ACQUARIOFILIA
DALL'OCEANO ALL'ACQUARIO
Ogni anno milioni di pesci marini, soprattutto tropicali, finiscono nelle vasche e negli acquari di Stati Uniti, Giappone ed Europa. Secondo un rapporto dell’UNEP (From Ocean to Aquarium: the global trade in marine ornamental species, 2003), i possessori di un acquario marino, sono circa due milioni, e di questi ben 600.000 risiedono nei soli Stati Uniti. Il commercio in tutto il mondo supera i 330 milioni di dollari l’anno, e il 50% dei pesci e l’80% dei coralli sono destinati al mercato statunitense.
La moda (termine che a molti risulterà sgradito ma inizialmente e tuttora in moltissimi casi è così) di tenere in casa un acquario per riprodurre un pezzo di reef nasce attorno agli anni ’30 nello Sri Lanka, ma sarà a partire dagli anni ’50 del secolo scorso che il mercato da locale diverrà globale. Dapprima il mercato si espande nelle Filippine e nelle isole Hawai, poi diverrà sempre più simile al mercato attuale. Tra il 1997 e il 2002 i principali paesi importatori erano, nell’ordine, USA, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Germania, Taiwan, Giappone e Hong Kong, mentre i paesi esportatori erano Filippine, Indonesia, Isole Solomone, Sri Lanka, Australia, Isole Figi, Maldive e Palau. Da allora la situazione non è molto cambiata, anche se è ulteriormente peggiorato lo stato di salute di numerose barriere coralline. I reef ospitano oltre 4000 specie di pesci e oltre 800 specie di coralli, e la maggioranza si trova in paesi in via di sviluppo, Su questi ambienti gravano moltissimi problemi, come l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la pesca, il turismo e da ultimo, ma non meno importante, il commercio di specie ornamentali.
Il problema
Nel 2000 un chilo di pesci ornamentali delle Maldive costava circa 500 dollari, contro i 7 dollari delle stesse specie ma usate a scopo alimentare. Nelle Filippine circa 7.000 persone dipendono per la sopravvivenza dalla barriera corallina, e oltre 50.000 nello Sri Lanka. Quindi tale commercio permette l’entrata di valuta pregiata e consente a moltissime persone di vivere decentemente. Ricordiamo che al dettaglio i pesci ornamentali costano molto meno, e per un pesce pagliaccio un commerciante riceve in media 10 centesimi, poi negli Stati Uniti verrà pagato 12 dollari. Ma se da un lato le barriere coralline rappresentano una notevole fonte di introiti, dall’altro la loro gestione irrazionale rappresenta una vera minaccia. Infatti i prelievi sono effettuati senza alcun criterio gestionale, per esempio viene utilizzati cianuro di sodio, che uccide tutti gli esseri viventi nel raggio di molti metri dal punto di immissione, oppure vengono utilizzati esplosivi (l’onda d’urto danneggia irrimediabilmente tutti i pesci con vescica natatoria, anche nel raggio di centinaia di metri), trappole, pesca long-line (sistema con lunghissimi fili pieni di ami), martelli pneumatici per stanare i pesci che si rifugiano negli anfratti. Vengono distrutte gorgonie e coralli per catturare un solo pesce, e non sono rari conflitti tra operatori turistici e pescatori locali che distruggono ciò che i visitatori vorrebbero osservare. Infine la mancata conoscenza sul mantenimento post cattura è responsabile di una mortalità altissima tra i pesci.
Box 1 Il cianuro di sodio: L’avvelenamento da cianuro di sodio determina la morte del pesce anche dopo un mese. Il cianuro danneggia fegato e reni, e spesso il povero pesce muore rimanendo con la testa integra, senza nessun cambiamento di colore, ma con il corpo che evidenzia drammaticamente le costole. |
Quali pesci?
