LA PESCA NEL MONDO
In attesa di poter visionare il filmato “End of the Line” che mostra con immagini allarmanti la situazione dei mari e dei suoi abitanti, con le numerosissime specie ittiche in difficoltà ed in via di estinzione, sorge spontanea una domanda: “cosa rappresenta la pesca per l’uomo?” Una domanda apparentemente semplice, forse banale ma decisamente complicata. In questo breve scritto non saranno esaminati ne aspetti prettamente antopologici ne economici, le due discipline esulano dal contesto e dai temi che trattiamo abitualmente su questo sito.
Il legno lavorato e sagomato era l’unico arnese valido per trafiggere un pesce. Nessuno sa dove questa modalità si sia sviluppata, sicuramente in prossimità di qualche antico fiume, poiché l'uomo è giunto al mare solo successivamente. In seguito poi si sono sviluppate altre tecniche, per esempio sono stati trovati ami in legno o pietra, o quelli ricavati da artigli di uccelli, in diversi siti archeologici. Poi venne la rete, dapprima tessuta a mano attraverso l'utilizzo di fibre vegetali come quelle ricavate dalla canapa. La rete è divenuta in breve tempo la protagonista insostituibile in quasi tutte le culture del mondo, con poche eccezioni, e ha portato ad un percorso perdurato secoli, fino a giungere alla grande pesca professionale attuale. Non più la lancia come il prolungamento del braccio, per offendere e colpire un animale a distanza, bensì la rete come prolungamento del braccio, che purtroppo è assai meno selettiva di qualsiasi altro strumento di offesa. Allora, ci si chiede, cosa significa nel 2009 pescare? Ovviamente occorre fare delle distinzioni e pure delle semplificazioni.
Per alcune popolazioni del terzo mondo significa sfamarsi e sopravvivere, e rappresenta l’unica fonte di sostentamento e sussistenza. Per esempio in prossimità dei grandi delta del sud-est asiatico la pesca sfama milioni di persone, che non hanno altri mezzi di sussistenza. Per altri, significa sacrificare e sterminare animali per scopi puramente speculativi, i quali non trovano più consenso nemmeno nei propri paesi, indice che l'insieme dei comportamenti delle società sta cambiano. Il Giappone e alcuni paesi del nord Europa catturano ancora le balene, la Finlandia per esempio ha deciso di riprendere la pesca alle balenottere, iniziando con 150 individui, una decisione ingiustificabile presa unicamente per scopi commerciali. Per altri paesi, ancora, significa prendere sovvenzioni dalle comunità e magari non uscire neppure in mare per pescare, o si catturano quintali di pesce che non vedranno mai un banco, semplicemente perché non richiesto dal mercato e dunque rigettato in mare inutilmente. Potremmo continuare a lungo, elencando scempi e situazioni senza logica, che alimentano invece un ricco mercato senza tener conto dell’equilibrio del mare, che grida pietà oggi più che mai.
Ma oltre a questi esempi che si collocano agli estremi, sappiamo che la pesca coinvolge moltissime persone che lavorano e vivono di questo, e che se ben gestita può rendere molto più di quanto è in gradi di fare ora. E' giunto il momento di regolamentare, a livello globale, l’intero settore, tenendo conto delle inevitabili pause necessarie alla riproduzione delle specie e ponendo dei seri paletti sulla metodologia, effettuando controlli continui ai pescherecci, come molti paesi già attuano in modo capillare e schematico, uno fra questi il Canada. Vorrei ora soffermarmi con delle immagini provenienti dagli angoli di un mondo lontano, dove la pesca tradizionale a basso impatto ambientale si concilia con l’attività dell’uomo in maniera semplice. L’amico Pinuccio, “viaggiatore del mondo” in continuo movimento con la sua compagna Doni, preziosa collaboratrice, ci mostra delle splendide immagini. La pesca in un paese lontano, l’Ecuador, uno stato che come tanti altri vive del pescato giornaliero, con attrezzature arcaiche ma non per questo poco efficaci. Vedremo anche le immagini di Boarolo, viaggiatore d’altri tempi, un amico che ama esplorare angoli inusuali e poco visitati nel mondo. Le sue immagini mostrano luoghi spesso incontaminati ma anche affollati e pullulanti di gente. Immagini che ci proiettano distanti, mostrando culture e tradizioni differenti, se vi concentrate chiudendo gli occhi per un istante, dopo aver visionato le foto, potrete sentire “l’odore” ed il “rumore” del mare, come se fossimo presenti anche noi sulla spiaggia, presi dalle contrattazioni di un mercato lontano dai nostri giorni e persi nei colori variopinti e vivaci dei pescherecci di un porto arcaico.
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Ringrazio ancora una volta l’amico Pinuccio e Boarolo per il contributo fotografico.
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