni, strappi e asportazione massive di tessuto, può anche sopraggiungere la morte per emorragia, per shock o per annegamento.
Sede frequente di morsicatura sono gli arti (il 40% dei casi interessa le gambe e il 23% le braccia), seguono le mani, l'addome, il petto, i genitali e ul capo. In ogni caso le conseguenze comportano emorragia profusa e inarrestabile, che può portare presto (pochi secondi) ad una gravissima anemia. Occorre, in questi casi, intervenire prontamente secondo lo schema proposto da Edmonds nel 1994:

Le raccomandazioni valgono anche per lesioni da pesce sega (Pristiophorus), a volte di grave entità perchè trattasi di lacerazioni irregolari che giungono sino agli organi sottodiaframmatici come vescica, fegato e intestino.

COME PREVENIRE UN ATTACCO

Escluso il caso di un naufragio, è tecnicamente possibile prevenire un attacco da parte di specie pericolose di squalo. La regola fondamentale è quella di non frequentare aree a rischio. Sono abbastanza conosciute e censite e, in paesi come l'Australia o il Sud Africa, sono segnalate. In questi paesi sono molto utilizzate le palizzate antisqualo. Consistono in aree circoscritte da reti metalliche che però spesso determinano la morte di molti esemplari squali, che rimangono imprigionati nelle maglie della rete stessa e, per compressione delle branchie, muoiono causa ipossia
Al di fuori di queste aree protette e comunque in aree a rischio, è consigliabile seguire alcune regole:

DISPOSITIVI ANTISQUALO

Negli anni sono stati proposti i sistemi e i dispositivi più bizzarri, dai propellenti a CO2 alle tute mimetiche, dai repellenti a base di acetato di rame ai detonanti. Il problema di questi dispositivi è che prima di tutto debbono essere utilizzati a distanza ravvicinata, inoltre la loro efficacia è scarsa. Spesso si citano studi scientifici, ma poi si scopre che di scientifico vi è molto poco. In passato gli stessi dispositivi antisqualo sono stati utilizzati anche per uccidere gli squali. Per esempio quelli noti come Shark Dart spesso abbattevano definitivamente l'animale. I dispositivi Shark Dart sono praticamente degli attrezzi ergonomici, lunghi circa 12.5 cm, che contengono fiale o contenitori carichi di gas CO2. Vanno utilizzati conficcando la parte terminale appuntita nell'addome dello squalo. L'espansione del gas determina un embolia quasi istantanea, e spesso lo squalo muore poco dopo. Lo svantaggio è che deve per forza di cose essere utilizzato a distanza ravvicinata e con grande precisione. Il volume della carica di gas CO2 varia in relazione alla profondità di utlizzo, si consigliano 12 gr. (8 metri), 16 gr. (13 metri) e 26 gr. (30 metri). I più vecchi dispositivi antisqualo sono i cosidetti Shark Billy, bastoni in fibra di vetro lunghi circa 120 cm, utilizzati per allontanare gli squali troppo curiosi.
I cosidetti Bang Sticks sono praticamente dei dispositivi a carica esplosiva. Vanno utilizzati con cautela poiché pericolosi anche per l' utilizzatore esperto, sono noti infatti degli incidenti avvenuti a causa di un utilizzo improprio o causa cattiva manutenzione. Oltre ai dispositivi sopra citati, esistono dei dispositivi cosidetti fissi o passivi. Si tratta delle gabbie e delle reti antisqualo. Le gabbie sono praticamente i dispositivi più sicuri, sono state utlizzate con successo per la realizzazione di filmati e documentari, e permettono di avvicinare sqauli di grandi dimensioni. Le reti antisqualo sono utlizzate per delimitare alcune aree ben precise, per esempio le acque antistanti le spiagge frequentate dai turisti. Sono comuni in Australia e in Sud Africa.