ASPETTANDO COPENAGHEN
Scatta domani (dal 7 al 18 dicembre 2009) la conferenza sul clima di Copenaghen. I leader mondiali si incontreranno di nuovo per discutere sul clima e sul futuro energetico del pianeta. Ma come sappiamo ne Obama ne Hu Jintao non sono insensibili ai poteri forti delle lobby che operano a livello mondiale con i combustibili fossili, del resto USA e Cina sono i maggiori produttori di CO2 del mondo. E l’obiettivo di cancellare il 50% delle emissioni entro il 2050 è stato fortemente ridimensionato. L’India, altro grande produttore di CO2 ha annunciato mercoledì 2 dicembre che ridurrà l’uso del carbone del 24% entro il 2020. Ottimi segnali dalla Svizzera, che si impegna per un accordo globale e vincolante, che includa anche i Paesi industrializzati e i Paesi in via di sviluppo e ridurrà entro il 2020 le proprie emissioni gas serra dal 20 al 30 per cento. È quanto ha deciso il Consiglio federale il 27 novembre 2009. Ma cosa ci si aspetta realisticamente da Copenaghen? Probabilmente nulla di diverso da quello che si è detto e ripetuto in questi ultimi anni. L’ostacolo maggiore al cambiamento non sono solo le lobby, ma anche l’incapacità e la mancanza di volontà politica, la mancanza concreta di risorse e soprattutto una cultura poco propensa dei paesi industrializzati al cambiamento. Per la Commissione è "improbabile raggiungere a Copenaghen un accordo pieno su un trattato vincolante". E definisce 4 punti su cui poter iniziare a lavorare:
- trovare una visione comune sulla soglia dei 2 gradi;
- indicare impegni di riduzione delle emissioni ambiziosi e compatibili;
- definire un pacchetto finanziario che comprenda un'intesa per una partenza rapida;
- ribadire l'esigenza di un patto legale vincolante da finalizzare a metà 2010 nella conferenza già in programma a Bonn.
Pessimista sugli esiti del summit anche il direttore generale del ministero dell'Ambiente, Corrado Clini, che dice: "il limite dei 2 gradi di aumento della temperatura media globale in relazione alla CO2, guardando semplicemente alla produzione e ai modelli energetici, è un obiettivo già oggi non realistico". E aggiunge: "A Copenaghen sarà difficile raggiungere un accordo sul clima. Speriamo, almeno, di mettere a punto un programma di lavoro che ci permetterà di arrivare nel 2010 ad un trattato che sostituisca il Protocollo di Kyoto. Non c'è accordo sugli impegni che devono prendere i singoli Paesi, non c'è accordo tra Unione Europea e Stati Uniti, non è chiaro cosa possano fare le economie emergenti, come India e Cina".
Si calcola che servirebbero circa 110 miliardi di euro all’anno dal 2013 al 2017 di fondi pubblici mondiali, che dovrebbero essere erogati dai paesi ricchi, mentre a Copenaghen insomma, si rischia ancora di stare a discutere su quanto debbano fare i paesi poveri.
L’Italia, quella attuale e quella delle passate legislature ha dimostrato sempre uno scarso interesse per le problematiche ambientali, sia perchè l’opinione pubblica è disattenta sia perchè la politica è palesemente inetta quando si tratta di trattare le problematiche ambientali. Sono questi i concetti, purtroppo, che l’Italia porterà a Copenaghen.
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Ideazione: Pierfederici Giovanni - Progetto: Pierfederici Giovanni, Castronuovo Motta Nicola, Guadagnino Marcello.
Prima Pubblicazione 31 Lug 2006 - Testi e immagini riproducibili secondo le specifiche Creative Commons. Le immagini dei Collaboratori detentori del Copyright © sono riproducibili solo dietro specifica autorizzazione.
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