Dei 25 milioni di pesci commercializzati ogni anno, per un totale di quasi 1500 specie, il 50 % sono Pomacentridi (pesci pagliaccio ecc), mentre un altro 25-30% è rappresentato da Pomacantidi (pesci angelo ecc), Acanturidi, Chetodontidi, Labridi e Gobidi. Il pesce pagliaccio (Amphiprion ocellaris) è in assoluto la specie maggiormente commercializzata, seguito a ruota da Chromis viridis. Purtroppo sono vendute, complice l’ignoranza di molti acquariofili, anche molte specie assolutamente inadatte alla vita in vasca, come i pesci pulitori, per esempio Labroides dimidiatus e Labroides phtirophagus. Assolutamente inadatte anche le specie Synchiropus splendidus, Chaetodon capistratus e Oxymonacanthus longisrostris. Ma accanto ai pesci, ogni anno sono commercializzati tra i 20 i i 22 milioni di invertebrati marini appartenenti a circa 500 specie diverse (a cui aggiungiamo 140 specie di coralli), soprattutto sclerattinie e madrepore, anemoni, molluschi e gamberetti di tutti i tipi.
Box 2 Numero di pesci importati ed esportati tra il 1991 e il 2003 |
||
Anno |
Esportazioni |
Importazioni |
1991 |
- |
530.612 |
Sopra, dati relativi alle importazioni/esportazione dei pesci per acquario suddivisi per famiglie. Fonte: From Ocean to Aquarium: the global trade in marine ornamental species, 2003 (modificato).
Mortalità
Il tasso di mortalità durante il trasporto è variabile, ma può raggiungere il 100%. I poveri pesci vengono insacchettati in buste di plastica piccolissime, contenenti anche decine di esemplari, con poca acqua e pochissimo ossigeno. Per non parlare dei valori di ammoniaca che salgono alle stelle, provocando la morte di tutti gli esemplari.
Sopra, aeroporta Malpensa. L'arrivo settimanale di scatoloni pieni di organismi marini, pesci soprattuto, dai paesi asiatici. I controlli sono effettuati a campione.
Come comportarsi?
L’Europa e gli Stati Uniti potrebbero fare molto per impedire l’importazione di specie marine. Innanzi tutto sarebbe utile introdurre divieti anche per le specie non a rischio, semplicemente perchè la loro cattura comporta danni notevoli agli ecosistemi delle barriere coralline. Come secondo punto, sarebbe molto utile l’incentivazione all’acquisto di specie riprodotte in cattività. Ad oggi, se il 90 % delle specie di acqua dolce è riprodotta in cattività, la stessa cosa non può dirsi delle specie marine, anche perchè sono pochi coloro che si dedicano a tale attività.
Nei paesi in cui vengono catturate la maggioranza delle specie, sono senz’altro da rivedere le –scarse- norme di tutela. La protezione di singole specie e di singole aree si è dimostrata inefficace. Molto utile sarebbe invece la protezione di intere zone e di interi ecosistemi, con grandi Aree Marine protette, che possono essere assimilate, all’interno di un reef, a delle enormi aree di nursey. Manca inoltre un’accurata acquisizione di dati scientifici relativi alla biologia e alle dinamiche delle popolazioni ittiche dei reef, e sarebbe infine utilissimo introdurre, come suggerito da alcuni, dei sistemi di certificazione, relativi per esempio alle metodologie di cattura e più in generale, atte a garantire alcuni standard di tipo qualitativo.
Fino ad ora non esistono studi sugli effetti dei prelievi delle specie da acquario, con l’eccezione di alcune valutazioni nate sulla scia delle preoccupazioni, palesatesi tra i Tour Operator sin dagli anni ’70 del secolo scorso, alle Isole Hawai. Lo studio, pubblicato sulla rivista Conservation Biology dimostrò che la riduzione di alcune specie era rilevante, dal 38% nel caso del Chaetodon multicintus, al 75% nel caso del Chaetodon quadrimaculatus. Attualmente sono stati messi a punto alcuni protocolli per l’allevamento e la riproduzione di specie marine, sia nei paesi occidentali che quelli da cui le specie provengono, ma c’è ancora molto da fare.
Il presente articolo rappresenta un sunto del documento pubblicato dalla UNEP nel 2003.
BIBLIOGRAFIA
- Colette Wabnitz - From ocean to aquarium: the global trade in marine ornamental species - UNEP World Conservation Monitoring Center, 2003
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